PUOI CONTARE SU DI NOI

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PUOI CONTARE SU DI NOI
Antonio Tosi
PUOI CONTARE
SU DI NOI
Crescere un figlio adolescente
ARMANDO
EDITORE
Sommario
Presentazione di ALDO GALEAZZI
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Introduzione
Un libro concreto e propositivo
Non è una malattia
Sta crescendo
Diventare un interlocutore credibile
Una società complessa e disorientante
I genitori sono ancora molto “dentro di lui”
Adolescenze “saltate”, adolescenze “non completate”
C’è una buona notizia
Come leggere questo volume
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Capitolo 1: “Non sono più una bambina!”
Per crescere ha bisogno di un clima sereno
Il racconto
Riflessioni
1.1 La relazione prima di ogni altra cosa
1.2 Non spaventarti per i cambiamenti comportamentali
1.3 Diventi un sorvegliato speciale
1.4 Non riversare i tuoi problemi su tuo figlio
1.5 Come è stato il rapporto con i tuoi genitori?
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Capitolo 2: “Voglio decidere da solo … però aiutami”
Sta faticosamente costruendo una sua identità
Il racconto
Riflessioni
2.1 Non gli devi “tutto e subito”
2.2 Un genitore empatico e capace di affermarsi
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2.3 Puoi dire “no” rimanendo sereno
2.4 È impulsivo? Aiutalo a crescere
2.5 Dagli una mano a gestire la frustrazione
2.6 Dosa bene gratificazioni e frustrazioni
2.7 Ha bisogno di sentire “sue” le decisioni
2.8 Lascia che si guadagni le cose, imparerà a raggiungerle
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Capitolo 3: “Non vi va mai bene niente di me!”
Ha bisogno di sentirsi accolto, accettato,
benvoluto, apprezzato
Il racconto
Riflessioni
3.1 Se non lo accetti “così com’è” si allontanerà
3.2 In quale clima affettivo hai vissuto?
3.3 Cosa “provi” verso tuo figlio?
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Capitolo 4: “Ho bisogno di un genitore, non di un insegnante”
Non è un alunno
Il racconto
Riflessioni
4.1 Non fare la maestrina
4.2 Come comunichi con lui?
4.3 Scegli di porti in modo empatico
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Capitolo 5: “Voglio farmi le mie esperienze”
Farsi un po’ da parte, rimanendo a disposizione
Il racconto
Riflessioni
5.1 Vai oltre le affermazioni colorite
5.2 Meglio un clima cordiale e allegro
5.3 Autorevole, non autoritario
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Capitolo 6: “Mi hai fatto sentire importante!”
Coinvolgimenti che producono complicità
Il racconto
Riflessioni
6.1 La forza della complicità
6.2 Coinvolgimenti che creano relazione
6.3 Non invadere il suo spazio, se ha bisogno ti cercherà lui
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Capitolo 7: “Che razza di dialogo è? Avete già deciso tutto voi!”
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Sapere dialogare
Il racconto
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Riflessioni
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7.1 Qual è il tuo modo di dialogare?
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7.2 Puoi dialogare in modo diverso. Un esempio concreto 130
7.3 Come negoziare un vero accordo
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7.4 Evita i ricatti affettivi
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Capitolo 8: “Più che amore sento fastidio”
Non basta volergli bene, occorre che il bene gli arrivi
Il racconto
Riflessioni
8.1 Rimandi critici e svalutanti fanno molto male
8.2 Apprezzalo, riconoscilo, gratificalo
8.3 Rendi gradevole la comunicazione
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Capitolo 9: “Non voglio diventare come te”
Sarà una persona diversa
Il racconto
Riflessioni
9.1 È “altro” da te, crescerà come vorrà
9.2 Lascialo libero
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Capitolo 10: “Mi amate troppo, anzi no, non mi amate per niente!”
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È amore o controllo?
Il racconto
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Riflessioni
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10.1 Ti stai interessando o lo stai controllando?
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10.2 Che cosa si nasconde dietro il bisogno di controllare? 177
10.3 Non costruire muri
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Conclusioni
Questo lo puoi fare
Anche quando…
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Bibliografia
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Presentazione
Nell’introduzione al suo libro, Antonio Tosi ne illustra in modo
magistrale tutti gli aspetti principali, allora mi chiedo: che cosa resta
da aggiungere per una presentazione? Ecco cosa ho pensato. Posso
parlare delle impressioni che, in modo empatico, quasi da neuroni a
specchio, questa lettura mi ha suscitato in una retrospettiva personale del mio vissuto di ex adolescente e poi di genitore per arrivare
all’esperienza attuale con i nipoti.
La nostra visione del mondo, e di noi stessi nel mondo, è frutto di
molteplici e intricati fattori che includono la crescita del nostro cervello sociale, come affermano oggi importanti neuroscienziati come
Le Doux o Damasio. Ciò porta a considerare come tante, molteplici
influenze abbiano vita nello stesso istante nella nostra mente. Intendo dire che, contemporaneamente, mi viene da rivivere con diverse
prospettive e variegate emozioni episodi della mia storia familiare e
altri, vissuti con ruoli diversi, dal clinico, al professore e al ricercatore nei riguardi di adolescenti in difficoltà con le figure genitoriali.
A questo punto mi trovo in sintonia con Tosi quando afferma che
l’adolescenza non va considerata soltanto nelle sue caratteristiche
più contraddittorie e problematiche, ma come una possibilità di rivitalizzazione del rapporto genitori-figli. Il rinnovato contatto con il
figlio permette di riscoprire dimensioni da tempo trascurate, quali il
valore dell’amicizia, il divertimento, il piacere di appartenere ad un
gruppo e la fedeltà ad un ideale.
Il libro è scorrevole, ricco di esempi pratici, che esaltano il ruolo
del dialogo e della comunicazione. Ci si può immedesimare in molti spunti che sono espressione della vita reale, offrendo materiale
di riflessione e invitando il lettore a partire dalla storia personale: è
realmente un problema di mio figlio o è mio? In quale clima affetti9
vo sono cresciuto? Quello che critico nei miei genitori in che modo
ha influenzato il mio modo di essere madre/padre?
L’occasione del dialogo rappresenta un momento per riguardare
ciò che la società e il gruppo dei pari propongono attraverso modelli e messaggi insidiosamente allettanti. Può sembrare scoraggiante
il fatto che questo dialogo non dia frutti immediati, ma ne rimane
sempre una traccia, che col tempo porta ad un recupero della figura
dei genitori. Emerge, ad esempio, che il legame affettivo è molto più
profondo di quanto era percepito in adolescenza e che quei valori,
trasmessi con un dialogo aperto e sano, hanno lasciato effetti veramente profondi e significativi.
Si può concludere con Tosi che l’adolescente può contare sui genitori e mi sento di aggiungere che, se questo si è genuinamente
verificato, si apre una nuova prospettiva positiva: anche i genitori
quando saranno più anziani potranno contare sui figli.
Aldo Galeazzi
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Introduzione
Un libro concreto e propositivo
Questo volume si propone di essere di aiuto a chi si trova a gestire una relazione con un figlio adolescente. Per i temi trattati la sua
lettura può essere utile a tutti i genitori, a prescindere dall’età del
proprio figlio.
Vengono affrontati diversi temi psicologici centrali sulla relazione con i figli. La materia è complessa ed anche per questo l’autore si
impegna a rendere il volume gradevole, stimolante, di facile lettura
utilizzando un linguaggio semplice e comprensibile. Ogni capitolo
contiene un racconto ricco di dialoghi tra genitori e figli adolescenti
ed è seguito da riflessioni. Racconti e riflessioni sviluppano un ampio confronto tra differenti modalità nel porsi in relazione.
Può essere proficuamente utilizzato anche da professionisti che
si occupano di “genitorialità”: psicologi, psichiatri, consulenti, insegnanti, educatori, formatori, assistenti sociali. Può costituire un’utile
traccia per la conduzione di gruppi di auto-mutuo aiuto che riguardano adolescenti e genitori in difficoltà.
Il libro non è un “trattato teorico” psico-pedagogico sull’adolescenza. Non ha un taglio “cattedratico”, ma pratico. È scritto da
uno psicologo clinico, psicoterapeuta che, per professione e da molti
anni, aiuta quanti hanno seri disagi psicologici. Osservando la loro
storia personale, emerge in modo chiaro come l’adolescenza abbia
rappresentato per loro un momento delicato e fondamentale della
crescita psicologica.
Si cerca di raggiungere il lettore non solo nella “dimensione corticale”, stimolando riflessioni e ragionamenti, ma anche, e soprattutto, in quella affettiva ed emotiva attraverso racconti nei quali ci si
può identificare e rispecchiare.
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L’autore prende per mano il lettore e lo accompagna nel difficile percorso del gestire efficacemente la complessa relazione con il
figlio adolescente. Mette a disposizione conoscenze ed esperienze
professionali oltre a quella personale di genitore.
Nella lunga esperienza clinica, l’autore ha assistito alla disillusione di molti genitori. Tanti, pur proponendosi “il bene” del figlio, non
sono riusciti, per ragioni diverse, a “farglielo arrivare”. Il figlio, fin
da piccolo, è stato deprivato, o ha vissuto solo in parte ed in modo
insoddisfacente l’esperienza affettiva più importante: sentirsi accolto, accettato, benvoluto, stimato ed apprezzato.
Alcuni genitori hanno ignorato, o sottovalutato, le dimensioni più
importanti nella relazione, quelle affettive, mentre altri hanno fatto pasticci fornendo messaggi contraddittori. Altri ancora, di fronte
alle inevitabili e fisiologiche manifestazioni di immaturità dell’adolescente, non hanno considerato come un atteggiamento positivo,
empatico e di accettazione produca risultati migliori rispetto a interminabili, logoranti ed inconcludenti discussioni.
Non è una malattia
L’adolescenza non è una malattia che, con il tempo, guarisce. È
una fase di crescita di cui non va sottovalutata l’importanza. Il modo
di essere, di porsi, di relazionarsi del genitore incide significativamente, insieme ad altri fattori, nella formazione della personalità del
figlio. Il genitore è chiamato ad accompagnarlo nella crescita ed è
fondamentale che sia consapevole dei cambiamenti che avvengono
in questo lungo e difficoltoso periodo.
Non esiste “l’adolescente”, ma “tanti” adolescenti quanti sono i
ragazzi, quante sono le generazioni, quante sono le società. Lo stesso inizio e fine dell’adolescenza appaiono differenziati e sensibili a
numerosi fattori: biologici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali. A livello fisico si verificano cambiamenti di grande portata e
fanno sentire tutto il loro peso movimenti affettivi intensi e pulsioni
sessuali dirompenti.
L’adolescenza non va né idealizza né demonizzata. Rappresenta
un periodo certamente unico e particolare dell’esistenza. Momenti
di slancio, di intense manifestazioni affettive, di profonde riflessioni
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filosofico-esistenziali convivono con altri caratterizzati da disorientamento, insicurezza, preoccupazione.
Dal punto di vista psicologico, in estrema sintesi, il cambiamento
centrale consiste in un processo di distacco dai genitori (“separazione”), seguito da un lungo e laborioso percorso mirato alla costruzione
di un “io” totalmente autonomo ed indipendente (“individuazione”).
La fase di crescita e di transizione che traghetta il figlio dal mondo
infantile a quello adulto avviene, nella nostra società, attraverso una
complessa rivisitazione critica ed una successiva laboriosa riformulazione personale di idee, modelli, valori, scelte, usi e costumi che il
figlio ha introiettato dai genitori fin dalla prima infanzia.
I genitori gradualmente cessano per lui di costituire il riferimento
più significativo. Al loro posto subentra il gruppo, al cui interno può
trovare modelli, valori ed impostazioni di vita che possono differire,
anche notevolmente, da quelli precedentemente seguiti. Il gruppo,
al quale aderisce e si conforma con grande trasporto e zelo, diventa
un faro, un punto di orientamento alternativo al mondo genitoriale e
famigliare, con cui misurarsi per poter completare la costruzione di
una personalità “totalmente” autonoma ed indipendente.
Sta crescendo
Alcuni genitori, impauriti ed infastiditi dai primi cambiamenti,
si pongono di fronte al figlio con un atteggiamento nostalgico volto
a ripristinare l’equilibrio perduto. Cercano in tutti i modi, con esiti
solitamente fallimentari, di farlo tornare com’era prima: ubbidiente,
inquadrato, dipendente. Dov’è finito quel bravo bambino educato,
affettuoso, riconoscente, giudizioso, rispettoso delle regole, che faceva tutto quello che gli veniva chiesto e che dava tante soddisfazioni? Occorre mettersi il cuore in pace: questo bambino non c’è più ed
è giusto che sia così. Al suo posto ora c’è un ragazzotto con un fisico
poco aggraziato, che cammina in modo goffo, parla con una voce
strana, ha il viso tormentato dai brufoli e trascorre ore davanti allo
specchio. È un ragazzo sempre più centrato su di sé che comincia a
protestare, contestare, mettere in discussione tutto con l’aria di chi
vuole ribaltare il mondo intero.
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Bisogna cambiare l’ottica con la quale si valutano alcune manifestazioni. Protesta, si ribella, contesta, si oppone, mette tutto in
discussione? Tutto ciò non solo non è sbagliato ma costituisce un
fatto decisamente positivo. Significa che “sta facendo l’adolescente”
ovvero sta crescendo, sta cercando, pur faticosamente e tra mille
dubbi, incertezze, contraddizioni, una sua strada. È meglio che faccia l’adolescente ora, non più avanti!
Certo, per un genitore un figlio adolescente può costituire uno
“stress aggiuntivo”, un problema in più. Di fronte a tanti cambiamenti improvvisi, il genitore spesso è disorientato ed impreparato ad
affrontarli. Davanti a comportamenti trasgressivi, ribelli, contestatari, polemici ed irriconoscenti, è diviso tra l’assumere atteggiamenti
autoritari imponendo le proprie impostazioni e regole senza troppe
discussioni e l’adottare una posizione remissiva ed accondiscendente per evitare logoranti discussioni e contrasti. Altre volte può essere
tentato di “fare l’amico” cercando di guadagnare quote di complicità
perdute, ma in questo modo rischia di diventare goffo, per non dire
patetico, perdendo in ruolo e in prestigio.
Il genitore poco consapevole dei processi fisici e psicologici che
avvengono nel figlio e delle proprie reazioni emotive può inquietarsi
e turbarsi oltremodo. È possibile che, in presenza di determinati atteggiamenti, reagisca in modo inadeguato e disfunzionale, diventando eccessivamente critico, svalutante, punitivo, stressando la propria
vita e quella del figlio. Tali reazioni possono avere effetti altamente
nocivi sulla qualità della relazione, provocando una catena di reazioni e controreazioni che creano tensioni sia nel figlio che nel genitore.
Mai come in questa fase è fondamentale che il genitore consideri
con grande attenzione le dimensioni affettive e relazionali pur in
presenza di comportamenti di provocazione e contestazione.
È fondamentale che si impegni a proteggere il rapporto ricercando ciò che lo rinsalda, lo rivitalizza, lo fa crescere evitando di assumere atteggiamenti e comportamenti che possono incrinarlo. Può,
così, comprendere, tollerare, non attribuire eccessiva importanza,
lasciare a volte perdere gli atteggiamenti irritanti e sgradevoli del
figlio non aspettandosi e non pretendendo da lui una maturità che
non può avere.
Di fronte a legittime preoccupazioni che certe scelte del figlio
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possono creare, gli è possibile mantenere, soprattutto in relazione a
comportamenti a rischio, una più elevata vigilanza. Questa deve essere caratterizzata da senso delle proporzioni e inserita in un contesto affettivo positivo di accettazione del figlio in un’ottica dialogante
e dialettica.
Diventare un interlocutore credibile
Considerando il bisogno del figlio di “separarsi” dai genitori per
“individuarsi” e costruirsi una personalità autonoma, è “indispensabile” caratterizzare la relazione con lui in modo differente da quando era bambino. Occorre farsi un po’ da parte, senza uscire dalla
sua vita ma diventando un interlocutore presente, discreto, affettivamente caldo e mentalmente flessibile. È fondamentale accettare
il figlio così come è, imparare a vivere senza drammaticità realtà
talora fastidiose e frustranti. Occorre accettare come normali anche
manifestazioni tipiche ed inevitabili dell’adolescente: contestazioni,
provocazioni, stranezze di vario genere, contraddizioni, atteggiamenti all’insegna dell’immaturità, scelte inopportune e la mancanza
di riconoscenza e di gratitudine.
Un genitore deve soprattutto resistere alla tentazione di “clonare”
il figlio a sua immagine e somiglianza ed essere disposto ad accettare
che sia lui a stabilire come determinarsi e come crescere. Il genitore
“responsabile” non è certo né quello che ingozza il figlio di norme
e di doveri, né quello che lo abbandona disinteressandosi di lui o
delegando tutto all’altro genitore. Può invece proporsi come persona
vera, autentica, capace di affermarsi e di farsi valere particolarmente
in situazioni che diventano critiche.
Soprattutto è fondamentale che non perda mai di vista la relazione e che la mantenga il più possibile viva, calda, credibile. Può impegnarsi a rispettare appieno il diritto del figlio a ricercare una “sua”
strada ed al tempo stesso ricordargli che l’inevitabile mancanza di
esperienza non è una “colpa”, pur rimanendo una sorta di “handicap” che lo pone a rischio. Rispettosamente, ma con determinazione,
può sottolineare al figlio come il negare o sottovalutare l’inesperienza possa avere conseguenze negative non solo per lui ma anche per
tutti i componenti la famiglia.
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Una società complessa e disorientante
L’adolescente di oggi, anche se spesso non lo dà a vedere, è particolarmente impaurito da un mondo così complesso, disorientante,
pieno di modelli negativi, di ingiustizie, di contraddizioni e soprattutto altamente competitivo. Molte sue “pose” sono la reazione di chi
avverte i profondi malesseri di questa società per molti versi poco
sana dove i valori ed i modelli dominanti tagliano fuori, escludono,
fanno sentire sbagliato chi “non arriva”, chi “non produce”, chi “non
ha successo”, chi non è “competitivo”, chi “non primeggia”, insomma, chi non è “vincente”.
Mai come oggi l’adolescente ha un “essenziale bisogno” di sentire
attorno a sé persone che lo prendano in considerazione, che si occupino e credano in lui, che lo accettino incondizionatamente per come
è, che ne tollerino gli errori con comprensione e benevolenza senza
massacrarlo o defilarsi abbandonandolo nella difficile crescita.
I ragazzi adolescenti hanno bisogno di sperimentare. Se prima
credevano ciecamente a tutto ciò che “passava il convento”, ovvero
a ciò che dicevano i genitori, ora hanno un fisiologico bisogno di
toccare con mano, di verificare di persona “come realmente stiano
le cose”. Si tratta di un importante processo di crescita che avviene
attraverso la rottura di equilibri preesistenti e la costituzione di equilibri diversi.
Tale processo non è indolore e passa attraverso fasi psicologicamente complesse.
L’adolescente ha bisogno di persone che non lo facciano “sentire
sbagliato”, non lo “colpevolizzino” pur se ha commesso ingenuità
ed errori che sono fisiologici ed inevitabili. Già viene colpevolizzato
da una società sempre più assurdamente pretenziosa, per non dire
spietata, con l’adolescente in difficoltà. Solo i genitori hanno questo
potere di farlo sentire bene nella sua pelle. È fondamentale che affermino in modo credibile e, soprattutto, “vivano in prima persona”
modelli e valori, permettendogli di operare un reale confronto con
altri differenti al di fuori della famiglia.
L’adolescente deve sentirsi libero di elaborare, esprimere ed
esternare il proprio modo di essere e di porsi in sintonia ed in accordo con le proprie caratteristiche personali e con il “tempo” che
vive. Anche il genitore deve essere libero di esprimere i propri punti
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di vista e di entrare nel merito delle decisioni che lo riguardano e lo
coinvolgono.
I genitori sono ancora molto “dentro di lui”
Anche se l’adolescente è proiettato a conformarsi e a chiedere
sostegno, calore, conforto ed orientamento al gruppo, occorre considerare che i genitori sono ancora molto “dentro di lui”. È importante
ricordarsi questo, soprattutto quando assume atteggiamenti di rifiuto
ed ostilità verso i genitori. Se è aggressivo, sprezzante e provocatorio significa che, al di là delle apparenze, li sta “comunque” considerando e quindi anche cercando.
In realtà i genitori sono per l’adolescente dei “sorvegliati speciali”. Proprio perché “sta studiando come sarà da grande” diventa
un osservatore acuto e le sue valutazioni sui genitori e i famigliari
possono essere sferzanti se non addirittura impietose. La sua intelligenza sta crescendo in modo rapido e con le capacità logiche di
cui è progressivamente sempre più dotato può facilmente mettere in
scacco i genitori confezionando ragionamenti teorici che non fanno
una piega. Diviene un implacabile investigatore che indaga aspetti
importanti del genitore, non più considerato come un Dio indiscutibile. Proprio perché i genitori sono stati “tutto” per lui, ora è diviso
tra un forte bisogno di scalzarli dalla sua vita ed un altro, altrettanto
marcato, di continuare ad avere in loro un riferimento importante
non potendo contare su una propria esperienza. Spinto dal bisogno
di costruirsi una “sua” idea delle cose, l’adolescente ha bisogno di
porre in discussione un po’ tutto, anche realtà solitamente date per
assodate. Non va disturbato in questo lungo e laborioso processo,
necessario per impostare una sua autonoma personalità.
Occorre preoccuparsi, invece, quando i ragazzi non sono più reattivi con i genitori, quando non li cercano più, quando li tagliano fuori
completamente impostando con loro una relazione finta ed ipocrita.
In questo caso i ragazzi stanno elaborando al loro interno un’operazione di screditamento dei genitori che compromette una relazione
vera ed autentica. Se sistematicamente si sentono non accolti, non
accettati, svalutati, disprezzati, derisi, osteggiati, ingabbiati da impostazioni doveristiche, cadono inesorabilmente in una posizione
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di tipo depressivo, caratterizzata da impotenza e rassegnazione: “I
genitori non mi ascoltano, non mi considerano, non serve a nulla
parlare, confrontarsi, cercare un contatto con loro: meglio lasciarli
perdere”.
Questo volume sottolinea quanto sia fondamentale che il genitore
ponga la massima attenzione alle dimensioni relazionali e si impegni
a comunicare bene con suo figlio. Più che stordirlo ed asfissiarlo con
interminabili predicozzi dal sapore anacronistico e moralistico, può
impegnarsi a cercare di creare all’interno della famiglia atmosfere
e contesti relazionali positivi, il più possibile all’insegna del buon
umore, dell’allegria, dell’umorismo, anche, e soprattutto, quando si
è in presenza di problemi e difficoltà. Ridere, scherzare, cercare i lati
umoristici delle cose, trasmette quella complicità che costituisce un
gradiente fondamentale per un ragazzo in crescita.
Ciò che succede nell’adolescenza ovviamente si pone in rapporto
anche alle vicende educative dell’infanzia. Se la relazione “allora”
è stata caratterizzata da attenzione, ascolto, calore affettivo, da stili
educativi improntati all’accettazione, alla disponibilità, alla comprensione, alla valorizzazione e soprattutto ad una sana gestione della frustrazione, l’adolescenza costituirà un periodo delicato e critico,
ma solitamente non drammatico né pieno di sorprese. Se invece il
rapporto è stato fortemente problematico e negativo, l’adolescenza
si connoterà indubbiamente come un periodo a forte rischio. In questo caso la scelta più intelligente per il genitore in difficoltà è quella
di farsi aiutare da un esperto per riparare ai danni relazionali prodotti, cercando un indispensabile recupero relazionale.
Adolescenze “saltate”, adolescenze “non completate”
L’evidenza clinica rileva come le situazioni maggiormente critiche siano quelle nelle quali l’adolescenza o non è mai avvenuta o
non si è svolta in modo sufficientemente armonioso, così da potere
considerare “completata” la formazione di una personalità sufficientemente cresciuta e matura.
Alcuni, per motivi psicologici complessi, hanno “saltato” l’adolescenza. Hanno continuato ad essere bambini a quattordici, sedici,
diciotto … quarantacinque anni. Quando nello studio dello psico18
terapeuta descrivono la loro adolescenza, ne parlano come di un
periodo “troppo” tranquillo, dove “non è successo niente”. Non è
avvenuta in loro una rielaborazione e riformulazione critica personale dei valori, modelli e credenze trasmessi dai genitori. Per la
presenza di particolari condizioni psicologico-ambientali negative, i
figli hanno accettato passivamente, senza la minima critica, quanto
loro trasmesso nell’infanzia, per poi trovarsi in difficoltà rispetto alla
“costituzione di identità”. Di fronte alle difficoltà ed avversità della
vita, si ritrovano da adulti pieni insicurezze, di paure, di dubbi, di
frustrazioni ed insoddisfazioni. Eccessivamente protetti, frustrati, o
inibiti non hanno effettuato le esperienze importanti con la dovuta
tranquillità e serenità, per le paure, le ansie ed i problemi dei genitori.
Per altri, l’adolescenza può essersi caratterizzata come un periodo estremamente burrascoso, denso di conflitti laceranti, rivendicazioni, ripicche, rivalse e costellato da atteggiamenti particolarmente
e costantemente aggressivi e polemici verso i genitori. Non hanno
potuto contare su interlocutori “sani”. Sono diventati adulti sofferenti e problematici e non hanno mai concluso la loro adolescenza. Si
sentono e si comportano come eterni adolescenti immaturi, non cresciuti, non evoluti, con atteggiamenti caratterizzati il più delle volte
da egocentrismo e narcisismo. Hanno sostanzialmente vissuto l’adolescenza in ambienti psicologicamente “malsani”. Non hanno potuto
maturare esperienze affettive in cui ci fosse calore, autenticità, vita,
dialogo vero, rispetto nei confronti di una persona in crescita. Hanno
vissuto affettivamente “al freddo”, oppure sono stati ossessionati da
regole, svalutati e colpevolizzati per ogni errore commesso, ricattati affettivamente, svuotati della loro libertà e creatività. Non hanno avuto l’opportunità di nutrirsi del “cibo essenziale” per crescere
sani: sperimentare l’amore “non condizionato”, sentirsi accettati,
benvoluti, apprezzati, riconosciuti, gratificati, valorizzati, coinvolti.
C’è una buona notizia
Se qualcosa non ha ben funzionato nel corso dell’infanzia, l’adolescenza può, fortunatamente, costituire per i genitori un’occasione
di recupero da non perdere. Ora il genitore ha la possibilità di “co19
minciare a fare” o “fare meglio” ciò che, per varie ragioni, ha ignorato o trascurato. Può diventare un valido interlocutore presente, ma
non ingombrante, coerente, ma non rigido, orientante, ma non impositivo. Soprattutto ha l’opportunità di instaurare una relazione calda
in grado di trasmettere calore, sostegno, e modelli positivi e credibili. Può proporsi come un compagno di viaggio discreto che fa sentire
la sua presenza quando viene richiesta. Può diventare consapevole
che un figlio in crescita, soprattutto nella seconda fase dell’adolescenza, non va abbandonato a sé, partendo dal presupposto che “tanto ora non ha più bisogno di me”. Può altresì evitare di invaderne lo
spazio personale, di inibirlo, coartarlo, ricattarlo, evitando di seguire
logiche manipolative tese a plasmare il figlio a propria immagine e
somiglianza.
Rimanendo ancorato al presente, a ciò che “oggi” è realmente
fattibile e rifiutando autocolpevolizzazioni inutili e dannose, il genitore consapevole di errori, impostazioni, scelte educative che ora
percepisce essere state inadeguate, insufficienti o negative può recuperare molto terreno perduto. Può ricercare un confronto importante
con altri genitori, magari frequentando gruppi di auto-mutuo-aiuto,
oppure ricercare un aiuto psicologico personale o in coppia. Tutto
ciò allo scopo di modificare lo stile educativo e fare sentire la propria
presenza in modo differente. Anche se è fuori dubbio l’importanza
rivestita dalle vicende educative infantili rispetto alla costituzione
dell’identità, occorre ribadire come l’adolescenza possa costituire
un’occasione educativa fondamentale.
L’adolescente ha bisogno di “sentire” una persona che si rapporti
con lui “non” come un bambino da educare, ma “nemmeno” come
un adulto fatto e finito esigendo da lui una maturità che non può
avere.
Talora i genitori si rapportano col figlio adolescente muovendosi
tra due estremi. Nel primo fanno lunghe prediche ed irritanti sermoni nell’intento di ripararlo e proteggerlo dai “pericoli del mondo” e
dai presunti “danni dovuti all’inesperienza”. Lo ritengono incapace
di cavarsela da solo e rischiano di ossessionarlo con estenuanti raccomandazioni come se non fosse in grado di capire nulla della vita.
Partono dall’ingenuo presupposto che, “continuando a ripetere”, lui
farà ciò che gli si chiede, come quando era un bambino.
Nel secondo estremo adottano comportamenti ispirati alla conce20
zione che “ormai è adulto e non ha più bisogno del genitore”. Lo caricano di responsabilità pensando che sia già in grado di gestirle e lo
colpevolizzano quando disattende le loro aspettative. Anche questa
posizione, che spesso subentra nella seconda parte dell’adolescenza,
non viene incontro al bisogno di mantenere un “continuum” tra ciò
che è stato (un bambino che ha fatto quello che gli è stato chiesto
di fare) e ciò che vuol diventare (una persona autonoma, completamente indipendente, in grado di definirsi, di decidere e prendersi la
responsabilità delle proprie scelte).
Anche se ora si confronta con altre persone e si pone in modo
critico verso i genitori, ha ancora la necessità, e non solo nei primi
anni dell’adolescenza, di continuare a confrontarsi e ad interloquire
con chi ha costituito il suo principale “riferimento base”. Ha bisogno
di sentire che può ancora contare su di loro. I genitori possono essere
lì, pronti a cogliere ogni occasione per aiutarlo a crescere ponendosi
nei suoi confronti come “interlocutori affidabili”, ovvero persone attente, rispettose, flessibili e non dogmatiche. Possono proporsi come
adulti “altamente affettivi”, “coerenti”, ma soprattutto “credibili”,
“tolleranti” e “flessibili”, capaci di favorire un vero confronto. In
questo modo aiutano il figlio a porsi in modo dialettico di fronte
alla pluralità di idee, di modelli, di modi di essere con i quali si sta
confrontando.
Come leggere questo volume
Questo è principalmente un volume di auto-aiuto, uno strumento
che può essere utilizzato dal genitore per indagare, esplorare, riflettere sul proprio modo di porsi con i figli, soprattutto se adolescenti.
È un libro che, nelle riflessioni, è denso di concetti. Offre materiale di sintesi in grado di fornire una visione allargata e a tutto
campo delle complesse problematiche relazionali.
Va letto lentamente, a più riprese, ritornando più volte su alcuni punti, quelli che sembrano riguardare particolarmente il genitore. Può essere utile sottolineare, anche graficamente, gli aspetti che
hanno maggiormente colpito l’attenzione. È su questi che conviene
soffermarsi per una rielaborazione personale. Non propone ricette
preconfezionate, ma offre numerosi input.
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Può essere utile che i genitori leggano il libro insieme. È sempre
una buona scelta ritrovarsi insieme a riflettere sugli aspetti educativi
riguardanti i figli. È opportuno dedicare del tempo a questi argomenti, scegliendo momenti favorevoli in cui i genitori siano ben disposti
emotivamente. È pur vero che spesso si pone “il problema educativo” solo quando questo, per le ragioni più varie, si impone per la sua
severità e gravità.
Manca una cultura dell’educazione. Molti luoghi comuni vedono
il “bravo” genitore intento a programmare, con mille attività, l’intero tempo non scolastico del figlio, anche adolescente.
Poniamoci alcune domande. Cosa si nasconde dietro questo iperattivismo? Chi aiuta veramente un figlio a crescere, chi lo va a rimpinzare di attività demandando ad altri un ruolo educativo o chi trascorre del tempo con lui è presente quando ne ha bisogno, lo ascolta,
risponde ai suoi quesiti e si impegna a far fronte alle sue necessità?
Siamo sicuri che quando l’adolescente respinge il genitore, ciò sia
da imputare ad una caratteristica della crescita adolescenziale o non
sia invece attribuibile al disagio che avverte nei confronti di certi
atteggiamenti? Un genitore tutto di un pezzo, serio, serioso, ossessionato da norme e doveri, svolge meglio il proprio compito rispetto
a chi si impegna a costruire un clima dialogante, sereno, allegro e
rilassato?
A queste e a tante altre domande cerca di rispondere il volume.
Le teorie psicologiche a cui il volume si riferisce fanno capo alle
“evidence based”, ovvero sono basate su evidenze e riscontri scientifici.
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