Povero quel Paese che non ha più fantasia - C.Battistoni

Transcript

Povero quel Paese che non ha più fantasia - C.Battistoni
Povero quel Paese che non ha più fantasia - C.Battistoni - L’Ordine - 9-05-12
Il lavoro creativo delle imprese è l’unico modo per uscire dall’impasse: ricominciamo a
seguirla senza paura, come fa la Svizzera
Per cambiare serve il coraggio di scelte dure e accompagnate da nuovi scenari, utili a liberare quei talenti
che ci appartengono
Pensiamo in grande,per non restare annichiliti dal vuoto delle nostre ansie: la vera speranza è guardare
alle pmi
Curiosi gli esperimenti di democrazia partecipata che periodicamente fanno capolino nel nostro Paese;
l’ultimo in ordine di apparizione è l’invito del governo dei tecnici alle prese con la revisione delle spese
che si ricorda dei cittadini e chiede loro di segnalare gli sprechi. In un sistema come il nostro, che non
prevede la democrazia diretta, iniziative di questo genere possono contribuire a tastare il polso della
situazione (più o meno come navigare nei social network, nei blog, nei forum di discussione) ma non
incidono certo sulla filiera decisionale; inseriscono semplicemente un canale in più nella valutazione dello
stato di fatto, estendendo al singolo il meccanismo delle audizioni e delle consultazioni.
Peccato che per cambiare ci voglia ben altro, come il coraggio di scelte dure accompagnate da nuovi
scenari che permettano di liberare tutta la creatività e la laboriosità che da sempre ci contraddistinguono,
sempre ammesso che la spirale recessiva in cui viviamo non abbia già stroncato fiducia e passione nel
futuro di chi ancora lavora.
Nel 2000, in occasione del Giubileo dell’Università Luiss di Roma, Michael Novak aprì la sua relazione
(oggi raccolta nel testo “Le ragioni epistemologiche ed economiche della società libera”, Rubbettino
Editore, a cura di Flavio Felice) con un richiamo all’esperienza del nonno che abbondò la Slovacchia
all’epoca parte dell’Impero Austro – Ungarico, in cui avrebbe potuto vivere da buon suddito ubbidendo
agli imperativi “pregare, pagare, obbedire”, per raggiungere gli Stati Uniti e iniziare una nuova vita, da
cittadino sovrano. Novak ricordava che il nonno, nel diventare cittadino, dovette apprendere alcune virtù
di cui in Slovacchia non aveva alcuna necessità: iniziativa, responsabilità, cooperazione volontaria, abilità
nell’organizzarsi e nell’associarsi, invenzione, intrapresa, pensiero critico, ricerca costante dei metodi
migliori. Un lungo e faticoso cammino che, osservava, dopo una generazione la sua famiglia ancora
sentiva molto vicino. Le virtù indicate da Novak sono proprio quelle su cui dovremmo tornare a lavorare;
non bastano consultazioni online per costruire la pubblica opinione che, osserva sempre il teologo –
politologo, può emergere «solo da un popolo invitato a pensare in modo critico, considerando le
alternative e comparando quelle di lungo termine».
Lungo termine, signori tecnici; abbiamo bisogno di respirare fiducia, di provare a pensare in grande, per
non finire annichiliti dal vuoto delle vostre e delle nostre paure. E allora, abbiate pazienza,vi cito ancora
Novak, che in uno splendido saggio contenuto nel libro già citato dal titolo “Piccole imprese: forza motrice
della giustizia sociale” ci ricorda che le piccole imprese sono la principale speranza per i poveri del
mondo, la loro prima speranza per liberarsi dalle catene della povertà, attraverso il lavoro creativo e
produttivo. Sono le piccole e medie imprese «la grande macchina per generare nuova occupazione».
Provate a eliminarle, diceva Novak nel 2002 all’assemblea annuale dei giovani della Confartigianato e
vedrete quanta penosa povertà tornerà in Italia, che imponente disoccupazione!
Dieci anni dopo, i numeri parlano chiaro; ma ciò che angoscia è che all’orizzonte nulla ancora si vede,
tecnici o non tecnici,rossi o bianchi, azzurri o arancioni.
Se ci sono Paesi in cui i cittadini sono a tutti gli effetti sovrani, chiamati a scegliere, decidere e vigilare,
questi sono gli ordinamenti federali; accanto a noi c’è la Confederazione che alle proprie Pmi riserva
rispetto e attenzione. Lo scorso 26 aprile, per esempio, la Seco (la segreteria di Stato dell’economia) con
la collaborazione della Conferenza dei direttori cantonali ha istituito il gruppo di lavoro che si occuperà di
impostare la nuova politica regionale (Npr) da attuare a partire dal 2016.
Che cos’è questa politica regionale? Uno strumento nato nel2008 per valorizzare le potenzialità delle aree
montane, periferiche e di frontiera, destinato a erogare fondi perché le regioni (che non sono unità
amministrative come da noi, ma dipendono comunque da Cantone e Comuni coinvolti) possano
svilupparsi con le proprie forze. Come sempre accade, il popolo svizzero ama vedere ben oltre il proprio
naso, tanto che il programma è stato concepito per il periodo2008 – 2015. Ama comunicare con
chiarezza e semplicità; così, si legge nella pubblicazione informativa della Seco, l’idea che sta alla base
della politica regionale è semplice: la Confederazione aiuta le regioni perché con le proprie forze possano
sviluppare idee e progetti che funzionano; i Cantoni sono i protagonisti di ideazione, finanziamento e
realizzazione; le istituzioni e i servizi federali collaborano tra loro e con le istituzioni straniere coinvolte.
Impianto essenziale, a cui si aggiungono gli obiettivi operativi: promuovere lo sviluppo di innovazioni e
un’economia orientata al mercato, valorizzando tutte le specificità disponibili.
Con questo approccio, la Svizzera, tra l’altro, sta facendo un ulteriore sforzo, quello del superamento dei
confini fra regioni alpine, vallate, grandi agglomerati urbani, temi assai caldi che hanno animato un anno
fa la Terza Conferenza sul Federalismo di Mendrisio. Con questo approccio il Ticino ha avviato la rete
Ticinotransfer che offre alle piccole e medie imprese del Cantone, dei Grigioni di lingua italiana e dell’Alto
Vallese la possibilità di collaborare con gli istituti di ricerca (Usi, Eth, Supsi) per lo sviluppo di idee
imprenditoriali innovative.
Analogo sforzo è stato fatto dal Canton Grigioni, concentrandosi sul turismo e nelle filiere a valore
aggiunto della pietra e del legno.
Concludo con qualche dato, sempre illuminante: la Confederazione ha previsto per ogni anno
stanziamenti a fondo perduto pari a 40 milioni di franchi a cui si aggiungono 50 milioni di franchi per
mutui rimborsabili; cifre analoghe sono erogate dai Cantoni.
Non c’è che dire, i nostri vicini hanno tradotto in azioni, con il pragmatismo che li contraddistingue, la
speranza e l’immaginazione creativa delle donne e degli uomini d’impresa.