Decisione N. 159 del 13 gennaio 2014

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Decisione N. 159 del 13 gennaio 2014
Decisione N. 159 del 13 gennaio 2014
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) GAMBARO
Presidente
(MI) ORLANDI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) CERINI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) RONDINONE
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(MI) TINA
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore (MI) CERINI
Nella seduta del 10/12/2013 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La controversia attiene all’utilizzo fraudolento di una carta di credito. In particolare, risulta
che in data 7.11.2012 il ricorrente abbia disconosciuto tre operazioni per un ammontare
totale di €1.178,96 effettuate il 4.11.2012 con l’utilizzo di quello che lo stesso ricorrente ha
definito un ”utilizzo di un esemplare clonato della >propria@ carta di credito”, chiedendo alla
banca la refusione della somma. Prescindendo dalla qualificazione dell’evento proposta
dal ricorrente, risulta dai fatti esposti che tutte le operazioni disconosciute sono transitate
su un sito internet (“oplata.w1.ru”) del tutto sconosciuto al ricorrente stesso e facente capo
a società presente nella città di Mosca in Russia, Paese che il ricorrente dichiara non aver
mai visitato o frequentato.
Il ricorrente, con proprie dichiarazioni e nella stessa denuncia presentata alla P.G. in
relazione agli eventi di cui si discute, ha precisato che, mentre si trovava allo stadio di
Bologna per assistere ad una partita, è stato informato delle operazioni fraudolente
mediante tre sms dell’intermediario, ricevuti rispettivamente alle 15.05, 15.07 e 15.09, “con
i quali gli veniva comunicato che … soggetti ignoti, verosimilmente utilizzando un
esemplare clonato della carta di credito …stavano effettuando operazioni di pagamento
sul suo conto corrente”. Non appena ricevuti gli sms, ed avvedendosi immediatamente
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della illegittimità delle operazioni segnalate, egli “provvedeva tempestivamente al blocco
della carta di credito contattando il numero verde” e, dopo tre ore dai fatti esposti,
sporgeva denuncia contro ignoti alla Questura di Bologna.
Egli provvedeva, altresì, a formulare la richiesta di rimborso all’intermediario in relazione
alle tre operazioni fraudolente poste in essere a suo danno.
Con comunicazione del 13.11.2012, la banca oggi resistente comunicava il diniego delle
domande formulate, “affermando che l’indebito prelievo dal suo conto corrente sarebbe
avvenuto per responsabilità di quest’ultimo” in quanto “dalle …evidenze risulta che le
…transazioni sono state effettuate su siti internet certificati Securcode con la digitazione
del relativo PIN richiesto in fase di acquisti on line con carta di credito … e non contenuto
nella stessa”.
Non soddisfatto della risposta ricevuta dalla banca, l’attuale ricorrente inviava, in data
14.12.2012 e nuovamente 27.12.2012, formale reclamo alla sede centrale della banca,
alla filiale di riferimento, nonché all’Ufficio Customer Satisfaction & Claims Italy. Precisava
altresì di essere unico titolare e possessore della carta di credito, di aver sempre custodito
i codici della carta di credito separatamente da quest’ultima, in modo diligente e senza
aver mai condiviso, comunicato o in altro modo reso visibile a qualsivoglia soggetto terzo il
contenuto di tale codice. L’intermediario ha pertanto respinto le richieste, cosicché il
cliente ha presentato domanda all’ABF affinché questo condanni la banca al rimborso del
controvalore delle operazioni contestate, pari a € 1.178,96.
L’intermediario, con proprie controdeduzioni ed a sostegno della propria posizione, ha
indicato che le operazioni citate “sono state effettuate con l’ausilio del servizio ‘Securcode’
a cui il ricorrente si è registrato, ottenendo il relativo account, per effettuare le operazioni
con la carta di credito” e che il ricorrente era “perfettamente a conoscenza delle modalità
di funzionamento del servizio e che … lo stesso effettuava alcune operazioni utilizzando il
predetto servizio”.
La resistente riferisce che il servizio ‘Securcode’ è volto ad aumentare sicurezza delle
transazioni effettuate on line ottenendo la registrazione di due elementi di sicurezza: una
password da utilizzare per effettuare transazioni on line sui siti certificati ‘Securcode’ e un
messaggio personale che apparirà su ogni schermata di richiesta di inserimento della
password al fine di confermare la legittima provenienza. Ha richiamato gli obblighi di
custodia e buon uso della carta previsti dall’art. 3 e dall’art. 5 delle condizioni Generali di
contratto della carta precisando che il “ricorrente non fornisce …alcun elemento concreto
atto ad identificare la natura fraudolente delle operazioni, né riferisce di aver adottato
opportune precauzioni, quali ad esempio l’installazione di un programma antivirus sul
proprio PC che possa in qualche modo rappresentare un elemento a riprova della cura
della propria postazione d’accesso on line”.
Alla luce di ciò, l’intermediario resistente chiede che la domanda formulata in ricorso sia
respinta.
DIRITTO
Dall’esame della documentazione emerge come la problematica giuridica sottesa alla
controversia sia inequivocabilmente riconducibile all’utilizzo fraudolento on-line di una
carta di credito emessa dall’intermediario oggi resistente.
Alla luce di tale qualificazione, ed in virtù della collocazione temporale dei fatti esposti, il
Collegio ricorda innanzitutto che le operazioni contestate dalla ricorrente in quanto ritenute
fraudolente sono successive all’entrata in vigore del D. Lgs. 11/2010 (1° marzo 2010) di
recepimento della PSD (Direttiva 2007/64/CE).
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Il menzionato decreto, in particolare, introduce una ripartizione del rischio connesso
all’utilizzo di strumenti elettronici di pagamento tale da fare ricadere sull’intermediario il
rischio stesso, a meno che non risulti una colpa grave dell’utilizzatore-cliente, sul quale
resta comunque una partecipazione al rischio nella misura di Euro 150,00 (c.d. franchigia),
da applicarsi salvo diversa pattuizione contrattuale migliorativa per il cliente stesso.
In virtù di ciò, il Collegio richiama, pertanto, il proprio costante indirizzo interpretativo in
materia di utilizzo fraudolento ovvero furto di strumenti elettronici di pagamento. In base a
tale orientamento, a nulla rileva la generica affermazione che la cliente non abbia
dimostrato di avere osservato gli obblighi contrattuali assunti relativamente all’esclusivo
utilizzo della carta e alla corretta custodia dei propri codici identificativi, ovvero la generica
affermazione di avere utilizzato, in quanto intermediario, validi strumenti di sicurezza per la
tutela della clientela e la prevenzione delle frodi.
Alla luce di ciò, considerato che in base a tale indirizzo nel caso di specie è applicabile la
franchigia di € 150,00, il Collegio ritiene che le richieste del ricorrente debbano essere
accolte parzialmente, con conseguente diritto dello stesso a vedersi rimborsata la somma
di Euro 1.028,96.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e dispone che l’intermediario corrisponda
al ricorrente la somma di € 1.028,96.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario
corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese
della procedura, e al ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma
versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
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