economia politica e paletnologia nel salento

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economia politica e paletnologia nel salento
ECONOMIA POLITICA
E PALETNOLOGIA NEL SALENTO
Secondo le dottrine economiche più moderne, per Produzione, si intende
l'attività dell'uomo che porta a creare l'utilità o più utilità alle cose materiali o
irnmateriali, rientrando fra queste ultime i servizi.
Rientrano quindi nella produzione economica la trasformazione dei beni
naturali, il loro trasferimento da luogo a luogo, da tempo a tempo e da persona
a persona.
Da quanto precede la classificazione degli operatori produttivi in:
1) Industrie Agricole, Manifatturiere ed estrattive che attendono alla trasformazione di beni non utili in beni utili o di beni già utili in beni più
2 ) Industrie Commerciali e dei Trasporti che creano utilità trasportando i beni dai luoghi dove gli stessi sono abbondanti, ai luoghi dove scarseggiano;
3) Risparmiatori, Commercio di speculazione, Industrie delle Conserve
Alimentari e Industrie Assicurative del ramo vita, che creano o meglio che producono utilità trasferendo i beni da tempo a tempo;
4) Industria Assicurativa contro i rischi delle cose materiali, Industria
Bancaria e Commrecio di Mediazione, in parte, che operano col trasferimento
(lei beni da persone abbondantemente provviste a persone che perchè meno abbondantemente provviste, attribuiscono ai beni maggiore utilità dei primi.
La produzione di qualsiasi bene è il risultato quindi di operazioni tecniche
più o meno complesse che trasformano le materie prime e quindi, passando per
stadi successivi di elaborazione, concludono la produzione del bene diretto.
Ora, poichè i beni che concorrono a formare i beni diretti prendono il nome
di beni indiretti o strumentali, considerando le varie fasi di ogni ciclo produttivo
come un processo di produzione a sè stante. va da sè che noi possiamo dividere
i processi produttivi in due categorie:
a) la prima che produce beni diretti e rappresenta la fase conclusiva;
b) la seconda che produce beni strumentali che rappresenta la fase intermedia.
Osserviamo che anche la produzione di beni strumentali è creazione di utilità. non avendo questi beni utilità diretta propria, ma utilità indiretta. cioè strumentale, derivante dalla utilità dei beni diretti che servono a produrre e a procurare nuova utilità.
Da ciò la ragione della nostra associazione nella conversazione che andiamo
ad iniziare fra industria di attrezzi e armi preistoriche e sorgere dell'industria
pastorale e di allevamento
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Nulla di nuovo sotto il sole come vedremo.
Tanto alle origini, come oggi, come domani e come sempre, l'uomo non può
aumentare nè diminuire la materia esistente che è creazione di Dio. Egli può semplicemente mutarne la forma, la composizione chimica, l'ubicazione, trasforman-
Ricostruzione di Mammuth.
Mammuth inciso nella grotta di
Combarelles (Dordogna). (f. G. Guido)
do per aumentare la somma delle utilità esistenti e delle quali sempre più è sentita la necessità con il progredire della sua Civiltà.
E' quello che l'uomo ha sempre fatto e che continua a fare, passando, per quanto riguarda strettamente il nostro tema, da un'economia di raccolta ad un'economia
agraria i cui beni diretti deriveranno da una strumentalità in continua trasformazione: dalla pietra scheggiata alla pietra levigata, alla selce, al corno, all'osso,
al legno, ai metalli, alle macchine.
In un'altra occasione ci occupammo delle industrie umane dell'età paleolitica e
delle diverse tecniche di fabbricazione riguardanti la scheggiatura ed il ritocco delle
selci, del legno, della pietra, dell'osso, del corno e dell'avorio: dall'amigdale del
Paleolitico inferiore, arcaica e bifacciale che può considerarsi la più antica arma
di difesa e di offesa e nel contempo il più antico attrezzo di lavoro, alla serie dei
vari tipi dell'industria mousteriana del Paleolitico medio che è quella dell'uomo
di Neandertal che visse nel primo periodo della glaciazione di Wiirm, ai numerosi
manufatti in calcare, in selce, in osso, in avorio del Paleolitico superiore dei fannerantropi e dell'HOMO Sapiens degli ultimi trenta o quaranta mila anni dei
tempi preistorici che corrono dalla seconda metà del Wiirmiano secondo, a tutto
il Wiirmiano terzo. Codesta rassegna di industria quaternaria è la caratteristica
strumentale che accompagnò la vita economica fatta di caccia, di pesca e di raccolta
di frutta selvatica, caratterizzando nel contempo l'azione di difesa e di offesa del198
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l'uomo paleontropo e fanerantropo contro il suo simile e contro la fauna famelica e feroce.
Come è facile rilevare sensibile per numero e per qualità è l'evoluzione dell'industria e delle armi che per altro è il 1° indice certo e storico dello sviluppo
delle condizioni di vita dell'uomo. Principio di energetica che in eterno si accompagna alla vita e spiega la vita stessa sia organica che inorganica.
Se in tutto l'universo esiste una legge di evoluzione, nel mondo biologico si
manifesta un finalismo che prova la intelligenza ascosa del fenomeno, come se
esso obbedisca ad una suprema legge coordinatrice.
Fatto divino e spiegazione umana!
Non sembri strana la nostra affermazione che a salvaguardia della conservazione dell'uomo e quindi in convergenza con le armi e cogli utensili, contribuirono nel paleolitico alla difesa dell'uomo stesso alcune usanze che oggi noi consideriatno soltanto bestiali e completamente negative, quali l'antropofagia o cannibalisnio che consentì il cibarsi anche quando caccia, pesca e raccolta (li frutta non
lo consentivano per ragioni di scarsezza naturale o per apocalittiche sovversioni
climatiche che riducevano e costringevano l'uomo per lunghi periodi in caverna.
Segue all'età paleolitica il mesolitico attraverso il quale l'industria del Paleolitico
superiore caratterizzata da lame di selce accuratamente ritoccate, rivelata per la
prima volta in Italia, a grotta Romanelli, si svilupperà dando origine ad una nuova civiltà che molti chiamano Neolitica, per la maggior parte del suo sviluppo, ed
Eneolitica soltanto nella sua ultima fase, caratterizzata comunque, dalla ceramica incisa dopo la cottura e dalla ceramica dipinta, accompagnate dall'arte di
levigare la pietra. E' col Neolitico che nasce l'agricoltura e si addomesticano gli
animali determinandosi i primi nuclei abitati sedentari.
Tutte codeste manifestazioni a carattere economico e sociale rivelano il sorgere di una prima vera e propria civiltà del così detto Neolitico completo, che non
si sviluppò ovviamente in tutto il mondo conosciuto, in quanto, in molti luoghi,
per ragioni locali e per motivi diversi non fu completo: in Australia per
esempio, alcuni popoli hanno fatto uso della pietra levigata senza conoscere l'arte
della ceramica, la coltivazione e l'allevamento, mentre certe tribù nomadi allevarono gli animali senza conoscere l'agricoltura e l'arte della ceramica, così come
in Palestina alcune popolazioni sedentarie coltivavano i cereali senza ancora levigare la pietra, fabbricare la ceramica e allevare il bestiame.
Afferma Raymondx Furon che la scoperta del rame, sopraggiunta in epoca
posteriore, non modifica la civiltà Neolitica, in modo visibile, tanto il passaggio
al calcolitico avviene insensibilmente. Anzi alcuni autori sono giunti persino a
chiedersi se mai il Neolitico puro sia mai esistito.
Dalle testimonianze a nostra disposizione possiamo quindi affermare che il
Neolitico puro senza traccia di rame. è esistito in Mesopotamia e in Egitto. Ha
avuto durata più o meno lunga secondo le regioni. In Egitto ha avuto inizio verso
il 6° millennio ed ha avuto vita breve. mentre è perdurato per tre millenni in
Europa occidentale. »
Il neolitico segna l'optimum per la lavorazione della selce che viene scheg199
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giata o lavorata; la materia prima dal Belgio e dall'Egitto viene estratta da vere
e proprie miniere che alimentano anche le prime esportazioni. Particolare rinomanza ha il centro di fabbricazione del Grand-Pressigny, nell'Indre - et - Loire,
la cui area si estende per oltre dieci chilometri e appartiene alla fine del Neolitico.
L'uso della selce ed in particolare delle lame di selce in alcuni paesi non è
cessata col Neolitico, in Asia per esempio è continuato per tutta l'età del bronzo
e del ferro sino al 10° secolo a. C. mentre in Africa è sopravvissuto sino a pochi anni fa e ancora sopravvive per alcune tribù della Patagonia.
Mentre in Egitto si ebbe una civiltà Neolitica pura senza nessuna traccia di
metalli nel 6° millennio avanti Cristo, in Mesopotamia un giacimento di Neolitico antico autentico è stato trovato a Qalatvarmo nell'Iraq: la misurazione radioattiva dei reperti ha fatto risalire l'insediamento al 6° millennio tra il 6720 e
4630 a. C.
In Egitto sono state registrate tre civiltà agricole affini: Tasa, Fayyum,
Merimde.
« Gli strumenti e le armi neolitiche sono molte, moltissime anzi e tutte ritoccate fino al preziosismo, tanto da farne veri oggetti d'arte dappertutto: dalla
Svizzera al Belgio, dalla Scandinavia all'Egitto, dall'Italia all'Africa.
Si ebbero così lame per coltelli e per punte di lancia, grattini perforati, raschiatoi, punte di freccia triangolari, a due alette ed a taglio trasversale, i tranchets, le asce, le accette, i picchi, i percussori, le macine fisse per macinare il
grano, gli elementi di falcetti dentellati in selce, martelli, mazze etc.
Nella maggior parte dei casi le asce sono levigate, fatte di selce o di pietra
dura, dalle forme e dimensioni varie, dai 25 mm. ai 50 cm. di lunghezza.
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L'accetta ricurva, molto rara, mostra due facce diverse, una delle quali è
convessa, l'altra piatta; a volte presenta una scanalatura sulla lama e diventa
allora sgorbia.
Si conoscono infine alcuni modelli particolari, appartenenti alla fine del
Neolitico e, meglio ancora, appartenenti al Calcolitico: asce con foro per l'immanicatura, poi asce doppie o bipenni anch'esse perforate e qualche maglietto a costolature.
Molti oggetti sono fatti in corno comune, in corno di cervo e in osso: citiamo tra l'altro percussori, pugnali, punte di lancia, spilloni e aghi, ami, mazze
piombate e picchi.
Come è facile prevedere non molti sono i reperti in legno tranne qualche
manico e qualche imbarcazione a piroga.
E' da avvertire che il Neolitico strumentale ora descritto è quello dell'Europa
Occidentale, che appartiene ad un epoca più recente e le cui tecniche giunsero
attraverso il Danubio ed il Mediterraneo.
Innumerevoli ed in continuo aumento gli stanziamenti neolitici ed eneolitici
che interessano quasi tutta la provincia e la cui documentazione il « nostro » Museo consacra.
Citeremo solo i più importanti: alla Romanelli, alla Zinzulusa, alla Grotta
del Diavolo, alle Cipolliane o Grotta del Presepe (Novaglie - Lecce) dove di
recente è stato ritrovato anche un ciottolo con figure, all'Uluzzu di Nardò, alla
Grotta del Cavallo presso S. Caterina, alla Grotta della Madonna in Presicce, al
Focone di Ugento, a Parabita, a S. Foca etc...
E' stato autorevolmente affermato che da 5000 anni a questa parte le razze
europee si trovano distribuite geograficamente alla stessa maniera: grandi dolicocef ali al Nord, piccoli dolicocefali a Sud (uomini mediterranei) e brachicefali al Centro della Russia fino alle coste dell'Atlantico.
I brachicefali o tipo alpino (Homo sapiens) si insediano in Germania, in
Svizzera, nell'Italia Settentrionale, in Francia, in Spagna.
I Dolicocefali, divisi in tre rami:
1) del tipo Cro Magnon, isolati in certe regioni come le Ceveime, caratterizzati da grande statura e faccia corta;
2) Homo sapiens mediterraneus caratterizzato da piccola statura a faccia
lunga e diffusi nell'Europa Meridionale;
3) l'Homo sapiens nordicus, alto e a faccia lunga, in Scandinavia, in Germania e in Svizzera.
Con il perfezionarsi dell'industria e delle armi si accentua l'evoluzione, alla
quale giovano e non poco le favorevoli condizioni climatiche che seguono le avventurose fughe per lo scioglimento dei ghiacciai scandinavi. Alla preistoria vera e propria che è durata un milione di anni e che ha visto l'uomo nomade isolato e associato in piccoli nuclei, segue la prima civiltà sedentaria che nata nel Mesolitico procede rapidamente nel Neolitico o età della pietra levigata.
In meno di 10.00,0 anni l'uomo è passato dalla preistoria alla protostoria ed
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alla storia. Le prime grandi scoperte della civiltà che nasce si chiamano agricoltura e allevamento.
Non più nutrizione esclusiva con prodotti della raccolta della caccia e della
pesca, ma, accanto ai prodotti della caccia, rappresentati dal cervo, dal daino, dall'alce, dal cinghiale, dal castoro, dalla volpe, dal lupo, dall'orso, dal bisonte e dalPuro, ai prodotti degli allevamenti rappresentati: dal bue, dal porco, dalla pecora,
dalla capra e dal cavallo più tardi.
« «I cacciatori neolitici conoscevano l'uso della trappola a trabbocchetto, fatta
in quercia o in olmo, di forma ovale, a canotto, lunghe da 50 a 90 cm. e larghe
da 10 a 25 ».
A quest'epoca i propulsori sono ancora in uso ma vanno gradatamente ad
essere sostituiti dall'arco e dalle frecce con punta di selce. L'arco, in legno di
tasso, è piuttosto rudimentale e molto grande, da m. 1,25 a 1,85, il cacciatore è
costretto a proteggersi il polso con una piastra di scisto o d'osso, ma la caccia
dà i frutti che dà, non più paragonabili certamente al periodo primitivo.
La perfezione delle armi e l'aiuto del cane ammaestrato danno i loro segni.
Quanto è detto per la caccia vale anche per la pesca, alla quale fionde e
reti danno altra fisionomia, delineandole la forza economica vera e propria di produttività alimentare.
E' evidente che diverse condizioni portano i tempi a maturità perchè esploda qualcosa che dia all'uomo di che possa vivere oltre le limitate possibilità della
raccolta dei semi, delle frutta e delle foglie selvatiche che ci sono pervenute in
mille modi diversi: dalle torbiere, all'ambra, al fango delle città lacustri, alle
tombe ecc., ottimi veicoli della preistoria che hanno portato sino ai giorni nostri,
quasi per miracolo, inviolati segreti che mettono in luce misteriosi usi e costumi
fanerantropi e paleantropi.
L'antropofagia o cannibalismo e la raccolta di ghiande, nocciole, susine,
prugnole, prugne selvatiche, mele, pere, fragole, more, uva, noci, castagne, gramigna, miglio, veccia, etc. non sono più sufficienti a superare l'ossessione della
carestia, della miseria e della fame. La rivoluzione che determina la produzione
del cibo va considerata secondo la maggior parte degli studiosi come semplice
coronamento della progressiva differenziazione e specializzazione culturale della
collettività umana.
Le ricerche paletnologiche autorizzano ormai a dare per certo, che ancora
prima dell'età neolitica, e precisamente nel Mesolitico, circa 8.000 anni a. C. o
meglio fra 9.000 e 7.000 anni a. C. si ebbero i primi tentativi di coltivazione e
di allevamento, dapprima con l'aiuto di un semplice bastone da scavo, quindi
con il falcetto neolitico fatto di selci dentellate fissate a rostro su legno o su terracotta, e quindi con la zappa.
Le prime coltivazioni interessarono varie specie di grano (Triticum monococcum, dicoccum, compactum, turgidum e volgare), l'orzo (Hadeum distichum
e liescastichum), l'avena, la zizzania, il miglio, le fave, le lenticchie, e quindi...
i piselli, il cavolo, il ravizzone, il papavero e il lino.
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Caccia al Cervo. Dipinto rupestre paleolitico della Cueva
de los Caballos (Valitorta)
(da H. Obermaier e
P. Wernet). (Fot. G. Guido)
Scena di bovini, ovidi,
qualche struzzo, un cammello, incisa su masso,
tra Brech e Tuiva, a Si(Fot. G. Guido)
di Ali.
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Concludendo, si può dire che l'uomo mangia pane e carne di animali domestici da diecimila anni!
Il nostro Salento, come ci dimostra la larga documentazione ecologica, non
tarda ad allinearsi agli altri popoli che per primi compiono il miracolo del controllo della produzione dei viveri sugli altipiani dell'Asia Minore fiancheggianti
la zona montuosa e fronteggianti la valle del Tigri.
I raccoglitori salentini, anch'essi favoriti da piogge primaverili ed autunnali, si muovono con passo deciso e rapido sul binario rappresentato dall'esperienza nell'utilizzazione del grano, dell'orzo e di altre piante selvatiche, e dalla
dimestichezza con pecore, capre, maiali, bovini e cavalli selvatici. Gli abitanti
delle regioni alle quali abbiamo fatto riferimento conoscevano il loro ambiente
così bene da far sì che cominciassero a coltivare le piante e ad addomesticare
gli animali.
In un'epoca leggermente posteriore, altre colture umane raggiunsero un livello pari a quello or ora accennato nell'America Centrale e forse nelle Ande,
nell'Asia Sud Orientale e in Cina. Da queste tre o quattro zone centrali, da questo
ristretto numero di nuclei, l'Agricoltura, e con essa un nuovo tipo di vita, si diffonde così, a poco a poco, nelle altre parti del mondo.
Per compiutezza di trattazione, dobbiamo qui accennare, alla teoria del
determinismo ambientale », ormai non più sostenuta, e secondo la quale, la rivo.
luzione agricola andrebbe riguardata come una reazione pura e semplice alle
grandi trasformazioni climatiche che accompagnarono la ritirata dell'ultima glaciazione circa 10.000 anni fa.
A quella teoria si obiettò e si obietta sempre più validamente che le condizioni climatiche si erano già trasformate in maniera analogamente repentina nei
precedenti 75.000 anni, senza per questo che le piante coltivabili e gli animali
domesticabili divenissero disponibili in maniera sicura alle turbe di raccoglitori
di viveri che vivevano nell'Asia Sud Occidentale e in ambienti analoghi in altre
parti del mondo. Oltre a ciò, altri studi hanno dimostrato che nelle zone dell'Asia minore dove l'agricoltura ebbe origine, il clima non subì mutamenti
radicali. I teorici del « determinismo ambientale » hanno inoltre sostenuto, in
base alla loro « teoria della vicinanza » che l'origine dell'addomestica tura degli
animali sarebbe da ricercarsi nell'isolamento di uomini e di animali, in presenza
di una vegetazione adatta, in oasi situate in mezzo a zone desertiche.
E' innegabile che spiegazioni del genere hanno dell'elucubrazione che non
spiega affatto il sorgere della agricoltura, come ritenne di sostenere per es. per
l'oasi di Gerico Kathleen Kenyon dell'Università di Londra.
A proposito dell'addomesticamento degli animali difficile è stabilire quando
e come cominciò, forse era già in atto nel Paleolitico; si pensa che quei nostri villosi e possenti antenati catturassero animali vivi per tenerli nelle grotte come
riserva di carne in piedi ». Poi, essi dovettero saper rendere docili i nati di quegli animali in prigionia e nacque l'allevamento, particolarmente di qualche specie.
Qualche altra alla confidenza con l'uomo, gli animali ci si dovettero spingere
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Industria Paleolitico inferiore :
Prechelleano, Chelleano e Clactoniano, Acheuleano.
(Fot. G. Guido)
da sè, aggirandosi intorno ai gruppi umani, seguendoli, attirati dagli avanzi dei
pasti che facilitavano loro la conquista durissima del cibo.
Certo si è che nell'età neolitica già vivono con l'uomo dedito ormai all'agricoltura, animali domestici. Nei villaggi palafitticoli dell'epoca, sono stati rinvenuti resti fossili di cani, gatti, cavalli, ovini, porci. Il cane è il più antico dei nostri
amici tanto che fra i palafitticoli è già di famiglia; razze nobili e pregiate però si
incontrano solo dopo la preistoria fra gli Assiri, i Babilonesi, gli Egizi ed i Greci.
Movimentata e drammatica invece è stata sempre la vita del gatto che pare
non conosciuto dai Cinesi, dai Babilonesi, non diffuso in Grecia ed in Roma, diffuso peraltro in Occidente solo nel Medioevo, seguendo il dilagare del flagello dei
topi, venuti anch'essi dall'Oriente.
A giorni remotissimi dalla favolosa vita degli esseri a più di un milione di
anni fa, quando cataclismi sconvolgevano la terra, ci respinge invece la storia del
cavallo che resta un esempio dei più affascinanti di evoluzione biologica, perchè
la razza degli equidi dai quali esso deriva fu all'origine una razza di quadrupedi
non più grande di un grosso cane. Attraverso le terre che allora univano i continenti, mandrie di questi equidi emigrano dall'America del Nord nel nostro Continente.
Madidi e verdi erano i pascoli europei. Pure, in tanta antichità di razza, l'addomesticamento del cavallo è recente.
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Pech-Merle (Cabrerets). Impronte di mani e cavalli crivellati da colpi
di lancia. Ambedue le rappresentazioni hanno uno scopo magico.
(Fot. G. Guido)
All'epoca delle palafitte pare accertato che esso fosse vicino all'uomo, ma
non addomesticato, probabilmente forniva solo carne, e pregiata, a quei primitivi.
Solo una quarantina di secoli fa il cavallo entra a servizio dell'uomo: serve per
l'agricoltura, ma sopratutto per la guerra e il galoppo.
Quando diciassette secoli prima di Cristo, gli Hyksos invasero l'Egitto, i prodi faraonici furono travolti dall'arma nuova degli invasori: la cavalleria e i carri ippo trainati.
E' il cavallo che accompagna, e forse facilita, le grandi migrazioni degli
Ariani dagli altopiani dell'Asia sino all'India da un verso e all'Europa dall'altro. Fra i loro discendenti il cavallo resta l'animale nobile per eccellenza.
Omero celebra gli eroi come domatori di cavalli. Regioni intere sono cantate come nutrici di cavalli. Non meno degli Ariani, i Semiti. Nella Bibbia il Signore fa a Giobbe un altissimo elogio del cavallo. Quarantamila ne possedeva Salomone! Presso gli Arabi, di contro al Cammello, bestia da soma, il cavallo è il diletto corsiero. E furono gli Arabi a giungere per primi alle razze selezionate di
puro sangue, compagne invincibili della loro storia di conquistatori di deserti e di
popoli. In una colonna caldea, invece, un bassorilievo mostra un quadrupede
che tira l'aratro e sappiamo che gli Sciti allevavano giumente per il latte.
Per uno di quei paradossi di cui tante volte si compiace la storia, l'animale
che ci era venuto piccolissimo, in epoche preistoriche, dalle praterie del Nord
America, fu reintrodotto dagli europei in quel Continente, adulto ed addomesticato, (equus caballus) con la conquista spagnola. E vi ebbe un ruolo non di rado
decisivo. Gli Indios ne avevano un terrore pazzo. Vedendo un cavaliere montare
e smontare di sella a quella bestia ignota, immaginavano che i bianchi a cavallo
fossero esseri infernali, capaci di sdoppiarsi ad un tratto in due esseri. In non pochi
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scontri fra spagnoli e indigeni, bastò l'apparire di qualche cavaliere in sella a smunti e malconci ronzini perchè i nativi fuggissero in preda al più comunicativo dei
panici. Cortez, una volta, scampò da un disastro in grazia ad una cavalleria di una
dozzina di ronzinanti morti di fame.
Ancora una volta dobbiamo fermarci nelle palafitte neolitiche per ripartirne in compagnia di bovini ed ovini, Anche di essi la origine si perde nella giovinezza del pianeta. Assodato solo pare che capostipite del nostro bue sia quel
bos primigenius gibbuto e villoso che esprime tanta potenza e vitalità e che
con l'equus caballus animò, dominò anche la campagna salentina della età neolitica. Come nell'antico Egitto anche da noi. il bos è già aggiogato all'aratro ed ha
anche una parte importante nelle credenze religiose, così come anche nel paese
dei Faraoni.
A Menfi era venerato il bue Api ed a Denderah era sacra la vacca ( come,
del resto ancora in India ).
Quando il bue sacro moriva lo si mummificava con rituale alto e complesso.
Pel resto, tranne il destino di macello, la storia dei bovini non ha aspetti
drammatici ma spesso si trova al centro di ispirazioni primitive di arte figurative,
così come nella « nostra » Romanelli dove trafitto da zagaglia, troneggia su una
parete rocciosa, forse come grafica invocazione di buon augurio per le sorti della
caccia. Lo stile è povero, ma sufficientemente naturalistico. Nella stessa Romanelli sono altri due graffiti di animali su blocchi calcarei, rinvenuti negli strati paleotici di terra bruna di mediocre stile naturalistico rappresentano un Cinghiale
ed un felino, forse il leone delle caverne. Il museo paleontologico di Maglie ne
presenta i calchi.
In una coppia di buoi aranti e che tirano un carro agricolo, l'umanità di
oggi mira uno spettacolo quasi in nulla mutato da millenni georgici, solo che nel
toro essa umanità non vede più il demonio, come gli antichi mesopotamici.
Per completare il panorama degli indici di civiltà della maturità raggiunta
dall'uomo, qualche accenno dobbiamo fare al suo travaglio spirituale, che ha superato l'epoca del materialismo e del positivismo, grazie proprio alla rivoluzione
agricola.
Pecore e capre, addomesticate, già vissero in favolosi greggi accanto all'uomo del Neolitico ed alle sue abitazioni palafitte e capannicole. Da sempre
esse dettero all'uomo lana per vestiti e cibi.
Per la sua strana e bizzosa natura, la capra ha sempre eccitato la fantasia
popolare, da cui per es. la nostra frase « capro espiatorio » che ha origine dal
rito degli ebrei di sacrificare il giorno dell'espiazione al Dio Azazel un corpo
simbolicamente carico dei peccati del popolo ebraico.
Limitandoci alla citazione degli animali più vicini all'uomo, ricordiamo il
maiale e la renna:
il maiale, discende da un'antica specie dell'India, donde si diffuse in Oriente
e in Occidente, vecchia vittima umana, fu anche vittima per sacrifici sugli altari
pagani;
la renna, è da noi mediterranei più lontana, ma di importanza di poco
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mutata dalle epoche remotissime per le genti dell'estremo Nord, per la carne
e i servizi di trazione che rende.
Il senso di smarrimento che incomincia a prendere l'anima umana quando il
pensiero corre in sintesi di convergenza all'immensità del Creato, all'eterno, alla
magìa dell'anima, al mistero della vita è la fonte delle prime manifestazioni del
pensiero e delle prime espressioni dell'arte. Va ricordato che l'arte è sempre l'indice più espressivo e più efficace delle correnti spirituali di un'epoca.
Spingiamo lo sguardo alle manifestazioni di questo genere: dalla Mesopotamia, all'Egitto, alla Cina, all'Europa ed al nostro Salento, per avere il più colorito e completo panorama della prima civiltà, oggetto della nostra esposizione.
Fra le più grandi sorprese dell'indagine preistorica sta il fatto che l'arte dell'età glaciale, fiorita fra il 60.000 e il 10.000 a. C. che è la più antica della terra,
non può definirsi primitiva o stilizzata, bensì naturalistica e impressionistica. Questo fatto ha ostacolato per lungo tempo il riconoscimento ufficiale di detta arte.
L'evoluzione stilistica dell'arte glaciale si inizia col periodo Aurignachiano, caratterizzato da un'arte lineare.
L'arte figurativa naturalistica, anche da noi, come dovunque, derivò da forme
schematiche e stilizzate primitive e dirette (per distinguerle dalle altre forme
anorganiche secondarie o derivate successive alla degenerazione del naturalismo).
Di codeste forme primitive però, giova avvertire sin d'ora che da noi non
sono state trovate tracce.
Ci sono invece manifestazioni successive a quelle descritte e sempre a Romanelli, si tratta cioè dell'arte geometrico-ornamentale, trovata associata a forme di
arte seminaturalistica e schematica, il che prova ancora una volta l'andamento
della spirale nella combinazione fra gradualità e derivate transazioni.
Ci troviamo innegabilmente davanti ad uno stile geometrico-ornamentale la
cui datazione è data dalla fauna estinta associata; equus, asinus idruntinus Reg.,
Grande Pinguino caratteristico dell'avifauna boreale, Alca Impennis della formazione pleistocenica superiore.
Le visioni, le esperienze e le creazioni artistiche di questo periodo sono basate esclusivamente sul contorno, sull'aspetto più esteriore dei soggetti e dei
modelli. Le prime immagini presentano soltanto le linee periferiche, ma col
progresso verificatosi già verso la fine dell'Aurignachiano e poi nel Souletrano
(40.000 - 20.000 a. C.), matura sempre più il desiderio del rilievo, della plasticità; nasce ciò che We■effiin definì il pittorico.
Il Solutreano è volto alla conquista degli elementi spaziali, dell'estensione in
profondità, della prospettiva, della penetrazione degli elementi fisici; alla scoperta
dell'ombra, all'elaborazione di primi e di secondi piani, alla realizzazione di
un'immagine veramente viva.
Il vertice dell'arte di stile sensoriale è raggiunto nella terza epoca dell'evoluzione glaciale, in quel Magdaleniano medio che va dal 20.000 al 15.000 a. C.
I grandi affreschi di Altamira, di Font - de - Ganne e di El Castillo; le sculture
di Tue d'Audoubert, le incisioni di Laugerie Basse e di Limenil, nonché i
nostri graffiti rupestri di Romanelli, si possono considerare i capolavori di questa
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forma artistica, la realizzazione di quanto costituisce l'assunto dei moderni pittori impressionisti: la perfetta riproduzione della natura nei suoi elementi spaziali, nella sua plasticità, nella sua tridimensionalità, e di conseguenza l'effetto
d'illusione che è proprio della pittura.
Il raggiungimento della terza dimensione può essere considerato la conquista decisiva di questo momento artistico.
La legge del cosmo appare all'artista neolitico negli elementi fecondi che
sono veicoli della vita. Tali elementi non sono collegati nella realtà da una relazione logica, ma vengono ad esserlo attraverso il mistero dei simboli, e si riassumono nel comune concetto della vita che risorge. I simboli sono l'acqua, la
donna, la terra, la luna, il toro, il serpente, l'albero, e tornano di continuo nelle
immagini dell'epoca: in essi riposa il pensiero contemporaneo, in essi vive l'espressione rappresentativa.
Il significato di un simbolo isolato non è evidente, ma risulta dai suoi rapporti con la natura esterna.
E così che nasce il mito della Magna Mater che dalla Mesopotamia passa all'Europa, accompagnandosi con la ceramica a nastro.
Con quel mito arricchisce l'arte astratta il pensiero degli spiriti e dei demoni,
degli antenati che continuano a vivere e che reggono in pugno l'esistenza dell'uomo.
Si spiegano così le piramidi ed i nostri monumenti megalitici: i Menhir, i
Dolmen e le Specchie che ancora oggi ci stupiscono e ci commuovono, proponendoci come indice prezioso la storia del pensiero e la storia di noi uomini.
A conclusione, ecco per guida alla sintesi cronologica, inquadratura nel tempo dei diversi stili, dalla Preistoria al Rinascimento.
1° - Forme Arcaiche nell'Aurignachiano Inferiore con ritorno allo schematismo sul finire del Paleolitico, nell'Eurasia Mediterranea;
2° - Forme di puro geometrismo nell'età del bronzo, derivate dalla degenerazione del Neo-Eneolitico;
3° - Rinascimento delle forme naturalistiche, all'inizio della protostoria
nelle regioni mediterranee, europee e nord Africane, con manifestazioni dapprima fisio-ideoplastiche ( vedi arte micenea, egizia, greca, arcaica ed etrusca );
4° - Decadenza dell'arte organica naturalistica con sopravvento delle tendenze ideo-plastiche, convenzionali, sul finire del paganesimo;
5° - Manierismo freddo, rigido e cerebrale con l'alto Medio Evo e fino
al Rinascimento, con rottura ad opera dell'arte Bizantina, che determinerà l'inizio del Rinascimento e della naturalistica.
E con la civiltà agricola e pastorale ecco alimentata la prima spinta alle
« nostre prime tradizioni sociali, politiche ed economiche fin dal Mesolitico o
addirittura dall'ultimo periodo del Paleolitico Superiore.
Giunti a questo punto nessuna meraviglia desteranno le affermazioni degli
studiosi che attribuiscono ai nostri pelluti antenati di diecimila anni fa, fermenti
magico-religiosi, imprese di neurochirurgia e financo manifestazioni artistiche affidate a graffiti rupestri, a sculture di ogni dimensione e financo a pitture. Sono
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Il Rinoceronte lanuto scomparso verso la fine dell'età glaciale. (Fot. G. Guido)
segni dello sviluppo culturale che esplode col sorgere dell'agricoltura e con la
rapida e progressiva trasformazione della vita che segue quella grande rivoluzione. Un secondo indice della nuova Civiltà.
I mediconi della nostra prima civiltà agricola e pastorale ad esempio, pur
non disponendo che di semplice scheggie di ossidiana, non esitarono a fissarle
con spaghi vegetali ad un manico di legno, per iniziare una pratica neurochirurgica procedendo nell'avventura delle trapanazioni craniche. (L'ossidiana è una
specie di pietra vulcanica che noi abbiamo trovato nelle grotte del litorale neritino in particolare. Essa è simile alle schegge di una bottiglia opaca ). Codesta
pratica della trapanazione del cranio servendosi dell'ossidiana è da ritenersi comune fra gli antichissimi popoli di ogni continente. Di essa vi è larga testimonianza negli avanzi scheletrici preistorici.
E' da ritenere che oltre per scopi chirurgici veri e propri, la trapanazione
doveva essere praticata nella lotta contro gli spiriti maligni o forse anche per
compiere pratiche religiose connesse con la medicina. Sta di fatto comunque che
l'uomo, ormai tranquillo per l'economia che gli assicura il nutrimento, inette
in opera nella caverna la sua prima organizzazione di assistenza sanitaria.
E l'assistenza dovette essere organizzata in modo indubbiamente efficiente
se noi oggi possiamo constatare dall'esame dei fori praticati nei crani che i malati sopravvivevano in buona percentuale al tremendo intervento.
Pur senza dottrina, l'ingegno persegue e ricerca la tecnica che lo aiuterà a
vivere ed a sopravvivere.
Dovranno passare ancora alcuni millenni perché sulla guida dei più esperti
nascano le scuole mediche, si pubblichino i primi libri di medicina e l'arte si
affini sia con la dottrina e sia con la tecnica. Così a Roma come ad Atene! Così
nel Salento come in Sardegna dovunque la progressiva evoluzione si compia.
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E naturalmente, così per la medicina come per la religione, per la danza,
per l'etica, per il diritto, per l'arte e per l'economia, delle quali parlare in questa
sede sarebbe troppo lungo e forse eccessiva e malaccorta sintesi.
« Fu questa senza dubbio
scrive Giro Drago nella sua introduzione alla
Guida del Museo di Taranto pubblicata nel 1950 — l'età in cui la nostra Puglia, rivestita allora di verdi prati, ma principalmente di folti terreni boscosi,
raggiunse veramente, frutto di una lunga esperienza, di prove e di errori, una
sua chiara civiltà inconfondibile; forse la più ricca, la più fiorente di quante
questa terra avesse saputo creare, nelle età preistoriche, nel lunghissimo e monotono volgere dei secoli.
Con la ricchezza si raffina il gusto; e pur continuando l'uso della ceramica
grossolana, mal cotta, in argilla scura non depurata, e qualche volta decorata a
mano libera con cordoni sovrapposti o con semplici motivi geometrici incisi, comincia ad essere ricercata, per la piacevolezza degli occhi, anche la prima ceramica figuliana dipinta e i vasi ingubbiati e graffiti con altrettanta meticolosità
dopo la cottura, ed attestanti, già sin da quei lontani tempi, la vivida fantasia
creatrice dell'artigianato pugliese.
I coltellini di ossidiana, che abbondano principalmente nell'Italia Meridionale ed in Sicilia, attraggono per il loro luccicante nitore; si creano collane, monili e pendagli di terracotta. Le conchiglie marine e principalmente le valve forate di tectunculus, che spesso si trovano anche nel retroterra, lontani dal mare,
servono ad adornare ed a rendere leggiadre le donne e forse anche gli uomini ».
Comincia ad apparire anche in Italia e quindi da noi la prima ceramica figulina; quella di Puglia e quella di Matera caratterizzano stili propri. La prima
poi supererà qualitativamente la seconda sia per impasto che per decorazione.
Con questa ceramica « protogeometrica » la civiltà del nostro paese segnerà
un proprio vantaggio sulle civiltà dell'Europa Centrale e di alcune regioni della
stessa penisola Balcanica; in questi paesi infatti la ceramica protogeometrica è
stata trovata solo associata ai metalli.
Tutte le rivelazioni fin qui riferite alla nostra regione ed ai nostri avi, noi
riteniamo che ci autorizzano ad affermare che fin da allora la nostra facies culturale e la nostra civiltà ebbero caratteri propri ed autoctoni che le fecero brillare di forza e luce propria. Erano queste, forza e luce che sprigionava dalle incipienti lievitazioni fra ambiente naturale, capacità, volontà, maturità e spirito
di sacrificio della nostra gente.
Codesta deduzione logica riteniamo debba sempre guidare, per l'aiuto che
può dare, ai sempre più numerosi studiosi che si dedicano a svelare il grande
mistero della successiva civiltà dei messapi che secondo il Moumsen, Max Muller,
Kretschmer, M. Mayer, il Ribezzo, il Micalella etc. furono tutt'uno con gli Japigi,
almeno sotto il profilo tecnico.
Inoltrarci nell'esame delle innumerevoli tesi sostenute per provare l'origine
di questo popolo che nelle nostre contrade apparve nell'età del ferro, sarebbe
troppo lungo e, d'altronde non è nel nostro tema; giova comunque a noi come
prova di potenza raggiunta dall'eneolitico, per il principio della derivazione per
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Pitture rupestri della grotta di Altamira : Bisonte.
(Fot. G. Guido)
evoluzione delle due civiltà, ricordare della Messapia l'esemplarietà delle istituzioni politiche, sociali, economiche e commerciali.
Le testimonianze di codeste manifestazioni di evoluzione ideologica, spirituale e scientifica sono numerose in Italia e fuori; fra le prime non mancano e
sono fra le più significative — lo affermiamo senza presunzione — quelle di
« casa nostra » che il Museo Paleontologico di Maglie. Il Museo Paleontologico di
Maglie « G. Stasi », ideato, progettato e realizzato dal Gruppo Speleologico Salentino « P. De Lorentiis » è stato inaugurato solennemente dal Presidente del
Consiglio On. Prof. Aldo Moro, il 26-6-1965, presentato e illustrato da noi
stessi per il Gruppo, da poco realizzato, gelosamente custodisce e razionalmente
mostra. Al di sopra di ogni tema di scienza, la preistoria consegna alla storia, che
fa sua, la certezza della compattezza del nostro gruppo etnico che è veramente di
eccezione fin dal suo primo rivelarsi.
Dicono ancora codeste testimonianze dell'apporto — tutt'altro che piccolo —
dato dalle nostre tecniche: al progresso dell'umanità primitiva di Italia e di Europa all'insegna della nostra tradizione e della nostra civiltà.
Concludendo, l'eneolitico è un'età, la cui grande rivoluzione, ancora oggi
pare sussultare per audacia di imprese e ricomporsi nelle armonie dei risultati e
delle nuove proporzioni.
Pare ancora, a distanza di tanti millenni, defluiti nel non definito orologio
dell'eternità, di avvertire l'animo dei neolitici trepidare alle prime sollecitazioni
dei tormenti spirituali che iniziano quella spirale di religiosità che doveva portare fin da allora l'uomo ad un dialogo istintivo ed inconsapevole con Dio, regolatore supremo di un uni verso di semplicità e di armonia.
MARIO MOSCARDINO
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