Gabriele Turi, Schiavi in un mondo libero. Storia dell
Transcript
Gabriele Turi, Schiavi in un mondo libero. Storia dell
Zitierhinweis De Vito, Christian G.: Rezension über: Gabriele Turi, Schiavi in un mondo libero. Storia dell'emancipazione dall'età moderna a oggi, Roma: Laterza, 2012, in: Il Mestiere di Storico, 2013, 2, S. 314, http://recensio.net/r/064ac4e7cb874b1fa007079b905066f2 First published: Il Mestiere di Storico, 2013, 2 copyright Dieser Beitrag kann vom Nutzer zu eigenen nicht-kommerziellen Zwecken heruntergeladen und/oder ausgedruckt werden. Darüber hinaus gehende Nutzungen sind ohne weitere Genehmigung der Rechteinhaber nur im Rahmen der gesetzlichen Schrankenbestimmungen (§§ 44a-63a UrhG) zulässig. 314 i libri del 2012 / 2 - monografie Gabriele Turi, Schiavi in un mondo libero. Storia dell’emancipazione dall’etá moderna a oggi, Roma-Bari, Laterza, IX-388 pp., € 24,00 Già autore di una sintesi generale della storia dell’epoca contemporanea (Il nostro mondo. Dalle grandi rivoluzioni all’11 settembre, Laterza, 2010), in questo volume Turi ne evidenzia un aspetto cruciale: il rapporto ambiguo tra la libertà, proclamata dalle Rivoluzioni americana e francese e dai fautori del «libero» mercato, e le molte forme di lavoro forzato esistenti su scala globale, all’interno di imperi coloniali come pure in nazioni da essi resesi indipendenti. Il volume contiene una sintesi dettagliata della storia della schiavitù (intesa come chattel slavery, ossia «proprietà a tempo indeterminato di un essere umano [...] soggetto a compravendita», p. 65) a partire dalla metà del ’700. Si concentra sulla tratta atlantica, ma dedica alcuni paragrafi alla realtà della schiavitù in altri contesti, dalle regioni interne dell’Africa all’Oceano Indiano, mostrando la flessibilità del sistema schiavile nello spazio e nel tempo. Tale complessità è altresì al centro della ricostruzione del percorso dell’abolizione, in cui spicca la pluralità di attori e interessi coinvolti. L’a. non ricostruisce solo i movimenti abolizionisti sviluppatisi nei principali imperi coloniali, ma pone l’accento anche sul protagonismo degli schiavi stessi e sull’impatto non solo locale dei loro atti di resistenza. Per altro verso, di fronte al ruolo del governo britannico nell’imporre la fine della schiavitù, Turi evita di abbracciare le tesi economiciste, sottolineando l’importanza della governance imperiale e della dialettica tra madrepatria e colonie. Nella stessa linea vengono analizzati anche il permanere della schiavitù illegale e il (ri)emergere di altre forme di lavoro forzato dopo l’emancipazione formale. L’approccio richiama quello dei saggi di Frederick Cooper, degli studi di Valter Zanin sul lavoro coatto contemporaneo e dei volumi della collana «Studies in Global Social History» dell’editore Brill. Il volume di Turi, pensato per fornire una panoramica della letteratura internazionale a un pubblico non necessariamente composto da specialisti, approfondisce meno le vicende specifiche di queste forme «assimilabili alla schiavitù», e di alcune di esse in verità non fa neppure menzione – com’è il caso del convict labour. In modo originale tuttavia ne segue le tracce, attraverso le convenzioni internazionali dal XIX secolo ai giorni nostri, mostrando il progressivo espandersi della definizione stessa di schiavitù finalizzato ad estendere il divieto della tratta e del lavoro forzato a tutte le forme di lavoro non libero. È questo procedimento, più che il riferimento a «nuove schiavitù» di cui sembra mancare un’adeguata definizione (nel volume come nella relativa letteratura), che consente all’a. di mostrare anche il permanere di forme di radicale non-libertà all’interno del mondo attuale. «Il cerchio si chiude con un bilancio amaro», nota l’a., sebbene la storia di «sfruttamento vecchio e nuovo dell’uomo sull’uomo» (p. 363) sia stata accompagnata da quella della lotta contro tale sfruttamento – e far uscire entrambe queste eredità dall’oblio in cui sono cadute è interesse e dovere morale di ciascuno di noi. Christian G. De Vito