4 Agosto 2014 - Il genitore e l`adolescente

Transcript

4 Agosto 2014 - Il genitore e l`adolescente
IL GENITORE E L’ADOLESCENTE
di Don Salvatore Rinaldi
articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 4 Agosto 2014
«E’ insolente», «Trova da ridire su tutto», «Non vuole più studiare», «Ha dei comportamenti compulsivi»,
«Prima si confidava con me, ora non mi parla», «Si è fatta fare un piercing sulla lingua», «Temo che si
droghi»: sono queste alcune delle inquietudini dei genitori con figli tra gli 11 e i 18 anni. Un genitore ha
spesso la sensazione di non riuscire più a guidare il figlio e si domanda che tipo di atteggiamento tenere: fino
a che punto imporsi; quanta autonomia concedere; come agire a mutismi e ribellioni; come distinguere un
malessere passeggero da un disagio serio. Sbalzi di umore, angosce, acting out rischiosi possono generare un
senso di impotenza. Qualcuno getta la spugna. Altri, invece, cercano il modo di affiancare i figli in questo
periodo di turbolenza, sforzandosi di ricordare la propria adolescenza e di pensare che essa non va
considerata una minaccia ma una mutazione che, come tutti i cambiamenti, comporta una parte benefica e
una parte di imprevedibilità, ma anche di opportunità e di creatività. Nell’affrontare le turbolenze
dell’adolescenza, in particolare i conflitti, è bene non confondere le normali “nevrosi di crescita” con le
problematiche più serie. Ecco alcuni accorgimenti. Saper attendere. L’adolescenza è una fase della vita che
inizia e si conclude. Meglio non irrigidirsi e avere fiducia nel tempo che passa. Infatti, ad eccezione di
patologie vere e proprie, i comportamenti sgradevoli dei ragazzi sono destinati a durare un certo tempo per
poi scomparire. Disponibilità. Dei predicozzi dei genitori, più che la morale e l’emozione che traspare dalle
parole, ciò che i figli recepiscono è qualcosa di più profondo che riguarda la disponibilità nei loro confronti.
Al di là delle reazioni legittime di dissenso, bisogna che sentano che il genitore non è destabilizzato dal loro
comportamento, anche se inaccettabile, che non lo abbandona a se stesso tagliando la comunicazione o
umiliandolo, che non ha perso la fiducia che possa migliorare. In altre parole, si distingue la persona (in cui
si continua ad avere fiducia) dai suoi atti riprovevoli. Dialogo. Non bisogna avere paura di parlare. Ai
ragazzi serve avere un adulto con cui confrontarsi, sia per sentire un’altra campana sia per chiarirsi le idee.
L’atmosfera può essere animata ma non prevaricatrice. Ciò che conta è che l’adulto non si faccia mettere in
crisi dagli atteggiamenti oppositivi del ragazzo, ma gli consenta di fare quell’esercizio di contrapposizione di
cui ha bisogno senza sentirsi in colpa per avere espresso opinioni diverse da quelle di suo padre o sua madre.
Alcuni adulti invece entrano in crisi di fronte alle provocazioni dei giovani in quanto le vivono come un
attacco al loro sistema di valori e al proprio funzionamento psicologico. Sostegno. Suggerire delle
indicazioni e fornire dei punti di riferimento, in particolare per consentire all’adolescente di realizzare i
propri investimenti culturali, sociali ed affettivi positivi. Questo tipo di sostegno aiuta il giovane a sfuggire
alla tristezza, all’apatia e alla noia: stati psicologici che possono condurre alla ricerca di oggetti sostitutivi
come la droga o a condotte fortemente trasgressive e tali da procurare emozioni forti. Negoziare. Un
genitore deve sapere vietare e sanzionare, ma anche fare dei compromessi. E’ bene non reagire
impulsivamente, ma attendere il momento opportuno per parlare, mostrarsi fermi e aperti allo scambio. Il
genitore non è un coetaneo ma neppure un gendarme. Fissare dei limiti non significa soltanto vietare ma
anche negoziare. Con la crescita il bisogno di autonomia aumenta ed è inevitabile che i ragazzi cerchino
nuovi spazi di libertà. Troppa protezione nuoce al loro bisogno di sperimentare e di crescere. Evitare i
paragoni. Sembra banale, nei fatti però i paragoni tra fratelli, sorelle o altri giovani dal comportamento
esemplare sono frequenti. Il genitore pensa di suscitare un moto d’orgoglio, in molti casi invece questi
paragoni, più che scuotere e stimolare, scoraggiano e umiliano. Catastrofismo. Non è minacciando
l’insuccesso che si stimola un ragazzo. L’intenzione è buona, si cerca di proteggerlo da smacchi e delusioni,
lui però percepisce pessimismo e mancanza di fiducia, a volte l’angoscia del genitore che non crede nelle sue
possibilità. Invece di prefigurare insuccessi e disfatte, meglio indurlo a concentrare gli sforzi su ciò che può
fare concretamente per migliorare la propria condizione. Insopportabile a casa, apprezzato fuori. Non è
infrequente che i ragazzi, sentendosi sempre criticati in famiglia, si trovino meglio fuori casa. Ciò non
significa che i genitori debbano smettere di svolgere il loro ruolo, significa soltanto che, da un lato, non
devono esagerare le critiche e, dall’altro, che è bene che nella vita dei loro figli ci siano dei “terzi” affidabili.
Nonni, zii, amici di famiglia, il medico referente, un insegnante che il ragazzo apprezza in modo particolare,
e non di rado gli amici, possono svolgere un ruolo molto positivo nella soluzione di eventuali crisi. Sono
figure preziose nella vita di un giovane, che hanno il pregio di accogliere con benevolenza e di non riattivare
i sentimenti di inferiorità e che a volte riescono a disinnescare le tensioni con i genitori. Attese realistiche.
Dietro alle difficoltà relazionali tra genitori e figli, ci sono spesso i sogni e le attese dei genitori. Un
malinteso profondo. I genitori non accettano il figlio per ciò che è diventato, mentre lui pensa di non riuscire
a realizzare i suoi sogni per causa loro. «Non sei come dovresti essere!» è il messaggio esplicito o implicito
che viene inviato. «Siete voi che mi impedite ciò che vorrei essere» è la risposta. Certo non è sempre facile
per un genitore rinunciare al bambino docile di ieri e al tempo stesso accettare che il giovane di oggi non sia
quello che aveva sognato: questa illusione che il genitore considera un’attesa legittima è però percepita
dall’adolescente come una esigenza esasperante. Accettare la propria età. Invidiare le esperienze e il tipo di
vita che fanno gli adolescenti e collocarsi nella sua stessa posizione non aiuta. Ci si veste nello stesso modo,
si hanno gli stessi amici, si va insieme in discoteca… Una scelta del genere porta a una perdita di ruolo,
quando invece un giovane ha bisogno di qualcuno in grado di proteggerlo, contenerlo e indirizzarlo
soprattutto nei momenti in cui si trova in difficoltà.