Carciofi alla matticella

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Carciofi alla matticella
STORIA E LEGGENDA DEL “CARCIOFO ALLA MATTICELLA”
Di “Carciofi alla matticella” nella Città di Velletri si parla da qualche centinaio di anni. Se ne
trovano tracce in alcuni scritti dei Gesuiti che governarono la città al tempo dello Stato della Chiesa,
come pure nei racconti dei nonni, tramandati di generazione in generazione.
In tempi lontani, quando i lavori nel vigneto venivano eseguiti interamente con le braccia, il
contadino escogitava soluzioni ingegnose per ridurre la fatica; una di queste consisteva nel piantare
alla fine dei filari delle viti (le “capocciate”) delle piante di carciofi, che non amano terreni
particolarmente lavorati e consentono di non zappare la “capocciata”.
Durante la potatura delle viti, il vigneto si riempiva di potatori e di “opere” (braccianti): i potatori
tagliavano i sermenti (tralci di vite) e le “opere” li raccoglievano legandoli in fascetti (matticelle)
che sarebbero serviti per la cottura del pane, per il fuoco della cucina e del forno; quelli di troppo
venivano bruciati in grossi falò, la cui cenere, sparsa tra le viti, sarebbe stata un ottimo fertilizzante.
Secondo una LEGGENDA POPOLARE, Assuntina, la bella figlia di un fattore, non si accorse,
mentre sorrideva contenta tra le braccia dell’amato Gliopordo, che il canestro con i carciofi, che
doveva cucinare per la colazione degli operai, lasciato nei pressi di un “capanniolo” (antico sistema
per reggere le viti) aveva preso fuoco, lasciando cadere nella brace i carciofi che, ormai, mostravano
le foglie irrimediabilmente bruciacchiate.
Per non incorrere nelle ire paterne, pensò di rimediare al disastro infilando nel cuore del carciofo,
un po’ di aglio fresco che prese “dal petto del filone” (al centro dei filari di vite, da sempre coltivati
con spezie ed ortaggi diversi), staccò qualche rametto di mentuccia selvatica dal “temmerone”
(terrapieno/rialzo di terreno), aggiunse una buona dose di olio di oliva, franto qualche settimana
prima, e li risistemò nella brace del falò.
Quando arrivarono il padre e gli operai per mangiare, li accolse con entusiasmo dicendo che quel
giorno aveva preparato la colazione come un atto d’amore in omaggio alla “vite” ed ai “carciofi”
che, da sempre, crescevano in simbiosi nel vigneto.
Il padre della giovane, che sembrava burbero, ma in fondo aveva un cuore d’oro, accettò quell’atto
d’amore ed ammise che era giusto: così come le persone festeggiavano un amore, anche la vigna
che provvedeva al loro nutrimento, doveva essere festeggiata degnamente. Corse nel tinello e spillò
dalla botte migliore, una “cannata” (brocca tipica) di vino fresco e beverino che quando passava
nella gola era un piacere e, dato che i piaceri vanno goduti, bicchiere dopo bicchiere, quel giorno
finì tra risate, brindisi e fu festa per tutti…
Il fattore stabilì e giurò che da quel giorno, il più bel filone d’uva sarebbe stato destinato a produrre
vino per quell’occasione e che ogni anno la “primavera” avrebbe visto celebrato il matrimonio dei
“carciofi” con la “matticella”.
Leggenda? Forse!
Di fatto la “carciofolata” resta la scampagnata più bella, dove per magia sbocciano nuovi amori e i
vignaioli se la ridono di chi afferma che con i carciofi il vino proprio non và d’accordo. “Chi nù ce
crede che ‘o venga a provà”: per tradizione, ogni carciofo s’accompagna ad un bicchiere di vino.
LA RICETTA
Nelle normali ricette si indicano le quantità o le dosi per persona, in questo caso è
preferibile non farlo, poiché di “carciofi alla matticella” se ne possono mangiare a
gradimento, per cui diremo che :
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Si prendono delle belle “mammole romanesche”, si asporta quasi completamente il gambo
e si battono leggermente su un piano di marmo per allentarne i petali.
Si riempiono con foglie di aglio fresco, foglioline di “mentuccia selvatica”, un pizzicone di
sale, quindi si irrora con un abbondante dose di olio extravergine di oliva di frantoio.
I carciofi, così preparati , vanno infilati con cura, per ¾ del loro volume, nelle braci ardenti,
ottenute “esclusivamente” dalle fascine di tralci secchi della vite (sermenti).
La cottura che, a seconda della grandezza dei carciofi, richiede intorno alle due ore, deve
essere ben controllata, spostando la posizione dei carciofi, almeno un paio di volte nella
brace ben accesa, sorvegliando che non si cuociano troppo, pena una eccessiva secchezza e
sapore di fieno bruciato; oppure troppo poco, pena un sapore erbaceo poco invitante.
Assolutamente proibito cuocere i “carciofi alla matticella” in un camino o in un luogo
chiuso, poiché la brace ha bisogno di ventilazione naturale e contribuisce a conferire a
questa pietanza il suo tipico aroma.
Note
Alcuni buongustai giurano che il gusto e la morbidezza della cottura cambiano a seconda
della qualità della vite da cui provengono i “sermenti”, così come la cottura effettuata in
luogo chiuso renderà le foglie dei carciofi “ammanzerite”, cioè secche e dure, come
dicevano i nostri nonni.
E’ un punto d’orgoglio per ogni vignaiolo veliterno preparare, durante la vendemmia, il
vino per la “carciofolata” e, anche se l’Enogastronomia ufficiale asserisce che i carciofi
male si sposano con il vino, a Velletri i produttori di vino hanno sviluppato negli anni una
notevole capacità di creare vini che si esaltano proprio con l’alta presenza di ferro del
carciofo, ottenendo abbinamenti strepitosi, di cui essere fieri anche in campo
internazionale.
L’olio che si usa per la preparazione dei “carciofi alla matticella” deve essere
rigorosamente di frantoio e dell’ultima raccolta, ricco di profumi vegetali, sapidità e
morbidezze; cocendo sulle braci deve sviluppare profumi “paradisiaci”. Sarà bravura di
chi cuoce i carciofi lasciare che una parte dell’olio rimanga prigioniero delle sue foglie per
permettere al commensale, quando lo gusterà, di appoggiarlo sopra una fetta di pane
casereccio e, foglia dopo foglia, lasciare che l’olio scenda sulla fetta di pane, mescolando il
suo colore verde a quello del carciofo.
Arrivati al “culetto”, ossia al cuore del carciofo, il fortunato degustatore dovrà stringerlo
sul pane ed assaporare questa armonia di odori e di sapori.
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