Sentenza n. 7970/2016 pubbl. il 27/06/2016 RG n. 4802/2014

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Sentenza n. 7970/2016 pubbl. il 27/06/2016 RG n. 4802/2014
Sentenza n. 7970/2016 pubbl. il 27/06/2016
RG n. 4802/2014
Repert. n. 6398/2016 del 27/06/2016
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione specializzata in materia di impresa
Sezione A
Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati:
Dott. Paola Maria Gandolfi
Presidente rel.
Dott. Silvia Giani
Giudice
Dott. Pierluigi Perrotti
Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 4802/2014 R.G. promossa da:
SWISS INTENATIONAL AIR LINES (c.f. 06933161009 ), con il patrocinio degli avv.
GIORDANO MASSIMO e MELE CATERINA (MLECRN76S50C978V) VIALE
EMILIO CALDARA, 9 20122 MILANO; ,
ATTORE
contro:
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REPUBBLICA ITALIANA
Sentenza n. 7970/2016 pubbl. il 27/06/2016
RG n. 4802/2014
Repert. n. 6398/2016 del 27/06/2016
SEA SOCIETÀ ESERCIZI AEROPORTUALI SPA (C.F. ), con il patrocinio dell’avv.
PINTUS LORENZO e
CONVENUTO
integralmente richiamato
*****
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
Con atto di citazione notificato il 20/1/14 la Swiss International Airlines chiamava in
giudizio SEA Società per azioni Esercizi Aeroportuali per sentire accertare il suo diritto
a vedere applicati, anche per il periodo marzo 2002-aprile 2009, i diritti aeroportuali
previsti per i voli interni alla Comunità Europea, con condanna alla restituzione di euro
2.165.448,00.
L’attrice, Compagnia Aerea con sede nella Confederazione Elvetica, esponeva che tra
quest’ultima e la Comunità Europea era stato stipulato in data 21/6/99 un accordo che
comportava la piena equiparazione tra i vettori elvetici e quelli comunitari, entrato in
vigore il 1/6/02.
Ciononostante, SEA, concessionaria esclusiva dello scalo aeroportuale di Malpensa,
aveva applicato a Swiss i diritti aeroportuali definiti dal DM 14/11/00 per il traffico
extracomunitario, anziché quelli per i voli interni alla Comunità.
L’attrice ha quindi iniziato il presente giudizio, ritenendo che siffatta condotta di
interpretazione del D.M. 14/11/00 violasse gli obblighi imposti dal Trattato 21/6/99 e
costituisse abuso di posizione dominante, per avere preteso, senza giustificazione
obbiettiva, corrispettivi eccessivamente gravosi (oltre che illegittimi), in violazione dei
principi di parità di trattamento tra vettori svizzeri e vettori comunitari e con ostacolo
allo sviluppo della concorrenza.
Ove il D.M. 14/11/00 dovesse essere interpretato necessariamente come preteso da SEA,
Swiss ne chiedeva la disapplicazione, anche in quanto contrario al Diritto Comunitario
ed agli artt. 3, 11 e 117 Cost. e quale aiuto vietato dall’art. 107 TFUE.
Si costituiva SEA eccependo preliminarmente la mancata prova dei poteri di
rappresentanza in capo al soggetto che aveva sottoscritto la procura attorea. Nel merito,
SEA affermava di avere regolarmente applicato la normativa nazionale vigente pro
tempore, senza alcuna discriminazione tra i vettori comunitari e svizzeri, solo in
funzione della destinazione dell’aeromobile. In seguito all’approvazione della Direttiva
2009/12/CE ed all’ingresso della Svizzera nell’area Schengen, la convenuta aveva
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Conclusioni delle parti: si veda il verbale di udienza del 23/2/16, da ritenersi qui
spontaneamente modificato le tariffe in questione, applicando i diritti previsti per i voli
intracomunitari.
Veniva autorizzato lo scambio di memorie ex art. 183,VI c.p.c., quindi all’udienza del
23/2/16 la causa veniva rimessa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE.
Innanzitutto va rilevato come, all’esito della produzione della visura camerale
aggiornata dell’attrice e della prova dei poteri di firma in capo a Stefan Zwicky,
l’eccezione preliminare di invalidità della procura attorea non è stata ribadita.
Sempre in via preliminare il Collegio ritiene di ribadire come debba rilevarsi come
possano essere presi in considerazione in questa sede solo le condotte asseritamente
illecite tempestivamente allegate nell’ atto introduttivo del giudizio, che segnano gli
estremi obbiettivi di identificazione dell’ azione sotto il profilo della c.d. “causa
petendi”.
Come è noto, “ai fini dell’ identificazione della causa petendi posta alla base della
domanda non rilevano tanto le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa
avanzata in giudizio, bensì l’ insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base
della propria richiesta, sicchè è compito precipuo del giudice la corretta identificazione
degli effetti giuridici scaturenti dai fatti dedotti in causa” (Cass. 4598/07).
Quindi ogni mutamento ed inserimento di nuovi fatti determina un radicale mutamento
della causa petendi, che non è ammissibile in corso di causa.
Pertanto andranno considerate le condotte SEA di cui si duole l’attrice sotto i profili
della violazione delle disposizioni normative nazionali e comunitarie e dell’abuso di
posizione dominante.
Sotto tale ultimo profilo, va ricordato in via generale che l’infrastruttura aeroportuale
presenta elementi tali da poter essere configurata come monopolio naturale (concorrono
a questa qualificazione la sussistenza di elevatissimi costi di investimento e la presenza
di rilevanti economie di scala e di diversificazione che determinano una funzione di
costi subaddittiva). Sulla base di tale presupposto, le infrastrutture aeroportuali italiane
sono state tipicamente affidate ad un unico soggetto, mediante una concessione in
esclusiva e sottoposte a puntuale regolazione.
SEA, quale concessionaria esclusiva sino al 2041 per la gestione unitaria degli aeroporti
di Milano-Malpensa e Milano-Linate detiene il monopolio legale delle infrastrutture
aeroportuali degli scali in questione, rivestendo quindi posizione dominante su tutti i
mercati rilevanti di prodotto relativi.
Vanno quindi premesse alcune considerazione sui diritti aeroportuali di cui si
controverte, introdotti con L. 24/56 (che distingueva tra attività aerea nazionale ed
internazionale) e poi disciplinati con la L. 573/93 e con L. 662/96, che non prevedono la
differenziazione dei diritti in relazione all’itinerario del collegamento aereo, ma ne
demandano la fissazione a decreti del Ministero dei Trasporti e Navigazione. Malgrado
ciò e malgrado una nota della Commissione Europea del 1/6/00 che stigmatizzava il
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Sentenza n. 7970/2016 pubbl. il 27/06/2016
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sistema dei diritti stabiliti dall’Italia, il D.M. 14/11/00 ha mantenuto una distinzione tra
collegamenti aerei con destinazione interna alla Unione Europea ed esterni alla stessa,
che non trovava giustificazione nel generale principio di contabilità analitica e di
orientamento ai costi.
Invero, tutti i corrispettivi per l’accesso agli spazi aeroportuali e l’utilizzo di
infrastrutture aeroportuali sono stati definiti sulla base dei criteri regolatori stabiliti dal
Decreto Legislativo n. 18 del 13 gennaio 1999 (e dalla successiva Delibera CIPE n. 86
del 4 agosto 2000). E’ poi intervenuto il D.L. 30/9/05 n. 203 (convertito in L.248/05,
nonchè la Direttiva CIPE 30/07 relativa alla regolazione dei servizi aeroportuali offerti
in esclusiva). Il principio sotteso a tutta la normativa è che tutti i corrispettivi
regolamentati devono essere determinati sulla base del già ricordato criterio di
orientamento ai costi.
In questo contesto di formazione primaria e secondaria (che, come detto, continuava a
distinguere tra voli intra ed extra CE) è comunque intervenuto l’Accordo tra la
Confederazione Svizzera e la Comunità Europea del 21/6/99.
Si tratta di un trattato bilaterale di contenuto assai ampio (ben diverso da quelli prodotti
da SEA sub. 8-13), stipulato unitamente ad altri sei su varie materie (cfr. art. 36) , che
disciplina l’accesso delle Compagnie elvetiche al mercato liberalizzato del trasporto
aereo in Europa, equiparandole alle loro concorrenti europee, beneficiando di
condizioni concorrenziali equivalenti.
L’accordo, al Capo 1, art. 1 indica gli obbiettivi delle parti: “Il presente Accordo
stabilisce norme per le parti contraenti in materia di aviazione civile. Tali norme
lasciano impregiudicate le norme del trattato CE, e in particolare i poteri spettanti alla
Comunità in virtù delle regole di concorrenza e dei regolamenti di applicazione di tali
regole, nonché in forza di tutta la legislazione comunitaria pertinente indicata
nell'allegato del presente Accordo. A tal fine, le norme stabilite dal presente Accordo,
nonché i regolamenti e le direttive specificati nell'allegato si applicano alle seguenti
condizioni. Nella misura in cui sono sostanzialmente identiche alle corrispondenti
norme del trattato CE e agli atti adottati in virtù del medesimo trattato, tali norme
devono essere interpretate, ai fini della loro attuazione ed applicazione, in conformità
delle pertinenti sentenze e decisioni della Corte di giustizia e della Commissione delle
Comunità europee emesse anteriormente alla data della firma del presente Accordo”
Vengono quindi inseriti, nei rapporti bilaterali, alcuni capisaldi della integrazione
europea, disciplinati dal TFUE.
Infatti gli artt. 3 e 4 disciplinano divieto discriminazione e libertà stabilimento,
prevedendo che “nel campo di applicazione del presente Accordo e fatte salve
disposizioni speciali in esso contenute, è vietata ogni discriminazione in base alla
nazionalità” e che “nel campo di applicazione del presente Accordo, fatte salve le
disposizioni del regolamento (CEE) del Consiglio n. 2407/92, così come richiamato
dall'allegato del presente regolamento, è vietata qualsiasi restrizione alla libertà di
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stabilimento dei cittadini di uno Stato membro della CE o della Svizzera nel territorio di
ciascuno di tali Stati. Tale principio si applica anche alla costituzione di agenzie,
succursali e società controllate da parte di cittadini di uno Stato membro della CE o di
cittadini svizzeri stabiliti nel territorio di uno di tali Stati. La libertà di stabilimento
comporta l'accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione
e la gestione di imprese e in particolare società ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2 alle
condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri
cittadini”
All’art. 8 viene inserito il medesimo divieto di intese restrittive di cui all’art. 101 TFUE:
“Sono vietati in quanto incompatibili con il presente Accordo tutti gli accordi tra
imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che
possano pregiudicare il commercio tra le parti contraenti e che abbiano per oggetto e
per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del
territorio a cui si applica il presente Accordo ed in particolare quelli consistenti nel:
a)fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita, ovvero altre
condizioni di transazione; b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo
sviluppo tecnico o gli investimenti; c) ripartire i mercati o le fonti di
approvvigionamento; d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti,
condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi
uno svantaggio nella concorrenza; e) subordinare la conclusione di contratti
all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro
natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei
contratti stessi. Gli accordi o decisioni vietati in virtù del presente articolo sono nulli di
pieno diritto”
Per quanto qui maggiormente rileva, l’art. 9 introduce il divieto di abuso posizione
dominante di cui all’art. 102 TFUE: “è incompatibile con il presente Accordo e vietato,
nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra le parti contraenti, lo
sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul
territorio a cui si applica il presente Accordo o su una parte sostanziale di questo.Tali
pratiche abusive possono consistere in particolare a) nell'imporre direttamente od
indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;
b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei
consumatori; c) nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti
condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno
svantaggio per la concorrenza; d) nel subordinare la conclusione di contratti
all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per
loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei
contratti stessi”.
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Inoltre, l’art. 11 prevede poteri di vigilanza e controllo delle istituzioni della Comunità
sul rispetto delle disposizioni degli artt. 8 e 9 e l’art. 13 vieta gli aiuti di Stato
conformemente all’art. 107 TFUE).
In tema di diritti di traffico, l’art. 15 prevede poi che “ Fatte salve le disposizioni del
regolamento (CEE) n. 2408/92 del Consiglio, così come richiamato nell'allegato del
presente Accordo ai vettori aerei comunitari e svizzeri saranno accordati diritti di
traffico tra qualsiasi punto in Svizzera e qualsiasi punto nella Comunità; due anni dopo
l'entrata in vigore del presente Accordo, ai vettori aerei svizzeri saranno accordati
diritti di traffico tra punti situati in diversi Stati membri della CE. Ai fini del paragrafo
1 si intende per: «vettore aereo comunitario», un vettore aereo che abbia il centro
d'attività principale e, eventualmente, la sede legale nella Comunità, e che sia in
possesso di una licenza di esercizio in conformità delle disposizioni del regolamento
(CEE) n. 2407/92 del Consiglio, così come richiamato nell'allegato del presente
Accordo; «vettore aereo svizzero», un vettore aereo che abbia il centro d'attività
principale e, eventualmente, la sede legale in Svizzera e che sia in possesso di una
licenza di esercizio in conformità delle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2407/92
del Consiglio, così come richiamato nell'allegato del presente Accordo”.
All’ art. 16 si prevede che “le norme del presente capitolo prevalgono sulle norme
disciplinanti la stessa materia contenute in accordi bilaterali vigenti tra la Svizzera e gli
Stati membri della CE. Tuttavia, i diritti di traffico in vigore, che sono sorti da tali
accordi bilaterali e che non rientrano nel disposto dell'articolo 15, possono continuare
ad essere esercitati, a condizione che ciò non comporti discriminazioni in ragione della
nazionalità né distorsioni della concorrenza”.
Ed infine gli artt. 33, 34 prevedono che “fatto salvo il disposto dell'articolo 16, il
presente Accordo prevale sulle pertinenti disposizioni di accordi bilaterali in vigore tra
la Svizzera, da una parte, e gli Stati membri della CE, dall'altra, concernenti le materie
disciplinate dal presente Accordo e dal relativo allegato” e che “il presente Accordo si
applica, da una parte, ai territori a cui si applica il trattato CE alle condizioni da esso
previste e, dall'altra, al territorio della Svizzera”.
Può aggiungersi che l’ allegato all’accordo stabilisce che, laddove nel testo vengano
menzionati gli Stati membri della Comunità Europea “tali menzioni si intendono riferite
ai fini del presente Accordo anche alla Svizzera” e che il termine “vettore aereo
comunitario” comprende quelli svizzeri.
Pare al Collegio che tale corpus normativo convenzionale abbia determinato una
sostanziale integrazione, sia pure per le materie di cui all’art. 36, della Confederazione
Elvetica nel Sistema comunitario.
Pertanto, dalla data di entrata in vigore del Trattato, cioè dal 1/6/02, ai fini della
determinazione dei diritti aeroportuali, la Svizzera doveva essere considerata
destinazione del tutto equiparabile a quelle comunitarie, senza necessità di modifica o
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integrazione del D.M. 14/11/00, la cui interpretazione, da parte dei gestori aeroportuali
era vincolata in tal senso.
Va quindi condivisa la (tardiva) lettera ENAC del 13/4/10 (doc. 3 attt.), laddove fa
discendere dall’Accordo che “il diritto di approdo, partenza e sosta applicato al vettore
svizzero, come a qualunque altro vettore europeo in partenza da un aeroporto italiano
con destinazione la Svizzera, deve necessariamente essere equiparato ai diritti “intra
UE”, in quanto, diversamente, si configurerebbe una forma di discriminazione nei
confronti della Compagnia Aerea svizzera”, ed analogamente (per identità di ratio) deve
concludersi per i diritti di imbarco passeggeri.
Come ricordato dallo stesso Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (doc. 4 att.) in data
18/5/10, tale ricostruzione è anche suffragata da una nota del 15/2/10 delle Autorità
Comunitarie.
In questo quadro, tutti i diritti aeroportuali pretesi da SEA nei confronti di Swiss
appaiono in contrasto con l’Accordo, senza possibilità di distinguere tra quelli “di
traffico” in senso stretto e gli altri (es. diritti di imbarco).
SEA non era quindi in alcun modo vincolata dal generico testo del D.M. 14/11/00 ad
una interpretazione che si limitasse a prendere atto della non adesione della Svizzera alla
Comunità ai fini della misura dei diritti aeroportuali applicabili, ed anzi era obbligata dalla normativa comunitaria come integrata dall’Accordo (non a caso indicato da Enac
quale fonte in materia di diritti di traffico, accanto al TFUE ed ai regolamenti europei, v.
doc. 17 conv.) con la Confederazione Elvetica- ad applicare le tariffe intracomunitarie.
A riprova dell’autonomia interpretativa del gestore aeroportuale, dal 2009, prima che la
Direttiva 2009/12/CE entrasse in vigore, SEA ha ritenuto di modificare la sua politica
tariffaria, applicando ai soli voli con provenienza e destinazione Svizzera (non a tutti,
come imposto dalla Direttiva) i diritti aeroportuali previsti per le destinazioni
comunitarie.
La diversa opzione precedente, priva di qualsiasi giustificazione normativa e
sostanziale, appare quindi come un illecito sotto il profilo del rispetto delle normative
comunitarie ed anche un abuso di posizione dominante (rectius monopolistica) da parte
di SEA, in quanto costituisce condotta ingiustificatamente discriminatoria nei confronti
di Swiss da parte del gestore aeroportuale, come tale monopolista “naturale”.
Come è noto, le imprese in posizione dominante -in questo caso monopolisticadebbono considerarsi (secondo la consolidata giurisprudenza comunitaria) gravate da
una “speciale responsabilità”, che vieta loro comportamenti che, se tenuti da imprese che
non detengono un rilevante potere, sono del tutto legittimi.
Per quanto qui rileva, l’art. 102 lett. c) TFUE e l’art. 9 dell’Accordo imponevano a SEA
un obbligo di parità trattamento -in relazione a tutte le rotte comunitarie nonché da e per
la Svizzera- vietando la discriminazione attuata consistente nell’applicare a Swiss
condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti a quelle relative alle rotte
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comunitarie e che non trovano alcuna giustificazione nei costi sostenuti e comprovati
(quindi in violazione del principio di “orientamento ai costi”).
La circostanza che i soggetti discriminati versino nelle medesime condizioni di chi ha
ricevuto il vantaggio, che in taluni casi richiede particolari sforzi istruttori, appare in
questa vicenda del tutto palese, essendo la parità di trattamento stabilita
normativamente.
L’ottenimento di diritti aeroportuali, soprattutto diritti di imbarco passeggeri, in
violazione delle disposizioni di legge e del divieto di abuso di posizione dominante
comporterebbe il diritto di Swiss all’integrale restituzione di quanto pagato in eccesso
dal 2002 (non avendo SEA sollevato eccezione di prescrizione, neppure parziale).
Tuttavia pare al Tribunale che anche nel caso che ci occupa debbano essere applicati i
principi generali in tema di conseguenze patrimoniali da illecito antitrust, dettati per
ottenere un risarcimento effettivo a prova facilitata e così reintegrare chi abbia subito
l’illecito nella stessa situazione patrimoniale in cui si sarebbe trovato se non vi fosse
stato (v. Comunicazione Commissione 2013/c 167/07). Se quindi il sistema del private
enforcement garantisce la posizione risarcitoria di che abbia subito l’illecito,
l’ordinamento comunitario (qui esteso all’operatore svizzero dall’Accordo) si preoccupa
anche di evitare che l’ipotetica reintegrazione in uno scenario controfattuale scevro da
illeciti non si risolva in una ingiustificata locupletazione.
Siffatta preoccupazione, da tempo ha consentito di enucleare un’eccezione di
trasferimento (c.d. passing on), che ora risulta consacrata all’art. 13 della Direttiva
2014/04/UE (peraltro non ancora entrata in vigore).
In concreto, SEA eccepisce che Swiss non può vantare un diritto alla restituzione delle
somme in questione, in quanto già rimborsate dai passeggeri in sede di emissione dei
titoli di viaggio.
L’avvenuto trasferimento sui passeggeri utenti dei maggiori oneri sostenuti da Swiss a
causa dell’illecita condotta di SEA appare sostanzialmente pacifico dalle difese
dell’attrice, che sostiene come sia del tutto ovvio che il costo del biglietto aereo
incorpori tutti i costi del vettore, compresi i diritti di imbarco, di approdo e decollo,
sosta e ricovero, tasse sulle merci.
Anche se la natura indebita della pretesa di SEA non è subordinata alla mancata
traslazione sui terzi dell’onere sopportato da Swiss, risulta del tutto evidente come, nel
caso di odierno rimborso, l’attrice si troverebbe in una situazione non equivalente, ma
migliore di quella che si sarebbe realizzata nel caso che l’illecito non fosse stato
compiuto. Infatti la stessa difesa attorea esclude che i passeggeri possano pretendere dal
vettore la restituzione di quanto pagato in più, venendo il rimborso ottenuto dal gestore
aeroportuale ad incidere, positivamente ed ingiustificatamente, esclusivamente sulla
misura del margine realizzato da Swiss sulla vendita di ciascun biglietto.
Neppure le regole sulla ripetizione di indebito possono, nel sistema delle conseguenze
degli illeciti antitrust, causare un così ingiustificato arricchimento in chi ha subito la
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condotta discriminatoria (pena la trasformazione in una forma di sanzione privatistica o
danno punitivo).
Pertanto il Tribunale ritiene di accogliere l’ “eccezione di trasferimento” formulata da
SEA e di conseguenza rigettare la richiesta di rimborso formulata da Swiss.
Quanto all’onere delle spese di lite, va considerato da un lato l’accoglimento della
domanda di accertamento proposta dall’attrice -con conseguente riconoscimento della
natura illecita della pretesa di SEA di applicare nei voli da e per la Svizzera dei diritti
aeroportuali “extracomunitari” anche dopo l’entrata in vigore dell’Accordo Bilaterale
Confederazione Svizzera e Comunità Europea 21/6/99- dall’altro lato, il rigetto della
domanda di restituzione svolta dall’attrice.
Sussistono quindi le condizioni di reciproca soccombenza per compensare interamente
tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulle domande proposte con atto di citazione
notificato il 20/1/14 dalla Swiss International Airlines nei confronti di SEA Società per
azioni Esercizi Aeroportuali, ogni altra eccezione e domanda disattesa:
A) accerta il diritto dell’attrice a vedere applicati nei suoi confronti e per i voli da e
per la Svizzera, per il periodo marzo 2002-aprile 2009, i diritti aeroportuali
previsti per i voli interni alla Comunità Europea;
B) in accoglimento dell’eccezione di trasferimento formulata dalla convenuta, rigetta
la domanda di restituzione di quanto indebitamente pagato in più dall’attrice;
C) compensa interamente tra le parti le spese di lite.
Così deciso in Milano, Camera di Consiglio del 26/5/16
Il Presidente est.
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