Trib. Rimini 3 giugno 2015, Giud. La Battaglia

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Trib. Rimini 3 giugno 2015, Giud. La Battaglia
N. R.G. 7249/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI
Sezione Unica CIVILE
Firmato Da: LA BATTAGLIA LUIGI Emesso Da: Postecom CA3 Serial#: 61ea0 - Firmato Da: SANTUCCI SILVANO Emesso Da: Postecom CA3 Serial#: ccee3
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Luigi La Battaglia
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 7249/2009 promossa da:
SAURO LUNEDEI (C.F. LNDSRA51D02C573B), con il patrocinio dell’avv. ROSSI LUCA;
elettivamente domiciliato in corso D’Augusto n. 136, Rimini, presso lo studio dell’avv. SAURO
MUCCIOLI;
ATTORE
contro
ALBERTO GOBBI (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. LUNEDEI MARCO, presso il cui studio è
elettivamente domiciliato in via Marecchiese n. 129, Rimini;
CONVENUTO
DUOMO UNIONE ASSICURAZIONI S.P.A. (C.F. 00961490158), con il patrocinio dell’avv.
MONTI STEFANO, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in via Sigismondo n. 75, Rimini;
INA ASSITALIA S.P.A., con il patrocinio dell’avv. COLELLA ANTONIO, presso il cui studio è
elettivamente domiciliata in via Flaminia n. 163/E, Rimini;
TERZE CHIAMATE
ASSICURAZIONI GENERALI S.P.A. (C.F. 00079760328), con il patrocinio dell’avv. COLELLA
ANTONIO, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in via Flaminia n. 163/E, Rimini;
INTERVENUTA
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.
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Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
1. Attraverso il riferimento alla perizia del dr. Tomasetti (doc. 1 del proprio fascicolo), l’attore
deduce “una chiara responsabilità professionale da parte del Dott. Gobbi per omissione
diagnostica, terapeutica e preventiva; per non avere quindi evitato il peggioramento di una
iniziale malattia parodontale, mediante l’esecuzione di terapie conservative-endodontiche di
routine, e per l’esecuzione di terapie implanto-protesiche non corrette né per quanto concerne
il posizionamento implantare (impegno dei seni mascellari) né per la realizzazione dei
successivi manufatti protesici (unione di elementi maturali a strutture implantari, assenza di
idonei spazi interprossimali e di adeguati contatti interprossimali)” (pag. 6 e 7 della perizia
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citata). Domanda, quindi, il risarcimento del danno biologico e morale, nonché del danno
patrimoniale (futuro) corrispondente alle spese necessarie per le “prestazioni odontoiatriche
specialistiche da eseguirsi per il ripristino della salute dentale” (così la consulenza tecnica resa
in fase di accertamento tecnico preventivo, che le quantifica in € 25.190,00). Nella comparsa di
costituzione e risposta, il dr. Gobbi si limita a rimarcare la necessità, per l’attore, di provare i
fatti costitutivi della domanda, e chiama in causa la INA Assitalia e la Duomo Assicurazioni,
con le quali aveva stipulato due successivi contratti di assicurazione (il primo con efficacia fino
al 21.5.2003; il secondo dal giorno successivo). Ina Assitalia, costituendosi in giudizio, fa
presente che la “polizza azionata (..) [era] stata cedutada Ina Assitalia Spa ad Assicurazioni
Generali Spa in seguito alla sottoscrizione del Contratto di Cessione di Ramo di Azienda datato
6/12/2006, come da provvedimento ISVAP n. 2488 del 19 dicembre 2006, regolarmente
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 302 del 30 dicembre 2006”
(pag. 4 della comparsa di costituzione di Ina Assitalia). La Duomo, a sua volta, eccepisce
l’inefficacia della polizza assicurativa invocata, in forza della lett. c delle condizioni aggiuntive
della stessa, secondo cui “qualora il sinistro sia stato determinato da comportamenti colposi
attraverso più atti successivi, esso si considererà avvenuto nel momento in cui è stata posta in
essere la prima azione colposa”; e quindi con il primo trattamento sanitario effettuato nel
2002” (pag. 5 della comparsa di costituzione di Duomo). Eccepisce, inoltre, la prescrizione ex
art. 2952, II co., c.c. È intervenuta volontariamente nel processo anche la compagnia
Assicurazioni Generali s.p.a., la quale (tra l’altro) ricusa la “copertura” assicurativa dei fatti
addebitati al dr. Gobbi, essendo il suo contratto cessato il 12.6.2002, a fronte di danni
manifestatisi nel 2007.
2. Il consulente tecnico dr. Paganelli ha puntualmente elencato “i trattamenti odontoiatrici non
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eseguiti a regola d'arte”, affermando: “gli impianti in posizione 15-16 e 26 sono stati inseriti
oltre la corticale dei seni mascellari destro e sinistro sporgendo all'interno degli stessi”; “il
manufatto protesico 14-15-16 presenta fratture nel rivestimento in ceramica e non combacia
adeguatamente con gli elementi antagonisti dell'arcata inferiore”; “l'elemento 46 è stato
protesizzato in maniera incongrua poiché la corona risulta essere priva di contatto con il
premolare antistante e di adeguati profili di emergenza”; “l'impianto in posizione 12 non si è
osteointegrato e se ne è resa necessaria la sua sostituzione”; “l'elemento dentario 35, che dalla
OPT eseguite dal Dott. Gobbi appare indenne da lesioni, dalle OPT successive presenti agli
atti risulta affetto da una profonda tasca paradontale mesiale”; “per ciò che riguarda gli
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elementi 23 e 13 non posso che ribadire quanto osservato dal Dott. Barosi in sede di ATP
poiché giunti alla mia osservazione con obiettività modificata per sopravvenuti ritrattamenti
canalari e protesizzazione con corone provvisorie in resina acrilica”. Ha poi indicato la
sussistenza di un nesso di causalità tra l’imperizia del medico ed i postumi lamentati dall’attore,
precisando che “le fixture sporgenti all'interno dei seni mascellari destro e sinistro applicate in
posizione 15 (seduta del 10/04/2002), in posizione16 ( seduta del 24/10/2002) ed in posizione
26 ( seduta del 01/02/2003) hanno un rapporto causale con l'insorgenza delle rinosinusite
cronica della quale soffre il periziando” (pag. 12 della relazione depositata il 5.12.2011). Tali
conclusioni non sono state seriamente contestate dal dr. Gobbi, il cui consulente tecnico di parte
dr. Fattori, nelle osservazioni alla bozza di c.t.u., si è limitato a (tentare di) “ridimensionare” gli
addebiti di imperizia al convenuto, sostenendo che “definire l’operato del dott. Gobbi imperito
e negligente [gli] sembra davvero spropositato, non corrispondente alla realtà dai fatti”, e che
il trattamento eseguito non poteva considerarsi routinario. Il dr. Fattori non nega, quindi, che un
danno alla salute sia occorso al sig. Lunedei, riducendo semplicemente la percentuale di
invalidità permanente ed il periodo di invalidità temporanea indicati dal c.t.u. Peraltro, nella
comparsa conclusionale, il convenuto cerca di “minare” l’attendibilità della consulenza tecnica
eseguita dal dr. Paganelli, in relazione al fatto che “lo stato di salute del periziato [era] stato
successivamente profondamente modificato da interventi posti in essere da parte di altro
medico dentista, il Dott. Luigi Tomasetti” (pag. 10): “questa premessa getta più di un’ombra
sulle effettive possibilità del c.t.u., ad oggi, di avere correttamente accertato quelli che furono
gli esiti degli interventi del Dott. Gobbi, se non in via ipotetica ed attraverso ricostruzioni e
narrazioni fatte da terze persone” (pag. 10 della comparsa conclusionale). La conclusione del
ragionamento del convenuto è che “la prova in merito alla responsabilità del Dott. Gobbi in
ordine alla causazione delle lesioni lamentate da parte attrice non sia stata validamente fornita
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all’interno del processo da parte di quest’ultima” (pag. 11 e s. della comparsa conclusionale).
Tale affermazione tradisce un evidente travisamento delle regole in tema di ripartizione
dell’onere della prova nella responsabilità professionale medica, così come messe a punto dalla
giurisprudenza della Corte di Cassazione degli ultimi tre lustri. È, infatti, ormai ius receptum
nella giurisprudenza della Corte di Cassazione la regola per cui “l'attore, paziente danneggiato,
deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'insorgenza o
l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore (ossia del medico e/o
della struttura sanitaria), astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a
carico del debitore stesso dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur
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esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante (cfr., tra le altre, Cass., sez. un., 11
gennaio 2008, n. 577)” (Cass., n. 3390/15). Ciò in forza del “criterio della maggiore possibilità
per il debitore onerato di fornire la prova, in quanto rientrante nella sua sfera di dominio, in
misura tanto più marcata quanto più l'esecuzione della prestazione consista nell'applicazione
di regole tecniche sconosciute al creditore, essendo estranee alla comune esperienza, e
viceversa proprie del bagaglio del debitore come nel caso specializzato nell'esecuzione di una
professione protetta” (c.d. principio di vicinanza della prova: Cass., n. 22222/14). In cosa si
sostanzi l’onere di allegazione dell’attore, la Cassazione lo ha spiegato nella sentenza n. 4030
del 2013, affermando che “l’onere di allegazione dell’attore, pur avendo ad oggetto i profili
concreti di colpa medica posti a fondamento della proposta azione risarcitoria, non si spinge
sino alla necessità di enucleazione ed indicazione di specifici e peculiari aspetti tecnici di
responsabilità professionale, conosciuti e conoscibili soltanto dagli esperti del settore (ché,
diversamente opinando, si finirebbe per gravare il richiedente di un onere supplementare,
quanto inammissibile, quale quello di richiedere, sempre e comunque, un accertamento tecnico
preventivo onde supportare l’atto introduttivo del giudizio delle necessarie connotazioni
tecnico-scientifiche), sufficiente essendo, per converso, la contestazione dell’aspetto colposo
dell’attività medica secondo quelle che si ritengano essere in un dato momento storico, le
cognizioni ordinarie di un non professionista che conosca (o debba conoscere) l’attuale stato
dei possibili profili di responsabilità del sanitario. Non può, quindi, esigersi dall’attore
delineare con estrema precisione quale sarebbe il profilo di inadeguatezza dell’operato dei
sanitari, dovendo quest’ultimo limitarsi esclusivamente ad enunciare una serie di proposizioni
tali da rendere credibile la correlazione tra il pregiudizio patito dal paziente e le prestazioni
ricevute”. Sotto il profilo del nesso causale, la Cassazione ha, inoltre, recentemente
puntualizzato che “per il paziente/danneggiato, l'onere probatorio in ordine alla ricorrenza del
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nesso di causalità materiale - quando l'impegno curativo sia stato assunto senza particolari
limitazioni circa la sua funzionalizzazione a risolvere il problema che egli presentava - si
sostanzia nella prova che l'esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha
condotto all'evento di danno, rappresentato o dalla persistenza della patologia per cui era stata
richiesta la prestazione, o dal suo aggravamento, fino ad esiti finali costituiti dall'insorgenza di
una nuova patologia o dal decesso del paziente” (Cass., 12.9.2013, n. 20904). Ebbene, nel caso
di specie, vi è non solo l’allegazione da parte dell’attore, ma la prova “positiva”, attraverso la
c.t.u. (che in questo campo può assumere natura c.d. percipiente: Cass., n. 4792/13),
dell’imperizia del convenuto e del nesso causale (secondo la regola del “più probabile che non”)
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con i pregiudizi occorsi al Lunedei, a fronte della quale il convenuto non ha offerto alcuna
prova contraria, circa la propria mancanza di colpa o il fatto impeditivo che avrebbe interrotto il
rapporto eziologico tra l’operato del medico e le lesioni riscontrate sul paziente. La domanda,
pertanto, merita accoglimento, dovendosi passare alla liquidazione dei danni invocati
dall’attore.
3. Il consulente tecnico d’ufficio ha quantificato il periodo di invalidità temporanea in 30 giorni al
50% e 40 giorni al 25%. Quanto all’invalidità permanente, ha stimato una percentuale del 6-7%,
dovuta “al processo sinusitico cronico bilaterale” ed “alla perdita dell'elemento dentario 46”.
Tale valore può senz’altro prendersi a base della liquidazione del danno biologico, situandosi
peraltro – significativamente – in posizione intermedia tra quelli proposti, in sede di
osservazioni alla bozza di c.t.u. – dai consulenti di parte attrice (8%) e convenuta (5%). Essendo
i fatti avvenuti (e la causa iniziata) prima dell’entrata in vigore della l. n. 189/12, per la
liquidazione del danno biologico si deve applicare la tabella in uso presso il Tribunale di
Milano, assunta dalla Corte di Cassazione (a partire dalla sentenza n. 12408 del 2011) “a
parametro in linea generale attestante la conformità della valutazione equitativa del danno in
parola alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056, primo comma, cod. civ.”. Essa, in
ossequio alla “sistemazione teorica” operata dalle sentenze delle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione n. 26972, 26973, 26974 e 26975 dell'11 novembre 2008, si ispira ad una
“liquidazione unitaria del danno non patrimoniale biologico e di ogni altro danno non
patrimoniale connesso alla lesione della salute” (compreso, dunque, il vecchio “danno morale
soggettivo”), prevedendo dei valori monetari “medi”, “corrispondenti al caso di incidenza della
lesione in termini “standardizzabili” in quanto frequentemente ricorrenti”, e delle percentuali
di aumento di tali valori, “da utilizzarsi – onde consentire una adeguata “personalizzazione”
complessiva della liquidazione – laddove il caso concreto presenti peculiarità che vengano
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allegate e provate (anche in via presuntiva) dal danneggiato” (così la relazione di
accompagnamento dell'Osservatorio della giustizia civile di Milano, in Guida al dir., dossier n.
9 del novembre 2009, pag. 33). Ancora di recente, la Corte di Cassazione ha chiaramente
affermato che “per la liquidazione del danno biologico il riferimento alle tabelle milanesi è
d'obbligo, almeno finché i criteri in esse contenuti non siano da archiviare per la
sopravvenienza di altri e prevalenti parametri di natura pretoria o, meglio ancora, di matrice
legislativa. In assenza di variazioni, quindi, il giudice non può che attenersi ai parametri
applicati dal Tribunale di Milano, pena l'inevitabile frustrazione dell'aspettativa del
danneggiato all'applicazione di una regola equitativa uniforme a quella utilizzata per casi
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analoghi” (Cass., ord. n. 19376/12). A questo proposito, non si ritiene immediatamente
applicabile, alle cause in corso al momento della sua entrata in vigore, l’art. 3, III co., della l. n.
189/12, che prescrive che il danno biologico e non patrimoniale conseguente all’attività
dell’esercente la professione sanitaria sia risarcito sulla base delle tabelle di cui agli artt. 138 e
139 del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209. La norma non reca, infatti, disposizioni
transitorie, e non consente quindi una deroga all’art. 11 disp. prel. c.c. Sulla scorta della
consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, si può infatti affermare che “il principio
della irretroattività della legge (art. 11 disp. preliminari cod. civ.) comporta che la legge nuova
non possa essere applicata, oltre ai rapporti giuridici esauritisi prima della sua entrata in
vigore, a quelli sorti anteriormente ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già
verificatisi nel fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze
attuali o future di esso; la legge nuova è, invece applicabile ai fatti, agli "status" e alle
situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti
ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano
essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il
fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia
modificata la disciplina giuridica del fatto generatore” (Cass., n. 16620/13). Ora, si deve tenere
presente che il danno biologico si “cristallizza” nella sfera giuridica del danneggiato (ed il
correlato diritto al risarcimento, contestualmente, sorge nel suo “patrimonio”) in stretta
connessione (cronologica ed eziologica) con l’inadempimento del sanitario, lesivo del diritto
alla salute del paziente. Ebbene, se, in quel momento – nonché in quello successivo
dell’introduzione della causa - il criterio di liquidazione del danno non patrimoniale è quello
“tabellare” sopra descritto, ritenere che esso divenga recessivo rispetto ai parametri
successivamente introdotti dalla legge significherebbe frustrare quella sorta di “legittimo
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affidamento” nella “regola equitativa uniforme” espressamente posta a base, dalla pronuncia
della Corte di Cassazione sopra riportata (ord. n. 19376/12), della “generalizzazione” delle
tabelle milanesi. Con la conseguenza (deteriore, da tale punto di vista) di far dipendere il
criterio di quantificazione del danno dal dato “accidentale” della durata del processo (nel senso
che sarebbero assoggettate ai nuovi parametri legislativi i soli giudizi che, iniziati prima,
fossero ancora pendenti alla data dell’entrata in vigore della relativa fonte).
4. Dunque, tenendo conto che Sauro Lunedei aveva 51 anni (prendendo come riferimento la data
dell’ultima applicazione di fixture, vale a dire il 1°.2.2003: v. pag. 12 della c.t.u.), la somma
spettantegli a titolo di risarcimento del danno biologico permanente ammonta ad € 10.063,50
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(utilizzando la percentuale “intermedia” del 6,5%), mentre quella corrispondente al danno da
invalidità temporanea (considerando il valore giornaliero tabellare medio, pari ad € 120,50) ad €
3.012,50 (di cui € 1.807,50 per i 30 giorni di invalidità relativa al 50% ed € 1.205,00 per i 40
giorni di invalidità relativa al 25%). L'ammontare complessivo "tabellare" del pregiudizio non
patrimoniale patito dall’attrice è, quindi, pari ad € 13.076,00, importo (tendenzialmente)
comprensivo di tutta la gamma delle ripercussioni della lesione sulla sfera c.d. esistenziale della
vittima (compreso il “vecchio” danno morale c.d. soggettivo, invocato dall’attore nella misura
di ¼ del danno biologico), alla stregua dell’insegnamento delle sentenze delle Sezioni Unite
sopra richiamate. La somma deve essere devalutata secondo gli indici Istat al momento del fatto
(e, per quanto concerne quella attribuita a titolo di risarcimento del danno da invalidità
permanente, al momento di cessazione dell'invalidità temporanea: v, Cass., n. 5680/96); gli
interessi al tasso legale debbono poi computarsi - in ossequio al criterio fatto proprio dalle
Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 1712/95) - sulle somme annualmente rivalutate. Ne
deriva che la somma dovuta a titolo di danno non patrimoniale al Lunedei, all'attualità,
ammonta ad € 16.445,70.
5. Per quel che riguarda le spese mediche, si deve tenere presente che il quesito posto al
consulente tecnico d’ufficio – volto a “verificare la congruità delle spese mediche e di
assistenza eventualmente documentate, o comunque sostenute, determinando anche l’entità di
quelle prevedibilmente da sostenere”) – non riguardava le spese sostenute dal Lunedei quale
corrispettivo contrattuale (delle quali, peraltro, l’attore non ha chiesto la restituzione, non
avendo formulato una domanda di risoluzione del contratto), bensì gli esborsi che si erano (o si
sarebbero) resi necessari per la cura dei postumi conseguenti all’inadempimento del sanitario.
Correttamente, dunque, il dr. Paganelli ha fatto riferimento ai “tariffari medi applicati dai
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professionisti che operano su piazza, (..) conformi a quelli che mediamente vengono applicati in
ambito medico-legale nelle controversie giudiziarie, (..) in linea con il tariffario medio
proposto dall’Ordine dei Medici della provincia di Forlì-Cesena e (..) all’interno del range
valutativo proposto dal tariffario nazionale ANDI” (pag. 17 della relazione depositata il
5.12.2011). Tale parametro è stato utilizzato dal consulente tecnico per la quantificazione vuoi
del “controvalore commerciale delle prestazioni non adeguatamente eseguite dal convenuto”
(pari ad € 10.908,00), vuoi dei “costi necessari per ovviare agli ulteriori inconvenienti occorsi
a causa dell’operato del Gobbi” (pari ad € 7.800,00); cosicché la somma di tali importi (pari ad
€ 18.900) rappresenta “la stima dei costi necessari per ricondurre il paziente allo stato
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preesistente, in aggiunta al quale bisogna poi considerare il danno biologico da sinusite
cronica (..) (sinusite che, dunque, permarrebbe anche dopo l’ipotetico esborso dei citati €
18.900,00)” (così il dr. Paganelli all’udienza del 24.9.2013). Alla stregua dei chiarimenti resi
dal c.t.u. si può, dunque, senz’altro riconoscere all’attore un danno patrimoniale (espresso in
valori attuali) di € 18.900,00, senza decurtazione del danno biologico, tenuto conto della
persistenza (anche dopo l’esecuzione delle cure “emendative”) della sinusite cronica e di
impianti sporgenti nel seno mascellare (postumi in ragione dei quali l’invalidità permanente è
stata determinata nella percentuale del 6/7%).
6. Come già anticipato, la compagnia Ina Assitalia ha eccepito il proprio difetto di legittimazione
passiva, poiché, per effetto del contratto di cessione di ramo d’azienda alle Assicurazioni
Generali s.p.a., “alla data di notifica dell’atto di citazione per chiamata in causa del terzo, (..)
non era già più legittimata passivamente con riferimento alla domanda di garanzia e manleva
svolta dall’assicurato, dovendosi di contro intendere Generali subentrata in tutti i rapporti
oggetto della cessione” (pag. 4 della comparsa di costituzione e risposta di Ina Assitalia). Si
tratta – all’evidenza – di un c.d. “trasferimento del portafoglio”, disciplinato dall’art. 198 cod.
ass. Il provvedimento autorizzativo dell’ISVAP del 19.12.2006 (prodotto da entrambe le
assicurazioni coinvolte) approva “le deliberazioni e le condizioni riguardanti il trasferimento
parziale di portafoglio, da attuarsi mediante cessione di ramo d’azienda, da Assitalia – Le
Assicurazioni d’Italia S.p.a., ad Assicurazioni Generali S.p.a. costituito dall’insieme dei
contratti del lavoro diretto italiano del ramo 13 Responsabilità civile generale di cui all’art. 2,
comma 3, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, con esclusione di quelli afferenti i
rischi accessori, di quelli raccolti in regime di libertà di prestazione di servizi e/o di
stabilimento in Paesi dello Spazio Economico Europeo e dei contratti stipulati con clientela
individuale e piccole e medie imprese ed ancora in essere alla data di effetto della cessione,
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così come previsto dal contratto stipulato tra le parti in data 6 dicembre 2006”. Pur non
essendo stato prodotto tale contratto, non è in discussione tra le parti che legittimata passiva
rispetto alla domanda di garanzia del convenuto sia la compagnia cessionaria del “portafoglio”
Assicurazioni Generali s.p.a., tanto che il dr. Gobbi, nelle conclusioni, indirizza la suddetta
domanda nei soli confronti di quest’ultima (la quale, a sua volta, nelle assume su di sé il
corrispondente onere). Né si verte nella fattispecie successoria di cui all’art. 111 c.p.c.,
essendosi perfezionata la cessione del contratto anteriormente all’instaurazione della causa. Non
v’è luogo, pertanto, ad estromissione dal processo della cedente.
7. Il primo contratto di assicurazione azionato dal dr. Gobbi è quello concluso con Assitalia,
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“identificato dalla polizza n. 052/60/162248” (pag. 6 della comparsa di risposta del convenuto).
La circostanza non è in contestazione tra le parti, sostenendo tuttavia Generali che il 12.6.2002
“la copertura assicurativa ha cessato la propria operatività” (pag. 4 della comparsa di
intervento). Nella prima memoria ex art. 183, VI co., c.p.c. (depositata il 29.10.2010), il
convenuto ribatte che “tale affermazione non risponde al vero in quanto la copertura
assicurativa con la Ina Assitalia S.p.a. del Dott. Alberto Gobbi ha cessato la propria
operatività in data 21.05.2003” (pag. 2). Nella memoria ex art. 183, Vi co., n. 3, c.p.c. e nella
comparsa conclusionale le Generali sembrano allinearsi a tale assunto, riconoscendo che “la
sottoscritta Compagnia potrà essere condannata a tenere indenne l’assicurato soltanto rispetto
a quei pregiudizi, lamentati dal Sig. Lunedei, causalmente correlati alle condotte poste in
essere dal Dott. Gobbi sotto la vigenza temporale della polizza assicurativa: si deve pertanto
operare riferimento alle condotte poste in essere sino al 15/05/2003, escluse le successive - nel
cui novero, ut supra dedotto, rientra il trattamento che cagionò la perdita dell’elemento 46 nel
giugno del 1999 (doc. 1 del fascicolo del convenuto)” (pag. 9 della comparsa conclusionale). In
effetti, dal documento n. 5 allegato alla memoria istruttoria depositata da parte convenuta il
29.11.2010, pare evincersi che la polizza in discorso sia stata effettivamente “stornata” in data
15.5.2003. Quanto all’eccezione di prescrizione, la stessa deve ritenersi tardivamente proposta
(rispetto al termine di preclusione di cui agli artt. 167, II co., e 166 c.p.c.), in applicazione
dell’art. 268 c.p.c., essendo la compagnia assicuratrice intervenuta nel processo soltanto
all’udienza ex art. 183 c.p.c. Analoga sorte compete all’omologa eccezione formulata dall’altra
compagnia assicuratrice convenuta (la Duomo UniOne), anch’essa tardivamente costituitasi
soltanto all’udienza del 29.9.2010. Pure la Duomo – come s’è accennato – ha opposto
all’assicurato l’inefficacia del contratto, in virtù del disposto di cui alla lett. C) delle condizioni
generali aggiuntive, secondo cui, “qualora il sinistro sia stato determinato da comportamenti
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colposi attraverso più atti successivi, esso si considererà avvenuto nel momento in cui è stata
posta in essere la prima azione colposa” (doc. 3 del fascicolo di Duomo). Nel caso di specie,
non vi sarebbe “copertura” assicurativa poiché il primo trattamento eseguito sull’attore risale al
2002, ad un periodo, cioè, antecedente alla conclusione del contratto in questione. La tesi della
compagnia assicuratrice è, dunque, che “i trattamenti odontoiatrici posti in essere dal dott.
Gobbi sulla persona dell’attore, nell’arco di tempo compreso tra il 2002 ed il 2007, devono
considerarsi come un unico trattamento sanitario unitario e continuativo” (pag. 5 della
comparsa conclusionale). Rendendo i chiarimenti all’udienza del 24.9.2013, il c.t.u. dr.
Paganelli ha precisato che “la voce di partenza per la valutazione della percentuale di invalidità
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permanente è la sinusopatia cronica, i cui valori sono stati incrementati per la presenza di
impianti sporgenti nel seno mascellare”. Rispondendo al secondo dei quesiti postigli con
l’ordinanza dell’8.4.2011, il consulente tecnico ha inoltre puntualmente specificato che i
suddetti postumi debbono porsi in collegamento causale con i trattamenti effettuati nel corso
delle sedute del 10.4.2002, del 24.10.2002 e del 1°.2.2003 (pag. 12 della relazione depositata il
5.12.2011). Appare, dunque, evidente che la somma liquidata in favore dell’attore a titolo di
danno biologico rappresenti una “voce” coperta dal contratto di assicurazione stipulato con Ina
Assitalia, rimontando l’evento lesivo al periodo di efficacia del contratto medesimo. Per quanto
concerne il danno patrimoniale, occorre puntualizzare che il c.t.u. ha riscontrato la mancata
esecuzione a regola d’arte di una serie di prestazioni odontoiatriche, ulteriori rispetto a quelle
svolte nelle sedute appena indicate. Si pensi, esemplificativamente, alle “voci” relative agli
elementi 46, 12, 35, 23 e 13, le quali – deve ritenersi – hanno pur sempre comportato un danno
biologico (anche di tipo estetico), suscettibile tuttavia di essere emendato attraverso i nuovi
trattamenti (già eseguiti o ancora da eseguire) descritti a pagg. 14 e 15 della relazione del dr.
Paganelli. Tale (ulteriore) pregiudizio, non considerato nella liquidazione del danno biologico,
può essere dunque risarcito alla stregua di danno patrimoniale (futuro), riconoscendo cioè al
danneggiato (a mo’ di risarcimento in forma specifica) le somme di denaro funzionali alla sua
eliminazione. Ebbene, non v’è dubbio che i suddetti (ulteriori) pregiudizi (e le corrispondenti
somme di danaro) siano ascrivibili all’inesatto adempimento di prestazioni eseguite dal dr.
Gobbi nel periodo (successivo al 22.5.2003) di efficacia della polizza assicurativa contratta con
la “Duomo UniOne”, essendosi snodato il rapporto contrattuale tra il medico ed il paziente in un
arco temporale che giunge fino all’anno 2007 (circostanza, questa, non contestata da alcuna
delle parti). Per ricavare le “voci” di danno “coperte” dalla assicurazioni Duomo, si può dunque
procedere a sottrarre dagli importi calcolati dal c.t.u. (per complessivi € 18.900,00, come si è
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visto), le somme afferenti agli interventi sui denti 15, 16 e 26 (che sono quelli “trattati” nelle
sedute rientranti nel periodo di efficacia della polizza Ina Assitalia). Si considereranno, quindi,
le voci “n. 9 corone provvisorie”, “n. 7 corone definitive su impianti (14, 15, 16, 24, 25, 26,
46)” e “trattamenti endodontico-conservativi e paradontali”, di cui al secondo elenco a pag. 19
della c.t.u.; e le voci “rimozione manufatto protesico 14,15, 16”, “provvisori 14, 15, 16”,
“rimozione manufatto protesico misto 23, 24, 25, 26” e “provvisori 23, 24, 25, 26”, di cui
all’elenco a pag. 20 della c.t.u. Operate le opportune “scremature” (delle spese, comprese in tali
voci, concernenti elementi dentari diversi da quelli menzionati), si giunge ad un ammontare di €
3.714,16, che può “arrotondarsi” ad € 5.000,00, per tener conto di quelle prestazioni pur sempre
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funzionali al risultato complessivo, ma non specificamente imputabili a determinati elementi
dentari, come ad esempio le visite e gli esami strumentali). Ne consegue che quest’ultimo
importo (€ 5.000,00) andrà “imputato” alla copertura assicurativa Ina Assitalia, e quello
differenziale restante (€ 13.900,00) alla copertura assicurativa Duomo UniOne.
8. Venendo alla regolamentazione delle spese di lite, l’attore ha diritto di vedersele rifuse dal
convenuto soccombente, in ossequio alla regola generale consacrata nell’art. 91 c.p.c. la
liquidazione – operata nel dispositivo in applicazione dei parametri di cui al d. m n. 55/14, in
vigore al tempo in cui ha avuto termine l’attività difensiva dei procuratori delle parti – avrà
riguardo alle spese della presente causa, nonché del procedimento di accertamento tecnico
preventivo (nel quale non sono state evocate le compagnie assicuratrici). Dovranno essere
riconosciute pure le spese relative all’attività del consulente di parte attrice, posto che esse
“rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il
giudice non si avvalga, ai sensi dell'art. 92, primo comma, cod. proc. civ., della facoltà di
escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue” (Cass., n. 84/13). Nel caso di
specie, si ritengono congrui gli importi di € 900,00 ed 847,00, comprovati dalle fatture allegate
alla memoria di replica depositata dall’attore in data 27.6.2014. L’attore dovrà invece rifondere
alle altre parti le spese processuali (pure liquidate in dispositivo) relative al sub-procedimento
cautelare ex art. 671 c.p.c., nel quale è rimasto soccombente. In virtù delle considerazioni svolte
al punto precedente, Generali Assicurazioni dovrà manlevare il convenuto fino a concorrenza
della somma di € 21.445,70, e Duomo UniOne Assicurazioni fino a concorrenza della somma di
€ 13.900,00. Quanto alle spese legali, si deve tener presente che il dr. Gobbi, costituendosi in
giudizio, non ha chiesto la condanna delle assicurazioni al pagamento delle c.d. spese di
resistenza (cui fa riferimento l’art. 1917, III co., c.c., e l’art. 14 delle condizioni generali
invocate da Generali), bensì unicamente la manleva relativamente a “tutte le somme che questo
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sia, in ipotesi, condannato a pagare al sig. Sauro Lunedei – in esito alla presente causa ed al
procedimento ex art. 696 c.p.c. (…) – per capitale, interessi, spese legali, processuali e
peritali”, vale a dire alle spese che l’assicurato (riconosciuto) responsabile deve corrispondere
al danneggiato vittorioso in giudizio. Esse sono senz’altro ricomprese nella garanzia
assicurativa (Cass., n. 5063/87). Ricorrono giusti motivi per compensare le spese processuali tra
il convenuto e Ina Assitalia, essendosi trovate d’accordo le parti circa l’avvenuta cessione del
contratto di assicurazioni a Generali, ed avendo tale ultima compagnia immediatamente assunto
la lite, mediante intervento volontario per gli uffici del medesimo difensore.
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P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così
dispone:
1) Accoglie, per quanto di ragione, la domanda dell’attore e, per l’effetto, condanna il convenuto a
corrispondergli la complessiva somma di € 35.345,70;
2) condanna il convenuto a rifondere all’attore le spese del procedimento di accertamento tecnico
preventivo n. 2346/08 r.g., che si liquidano in € 1.149,46 per spese ed € 1.900,00 per compensi
professionali, oltre a spese generali, iva e c.p.a. di legge;
3) pone le spese della c.t.u. espletata nel procedimento di accertamento tecnico preventivo n.
2346/08 r.g. - liquidate con decreto del 13.1.2009 – definitivamente a carico del convenuto;
4) condanna il convenuto a rifondere all’attore le spese della presente causa, che si liquidano in €
1.205,00 per spese ed € 7.000,00 per compensi professionali, oltre a spese generali, iva e c.p.a.
di legge;
5) pone le spese della c.t.u. espletata nella presente causa - liquidate con decreto del 12.12.2011 –
definitivamente a carico del convenuto;
6) condanna Le Assicurazioni Generali s.p.a. e la Duomo UniOne Assicurazioni s.p.a. a tenere
indenne il convenuto dagli effetti della statuizione di cui al punto 1 del dispositivo, fino a
concorrenza, rispettivamente, della somma di € 21.445,70 per la prima e di € 13.900,00 per la
seconda;
7) condanna Le Assicurazioni Generali s.p.a. e la Duomo UniOne Assicurazioni s.p.a., in solido
tra loro, a tenere indenne il convenuto dagli effetti delle statuizioni di cui ai punti 2, 3, 4 e 5 del
dispositivo;
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8) condanna l’attore a rifondere al convenuto le spese processuali relative al sub-procedimento
cautelare n. 7249-1/09, che si liquidano in € 1.800,00 per compensi professionali, oltre a spese
generali, iva e c.p.a. di legge;
9) condanna l’attore a rifondere alla Duomo UniOne Assicurazioni s.p.a. le spese processuali
relative al sub-procedimento cautelare n. 7249-1/09, che si liquidano in € 1.000,00 per
compensi professionali, oltre a spese generali, iva e c.p.a. di legge;
10) condanna l’attore a rifondere a Le Assicurazioni Generali s.p.a. le spese processuali relative al
sub-procedimento cautelare n. 7249-1/09, che si liquidano in € 1.800,00 per compensi
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professionali, oltre a spese generali, iva e c.p.a. di legge;
11) compensa le spese processuali, nel rapporto tra il convenuto e Ina Assitalia s.p.a..
Rimini, 3 giugno 2015.
Il Giudice
dott. Luigi La Battaglia
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