Decisione N. 2210 del 10 aprile 2014

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Decisione N. 2210 del 10 aprile 2014
Decisione N. 2210 del 10 aprile 2014
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) QUADRI
Presidente
(NA) CARRIERO
Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) CONTE
Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) ROCCO DI TORREPADULA
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(NA) GUIZZI
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore GUIZZI GIUSEPPE
Nella seduta del 11/03/2014 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema dell’applicazione
da parte dell’intermediario di condizioni contrattuali asseritamente nulle, in particolare in
punto di interessi e commissioni, implicanti maggiori oneri addebitati in conto. Questi, in
sintesi, i fatti oggetto del procedimento.
Con reclamo del 27 marzo 2013, la società attuale ricorrente si è rivolta all’intermediario
attuale resistente, con cui intrattiene da tempo diversi rapporti di finanziamento regolati in
conto corrente, dolendosi dell’applicazione di condizioni contrattuali a suo dire viziate da
nullità, anche per mancato rispetto degli oneri di forma scritta imperativamente previsti,
nonché dell’applicazione di interessi usurari.
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Il reclamo veniva riscontrato dall’intermediario con due distinte note del 21 giugno e 10
luglio 2013, con cui respingeva le censure al proprio operato. La società si è pertanto
rivolta all’Arbitro Bancario reiterando le predette doglianze.
Nell’atto introduttivo la società ha esposto, in punto di fatto, di aver acceso con la banca
un rapporto, già in data antecedente al 31 dicembre 2001, dapprima mediante apertura di
un conto corrente ordinario (n. 37540.76) e poi mediante accensione di altro conto con
scopertura (n. 38407.21), per complessivi € 418.635,00, senza peraltro sottoscrivere
formalmente alcun contratto, e senza riceverne copia e senza
La ricorrente espone, sempre in punto di fatto, di avere incaricato un consulente tecnico
per l’esame dei propri rapporti bancari al fine di accertare e definire il corretto calcolo degli
interessi debitori, con riferimento al periodo 30 settembre 2002 – 31 marzo 2012 sul c/c n.
37540.76 e al periodo 31 dicembre 2001 – 31 marzo 2012 sul c/c n. 38407.21.
Dall'esame del consulente sarebbe quindi emerso che i saldi indicati nei conti correnti, alla
data degli estratti conto esaminati, non risultavano corretti ma viziati da tassi usurari, tassi
ultralegali, commissioni e spese non pattuite e da anatocismo nascosto relativo alla
capitalizzazione delle competenze del conto anticipi sul conto ordinario. In particolare,
quanto al conto corrente n. 37540.76, dalla verifica degli estratti sarebbe emersa
l’applicazione di interessi usurari per complessivi €. 21.357,68. Quanto invece al conto
corrente n. 38407.21, dalla verifica degli estratti sarebbe emersa, nel periodo di riferimento
l’addebito di competenze usurarie complessive (interessi + spese riferibili al fido) per €
121.680,60.
Sempre sulla base di quanto esposto in perizia, la società deduce che l’intermediario ha
applicato la capitalizzazione su base trimestrale degli interessi, violando così il disposto di
cui all’art. 1283 c.c. In proposito, dopo aver richiamato l’ormai copiosa giurisprudenza che
esclude l’esistenza per i contratti bancari di un uso normativo che deroghi al generale
divieto di anatocismo, con conseguente nullità delle clausole contrattuali contenute nei
previgenti moduli e formulari, la società insiste sul fatto che pure a seguito dell’entrata in
vigore della delibera CICR del 22 aprile 2000, si renderebbe comunque necessario, in
relazione ai rapporti costituiti antecedentemente, che la clausola disciplinante la
capitalizzazione degli interessi (con pari periodicità per quelli attivi e quelli passivi) sia
oggetto di approvazione scritta da parte del cliente, risultando illegittima la modifica
unilaterale del contratto ai sensi dell’art. 118 TUB. Sulla base di tali premesse la ricorrente
deduce, dunque, che, attesa la mancata sottoscrizione dei relativi contratti, i saldi
andrebbero rideterminati con depurazione degli addebiti derivanti dalla illegittima
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capitalizzazione degli interessi, tenuto anche conto dell’anatocismo occulto derivante dalla
competenze rivenienti dal conto anticipi e addebitate sul conto ordinario.
La ricorrente contesta, quindi, la legittimità della commissione di massimo scoperto e delle
altre voci di costo applicate in corso di rapporto, in quanto competenze accessorie
applicate, in aggiunta agli interessi, senza fornire le modalità di calcolo, l’oggetto e la
causa negoziale delle stesse. Si richiama in proposito a quell’indirizzo giurisprudenziale di
merito che ha sostenuto la tesi della nullità delle relative clausole contenute nei contratti
bancari, con la conseguente necessità per la banca di depurare i saldi degli estratti conto
dai relativi addebiti (nel caso di specie, €. 5.906,58 sul conto corrente n. 37540.76 ed €.
34.866,46 sul conto corrente n. 38407.21).
Ha infine lamentato l’addebito delle poste attive e passive, con valute fittizie per protrarre
artatamente i giorni solari del credito concesso per un periodo temporale in cui il credito
non c’è stato.
La ricorrente lamenta, infine, che gli interessi, le spese e le commissioni calcolati
illegittimamente sui conti correnti avrebbero arrecato alla parte attrice un notevole
pregiudizio, dal momento che l'applicazione delle predette
ingiustamente
accresciuto
clausole
illegittime ha
gli importi dei saldi debitori nonostante le rimesse del
correntista e, contestualmente e proporzionalmente, ridotto la liquidità a sua disposizione,
così limitando pesantemente la sua attività economica.
Sulla base di quanto esposto, la ricorrente conclude formulando la seguente serie,
articolata, di domande: (i) “ritenere e dichiarare la nullità delle clausole contenenti la
previsione della capitalizzazione periodica degli interessi passivi ultralegali e delle
commissioni di massimo scoperto e di ogni altra spesa o costo di tenuta del conto, sia
perché applicati in assenza di valida convenzione scritta, ovvero nell'ipotesi di produzione
in corso di causa dei contratti di conto corrente da parte della convenuta e/o dei contratti
relativi ai conti anticipi de quibus, perché inserite nei contratti di conto corrente ordinari o
nei conti anticipi intercorsi tra le parti per insufficiente determinatezza e/o applicate con
rinvio a parametri generici ed indeterminati come la clausola uso mercato, uso piazza e/o
similari”; (ii) “ritenere e dichiarare la nullità delle clausole contenenti la previsione della
corresponsione della commissione massimo scoperto (in subordine, limitatamente alla
parte in cui siano state applicate sull'utilizzo di somme non eccedenti l'affidamento
bancario goduto), inserite nei contratti di conto corrente intercorsi tra le parti, per
mancanza di causa od insufficiente determinatezza”; (iii) “ritenere e dichiarare nulle in
quanto indeterminate e-o prive di causa le clausole che impongono spese e costi di tenuta
del conto, inserite nei contratti di conto corrente intercorsi tra le parti e/o nei contratti
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relativi ai conti anticipi o nei fogli condizioni”; (iv) “ritenere e dichiarare la nullità delle
clausole relative al calcolo della valuta per i motivi di cui in narrativa e comunque perché
calcolata con effetto anticipato per le operazioni passive (per il cliente) e posticipato per le
operazioni attive (sempre per il cliente) inserite nei contratti di conto corrente ordinari o nei
contratti conti anticipi intercorsi tra le parti, e per l'effetto ritenere e dichiarare che le
operazioni attive abbiano valuta nella data di acquisizione delle disponibilità del denaro, e
quelle passive nella data di effettuazione dell’operazione”; (v) “dichiarare che, per l'effetto
dell'anatocismo nascosto, la pattuizione dei tassi di interesse sui conti, risulta non valida
e/o indeterminata e/o contra legem e, pertanto, il tasso di interesse applicabile è quello
legale”; (vi) “dichiarare che il tasso effettivo globale, ai fini della rilevazione dell'usura
debba essere calcolato includendo CMS, costi vari di tenuta conto, effetti dell’anatocismo
ed effetti delle valute differenziate (a sfavore del cliente) per le operazioni attive/passive”;
(vii) “dichiarare che per alcuni periodi vi è stato superamento del tasso soglia di usura, e
per l'effetto ritenere interamente non dovuti detti interessi usurai”; (viii) “accertare nei
contratti di conto corrente la mancata e/o valida pattuizione del tasso di interesse
ultralegale, e, per l'effetto, ritenere e dichiarare che non sono dovuti tutti gli interessi
addebitati in eccedenza rispetto al tasso legale, pro tempore, vigente”; (ix) “per l'effetto e
previa consulenza tecnica d'ufficio nonché in base ai criteri ivi indicati rideterminare il
saldo dei conti correnti, depurandoli dal tasso ultralegale, dalle commissioni di massimo
scoperto sia intrafido che extrafido, dalle spese e con corretta applicazione della valuta
secondo i criteri indicati in narrativa”; (x) “ritenere e dichiarare non dovute tutte le somme
imputate a titolo di interessi passivi e commissioni dal momento in cui, a seguito del
ricalcolo contabile, il conto risulti pari a zero e, per l'effetto, condannare l'istituto bancario
convenuto alla restituzione delle somme versate indebitamente a titolo di interessi passivi
e commissioni sul conto in positivo, stante che le stesse somme risultano effettivamente
versate in conto capitale e non a titolo di competenze; da ultimo, ed in base agli esiti delle
verifiche sopra indicate, ricalcolare ed accertare il saldo attuale dei conti intrattenuti da
parte attrice presso la banca convenuta”; (x) “ritenere e dichiarare che l'odierna attrice ha
diritto al risarcimento del danno procuratogli dalla banca mediante applicazione di clausole
illegittime (danno consistente nella privazione di liquidità, utilizzata per pagare debiti
insussistenti od in misura superiore al dovuto, anziché essere impiegata in investimenti
produttivi o comunque in occasioni di espansione dell’attività economica oggetto
d’impresa”; (xii) “condannare l'azienda di credito convenuta al pagamento della somma, a
titolo di restituzione di indebito, tenuto conto della differenza a favore di parte attrice
ammontante ad €. 143.038,28 e/o la minore e/o la maggiore somma che sarà ritenuta di
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giustizia, o secondo equità, oltre rivalutazione monetaria ed interessi; condannare l’istituto
di credito convenuto al pagamento in favore del ricorrente della somma di €. 100.000,00 a
titolo di risarcimento dei danni per i motivi di cui in narrativa e al pagamento delle spese
del presente procedimento”.
A valle della presentazione del ricorso, avvenuta in data 5 novembre 2013, la ricorrente
faceva pervenire quindi nota integrativa, con cui riduceva la misura della domande da €
243,038,28, nell’ammontare complessivo di € 95.000,00.
L’intermediario ha resistito, eccependo, in via pregiudiziale, l’incompetenza del Collegio,
sia perché la domanda come originariamente formulata eccede i limite della competenza
per valore dell’Arbitro, sia perché essa riguarda rapporti accesi in data antecedente al 1°
gennaio 2009, e dunque eccedenti il limite della competenza ratione temporis.
In relazione all’oggetto della controversia, il resistente espone, in fatto, che il primo dei due
conti correnti è stato, in realtà, acceso a nome della persona fisica legale rappresentante
della società in data 26 novembre 1998, con contestuale apertura di una linea di credito
per Lire 30.000.000, posizione poi passata a contenzioso il 16 gennaio 2013. Solo il
secondo conto corrente è stato invece acceso dalla società l’11 gennaio 1999, con
apertura di linea di credito e successivi rinnovi, posizione poi anch’essa passata a
contenzioso il 16 gennaio 2013 per il recupero del credito derivante unicamente da due
contratti di mutuo (uno ipotecario ed uno chirografario), essendo del tutto esiguo il saldo
debitore del rapporto di conto corrente (dal IV trimestre 2010 tale rapporto bancario ha
infatti evidenziato giacenze di minima entità sia a credito che a debito).
Nel merito, il resistente ha quindi evidenziato la conformità del proprio operato alle
normative vigenti ed, in particolare, al criterio della capitalizzazione degli interessi passivi,
avendo provveduto, sin dal 2000, nel rispetto della delibera del CICR 9/2/2000, alla
liquidazione degli interessi dare/avere con identica periodicità trimestrale. L’intermediario
sottolinea altresì che i tassi di interesse applicati ai rapporti di conto corrente oggetto del
ricorso non hanno mai superato i tassi soglia ex lege 108/96, disponendo la banca di un
applicativo che garantisce un costante monitoraggio delle condizioni in vigore, volto
proprio ad evitare che i tassi applicati producano interessi oltre la soglia dell'usura, nel
pieno rispetto delle Istruzioni per la rilevazione del TEGM emanate tempo per tempo dalla
Banca d'Italia. Inoltre, precisa di aver applicato ai rapporti in questione le condizioni
economiche originariamente pattuite e quelle tempo per tempo applicabili in ragione delle
intervenute variazioni; di aver sempre comunicato ai ricorrenti tali variazioni in base all'ex
art. 118 TUB e di aver inviato agli stessi gli estratti conto, mai oggetto di contestazione,
oltre ai documenti di sintesi e ad ogni altra comunicazione (all. 9), nessuna delle quali mai
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restituita per mancata consegna agli intestatari dei rapporti contestati, né da essi
contestata.
DIRITTO
Il ricorso è da ritenere irricevibile, eccedendo le domande della ricorrente dai limiti della
competenza dell’Arbitro.
Anche, infatti, a volere prescindere dal rilievo che le domande restitutorie e risarcitorie,
così come originariamente formulate eccedevano i limiti della competenza per valore,
ammontando complessivamente ad oltre 240.000,00 – e che sotto questo profilo non può
che essere stigmatizzato il modus procedendi del difensore della ricorrente di formulare in
prima battuta domande che eccedono il limite della competenza per valore, salvo poi
rettificarle al ribasso a procedimento già avviato, unicamente per rientrare nei limiti della
competenza medesima – il punto che appare dirimente è che la controversia è estranea
alla competenza ratione temporis dell’Arbitro.
A questo riguardo deve essere, infatti, ribadito quanto, ancora di recente, a più riprese è
stato sottolineato da questo Collegio. Vale a dire che le domande in concreto articolate dal
ricorrente, in quanto tese ad ottenere proprio l’accertamento della illiceità degli delle
clausole contrattuali applicate nell’ambito di tali rapporti e la restituzione di tutte le somme
illegittimamente addebitate dall’inizio del rapporto esigono da parte del Collegio un tipo di
indagine che, già nella stessa prospettazione del ricorrente, è rivolto al passato, e poi ad
un periodo rispetto al quale all’Arbitro è sottratto, dalla norma che ne disciplina l’attività, sia
il potere cognitivo sia la conseguente potestas iudicandi.
A quanto sopra, deve poi aggiungersi che ad esito diverso non può giungersi neppure se
ci si volesse limitare a prendere in considerazione la richiesta di restituzione delle somme
indebitamente conteggiate “frazionando” la relativa domanda, e dunque volendola
considerare come limitata ad ottenere la restituzione delle sole somme indebitamente
applicate a far data dal 1° gennaio 2009, ovvero limitatamente al solo periodo che ricade
con certezza nell’ambito della competenza ratione temporis dell’ABF.
Una simile possibilità deve essere, infatti, decisamente esclusa, in quanto una simile
richiesta non è stata prospettata, neppure in via di subordine, dalla ricorrente - la quale
anzi agisce espressamente per ottenere la restituzione di tutte le somme indebitamente
applicate (del resto anche la riduzione operata con l’atto integrativo dell’8 novembre 2013
non opera alcuna distinzione dal punto di vista cronologico, ma è finalizzata solo a far
rientrare la domanda nei limiti della competenza per valore) – e non essendo certo
consentito al Collegio provvedere autonomamente a tale “riduzione” del petitum, dal
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momento che anche il procedimento innanzi all’ABF risulta sempre caratterizzato dal
principio dispositivo e dunque soggiace al vincolo alla domanda di parte.
P. Q. M.
Il Collegio dichiara il ricorso irricevibile.
IL PRESIDENTE
firma 1
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