Mai scommettere contro gli Stati Uniti

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Mai scommettere contro gli Stati Uniti
Mai scommettere contro gli
Stati Uniti
Intervista esclusiva a Michael Novak*
Atlantide: Secondo l’opinione convenzionale dei giornalisti americani, le elezioni del 2004
avevano a che fare con i “valori”, mentre quelle del 2006 furono un referendum sulla gestione del conflitto in Iraq da parte dell’amministrazione Bush. Nel 2004 i repubblicani vinsero la presidenza e il Senato, nel 2006 i democratici si ripresero il Congresso. Cosa dice questo sulle priorità morali e politiche degli americani quando vanno votare? Stiamo entrando
in una fase della vita politica americana nella quale i temi di politica estera diventeranno
più importanti agli occhi degli elettori dei cosiddetti temi di politica sociale?
*Michael Novak è
professore di
Religione, Filosofia
e Politica pubblica
presso l’American
Enterprise Institute
for Public Policy
Research di
Washington, dove
ricopre anche la
carica di Direttore
degli studi politici e
sociali. È anche
scrittore, teologo e
massimo esperto
della Chiesa
cattolica negli Usa.
Novak: Negli Stati Uniti, le elezioni non sono mai focalizzate su un solo tema, ma ci sono
sempre molti argomenti in discussione, perchè molti e diversi sono gli elettorati che devono
essere ricondotti a unità. E pluribus unum è, non a caso, il nostro motto. Accanto alla pluralità dei temi, occorre tener conto anche della personalità degli sfidanti. Nel 2000 e nel
2004, prima Al Gore e poi John Kerry, furono in qualche modo rigidi, non spontanei, perfino arroganti.
Un argomento è comunque particolarmente importante e rappresenta la maggiore sfida per
una nazione: la propria sopravvivenza. I massacri effettuati dai nuovi barbari antidemocratici, che abusano dell’Islam per i propri fini politici, vogliono portare il terrore nei nostri cuori.
E ci riescono. Queste forze barbariche possono anche non essere in grado di sconfiggere gli
eserciti di una grande nazione, ma sono in grado di indebolire l’animo dei suoi cittadini. La
loro presenza sulla scena mondiale richiede una risposta politica risolutiva di tipo nuovo.
Questi barbari del nostro tempo hanno prodotto video di uomini in ginocchio poco prima
della loro decapitazione, diffondendoli in tutto il mondo islamico. Recentemente, nella provincia di Diyala, in Iraq, alcuni membri di Al Qaeda hanno costretto una famiglia a sedere
attorno a un tavolo per la cena, per poi servire su un vassoio il loro figlio undicenne cotto
nel forno1. Il terrore è un tema, la barbarie un altro, e devono essere affrontati.
Atlantide: Sulla scia della presidenza Bush, ritiene che il nuovo presidente, repubblicano o
democratico che sia, continuerà a sostenere la retorica della democratizzazione come strumento di lotta al terrorismo e liberazione degli oppressi? Che futuro vede per questa parte
della dottrina Bush? E ritiene che la democrazia stia germogliando in Medio Oriente, nono-
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stante la mancanza di istituzioni di mediazione democratiche che caratterizza il mondo islamico?
Novak: La retorica potrà anche essere modificata o abbandonata, ma il prossimo presidente,
di qualsiasi partito sarà, dovrà continuare ad appoggiare e sostenere la debole, ma reale,
democrazia irachena e non potrà comunque permettere che l’Iraq diventi un nuovo centro di
addestramento per questa guerra barbarica. Il terrorismo di Al Qaeda e delle affini “fratellanze” di sangue potrebbe essere una minaccia mortale per i prossimi decenni. Oppure,
potrebbe essere sconfitto, sia dall’interno che dall’esterno, e per questo occorre impegnarsi.
Atlantide: Molti commentatori, incluso lo storico inglese Niall Ferguson, parlano del possibile declino dell’egemonia americana nel mondo. Alcuni addirittura paragonano l’America
attuale all’impero romano nella sua fase finale. Lei stesso ha scritto sulla National Review
un minaccioso articolo dal titolo «Ancora il 1938». Tenendo conto della complessa
situazione irachena, della crescita della Cina, dei peggioramenti nella
partnership russo-americana, dei cambiamenti demografici nell’Europa
Centrale e Occidentale e dei pericoli di proliferazione nucleare, ritiene che
L’America sta
l’America stia mantenendo un ruolo di guida nel mondo, così come ha
declinando? Io
fatto nella seconda metà del XX secolo?
direi di seguire
il
consiglio che mio
padre era solito
darmi: mai
scommettere
contro gli Stati
Uniti.
Novak: Niall Ferguson è uno storico molto brillante, ma in questo caso si
sta allineando a una lunga schiera di commentatori che pronosticano il
declino americano. Innanzitutto, gli Stati Uniti non cercano, e non vogliono, l’egemonia negli affari mondiali. Dopo la seconda guerra mondiale,
noi abbiamo voluto che l’Europa venisse ricostruita e altrettanto abbiamo
fatto con il Giappone. Abbiamo voluto che diventassero forti centri autonomi di potere, perché non è un bene per una nazione rimanere sola.
Ho scritto «Ancora il 1938» come ammonimento contro l’appeasement che fu manifesto a
Monaco in quell’anno, e del quale vedo nuovi segni in tutta Europa davanti alla nuova barbarie del 2007. Ancora una volta, l’Europa non vuole combattere: preferisce non guardare.
Ma forse ora le cose stanno cambiando.
In ogni caso spero che il futuro degli Stati Uniti non sia quello dell’unica potenza alla quale
il mondo guarda nel momento del pericolo. Dateci tregua! Ciò è possibile se altri fanno i
sacrifici necessari in termini di denaro, lavoro e impegno strategico, mostrando il necessario coraggio. L’America sta declinando? Io direi di seguire il consiglio che mio padre era solito darmi: mai scommettere contro gli Stati Uniti.
Atlantide: Da qualche tempo a questa parte gli osservatori della scena politica americana
hanno messo in luce come il Paese stia sperimentando un grado storicamente molto alto di
polarizzazione ideologica (stati rossi contro stati blu, ecc.). Lei è d’accordo con questa osservazione, e pensa che questa polarizzazione sia destinata ad accentuarsi con l’avvicinarsi
delle elezioni presidenziali? Lei vede qualche candidato in grado di superare questo divario
culturale?
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di Michael Novak
Novak: Fin dal 1925, con il famoso processo Scope sull’insegnamento obbligatorio dell’evoluzione umana (e dell’eugenetica) in Tennessee, le élites americane si sono messe in contrapposizione con la gente comune, ridicolizzandola. Questo è il significato profondo della
divisione “rosso-blu”: la classe colta ed educata contro la gente comune ignorante e superstiziosa (cioè religiosa). Anche se questi colori hanno un significato del tutto accidentale:
durante le nottate elettorali, le reti televisive usano questi due colori per differenziare gli
stati a seconda che i voti vadano ai democratici o ai repubblicani. I colori vengono scambiati
dopo ogni elezione: così nel 2000 i “rossi” erano i repubblicani e i “blu” i democratici. Dal
punto di vista ideologico dovrebbe essere il contrario, ma a causa di questa rotazione, ora
appaiono come erano nel 2000, rosso per i repubblicani e blu per i democratici.
Tornando alla sostanza della questione, in ogni momento può arrivare un altro presidente
come Ronald Reagan che, come lui, non solo possa guidare la nazione con larghi margini
elettorali, ma anche ridefinendo i suoi obiettivi e i suoi orizzonti, in continuità con il passato, ma con immaginazione e inventiva per quanto riguarda il futuro.
Oggi, l’economia americana è il doppio, per dimensioni, in termini di Pil, occupazione, ecc.,
di quella del periodo in cui Reagan divenne presidente. Questo è accaduto perché Reagan
abbassò le aliquote di tassazione per aumentare il gettito fiscale, mettendo una nuova enfasi sull’imprenditorialità, sulle nuove piccole imprese e sugli investimenti in tecnologia.
Personal computer, cellulari, fibre ottiche, medicina genetica: queste cose prima di Reagan
non esistevano e da quel momento in poi nacquero nuove imprese per produrle. Sono stati
creati qualcosa come 50 milioni di nuovi posti di lavoro, la nazione è in uno stato di piena
occupazione, e anzi deve fronteggiare la mancanza di mano d’opera: nessuna economia nella
storia è mai stata più forte. Ma soprattutto, Reagan cambiò lo spirito della nazione, le sue
prospettive, la sua coscienza di sé, la sua determinazione. Questo è accaduto almeno altre
quattro volte nel passato, con Washington, Lincoln, Teddy Roosevelt e Franklin Delano
Roosevelt. Può accadere di nuovo.
Note e indicazioni bibliografiche
1 Notizia riportata da Michael Yon sulla «National Review Online» del 06/07/2007.
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