Valore, organizzazione e programmi dell` educazione degli adulti

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Valore, organizzazione e programmi dell` educazione degli adulti
Valore, organizzazione e programmi
dell' educazione degli adulti
L'educazione è quell'attività consapevole per cui, gradualmente, ci eleviamo
alla conquista della nostra umanità, per cui diventiamo padroni dí noi stessi,
legislatori, despoti del nostro modo interiore, e possiamo seguire la nostra volontà, senza timore di incorrere in errore.
L'educazione è, quindi, superamento dell'angusto limite individuale, in cui
saremmo portati a vivere da bruti, senza un anelito a « seguire virtute e conoscenza »; è inserimento consapevole nella società degli esseri umani, perchè, rompendo la cerchia del suo egocentrismo, del suo io particolare, ognuno solidarizzi
con i suoi simili, assumendo, come merito e come demerito proprio, quanto di
umano e di extra umano si va compiendo in ogni plaga della terra; è conquista
di valori etici, artistici, economici, religiosi, in una visione integrale di tutto
quello che è proprio della nostra natura e da cui nessuno di noi, secondo il detto del poeta greco, può rifuggire; è rivivimento dei valori del proprio tempo,
della propria epoca, in un moto dinamico verso la ricerca del meglio.
L'educazione è, quindi, per definizione, un processo perfettivo, continuo,
mai definito, mai concluso, anche se non infallibile, uno sforzo costante, per
cui sì continua a « salir sublime ».
Cadono, così, le opposte asserzioni del pedologismo e dell'adultismo e, sotto un certo aspetto, del giovanilismo, e, ai nostri occhi, viene ad assumere importanza grandiosa l'apporto della psicologia alla soluzione del problema educativo, per cui, pur per opposte vie, si abbandona la concezione della « paideia »,
si dà all'infanzia, alla puerizia, alla fanciullezza, all'adolescenza, alla giovinezza
un valore proprio, indipendente dalla maturità, e si giunge, inoltre, a comprendere che anche l'uomo già avanti negli anni può apprendere, può progredire
con ritmo forse più celere delle altre età.
E' inutile, in questa sede, ricordare la svolta decisiva data dal Rousseau all'educazione, così come è superfluo ricordare le note tesi del Torndike e del Livingstone e tornare a precisare che l'educazione, nei tempi moderni, abbandonando un aspetto ornamentalistico, quasi fosse un abbellimento dell'essere umano,
è divenuta un motivo tutto interiore di promozione delle capacità di ognuno, in
qualunque età, secondo un ritmo ascensionale continuo, secondo un gradiente
individuale.
Ma ci siamo appena liberati dalle difficoltà che ci hanno prospettato il
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pedologismo e l'adultismo, abbiamo appena accettato la tesi che anche un essere
umano già avanti negli anni può perfezionarsi e ci accorgiamo che il problema
,dell'educazione dell'adulto è un problema educativo proprio della nostra epoca.
Non poteva, infatti, sorgere in una società classista, in cui era ignorato
il valore e l'apporto dei singoli alla vita sociale e politica, in quanto c'era chi
doveva produrre i beni per tutti e c'era chi, libero da preoccupazioni, poteva
dedicarsi ai « beata otía »; c'era chi, legato al lavoro, inteso come fatica, come
pena, era condannato ad un'attività, considerata indegna per un uomo libero,
e c'era chi doveva percorrere il lungo cursus honorum ed inserirsi nella classe
dirigente.
Gli uni decidevano per sé e per tutti, avendo in mano le leve del potere,
gli altri ubbidivano, eseguivano quanto era stato già stabilito e voluto.
D'altra parte la dizione « educazione dell'adulto » non può non richiamare
ad una scuola di massa, ad una scuola di tutti per tutti, ad una scuola animata
veramente dal soffio della democrazia.
Lontani echi di eterne aspirazioni giungono, così, ai nostri orecchi, perchè
la soluzione del problema educativo non è che un aspetto, un motivo di tutto il
processo, che ha portato all'attuale statuizione delle libertà democratiche e della moderna società.
Un'educazione popolare, un'educazione di massa, un'educazione rivolta a
-tutti, perchè tutti possan ritrovare la propria umanità, implica, necessariamente,
un'opposizione ad una scuola, che non è di popolo ma di èlites e, di conseguenza, richiama ad una scuola in tono maggiore, contrapposta ad una scuola in tono minore, una scuola eliminatrice per selezioni ed una scuola orientatrice per
tendenze e per capacità.
In questa nostra terra, dalla storia tanto complessa e così suddivisa, non
c'è stato fino ai nostri giorni, né poteva esserci, una vera concezione del popolo,
una vera unità di anime, per cui il termine popolo potesse indicare tutta intera la
nazione. La parola popolo stava ad indicare, e tale significato, in gran parte,
conserva tuttora, la classe meno abbiente e meno conosciuta, che, tuttavia,
era chiamata a pagar le tasse, a difendere i confini del territorio nazionale, a costituire, col proprio lavoro, l'ossatura economica dello stato.
Naturalmente, per forza di cose, la classe che detiene il potere pone in
ogni campo i suoi interessi, e punto che possiamo chiamare nevralgico per l'asservimento alle ideologie e agli interessi è, per secoli e secoli, la scuola.
Scuola o cultura sono, quindi, in funzione dell'elevazione di una sola parte
del popolo, sono al servizio della classe dirigente, di cui mutuano le idealità ed
a cui danno funzionari, burocrati, diplomatici, politici. Alle classi meno abbienti
resta sempre, ed in linea del tutto teorica, la scoletta dell'abbaco, che, per i suoi
limiti, per il suo tono dimesso, è chiamata scuola delle tre R, cioè del saper legfere, scrivere e far di conto.
Non turba certo il sonno della grassa borghesia il fenomeno della mortalità
scolastica, in un paese in cui pure è sancito l'obbligo di andare a scuola, nè il
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progresso tecnico e scientifico, realizzato da altri popoli, rimuove la cultura, stagnante e ferma a Virgilio Omero ecc.
Gli avvenimenti, intanto, incalzano e la marea spinge tutti, volenti o nolenti.
Nè i cannoni del Bava Beccaris nè gli arresti, né i mille incidenti fermano,
sulla sua strada, la democrazia.
Come si disse allora, « sua maestà il lavoro entra in parlamento nell'abito
dimesso dell'operaio Chiesa » e, attraverso varie rivoluzioni — la scientifica,
l'industriale, la francese, la nuova rivoluzione industriale — l'umanità è già passata, gradualmente, ad una forma sempre più degna di vita, a mano a mano che,
da suddito, ogni essere umano divien cittadino di una nazione.
Naturalmente, la democrazia al potere non può non accorgersi che suo
nemico mortale è l'ignoranza, l'incultura e, per non perire, proprio per quei motivi, che costituiscono, invece, la sua giustificazione e la sua forza, mira all'elevazione morale e materiale delle masse, alla « bonifica umana » dell'ambiente
popolare, che le dà il suo consenso.
Si comprende che elevare le masse lavoratrici non significa solo trovare o creare nuove fonti di energia e di produzione economica, procurare un maggior benessere ad un numero sempre più grande di cittadini; ma significa ,invece, essenzialmente, dare una cultura ed una formazione a milioni di individui, perchè, una volta resi 'più consapevoli delle proprie possibilità e di quei diritti e doveri, che non
si possono rinnegare senza peccare di lesa umanità, procedano alla conquista
del mondo naturale circostante, perfezionandosi nella tecnica del lavoro, portando un contributo alle scoperte, alle invenzioni.
Tale ansia missionaria è più che mai viva in Leopoldo Franchetti, in Giustino Fortunato, in tutti i maestri, dal Cena al Marcucci, in grandi pensatori
come Francesco Saverio Nitti e Gaetano Salvemini. Non si ritengono, certo, paria dell'alfabeto quei maestri che si prodigano, per elevare all'umanità abitanti
di piaghe, in cui sembra che non sia mai passata la civiltà e in cui portano il
sapone e le buone usanze igieniche, migliori sistemi di coltivare, di concimare i
campi e di allevare il bestiame.
Ma la prima lotta senza quartiere all'analfabetismo è stata ingaggiata solo
di recente ed i protagonisti sono stati migliaia di giovani maestri, ricchi di entusiasmo, consci di combattere una vera, grande, degna battaglia. Tale iniziativa,
veramente necessaria e improrogabile, non può rappresentare solo la preoccupazione, da parte dello stato, di redimere da una condizione di ignoranza e di minorità quella parte della popolazione, che, per circostanze spesso drammatiche,
non ha potuto frequentare una scuola. La società sente di dover assolvere un suo
categorico impegno nei riguardi di codesti suoi membri, sente che in loro la dignità umana è offuscata non solo dalla incapacità di maneggiare la penna e il libro, ma, soprattutto, dall'impossibilità di intendere il passato e lo stesso presente,
perchè incapace di aprire un dialogo con altri uomini della stessa epoca e di
usare i mezzi, di cui la civiltà ci arricchisce, per intendere la voce dei secoli.
Una società democratica, infatti, vive sul consenso dei cittadini ed ha una
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vitalità tanto più florida quanto più tutti i suoi membri sono interessati ai problemi sociali, politici, civili e quanto più ognuno sa portare il proprio contributo
al benessere collettivo.
Ma l'analfabetismo strumentale non è che un aspetto, anche se vistoso, della
situazione.
C'è infatti una cultura degli umili, in quanto che è sostanziata di fede, di
bontà, di dedizione al dovere e alla famiglia, di sottomissione ad una legge morale sentita ed operante, cultura a cui non possiamo negare un valore, anche se
chi la possiede non ha mai varcato la soglia di una scuola.
Per noi Lucia Mondella può essere sempre una maestra di vita a moltissimi
di coloro che conoscono l'alfabeto e, certamente, sul piano morale nulla ha a che
fare con lei il dott. Azzeccagarbugli.
In contrasto, anche se l'istruzione è estesa a tante categorie e in molti ambienti non fa difetto, c'è nell'aria attualmente una crisi di valori, per cui tanti
ideali, che costituivano l'orgoglio dei nostri antenati e la forza della loro società,
sono obnubilati, c'è una mancanza di fede, un compromesso tra il dovere e il modus vivendi, non certo in armonia con la legge morale.
Si abbandonano le cattedrali, per affollare i magazzini generali, si abbandonano le attività tradizionali, per abbracciarne altre che promettono più facili guadagni, anche se una coscienza più sensibile avrebbe qualcosa da rimproverare, viene abbandonato il focolare domestico, si evade dagli obblighi più naturali.
La scuola popolare con i suoi corsi tipo A e tipo B, con i suoi corsi speciali tipo famiglia, con i suoi corsi di richiamo scolastico, con i suoi corsi itineranti, i suoi
bibliobus, ha cercato di suscitare un interesse morale dove, forse, una ricerca
morale non ci sarebbe mai stata, ha tentato di porre sub luce aeternitatis tutti
quei fatti che, per le vie più impensate, giungono a conoscenza degli adolescenti,
degli immaturi, suscitano una riflessione, un tormento interiore.
Troppo facile la vita e troppo bello il mondo, almeno sugli schermi, per
le dive e per alcuni tipi di artisti, troppo semplice il modo di guadagnare, di arricchire per altri, ma la maestra ha saputo, in una conversazione, far balenare a
menti giovani e a intelligenze non scaltrite i veri valori, così come ha saputo
dare un'idea abbastanza adeguata dell'importanza e del valore della socialità,
-della solidarietà, dei doveri civici.
Si è parlato, a proposito della scuola popolare, di « cantieri per maestri »,
di « istituzioni create e mantenute per lenire la disoccupazione della classe maBistrale »
Si dica quel che si vuole.
Sta di fatto, però, che quando-un corso famigliare o morale è valso a portare un po' di luce in una coscienza, che quando un corso di scuola popolare è
valso a dare una guida, per sei mesi, ad un giovane o ad una giovane, che quando
un adulto vi ha trovato l'occasione per rompere un cerchio di orizzonte troppo
ristretto, l'opera di tale scuola è santa, è benedetta.
Ma l'educazione dell'adulto non può esaurirsi in una scuola di emergenza
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e di redenzione sociale, quale è quella che noi 'abbiamo attuata; anzi, sotto un
certo punto di vista tale scuola, insieme a quella di indirizzo prettamente professionale, rimane esclusa da un movimento educativo, che si rivolge all'adulto.
Livingstone, nell'opera « L'educazione dell'avvenire », osserva testualmente:
Uno dei grandi problemi del nostro tempo è come provvedere agli uomini di
media età. E' un problema individuale, ma è anche molto di più, perchè fa sentire il suo influsso su ogni aspetto della vita sociale e politica, ai cui fini interessa molto più dei giovani. Essi occupano, inevitabilmente, gran parte dei posti
importanti e delle cariche direttive della vita nazionale; hanno, inoltre, esperienza
della natura e degli affari umani, indispensabili . per le faccende politiche e che
la gioventù, per il suo stesso carattere, non può avere. Sarebbe un disastro se gli
uomini fossero fisicamente vecchi sulla cinquantina, come suole accadere, ma il
disastro per la nazione sarebbe ancor più grande se a quell'età, molti di essi
perdessero, ancora, ogni vigore intellettuale e spirituale ». Per Jon Dewej, fine
dell'educazione scolastica è quello di provvedere alla continuazione dell'educazione con l'organizzare i poteri, che assicurano la crescenza. « L'inclinazione a imparare dalla vita stessa e a rendere le condizioni della vita tali che ognuno sia
in grado di imparare nel processo di vivere è il più bel prodotto della scuola »
egli dice.
Proprio per questo in tutte le nazioni civili l'infanzia si prolunga, ossia
cresce la durata dell'obbligo scolastico, in rapporto allo sviluppo della civiltà.
Nonostante tutto, però, il passaggio all'auto-educazione, all'autonomia non
è uguale per tutti e non può avvenire nelle stesse circostanze. Pur ammettendo
un prolungamento del curriculum scolastico per la generalità, c'è sempre, infatti,..
chi ha bisogno di un aiuto post-scolastico, di una guida extra scolastica, per poter
pervenire alla libera attività intellettuale.
Dobbiamo, allora, convenire che non soddisfa più il concetto di maturità,_
così come c'è stato tramandato.
Maturo non è colui che non cresce più perchè ha compiuto un suo ipotetico
sviluppo, ma chi è capace di crescere ancora, di sviluppare, ancora, la sua spiritualità nella libertà, chi, ancora, continuamente, sa superarsi, sa concrescere su
se stesso, chi vede, ancora, una meta da raggiungere e sente la precarietà della
sua attuale situazione.
Inoltre, l'adolescente, il giovane, che noi licenziamo, sono colti da un clamore assordante alla prima svolta stradale, subito dopo che il portone della
scuola si è chiuso, per l'ultima volta, alle loro spalle.
Radio, cinema, televisione, stampa li attendono al varco, mentre visioni
di vita ed esperienze nuove, al cui vaglio critico non sono preparati, occhieggiano
da ogni parte.
Presi dal vortice della vita, giovani e adulti si dedicano ad un lavoro, spesso
ingrato e, quasi sempre, spersonalizzante.
Non un minuto di tregua, non un minuto di raccoglimento consente il dinamismo del nostro tempo, non una gioia che non sia intinta di pura economicità.
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Non si ha più il tempo e la possibilità di mirare il creato, di volgere uno sguardo
alle stelle, di immergersi nella contemplazione serena della natura, di tornare in
noi stessi, dopo un viaggio spirituale.
Anche per noi come per tutti gli uomini del nostro tempo potrebbe malinconicamente cantare il poeta:
« Vivean le selve, vivean le fonti un dì ».
E la visione francescana del godimento spirituale dei beni è quanto mai
lontana e anacronistica, anzi la visione della vita che conduciamo, può benissimo
esser figurata nella nota battuta di uno scrittore, con la quale Lucifero consola
un diavolo, preoccupato per la pretesa scoperta della verità da parte degli uomini o con quella in cui l'uomo stregone, che ha saputo evocare i diavoli, non ha
poi la forza di rimandarli all'inferno o di dominarli.
Occorre, quindi, creare le condizioni, per cui l'uomo continui il suo viagsio spirituale, senta la grandiosa bellezza delle « cose inutili », riviva il fascino
dell'ideale.
Se nella scuola popolare abbiamo incontrato l'adulto minore, che è rimasto
in una fase irretita del suo involuto sviluppo spirituale ed è disambientato, perchè incapace di servirsi dei mezzi di cultura, ora incontriamo l'adulto maggiore,
-colui che ha percorso il suo ciclo evolutivo, ma ha bisogno di continuare a vivere
-una vita spirituale, a sentire come un valore imperituro l'arte di ringiovanire
continuamente, perfezionandosi, mantenendo intatta la propria divina originarietà
e originalità. Salvare l'uomo adulto dal meccanismo del lavoro, salvare l'umanità dalla schiavitù, dal cieco ingranaggio a cui ci vorrebbe legare l'esistenza,
far rivivere i valori extra contrattuali, extra economici: ecco il problema che
a noi_si impone.
Per Ly rnon Brison l'istruzione-educazione degli adulti « include tutte
quelle attività a scopo educativo, svolte da coloro che sono dediti al lavoro
_normale della vita » e assegna a tale attività cinque funzioni specifiche (conoscenza della propria lingua, addestramento ad un mestiere, preparazione al compito della paternità, educazione dello spirito o studio delle arti, studi politici ed
esperienze, intraprese allo scopo di diventar membri migliori della comunità).
In un'inchiesta, compiuta nel Nord America, l'educazione degli adulti è definita come l'insieme di tutti quegli sforzi diretti verso l'auto elevazione, compiuti dall'individuo, senza coercizione legale diretta e senza che tali sforzi divengano il suo campo di attività principale ».
Come si vede, le definizioni insistono particolarmente sul concetto di volontarietà dell'educazione degli adulti, motivo che Eva Wite accentua, aggiungendovi
un motivo politico.
« Scopo principale — essa scrive — dell'educazione dell'adulto è quello d;
;assicurare all'individuo una partecipazione più completa e più personale al
mondo di cui fa parte, scopo che è una condizione essenziale dello sviluppo delle
dottrine democratiche, poichè la democrazia poggia la sua forza non già sulla
guida di uno solo o sul controllo di pochi, bensì sull'opera intelligente di tutti
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i suoi membri, i quali scelgono i loro capi e, nel seguirli, attuano i propri
obbiettivi ».
Si spalanca, quindi, davanti ai nostri occhi un campo immenso di attività.
Spariscono le mura della scuola in quanto scuola, spariscono i banchi e tutti
i sussidi didattici, propri di una scuola elementare, spariscono le cattedre.
La scuola assume l'aspetto di un « auditoriurn », di un « museo », di
una « biblioteca », di una « discoteca », di una « sala da giuoco », di un « cinema »; gli stessi maestri hanno una preparazione molto vicina a quella degli
attuali assistenti sociali.
In tutte le nazioni civili si è tentata una nuova forma di scuola, che Sergio
Hessen chiama « scuola integrativa », perfezionando un'idea di Kirkinsteiner,
ed è molto simile ad un club, ad un ritrovo, intorno a cui convergono tutte le
attività di giovani e di adulti ed in cui ognuno può trovare un'attività consentanea al suo genio, può trovare un motivo, una spinta, per immergersi nelle
idealità umane e ritrovare se stesso, può approfondire un motivo, che gli sta
particolarmente a cuore.
Nella vasta gamma delle realizzazioni, che si sono attuate in gran parte
del mondo, alcune sembrano, però, più tipiche e indicative. Scegliamo, perciò,
e a solo titolo di esemplificazione, fra tutte il « Lyceum », il « Forum », il « Coenobium », il « Ludus ».
Prima istituzione a sorgere come scuola integrativa, in tutte le zone depresse culturalmente, è sempre il Lyceum, che viene, però, subito sorpassato e
sostituito dal Forum. Troppo legato alla conferenza, all'attività di chi parla, il
Lyceum non dà quelle soddisfazioni, che dà invece il Forum, che è un dialogo,
anzi una discussione su di un determinato problema.
C'è animazione, c'è vita e chi presiede l'adunanza non è al di sopra degli
ascoltatori, che possono liberamente intervenire.
Derivazione del Forum possiamo considerare i « Gruppi o circoli di studio », le « Sedute di allenamento mentale », il « Symposium », in cui un determinato gruppo di persone studia un problema ed espone, successivamente, alla
assemblea ed alla pubblica discussione, i risultati, a cui è pervenuto.
Realizzazione ancora più importante a noi sembra il Coenobium, attuato
con ottimi risultati dal Grundtvigh e realizzato nelle nazioni scandinave e che
trova la sua più bella realizzazione nella scuola popolare superiore danese. Attua
una forma collegiale di educazione, che sintetizza quanto di meglio si è ottenuto
col Lyceum, col Forum, col Symposium.
Ogni educazione è, in definitiva, un viaggio spirituale, un viaggio per co-
noscere nuovi testi di anime, un viaggio per riallacciarsi al passato, per conqui
stare il futuro.
Nessuno ha saputo con maggior vigoria del Tommaseo nei « Pensieri » e
di Angelo Patri, in un mirabile dialogo con Lombardo Radice, indicare il valore
di un'educazione tipicamente itinerante, mentre il Locke considera tale edu
cazione un mezzo di cooperazione tra i popoli.
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Giustificata è, quindi, un'esperienza educativa che fa suoi l'ansia, il desiderio di conoscere, di vedere e non si ferma solo all'Iter, al viaggio, da cui prende il nome di Itinerarium, ma si estende alla cultura dei popoli, allo studio della
loro storia, con cui viene a contatto tramite i segni palesi della grandezza antica
e la spiritualità, che tuttora anima i figli.
Ultima tra le realizzazioni più in vista è il Ludus, che, in definitiva, è
divertimento, svago, attività inesauribile, perchè è fuori del tempo, è un ritrarsi
dalla marea agitata della vita ed ha il proprio fine in se stesso.
L'adulto giuoca, perchè deve ricrescere, perchè non deve far lasciar disperdere la sua umanità, perchè solo così non si lascia soffocare dalla meccanicità
dell'agire. Tante società sono, infatti, sterili, prive d'iniziative senza un segno
di vita, perchè è stato spento negli animi il germe del ludus,-perchè è stata
coartata la spontaneità, perchè sono stati privati gli spiriti della loro divina
originalità, che, in una società dedita al lavoro moderno, si disperde nel
meccanismo di un continuo operare a serie, in una continuità di gesti e di azioni
sempre ripetute.
Osserviamo, poi, che in molte scuole le attività ludiche vanno d'accàrdo con
lo « Spectaculum », che è visività plastica delle cose, è presentazione dell'umanità operante.
Lo stesso Rosmini ha intuito il valore dello spectaculum nell'educazione del
popolo, dimostrando come quanto entra a contatto del popolo deve avere una
funzione elevatrice dello spirito. Nelle cose non è possibile, infatti, ricercare
solo la comodità, il valore economico, ma anche la divina grandezza, anche quell'aristocratica finezza di gusto, che innalza le anime.
Le varie organizzazioni, appena appena accennate, ci dimostrano che, come
è stato giustamente inteso dai popoli civili, per la formazione dell'uomo moderno non si deve badare solo alle condizioni del lavoro, dell'ambiente in cui
opera, alla sicurezza sociale, alla incolumità fisica, ma occorre, innanzi tutto, badare al dopo-lavoro ossia al modo come impiega il tempo, in cui, per la particolare struttura dell'industria moderna, non viene impegnato.
I vecchi termini « negotium » e « otium », che indicano momenti che si
alternano nella vita dell'uomo così come il giorno e la notte si alternano nel
tempo, possono fissare sinteticamente quanto noi vorremmo che avvenisse per
ogni operaio, per ogni uomo, in ogni periodo della sua vita.
Nel « negotium » noi distinguiamo due momenti salienti, quello dell'« opus » e quello dell'« officium », mentre nell'« otium » riscontriamo i momenti del « ludus » e del « cultus ».
L'opus comporta quell'attività per cui si creano i beni, per cui si mettono
a disposizione della volontà e dell'intelligenza particolari attitudini per la conquista, la trasformazione, il dominio della realtà ambientale, mentre l'officium
comporta la dedizione agli altri, lo slancio, l'Eros platonico, la Charitas cristiana, la solidarietà.
A sua volta l'otium è un'attività disinteressata, amata e desiderata come
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congeniale, ma è lecito individuare due momenti: quello ddla pura gioia, della
pura attività, che fa uomini; e quello, in cui, proprio per un'aspirazione profonda
degli esseri umani, ognuno cerca di prender contatto col passato e col presente,
scorgendovi un motivo civico, civile, sociale, religioso, che determina il futuro
dell'umanità.
Possiamo, ora, convenire che, in tutte le realizzazioni di istituti per l'educazione degli adulti, vengono rispettati quelli che sono i principi fondamentali di
una sana pedagogia, i suggerimenti che provengono dalla psicologia, dall'esperienza, dalla conoscenza del mondo del lavoro.
Addentrarsi in una disamina particolare è quasi impossibile però, nel giro di.
un articolo, per cui rimandiamo alle opere del Valitutti.
Dall'America alla Russia, dalle regioni scandinave alla Francia, all'Inghilterra è tutto un fiorire di iniziative, che l'Unesco coordina e promuove.
Anche in Italia ci sono i segni precorritori di una vera grande attuazione.
Basterebbe, per queste speciali istituzioni educative, senza orari, senza maestri,
senza programmi, coordinare, almeno per il momento, le iniziative dei vari enti
assistenziali quali l'Onarmo, l'Enal, i Circoli Acli ecc. per poi passare, in un
secondo momento, alla costituzione di Ostelli, sulla scia di quanto si è fatto per
la gioventù, per la permanenza della vita in comune di un determinato numero
di persone. Contemporaneamente, o successivamente, si potrebbero attuare, in
loco, tante utili iniziative, servendosi di tutti i professionisti e del personale
della scuola, certamente più quotato, in questo campo.
Da noi, specie nei piccoli centri, non è possibile rifarsi alla grande cultura, alle università popolari, del resto mai floride in Italia.
L'esperienza c'insegna, infine, che anche i corsi di educazione de+ll'adulto,
come qualunque altra iniziativa, raggiungono il loro scopo finchè c'è qualcuno,_
che sa animare ogni cosa col suo entusiasmo, suscitando dappertutto energie e
opere di bene.
E di+ tali uomini c'è tanto bisogno, non fosse altro che per avviare i lavoratori a premunirsi dagli infortuni sul lavoro, a rifuggire dalla cieca empiria, che,_
da un momento all'altro, può mettere in lutto interi paesi.
Secondo noi non trascorrerà molto tempo prima che gli speciali istituti chesi propongono l'educazione dell'adulto divengano una realtà e diano ottimi
risultati.
Poniamo solo una condizione che è, nello stesso tempo, una speranza:
sia chiamata la scuola a spendere le sue energie per l'elevazione dell'adulto e
non ci siano sovrastrutture burocratiche a tarpar le ali, a raffreddar l'entusiasmo._
E' un sogno, e rimarrà tale, o sarà una realtà la scuola dell'adulto?
I fatti lo dimostreranno.
Noi attendiamo, con ansia, che una volta per sempre si risolva il problema
scolastico; che, finalmente, ci sia una sola scuola aperta a tutti, in cui tutti
trovino motivo di elevazione e di interesse, anche gli adulti.
'PANTALEO CORIANÒ
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