Castelverde Holstein segno nel tempo
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Castelverde Holstein segno nel tempo
PROTAGONISTI NELLA SELEZIONE Castelverde Holstein segno nel tempo L’allevamento di Giuseppe Quaini a Castelverde, in provincia di Cremona. di M. V. R isale al settecento il primo impianto architettonico della cascina Cortenuova nel paese di Castelverde, alle porte di Cremona, composta di una serie di edifici che servono l’unità produttiva polifunzionale, tipica della cascina padana. Nel tempo, altre costruzioni adeguate alle necessità di gestione furono aggiunte: le integrò Enrico Quaini, padre dell’attuale proprietario e conduttore Giuseppe, quando ne entrò in possesso, negli anni sessanta, ma senza snaturare l’armonia delle proporzioni e delle forme della grande aia, delle stalle con archi e capriate spettacolari, di portici e abitazioni. Una delle tante lezioni di civiltà che l’agricoltura ha contribuito a tramandare si esprime proprio in queste cascine: una sintesi di come il bello possa unirsi alla funzione, che è lo stesso filone di pensiero, in base al quale valutiamo le nostre vacche in stalla e in mostra. Giuseppe Quaini, chiamato Peppo, allevatore esperto e giudice internazionale di razza frisona, abituato a valutare lo stile degli animali sul ring, probabilmente, ha ragionato nello stesso modo, intraprendendo la costruzione di una nuova stalla che ha affiancato alla cascina, qualche secolo dopo. Ha costruito un edificio moderno, dotato del meglio della tecnologia esistente, senza trascurarne la componente estetica. E le ragioni della sua scelta sottolineano anche l’orgoglio e l’affermazione di chi vive l’agricoltura 22 BIANCONERO . MARZO 2010 non supinamente, ma con ragione ed emozione: “Di questi tempi, investire in agricoltura è facile venga considerato un salto nel buio, ma io l’ho fatto sostenuto da una serie di motivazioni: è il mio lavoro e mi piace farlo ho figli che hanno una “passionaccia” per le vacche, credo ancora che il nostro settore abbia delle potenzialità e non meriti di essere abbandonato a se stesso, come vedo e ho visto fare dal governo, in questi ultimi anni. Mi dispiace vedere distrutta la nostra professionalità, vedere politiche che, per esempio, promuovono con grande enfasi le energie alternative che usano il mais, la nostra materia prima per eccellenza, per produrre combustibile: mi sembra insensato come usare l’acqua di un’oasi nel deserto per lavare le stoviglie.. credo che dovremmo tutti, sindacati compresi, pensare a più lunga distanza e ragionare di più, prima di intraprendere strade senza ritorno, perché dove muore l’agricoltura, non nasce niente di positivo.” Giuseppe, da lungo tempo attivo nel mondo della Frisona Italiana e non solo, è anche consigliere Anafi, è stato uno tra i pionieri in Italia nell’introduzione delle discipline sportive legate ai cavalli Quarter, ed ha giocato a calcio nella Cremonese, nel ruolo di portiere, fino a livello professionale. Le sue stesse decisioni di gestione non sfuggono ad un desiderio di intraprendere e sperimentare nuove strade, cercando soluzioni Giuseppe Quaini nel suo allevamento di Castelverde. Alle sue spalle la nuova sala di mungitura parallela 20+20. “La scelta di sistema parallelo – spiega – è stata fatta con l’obiettivo di contenere gli spazi e perché si tratta di un tipo di mungitura molto tranquilla poco invasiva nei passaggi e comoda per gli operatori” Foto in testa: la nuova costruzione della stalla dell’allevamento Castelverde, si affianca alla cascina settecentesca perfettamente mantenuta con cura e rispetto nelle sue storiche e ben proporzionate costruzioni rico eredita questa mandria di ceppo olandese e desidera raddoppiare i capi con l’importazione di manze e manzette dal Canada. Negli anni ottanta, in seguito al risanamento dalla leucosi, dobbiamo sostituire il 50% dell’allevamento e, essendo chiusa la possibilità d’importazione, individuiamo qualche famiglia con buon potenziale genetico e riproduttivo ed iniziamo a lavorare con l’embryo transfer, utilizzando anche qualche embrione di origine statunitense e canadese. Da questo percorso arriviamo al giorno d’oggi con la costruzione della stalla nuova e la decisione di aumentare del 30% i capi allevati. La corsia di alimentazione della nuova stalla. L’allevamento Castelverde attualmente munge 320 vacche con l’obiettivo di raggiungere un 30% in più ■ Decisione sofferta? Quasi controcorrente… si lavora molto e si guadagna poco. Ma a me sono sempre piaciute le sfide, sono uno sportivo di natura e coinvolgo quindi tutta la mia famiglia, perché mi piace cimentarmi in compiti apparentemente ardui. Voglio essere fatalista, perché sono convinto che la buona fede e la buona volontà debbano ripagare. Personalmente, non ho mai avuto sconti, ho sempre pagato i miei errori e da questi ho imparato, partendo dal presupposto che l’esperienza non si affitta né si compera. Mi sorregge il ricordo di mio padre Enrico, che è scomparso da poco. È stata una figura di riferimento per me e lo sento ancora vicino: mi manca molto la nostra complicità. L’ingresso all’ufficio ed alla sala di mungitura della nuova stalla. Giuseppe sottolinea: “Oggi non è più solo bravo l’allevatore che fa delle belle vacche, ma anche chi riesce a commercializzarle” diverse; tra queste ultime, la decisione di utilizzare una percentuale di uso di tori in prova del 40%. ■ Da che cosa è stata dettata questa scelta? Oggi la popolazione di giovani tori è stata scelta con maggiore oculatezza ed è frutto di una indagine molto più professionale, per cui dedichiamo alle prove di progenie una buona parte degli accoppiamenti. Abbiamo iniziato per problemi di sovrappopolazione, per cui avevamo concepimenti più difficoltosi e ci siamo focalizzati sul rimettere in circolo la stalla. Oggi uso le prove di progenie sulla mandria, mirate in base al certificato e le compro con le stesse caratteristiche con cui acquisto gli embrioni: genetica fresca di base solida. L’uso delle prove di progenie va a scapito dell’uso dei tori provati, ma ho avuto riscontri che il toro mediocre non porta benefici nella mia mandria e usare tori di grandissimo valore non è conveniente economicamente, quindi preferisco genetica più nuova e di belle speranze. ■ Raccontiamo la storia dell’allevamento Castelverde. Il processo di selezione inizia negli anni sessanta, quando mio padre En- ■ Qual è la filosofia con cui seleziona, è cambiata nel tempo? Direi di no, fa parte un po’ della mia testardaggine, ci si costruisce in base alla propria scuola di formazione, ma non credo neppure di essere portavoce della verità. La mia filosofia di selezione è credere nella capacità riproduttiva femminile, nelle famiglie e nelle vacche di buon tipo. La controprova è che molto spesso i numeri sono oggetto di speculazione e cambi repentini, ma nella vacca non ci sono contraddizioni. Ho avuto spesso momenti di scontro e di discussione con chi esaltava solo i numeri, ma sono ancora convinto che questa sia la strada da percorrere ed ora la scienza, con la genomica, ci dà una mano. BIANCONERO . MARZO 2010 23 ■ Come possiamo riassumere la sua filosofia? Che voglio fare selezione con le femmine e non con i maschi. La domanda che odio di più è “che tori usi?” perché il toro che a casa mia fa un buon lavoro, a casa tua potrebbe farlo pessimo... dipende dalla popolazione che trova. Nella scelta dei tori io percorro due strade: uno, su un gruppo molto più ristretto, animali estremi da mostra, uso tori competitivi per aprire ulteriori mercati, con una motivazione economica. Su un secondo gruppo cerco riproduttori che diano una selezione di equilibrio, quindi niente estremi, anche se alcuni caratteri sono irrinunciabili per il mantenimento di una mandria longeva, che duri in stalla e mi consenta di mantenere la rimonta in limiti corretti. Non considero solo i dati di fitness, cioè arti, piedi e resistenza alla mastite, ma anche la fisiologia di vacche che abbiano i caratteri di Dairy Strenght, la capacità riproduttiva di avere un vitello tutti 24 gli anni, una vacca resistente alle patologie che portano ad un invecchiamento precoce. ■ È la stessa filosofia che porta nel ring, quando giudica? Assolutamente sì, dando tuttavia un occhio di riguardo all’eccezionalità. Nella nostra popolazione italiana di vacche è facile perdere le caratteristiche di razza: è chiaro a tutti che la vacca media è più facile da gestire, però per ottenere la vacca media, devi selezionare per il grande, altrimenti si ottiene il piccolo… si deve selezionare con animali eccezionali, superiori alla media di razza. Un’altra caratteristica che ritengo importante e che spesso viene sottovalutata è il temperamento dell’animale: un tipo di vacca nervosa, eccitabile, oltre ad essere difficile da gestire, interferisce negativamente sulla produzione di ossitocina, il che è esattamente contrario al nostro obiettivo di farle fare latte. ■ L’inbreeding è un problema dal suo punto di vista? Per ora non lo vedo, ma ricordo che Roybrook ha impostato il suo allevamento sulla consanguineità negli anni settanta, pur sapendo che, se i problemi relativi si dovessero presentare, si può intervenire con deviazione di percorso. Credo che usare il fuori linea di per sé, senza risultati, non basti. ■ Qual è la vacca più vicina al suo ideale? La Castelverde Chief Mark Susy è stata una vacca grandissima, vincitrice nei ring, di una grande famiglia per contenuti di grasso e proteine e capacità riproduttiva, una vacca longeva, l’unica che, nel Confronto Europeo del 2000, aveva in concorso tre figlie sue. Direi una vacca che soddisfa tutti i requisiti. Tra le sue figlie e nipoti che stanno portando avanti la sua eredità c’è Integrity Suellen, riserva a Montichiari nel 2009, che ha vinto tre volte la Provinciale di IT02CRR0044744 Castelverde Chief Mark Susy IT019990112188 Castelverde Integrity Suellen IT019990408620 Castelverde Dundee Julie ET FR004240585702 Savoie BIANCONERO . MARZO 2010 Cremona e la sua categoria alla Nazionale, oltre ad aggiudicarsi il Gran Prix 4 anni. Una vitella nipote di Susy ha vinto la categoria 9-12 mesi all’ultimo Junior Show di Verona: l’influenza della Susy è marcata. ■ Quali altri famiglie si stanno affermando? Tra le vacche più giovani abbiamo delle famiglie di origine canadese altrettanto valorizzate. Dalla famiglia di Rudolph Jodie abbiamo la Castelverde Dundee Jodie, MB 87 di primo parto a 2 anni e Castelverde Dundee Julie. Inoltre, diverse altre discendenti di altre famiglie, come Lylehaven Lila Z, Tab Moude, Storm Melanie, Skychief Supra, Lylehaven Durham Pixie, Spirit Logan, Integrity Paradise, Citation Roxie, Rudolph Lilly, Presentation Petrelle. Queste si sono rivelate buone progenitrici per continuare e migliorare il nostro programma di selezione e hanno tutti gli ingredienti per crescere. ■ Come allevatore e come persona pubblica, quali consigli si sentirebbe di dare ai suoi colleghi? Di imparare a fare i conti, di non seguire le mode e le tendenze, ma di saper bilanciare la propria produzione con la propria realtà economica. Mungere più vacche non sempre può significare avere maggiori introiti. In molte situazioni, con una rimonta del 50% non si può fare selezione ed economia. La gestione è un puzzle di molti elementi. La cosa più difficile non è trovare il toro con i dati migliori, ma la vacca che riproduce meglio, se ogni due anni si riforma la mandria, non si possono avere dati da cui partire. ■ Il nostro sistema dà delle risposte agli allevatori? La politica vincola troppo il nostro sistema. Capisco che alcuni vincoli siano necessari, ma quando diventano troppo costrittivi rallentano il tutto, poiché spesso introdotti in modo opportunistico e con dubbia competenza. Come dirigente e rappresentante degli allevatori vorrei fare un vivace appello ai nostri sindacati di trovare un denominatore comune, perché la mancanza di questo ha creato un grande danno e non ci ha consentito di far pervenire la nostra voce alle alte sfere. ■ Che cosa consiglierebbe a chi volesse intraprendere la strada della selezione genetica? È difficile dare consigli, perché concorrono altri meccanismi nelle scelte: oggi non è più solo bravo l’allevatore che fa delle belle vacche, ma deve anche essere vincente nel marketing, un bravo promotore del suo lavoro, più maturo e preparato come figura professionale, anche sul piano commerciale. Naturalmente le basi solide attraverso la genetica di fondazione sono irrinunciabili. Io ho creduto parecchio nell’uso degli embrioni, ho investito in questa direzione e continuerò a farlo, perché credo che sia un investimento che ripaghi. Penso che sia necessaria anche una tendenza culturale diversa: molti allevatori italiani riescono ad avere una bella vacca e poi se l’adorano, non la vendono. È limitante spendere tanti soldi e non trarne profitto. Ci vuole più mentalità commerciale, tutto quello che non serve a continuare la propria selezione, si può commercializzare: l’importante è saper scegliere e tenere gli animali giusti. Per la Susy, ad esempio, ho rifiutato un’offerta faraonica e non me sono pentito. BIANCONERO . MARZO 2010 25