E. CHIOSI, G. GASPERETTI, Rocca d`Evandro
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E. CHIOSI, G. GASPERETTI, Rocca d`Evandro
ROCCA D'EVANDRO (CASERTA) - LOCALITÀ PORTO UN QUARTIERE ARTIGIANALE ROMANO SUL FIUME (1) Il sito è posto su un ampio terrazzo di origine alluvionale (16 m s.l.m.), al termine della valle del Liri, dove il fiume Garigliano attraversa lo stretto passaggio compreso tra le propaggini orientali dei Monti Aurunci ad ovest e le pendici occidentali del vulcano di Roccamonfina ad est, poco a nord delle terme di Suio. L'area è delimitata ad ovest dall'ansa del fiume, ad est dalla S.S. n. 430, ed a nord e a sud da due piccoli torrenti che affluiscono al fiume. Al margine sud-est dell'area appariva una serie di basoli di lava trachitica (leucite), allineati nord-est/sud-ovest, pertinenti ad una strada che costeggiava la riva sinistra del fiume. Ad ovest di questa strada si distinguevano tre grandi aree: – A) la prima, a nord, era caratterizzata dalla presenza di macchie di terreno arrossato di forma pressoché rettangolare, verosimilmente riferibili a 4 fornaci per la produzione ceramica. – B) la seconda area era caratterizzata da scarsa presenza di materiale archeologico. Essa probabilmente fungeva da zona di "rispetto" tra il quartiere artigianale e l'area C. – C) nella terza area infine erano visibili le strutture murarie di alcuni ambienti, allineati immediatamente a nord della strada. Nell'area C lo scavo ha messo in luce un'altra strada, lastricata con basoli di calcare bianco locale, perpendicolare alla prima. La strada, digradante con una notevole pendenza in direzione del fiume, lascia supporre resistenza di un approdo legato alle esigenze del quartiere artigianale. Lungo la crepidine nord della strada in calcare si allineavano una serie di ambienti, interpretabili come botteghe. La tecnica di costruzione generalmente usata per le strutture rinvenute è l'opera incerta con caementa di calcare locale e fondazioni del tipo a sacco. Nell'area A (Fig. 1) si è messa in luce quasi interamente una delle fornaci di cui si conservavano solo le fondazioni della camera di combustione (largh. 2 m; lungh. ca. 5 m). La fornace, di forma rettangolare, era orientata est/ovest con praefurnium volto ad ovest. Essa era delimitata a nord ed a sud da grossi muri in opera incerta (spessore 0,60 m) e presentava il fondo della camera di combustione quasi completamente arrossato per l'azione del calore. Ai lati nord e sud lo spazio rettangolare della camera di combustione era delimitato da due grossi piani orizzontali di frammenti di tegole ed anfore (per lo più Dressel 1) posti sullo strato argilloso, che svolgevano probabilmente la funzione di isolare meglio le pareti della fornace stessa. [293] Sul fondo della camera di combustione sono stati rinvenuti grossi blocchi di argilla stracotta, pertinenti a pilastri di sostegno del piano forato. Di quest'ultimo non si sono trovati che scarsi frammenti nel terreno arato che ricopriva tale struttura. 1 La presente comunicazione costituisce un estratto della relazione preliminare di scavo. Cfr. CHIOSI 1994 e GASPERETTI 1994, cui si rimanda per ulteriori precisazioni. Cfr. inoltre la Rassegna Archeologica della Campania in Atti TA 1992 e 1993. È possibile che in connessione con la fornace 1 fossero sia la canaletta che portava l'acqua in direzione del fiume, parallela al muro che la delimitava a sud, sia la fossa quasi rettangolare riempita con sabbia forse usata come degrassante nella fabbricazione delle anfore e delle tegole. Tale fossa è posta presso quella che doveva essere l'apertura del praefurnium, ad ovest del quale è stato rinvenuto un grosso scarico di anfore (Fig. 2) che costituisce probabilmente il limite del quartiere. La privilegiata posizione geografica scelta rendeva intatti disponibili in loco le materie prime necessarie al ciclo della lavorazione ceramica: acqua, argilla, sabbia (usata come degrassante) e combustibile. Inoltre, la vicinanza del fiume, in aggiunta o in collegamento con la rete stradale di cui i tratti rinvenuti sono parte, facilitava il trasporto via acqua del vino che, giungendo nel quartiere artigianale dall'interno della regione, poteva essere qui travasato nelle anfore fabbricate in loco ed infine imbarcato in direzione della costa2. Da un esame preliminare dei materiali rinvenuti le anfore Dressel 1 risultano costituire la forma maggiormente attestata. La ceramica fine è rappresentata da rari frammenti di ceramica a vernice nera campana e ceramica a vernice rossa interna, da qualche frammento di ceramica a pareti sottili, mentre sono presenti in buon numero la sigillata italica e la sigillata africana di produzione A (ad es. frammenti di piatto di forma Hayes 8A), per la maggior parte rinvenuti nell’area A. In Fig. 3 sono presentati alcuni frammenti di orli di anfore greco-italiche e Dressel 1 (nn. 1-10). Erano sicuramente prodotte nel quartiere di località Porto sia tegole, di cui vi sono scarti e bolli, che anfore di forma Dressel 2-4, documentate da frammenti di anse a doppio bastoncello. L'argilla dei frammenti rientra in un unico tipo, già analizzato per le altre fornaci poste lungo il corso del Garigliano, di origine alluvionale locale3. Il materiale anforico proviene nella maggior parte dallo strato sconvolto dall'aratura; pertanto, in merito alla datazione dell'attività delle fornaci, è possibile individuare un momento iniziale da collocare probabilmente nel II secolo a. C., mentre il floruit sito potrebbe porsi nel I secolo a. C. Probabilmente le attestazioni di ceramica fine africana indicano un utilizzo dell'area delle tabernae in epoca imperiale. Nessun altro indizio è stato rinvenuto di una occupazione successiva. I due frammenti nn. 11 e 12 appartengono ad una forma di contenitore del tutto diversa, il cui utilizzo deve forse essere messo in relazione con ulteriori attività sviluppate nella zona. I frammenti sono del tutto simili per forma a quelli indicati in un recente lavoro come contenitori per la pece. [295] 2 Il Garigliano nell'antichità doveva essere navigabile per buona parte del suo corso (ed a tal proposito si veda l'attuale significativo nome della località). Per un inquadramento dell'area cfr. TALAMO 1987, pp. 4-7, 168 s. anche per la navigabilità del Garigliano fino a Suio. 3 Altre fornaci di anfore sono localizzate lungo il corso del Garigliano alla foce del fiume e sulla riva sinistra, nella parte inferiore del suo corso: HESNARD et al. 1989, p. 26, fig. 8. Fig. 3 –Tipi di anfore e bolli. La produzione e la distribuzione della pece dovevano rivestire una certa importanza anche per Minturnae, per la quale sono documentati dei socii picarii4. E ben nota l'importanza che riveste in tutta l'antichità lo sfruttamento dei boschi, sia in rapporto all'attività agricola, che allo sviluppo delle aree urbane; l'approvvigionamento di legname è, inoltre, indispensabile all'attività delle fornaci5. Inoltre, come ipotesi di lavoro basata sul confronto con i rinvenimenti in altre zone dell'Italia meridionale, in particolare della Calabria, non si può escludere la possibilità che nei nostri contenitori potesse essere distribuita anche la pece, che, seppure non famosa come quella bruzia, doveva essere prodotta nell'area. Nel grosso strato di riempimento della camera di combustione della fornace scavata sono stati rinvenuti moltissimi frammenti di anfore e tegole tra cui diversi recavano bolli. In particolare: 9 di essi compaiono su tegole e 25 su anfore attribuibili alla forma Dressel 1B. Tra questi ultimi, sette di quelli in cartiglio rettangolare e tutti i dieci bolli in cartiglio circolare (Fig. 1, n. 9) sono relativi a schiavi della gens Lucceia6. 4 DE CARO 1985, pp. 21-32; COSTABILE 1992, pp. 169-174; LUPPINO-SANGINETO 1992, pp. 174-191; GIARDINA 1981, p. 101; GUIDOBALDI-PESANDO 1989, p. 43 ed in partic. cfr. GASPERETTI 1994. 5 GIARDINA 1981, pp. 101 ss.. 6 CHIOSI 1994, dove sono riportati gli antroponimi dei servi della gens Lucceia attestati sui bolli rinvenuti. A questi si aggiungano un altro bollo rettangolare non leggibile, un altro che attesta un Manes Lucc L S ed altri due su tegola, rinvenuti nella campagna di scavo 1993. Nel caso di Rocca d'Evandro avremmo l'associazione di più nomi servili con uno stesso gentilizio. Tutti questi nomi Dei Luccei è documentata la presenza in Campania, in particolare nei Campi Flegrei, a Puteolied a Cuma, ma vi sono attestazioni anche nell'area del Liri, ad Interamna Lirenas, dove appartengono alla classe dirigente municipale7. La gens sembra avere notevoli interessi in campo commerciale: è attestata tra i trafficanti italici a Delo ed in Oriente ed i nomi dei suoi liberti ricorrono anche su tappi d'anfora8. Il sito in questione presenta caratteristiche peculiari: non sembra strettamente legato ad un impianto agricolo, ma probabilmente a più fundi; produceva quasi esclusivamente anfore ed è gestito da una sola gens, i Luccei. Tale coincidenza tra luogo di fabbricazione delle anfore vinarie e luogo del loro imbarco segue un modello ampiamente diffuso in età tardo-repubblicana nell'Italia centro-meridionale, dipendente a sua volta da uno sfruttamento del territorio strettamente connesso al modo di produzione schiavistico9. Nell'ambito del modello accennato è possibile inserire anche l'interpretazione degli ambienti posti a lato della strada secondaria verso il fiume.[ 297] Per la loro posizione e per le caratteristiche costruttive, nonché per i materiali rinvenuti al loro interno, sono con tutta probabilità da interpretare come tabernae. A questo proposito, è suggestivo il confronto con il passo varroniano circa le tabernae devorsoriae e iFloro legame con la produzione agricola e le attività connesse10. Nel nostro caso, resterebbe da chiarire il rapporto delle tabernae con il fundus, dal momento che sono poste sul luogo di produzione delle anfore, anche se m posizione adatta allo smercio, essendo fiancheggiate da due importanti vie, terrestre e fluviale. Ben noto, per l'esemplificazione del modello, è il caso della gens Caedicia, che nell’ager Falernus è proprietaria del campus Caedicius, delle officine ceramiche e delle tabernae sull'Appia11. Per questo impianto, viste anche le attestazioni sui tappi d'anfora, possiamo pensare ad un legame tra i produttori delle anfore e, probabilmente, i trasportatori; restano da accertare i proprietari dei fundi dai quali provenivano le merci trasportate. Se si trattasse ancora dei Luccei, saremmo in presenza di un sistema in gran parte "verticale", nel quale ad una sola famiglia sarebbe possibile attribuire tutta la catena delle attività economiche connesse allo sfruttamento agricolo del territorio. D'altra parte, in base ai dati emersi, non possiamo escludere, per il momento, uno iato tra la gestione della produzione agricola e le altre attività (produzione ceramica, commercio)12. In ogni caso, nel quadro del complesso rapporto esistente nell'Italia tardorepubblicana e proto-imperiale tra proprietà e gestione del fundus e proprietà e sembrano ricondurre ad età tardo-repubblicana. La formula onomastica più comunemente adoperata nei bolli di località Porto pare attestare la condizione schiavile del bollatore, evidenziando il rapporto giuridico tra dominus e subalterno con il termine S(ervus). Sul problema v., tra gli altri MANACORDA, 1989, in partic. pp. 460-461. 7 Si veda in particolare da Interamna l'iscrizione in CIL XI 5196 (quattuorvir iure dicundo della colonia), 5355. 8 HESNARD-GIANFROTTA 1989, dove sono editi tappi d'anfora da diversi relitti che attestano la gens Lucceia. 9 Sul modello che sottende ai rinvenimenti di officine ad Albinia, a Terracina, a Sinuessa ed altrove in Italia meridionale cfr. MANACORDA 1981, pp. 3-54. 10 Cfr. in merito MANACORDA 1985, pp. 143 ss. 11 Cfr. CRIMACO 1991, pp. 24 ss. 12 Tra i vari contributi in merito al rapporto tra produzione e organizzazione sociale, si veda MANACORDA 1989, pp. 443-467; CARANDINI 1989, pp. 505-521; FREDERIKSEN 1981, pp. 265288, con riferimento all'onomastica di schiavi e liberti di Capua e Minturno collegata ai nomi di grandi proprietari nelle due zone. gestione delle attività connesse, emerge una situazione di notevole vivacità imprenditoriale, e forse speculativa, da parte di famiglie legate prima ai ceti emergenti italici ed in seguito alla stessa classe dirigente romana. EMILIA CHIOSI (*), GABRIELLA GASPERETTI Bibliografia A. CARANDINI, 1989, L'economia italica fra tarda Repubblica e medio Impero considerata dal punto di vista di una merce: il vino. Ricordando i tempi dello scavo ostiense, che sembrano così lontani, in AA. VV., Amphores romaines et histoire économique: dix ans de recherche, Actes du Colloque de Sienne (22-24 mai 1986), Roma, pp. 505-521. E. CHIOSI, 1994, Rocca d'Evandro (Caserta) – Località Porto. Un quartiere produttivo romano sulla riva sinistra del fiume – Lo scavo, "Bollettino d'Archeologia" 11-12, pp.121-124. F. COSTABILE, 1992, Redditi, terre e fonti finanziarie dell'Olympieion: tributi, imposte e rapporti contrattuali, in F. COSTABILE (a cura di). Polis ed Olympieion a Locri Epizefiri. Costituzione economia e finanze di una città della Magna Grecia. Editio altera e traduzione delle tabelle locresi, pp. 169- 174. [298] L. CRIMACO, 1991, Volturnum, Roma. S. DE CARO, 1985, Anfore per pece del Bruzio, "Klearchos", XXVII, pp. 21-32. M. FREDERIKSEN, 1981, I cambiamenti delle strutture agrarie nella tarda repubblica: la Campania, in A. GIARDINA, A. SCHIAVONE (a cura di). Società romana e produzione schiavistica, vol. I, L'Italia: insediamenti e forme economiche. Bari, pp. 265-288. G. GASPERETTI, 1994, Rocca d'Evandro (Caserta) – Località Porto. Un quartiere produttivo romano sulla riva sinistra del fiume – Viabilità ed organizzazione della produzione, “Boll. d'Arch.”, 11-12, pp. 124-125. A. GIARDINA, 1981, Allevamento ed economia della selva, in A. GIARDINA, A. SCHIAVONE (a cura di). Società romana e produzione schiavistica, vol. I, L'Italia: insediamenti e forme economiche. Bari. M.P. GUIDOBALDI, F. PESANDO, 1989, La colonia civium Romanorum, in F. COARELLI (a cura di), Minturnae, Roma. A. HESNARD et al., 1989, Aires de production des greco- italiques et des Dr. 1, in AA. VV., Amphores romaines et histoire économique: dix ans de recherche, Actes du Colloque de Sienne (22-24 mai 1986), Roma, pp. 21-65. A. HESNARD, P.A. GIANFROTTA, 1989, Les bouchons d'amphore en Pouzzolane, in AA. VV., Amphores Romaines et histoire économique: dix ans de recherche, Actes du Colloque de Sienne (22-24 mai 1986), Roma, pp. 393- 441. S. LUPPINO, A.B. SANGINETO, 1992, Appendice. Il deposito di anfore di Trebisacce ed un recipiente per la pix Bruttia, in F. COSTABILE (a cura di). Polis ed * Ringrazio il Soprintendente delle province di Napoli e Caserta don. Stefano De Caro e la dott.ssa Gabriella Gasperetti, funzionario responsabile per il territorio di Rocca d'Evandro, per avermi voluto affidare lo scavo di questo sito e per avermi agevolato in ogni modo nel lavoro che allo scavo è seguito. Olympieion a Locri Epizefiri. Costituzione economia e finanze di una città della Magna Grecia. Editio altera e traduzione delle tabelle locresi, pp. 174-191. D. MANACORDA, 1981, Produzione agricola, produzione ceramica e proprietari nell'ager Cosanus nel I a.C., in A. GIARDINA, A. SCHIAVONE (a cura di). Società romana e produzione schiavistica, vol. II, Merci, mercati e scambi nel Mediterraneo, Roma, pp. 3-54. D. MANACORDA, 1985, Schiavo "manager" e anfore romane: a proposito dei rapporti tra archeologia e storia del diritto, "Opus", IV, pp. 143 ss. D. MANACORDA, 1989, Le anfore dell’Italia repubblicana: aspetti economici e sociali, in AA. VV., Amphores romaines et histoire économique: dix ans de recherche, Actes du Colloque de Sienne (22-24 mai 1986), Roma, pp. 443-467. P. TALAMO, 1987, L'area aurunca nel quadro dell'Italia centromeridionale – Testimonianze archeologiche di età arcaica, BAR International Series, 384, Oxford. [299]