Oggi Follini scioglie il rebus. Forse Berlusconi scioglie l`Udc

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Oggi Follini scioglie il rebus. Forse Berlusconi scioglie l`Udc
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IL PAESE NON PUÒ ASPETTARE
VERSO L’ELEZIONE DEL PONTEFICE
Il leader dell’Unione Prodi: l’Italia non può
stare appesa ai tempi della crisi. Dopo
Bruxelles e Fmi, allarme della Bce sui conti
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Il conclave è solo l’ultimo atto di un rito
che, in base alla “Costituzione” varata
nel 1996, prevede 92 passaggi
V
E N E R D Ì
15
A P R I L E
2005
Molto meglio
che se ne
vadano a casa
PIERLUIGI
CASTAGNETTI
a soluzione peggiore. Un governo
balneare. Rattoppato, senza fiato
né forza, che sopravvive a se stesso,
che resta in sella “tirando a campare”.
Tutto il contrario di quello che serve
al paese. Ed in perfetta antitesi alla
sentenza espressa dal voto degli italiani due domeniche fa.
L’estenuante spettacolo della verifica, in cui la destra si era esercitata per mesi e mesi già dopo le batoste elettorali del 2003 e del 2004, ha
occupato la scena e riproposto i suoi
riti a nemmeno ventiquattr’ore di distanza dal terremoto delle regionali.
Perseverando fino ad ora.
Dopo quella sconfitta politica, perché – come ammesso dallo stesso
presidente del consiglio – di questo si
è trattato, il governo avrebbe dovuto
rimettere il suo mandato. La maggioranza parlamentare non è più tale nel paese. Serietà avrebbe voluto un
riconoscimento non
solo verbale
Una mazzata ma oggettivo:
per il paese che restituire la
parola agli
questa destra
elettori. Nulla.
irresponsabile Allora rivedesta riducendo re programma e squadra,
in macerie
a cominciare
dal capitano,
per dare il messaggio di aver capito la
sentenza delle urne. Nulla anche qui.
Il “teatrino” invece ha offerto al
paese il solito canovaccio: minacce, ultimatum, colloqui informali, vertici,
riunioni separate, appuntamenti più
o meno riservati, lettere, ipotesi di
rimpasti, annunzi di rimpastini, intenzioni di creare un paio di strapuntini per questo o quel governatore trombato. Fino all’ultimo proposito di pezzi di maggioranza che lasciano il governo pronti a sostenerlo
in parlamento. Ma per fare cosa?
E la drammatica situazione economica del paese? E le famiglie che
non riescono ad arrivare a fine mese? E le imprese che chiudono a decine, a centinaia rispedendo nell’inferno dei senza-lavoro migliaia e migliaia di uomini e donne? E i giovani alle prese con una precarietà senza speranze? E il Mezzogiorno? E
l’urgente bisogno di frenare la dinamica impazzita dei conti pubblici? E
il rischio della bocciatura non tanto
dell’Unione europea ma delle agenzie di rating internazionale che farebbe spiccare un balzo ai tassi del debito pubblico?
A questi interrogativi governo e
maggioranza avrebbero dovuto sforzarsi di trovare risposte. Romano Prodi era stato chiaro: se il governo avesse puntato su proposte serie di rilancio del paese, avesse imboccato una
strada coraggiosa – parlando finalmente il linguaggio della verità – per
interrompere questo drammatico declino e a patto di non cambiare “le regole del gioco” mentre la partita è in
corso (niente modifiche alla legge
elettorale e alla par condicio e stop alla controriforma della Costituzione)
l’Unione avrebbe fatto la sua parte.
Nell’interesse supremo dell’Italia e
degli italiani. Ma nemmeno una paginetta che sia una è stata partorita dal
governo e della maggioranza.
SEGUE A PAGINA 4
L
Oggi su www.europaquotidiano.it
www.europaquotidiano.it
I
N F O R M A Z I O N
1
E
A
N A L I S I
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV.IN L. 27.02.2004, N.46)
ART.1, COMMA 1, DCB ROMA
A
N N O
Si riunisce la direzione dei centristi. L’orientamento è di ritirare i ministri. Ma Buttiglione...
Oggi Follini scioglie il rebus.
Forse Berlusconi scioglie l’Udc
Inutile vertice della Cdl. An si allinea. Il premier nel bunker di palazzo Chigi
arlo domani», aveva detto Marco Follini lasciando palazzo Chigi dopo quattro ore di
vertice di maggioranza, poi s’è lasciato tentare dai
tg: «Alla maggioranza chiediamo di scommettere
sulla novità e sul cambiamento, siamo tra quanti
non si rassegnano all’idea che in Italia vincano Prodi e la sinistra», ha dichiarato. Traduzione: oggi, alla direzione dell’Udc, dal momento che Silvio Berlusconi non è disponibile alla “crisi pilotata” invocata dai centristi, il segretario proporrà il ritiro della delegazione al governo e l’appoggio esterno. Follini dovrebbe avere i numeri per spuntarla, ma forse mette in conto qualche defezione da parte di qualche ministro ancora sensibile al declinante fascino
«P
berlusconiano. Rocco Buttiglione, per esempio, oggi fa scrivere dal quotidiano che controlla che lui va
considerato «ministro in rappresentanza del Cdu,
uno dei tre partiti che diedero vita all’Udc, tuttora
in piena attività», e questa se non altro è la più bella battuta della giornata.
Berlusconi, asserragliato a palazzo Chigi coi fedelissimi fino a notte, ripete come un disco rotto che
non si dimetterà. È sostenuto a spada tratta dalla Lega, che al vertice di ieri ha “concesso” persino una
disponibilità alla costituzione del ministero del
Mezzogiorno. Quanto ad An, Fini si allinea: la crisi, dicono i suoi colonnelli, non è «indispensabile».
Alla destra basta la «discontinuità sui contenuti»,
anche se per la verità al vertice di ieri di tutto si è
parlato meno che di contenuti.
«Mi auguro che questa crisi finisca presto perché c’è bisogno di governo – è il messaggio che arriva da Romano Prodi – È una crisi che gli italiani
soffrono perché porta conseguenze negative sulla
nostra immagine e sulla realtà della nostra economia. Quindi, per favore, date una accelerazione a
questi colloqui, perché si arrivi a una decisione rapida. Non possiamo davvero aspettare, noi abbiamo
bisogno di governo. Abbiamo bisogno di prendere
decisioni in tanti settori da quello bancario, alla ripresa industriale, alla ripresa del Paese. Non si può
mica essere appesi per tanto tempo». A PAGINA 5
Il centrosinistra chiede al governo, se c’è, di riferire in parlamento. Deboli le precisazioni del Pentagono
Colpa degli italiani se Calipari è morto. Gli americani
vogliono chiudere l’inchiesta con l’assoluzione dei loro
l Pentagono smentisce di aver divulgato alcun
«dettaglio», la Farnesina invece si limita a ribadire quanto già detto dal ministro Fini a Washington
a braccetto con Condoleeza Rice: l’inchiesta sull’uccisione dell’agente del Sismi, Nicola Calipari, sulla
strada verso l’aeroporto di Bagdad il 4 marzo scorso,
è ancora in corso. Dunque nessun commento alle anticipazioni del Tv americana, Nbc, già rimbalzate sui
media secondo le quali l’indagine della commissione Italia-Usa assolve, nella sostanza, i soldati ameri-
I
cani che hanno sparato contro l’auto che trasportava
anche un altro 007 e Giuliana Sgrena. Il veicolo – queste sarebbero le conclusioni – non si sarebbe fermato
ai segnali luminosi e neppure dopo i colpi di avvertimento: dopo quattro secondi i soldati avrebbero
aperto il fuoco uccidendo Calipari e ferendo la giornalista del manifesto. Una ricostruzione della vicenda smentita, ancora ieri, da quest’ultima in un’intervista alla tv americana Cbs e che non sarebbe condivisa neppure dai rappresentanti italiani nella com-
missione, che si rifiutano di sottoscrivere la relazione. L’opposizione chiede al governo di riferire in parlamento e smentire le indiscrezioni della Nbc ritenute, se confermate, «sconcertanti e offensive della
memoria di Calipari» e non solo. Il punto è che «ora
non abbiamo interlocutori» faceva notare ieri Castagnetti mettendo il dito nella piaga della crisi dell’esecutivo. L’allungamento dei tempi dell’inchiesta,
da questo punto di vista, risulta provvidenziale.
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COSTITUZIONE UE, CHIRAC SCENDE IN CAMPO PER IL SÌ AL REFERENDUM
«Sono in tv perché voglio rivolgermi a tutta la Francia», e raccontare il paese che vogliamo lasciare ai nostri figli. Dobbiamo metterci
III • N°74 •
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La gabbia
del professor
Siniscalco
ll’ex editorialista principe del Sole 24 Ore, il professor Domenico Siniscalco, deve aver fatto male il
commento col quale il giornale della Confindustria, pochi giorni fa, lo
invitava senza perifrasi a dimettersi
nel caso non fosse riuscito a imporre nel governo una linea di intervento
rapido sul doppio fronte, degli incentivi alla crescita e della finanza
pubblica.
Da allora sono successe le seguenti cose, più o meno nell’ordine:
Bruxelles ha avvertito che l’Italia dovrà essere sanzionata per lo sforamento ormai senza controtendenza
dei vincoli sul debito pubblico; il ministro ha annunciato che «cercherà
di convincere» i suoi colleghi italiani a non fare una Finanziaria elettorale per il 2006; il Fmi ha confermato, aggravandole, le
previsioni
Il ministro
Ue, calcofa la guardia
lando nel
alla cassa
4,3% il probabile rapmentre
porto tra dela politica
ficit e Pil nel
2006 «in asimpazzisce
senza di interventi»; la
produzione industriale sta crollando
in Italia a ritmi vertiginosi; la maggioranza di centrodestra e il presidente Berlusconi ragionano su quanti e quali nuovi ministeri di spesa
creare, mentre i partiti rivoltosi reclamano posti “pesanti” dal punto di
vista delle dotazioni finanziarie (sanità, infrastrutture). Infine, lo stesso ministero del professor Siniscalco è finito nel tritatutto perché se ne
ipotizza lo svuotamento con la creazione dei nuovi dicasteri, e soprattutto con l’affidamento al neoministro berlusconiano Micciché di più
o meno 25 miliardi di euro da spendere per il Sud nei prossimi mesi.
In questa situazione torna alla
mente l’invito del Sole 24 Ore, e ci
chiediamo: che cosa rimane a fare lì,
il ministro Siniscalco? Sappiamo che
si sente investito (non da Berlusconi, supponiamo) di una missione bipartisan, fare la guardia alla cassa
mentre la politica impazzisce. Farsi
forte del suo essere tecnico, e di tutte le coperture istituzionali e internazionali possibili, per scongiurare
il peggio nell’assalto alla diligenza.
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A
d’accordo sulle regole comuni per l’Europa. Così il presidente francese ha avviato il suo faccia a faccia con i giovani, in un lunga diretta trasmessa ieri sera da Tf1. (Reuters)
Chiuso in redazione alle 20,30
A proposito di Rai e di Mediaset
R O B I N
Dove sta il fumo e dove l’arrosto
Peccato!
Aveva lottato come un leone.
ROBERTO
ZACCARIA
ue notizie sono apparse insieme sulle pagine dei
giornali in questi ultimi giorni: la prima, in ordine di tempo, legata alla Rai, alla presentazione del suo
bilancio e alla telenovela del rinnovo del suo consiglio
di amministrazione, la seconda legata a Mediaset e alla cessione del 17 per cento del suo capitale. Naturalmente ha fatto più scalpore la seconda e per ovvi motivi, ma conviene ugualmente trattarle insieme perché
un nesso tra le due vicende comunque c’è e non è secondario.
La prima lettura, offerta soprattutto dal centrodestra e da Berlusconi, alla cessione azionaria è stata quella della riduzione del conflitto di interessi.
D
Indubbiamente non è poca cosa questa ammissione dopo mesi e anni di irritanti rifiuti, ma è altrettanto chiaro che è la più lontana dalla realtà. Non solo
per le comunicazioni ufficiali dello stesso gruppo che
ieri hanno confermato che il controllo della società, pur
con il 34 per cento del capitale, rimane saldamente nelle mani della famiglia, ma anche per la convinzione
che operazioni di questo genere non si fanno certamente in un giorno e la batosta elettorale è troppo vicina nel tempo per far pensare che il tutto (banche e
advisors internazionali compresi) possa essere stato architettato e realizzato nel breve volgere di una settimana.
Più realistica è la ricostruzione che anche ieri ha
offerto Il Foglio dicendo che «da tempo Berlusconi sta
lavorando per sistemare il patrimonio famigliare in modo equo e ragionevole». A parte l’involontaria ironia che
questa affermazione potrebbe assumere qualora la si
ricollegasse alla vicenda, finora solo inquirente, legata alla questione dei diritti televisivi e alle società offshore
apparentemente intestate ai figli di primo letto Marina e Piersilvio, io penso che quello sia e resti l’obiettivo più realistico.
Ma è vero allora quanto hanno affermato ieri alcuni
esponenti del centrosinistra, Prodi, Visco, Rognoni,
Gentiloni e altri, che attraverso questa operazione il conflitto di interessi non si riduce ma si consolida in maniera esponenziale perché il controllo di Mediaset rimane saldamente nelle mani del premier, perché con
l’enorme realizzo economico (2,2 miliardi di euro) Berlusconi acquisisce risorse da “giocare” pesantemente
sul mercato e infine perché porta all’incasso, fintanto
che ne ha la possibilità (questo scampolo di legislatura) il rendimento economico prodotto dalla legge Gasparri sulla televisione.
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Aveva supplicato. Lo aveva
chiesto in tutte le lingue: fate in modo che il decreto sulla competitività non diventi
un decreto omnibus. Invece
alla fine lo è diventato. A
quel punto lui è sbottato:
«Peccato». Che grinta questo Marzano.
Il nuovo portale della Margherita dedicato agli italiani nel mondo @ 25 aprile: così l’Italia celebra il 60° della Liberazione@2005 anno internazionale del microcredito (ing)