Il viaggio di una vita

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Il viaggio di una vita
Autrici:
Anna Delfino,
Sara Di Gregorio,
Ginevra Di Salvo,
Chiara Felli
Classe 4G linguistico
Il viaggio di una vita
Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni [1]
Immaginiamo un tramonto. Cercate di non immaginare il tipico tramonto con la
preponderanza dei toni del rosso e dell'arancione, ma pensate a un tramonto più cupo, più
buio e con soltanto un accenno dei toni caldi. Immaginate un tramonto freddo, con il grigio
che si unisce all'azzurro e all'arancione creando una tonalità unica. E il rosso fuoco solo
molto vicino al sole e soffocato dalle molteplici striature di nero e grigio scuro. Poi pensate a
delle nuvole nere, sottili e molto sfocate ma che comunque completano il tramonto. Se avete
ben in mente questo tipo di immagine, allora vi trovate davanti al nostro autore, Giuseppe
Ungaretti.
È proprio questo l'aspetto che più ci affascina dell'autore, la sua capacità di porci davanti più
sfumature solo in base al tipo di parole che usa.
Con pochi tratti riesce a visualizzare nella nostra mente immagini forti attraverso i colori e
sensazioni uditive ancora più forti. Suoni, rumori, sussurri si avvertono nelle pagine di
Ungaretti e un suono, il più forte, ricorre stagliandosi come una folata di vento in pieno viso: il
GRIDO. Ecco allora che inizia il nostro viaggio alla ricerca del grido assordante e dei colori
forti, che rimbombano come un grido.
Quando si parla di viaggio la maggior parte delle persone lo associa alla vacanza, al gesto
materiale di prendere un mezzo come aereo o treno e lasciare la propria casa per visitare un
posto nuovo. Noi viaggio in questo caso lo intendiamo in un modo un po' differente. Si tratta di
un percorso fatto con la mente e non con tutto il corpo. Un viaggio che coinvolge i pensieri e i
sentimenti e che soltanto leggendo possiamo intraprendere.
1
Ungaretti è il nostro punto di partenza. Il tema del viaggio è sorto sia attraverso la vita
dell'autore sia attraverso le sue poesie. L'autore ha viaggiato e conosciuto molto, e tutto
quello che ha visto e scoperto lo trasmette attraverso ciò che scrive.
1. Giuseppe Ungaretti: poeta nomade.
Ma che significa nomade?
Egli stesso si definisce così, un poeta scontento di quello che ha e alla ricerca di qualcosa che
gli manca. Leggendo l'introduzione di Giuseppe De Robertis in 'Vita d'un uomo' abbiamo
trovato delle parole che secondo noi ritraggono fedelmente il suo viaggio all'interno della
letteratura che ha come obiettivo finale quello di trovare un porto sicuro, le parole giuste e il
grido.
"Chi lo crederebbe? Anche Ungaretti, poeta così assoluto, così essenziale, così incognito,
patì del mal del secolo: anche lui soffrì quella crisi del verso che prima aveva portato il verso
a dorare, inutilmente, tanta nonpoesia dell'ultima grande stagione, poi, per reazione, lo portò
ad avvilirsi a una quasiprosa. Fu dunque, anche lui, prosatore in verso, secondo il gusto dei
crepuscolari e degli ironisti: e questo, nel solo giro d'un anno (anzi di meno d'un
anno). []" [2]
Questo cambiamento all'interno della poesia è sicuramente la parte più radicale del viaggio: il
poeta infatti passa da una forma di poesia ad un'altra in brevissimo tempo e quasi senza
esitazione, con continui ripensamenti e un'incessante riscrittura. Quasi per tutte le poesie
infatti è possibile trovare diverse versioni, spesso scritte in periodi distinti, che presentano
differenze sostanziose, come l'eliminazione di un intero verso, o apparentemente nulle, come lo
spostamento di una singola parola o virgola.
Ungaretti quindi compie una vera e propria "distruzione del verso per poi ricomporlo dalla
polvere". [3]
" (...): era il battito del mio cuore che volevo sentire in armonia col battito del cuore dei miei
maggiori di questa terra disperatamente amata." [4]
Possiamo intendere il battito come il grido interiore del poeta ma anche come il ricordo dei
più grandi poeti del passato, i suddetti "maggiori di questa terra".
2
Il passato letterario diventa, nelle poesie di Ungaretti, una necessità per scoprire la propria
voce attraverso la memoria. Nei confronti dei grandi poeti a lui precedenti, il poeta compie un
atto di ricerca e non di emulazione, a differenza di molti altri poeti del suo tempo, con un
atteggiamento di umiltà e pudore. Ungaretti si allontana molto dalle correnti letterarie a lui
contemporanee, come i crepuscolari (ancora molto legati alle forme metriche tradizionali)
oppure i futuristi.
2. C'è il grido nella poesia di Ungaretti?
Giunta la sera
riposavo sopra l'erba monotona,
e presi gusto
a quella brama senza fine,
grido torbido e alato
che la luce quando muore trattiene. [5]
La poesia di Ungaretti appare anzitutto sfuggente, ombrosa, a tratti impenetrabile. La
profonda immagine che Ungaretti ci offre in questi pochi versi è impressionante. (Il nero
predomina l'intera poesia).
Ci provoca un senso di oppressione, di angoscia, in contrapposizione alla libertà che la parola
grido ci comunica. In realtà anch'esso è trattenuto come quando la luce è ingoiata dalla notte
buia, oscura e triste.
Pensiamo sia un'allusione del poeta alla morte. La morte è sempre paragonabile al buio, al
senso di angoscia che provoca in tutti gli uomini. È una tematica universale che Ungaretti
rende unica con un registro molto visivo. Non a caso, GRIDO è scritta durante la guerra in
Italia. In quel periodo Ungaretti vede l'uomo afflitto da un trauma radicale e smisurato, tanto
che si sente naufragare nel mare dell'essere, "specchio impassibile" fra le cose, ridotto come
una "pietra", da persona a minerale. La guerra diventa così simbolo del naufragio di tutta
l'umanità, che perde se stessa se non si vede oltre la violenza e il profitto. È questo che
provoca nel poeta il dissidio interiore, la malinconia, l'attaccamento alla vita per la paura di
!
3
morire in guerra. La tensione della guerra e della morte è sciolta immediatamente dalla parola
"grido alato": molto spesso gridare ci libera dalle tensioni, quindi è un grido che aspira alla
salvezza e alla pace interiore. In questo caso però è trattenuto, inghiottito dalla paura e
dall'oscurità che adesso vince la luce. Un grido che riflette il trauma che il poeta porterà per
tutta la vita, anche dopo la fine della guerra, tanto che scriverà:
«E come portati via / si rimane.» [6]
Quasi tutte le poesie di Ungaretti fanno riferimento al grido. Un grido sia trattenuto, sia urlato e
leggendo le poesie e soprattutto la poesia Grido notiamo questa differenza. Anche se fa
riferimento a un grido trattenuto, come ad esempio quello di Petrarca, noi questo grido
riusciamo a percepirlo e quindi si trasforma in urlo.
Ungaretti paragona la paura della morte a un blocco interiore ed è grazie a questa
comparazione che dà libero sfogo alla sua voce, prima soffocata.
Ungaretti indica la sua poesia come delle parole trovate nel "silenzio" e sottolinea che:
"(...) il grido, in Petrarca quasi silenzio, pronunciato senza testimoni, grido nello
Shakespeare pieno di echi di popolo, urlo." [7]
L'intento di Ungaretti è un intento innovatore della cultura italiana, ricostruendo i
collegamenti fra l'antica lirica italiana (Petrarca) e la lirica inglese (Shakespeare e Blake).
2.1
Il pensiero critico di Ungaretti su Petrarca si concentra su tematiche come memoria e oblio,
luce e buio, moderno e antico, e sul dramma esistenziale del poeta. Parliamo quindi di
immedesimazione poiché il dissidio interiore di Petrarca rispecchia quello di Ungaretti. Nelle
poesie petrarchesche prevale il rimpianto e il dolore che sono in buona parte riconducibili a
quella realtà in cui il poeta viveva. Nei suoi testi, infatti, è presente sia il rimpianto di un
universo assente, sia il dolore provato per ciò che invecchia poiché mortale. Ungaretti insiste
molto sul valore e sulla funzione della memoria e dei ricordi in Petrarca:
"Egli è il poeta dell'oblio ma anche quello del ricordo, dal momento che anche l'oblio fa parte
della memoria, e questo diventa uno degli insegnamenti più importanti di Petrarca. " [8]
2.2
!
4
Ungaretti intende il viaggio come la sua memoria verso la tradizione. Egli va oltre, poiché dà
un carattere formativo alla sua poesia attraverso la reinvenzione della parola. Si trattò di un
processo lungo che egli seguì anche come critico di se stesso e in cui fu determinante
l'apporto della poesia straniera attraverso le sue traduzioni. In questo lungo processo egli
cerca ogni possibile senso, contemporaneo o passato, di ogni parola, per poi arrivare alla
traduzione che renda meglio il senso dell'originale. Ungaretti traduttore cerca risposte alle
inquietudini di Ungaretti poeta.
"Mi importava di dare, soprattutto a me stesso, un'interpretazione dello Shakespeare che non
m'ingannasse; e da evitare erano molte sorta d'abbagli; di parole; o di tutto un indirizzo;
quello enfatico di romantici, quello pettegolo dei novecentisti, quello imbacuccato di tanti
altri." [9]
Rispetto al testo di Shakespeare non si trattava soltanto di tradurre ma di scrivere versi, di
acquisire una metodologia che servisse a rendere lo spirito del testo originario e nello stesso
tempo permettesse ad Ungaretti di far affiorare la sua stessa interiorità. Non fu un caso che il
poeta tornasse più e più volte sul suo lavoro per correggere e modificare quelle traduzioni che
sentiva forti intimamente.
Shakespeare, sonnet 85
I think good thoughts, whilst others write good words,
and like unlettered clerk still cry 'Amen'
to every hymn that able spirit affords, in
polished form of wellrefined pen.
Ungaretti, traduzione sonetto 85
Quanto a me, mentre altri scrive belle parole,
penso buoni pensieri,
e, da scrittorello illetterato quale sono
rispondo sempre amen agli inni che ingegni eletti
sciolgono a voi con stile elegante e penna forbita.
[10]
!
5
Il suo lavoro di traduzione si basa essenzialmente nel variare la punteggiatura, nel sostituire il
lessico, nello spostamento delle parole nel verso. Inoltre era importante ottenere una
traduzione priva di enfasi che contenesse il più possibile tutte le parole del testo. Cercò di
curare il ritmo e nello stesso tempo la melodia, attraverso una studiata disposizione
dell'ordine delle parole, cercando di rispettare la forma metrica da adottare, che costituiva la
principale difficoltà.
"...d'improvviso m'avvedevo che, se non era presuntuoso ostinarsi a trasferire da una lingua
a un'altra con qualche precisione un contenuto poetico, nel suono era assurdo non lasciare
seguire a ciascuna il proprio verso, a lingue tanto dissimili." [11]
2.3
Per molti anni Ungaretti si dedicò alla traduzione dei testi di William Blake per motivazioni
personali, politiche, religiose ma anche di natura tecnica. Nel 1930 il poeta scrive che non è
affatto facile in poesia "trovare il rivale di Blake" e lui stesso verrà messo alla prova:
Ungaretti infatti riprenderà a distanza di più di trent'anni la traduzione della poesia The black
boy, di cui fece due versioni molto diverse tra loro. La prima, risalente agli anni Trenta,
composta da 43 versi, scritta principalmente in settenari e novenari o in endecasillabi e
quinari per evocare meglio il ritmo. La seconda invece, risale al 1965 e rispetto alla prima
presenta una riduzione strofica, poiché è composta infatti da 40 versi, ma una dilatazione
delle strofe in confronto al testo originale. In entrambe le versioni il "boy" del titolo è stato
tradotto con "bimbetto" per un toscanismo. Questa scelta sembra essere motivata dal tentativo
di Ungaretti di rendere il tono "colloquiale quasi infantile".
La figura di "little boy" tornerà come presenza nella poesia del 1949 Gridasti: soffoco e si
trasformerà nel figlio morto dell'autore, Antonietto.
Non potevi dormire, non dormivi...
Nel viso tuo scomparso già nel
gli occhi, che erano ancora luminosi gli
occhi si dilatarono... Si persero...
!
6
Sempre era stato timido,
ribelle, torbido; ma puro, limpido
felice rinascevo nel tuo sguardo...
che una volta pareva, lungo i giorni,
lampo di grazia e gioia,
la bocca si contorse in bocca muta...
[12]
La poesia racchiude tutto il dolore del poeta dopo la scomparsa del figlio. È un dolore intenso
che richiede dieci anni di riflessione e di stesura. Ungaretti infatti inizia a scriverla nel 1939 e
la terminerà solo nel 1949. Questa poesia, della quale abbiamo citato solo una strofa, è un
chiaro esempio di grido di dolore non provocato dalla guerra, ma dalla perdita del figlio
malato. Ungaretti gioca molto sulla punteggiatura in modo tale che il lettore si concentri sulle
parole che per lui sono più significative creando davanti ai nostri occhi delle immagini ben
definite: in questa poesia in particolare Ungaretti ci permette di vedere il viso sofferente del
figlio, tecnica che riprende dalla traduzione della poesia di William Blake.
2.4
Ma ecco che un altro grido affiora dalle pagine di Ungaretti: proprio per lo studio dei classici
e degli autori antichi, Ungaretti ha analizzato la figura di Didone virgiliana immedesimandosi
in un personaggio femminile e raccontando del suo amore tormentato e della sua delusione
amorosa.
Ora il vento s'è fatto silenzioso
il grido, solo, del mio cuore,
da quando ti mirai e m'ha guardata
e più non sono che un oggetto debole.
Grido e brucia il mio cuore senza pace
da quando più non sono
se non cosa in rovina e abbandonata.
[13]
!
7
La Didone classica cede il campo alla nuova che si crea prendendo forma in Ungaretti, il
quale ci illustra i tratti eterni e immutabili della natura umana: in questo caso si concentra
sulla delusione. Nello scenario di una natura silenziosa risuona il grido solitario, ma di grande
intensità, di Didone per Enea che l'ha abbandonata, per l'amore tradito, per l'umiliazione
subita, per il dolore di non essere altro che cosa abbandonata, oggetto debole, senza più forza,
senza più vita (da quando più non sono). La fine dell'amore rappresenta la fine della vita,
della bellezza che sfiorisce ed è da notare la facilità con cui il poeta s'immedesima in una
realtà femminile che non gli appartiene. C'è grande coerenza fra lo stato d'animo di Ungaretti e
quello di Didone. Entrambi sono lasciati soli ed abbandonati uno dal padre e l'altra da Enea. La
solitudine del paesaggio che li circonda è proprio lo specchio della loro anima, il loro deserto
interiore. Riflettendo possiamo collegare tutto alla solitudine che Ungaretti prova davanti
all'orrore della morte e al tempo stesso della guerra. Infatti nel momento in cui ti accorgi che
stai per morire o che vedi la morte negli occhi delle persone che hai accanto, ti senti solo,
abbandonato a te stesso in cerca di una spiegazione che ti porti a riflettere sul vero senso della
tua vita. L'unica consolazione che puoi avere per salvarti dall'oblio di te stesso e del mondo è
la memoria del viaggio letterario che ognuno di noi ha dentro il nostro cuore che Ungaretti
cerca collegando il suo cuore a quello dei grandi autori del passato: il grido.
2.5
L'ultima tipologia di grido che ci rimane da analizzare è il grido più assordante di tutti, il
silenzio.
Cessate d'uccidere i morti,
non gridate più, non gridate
se li volete ancora udire,
se sperate di non perire.
Hanno l'impercettibile sussurro,
del crescere dell'erba,
lieta dove non passa l'uomo.
[14]
!
8
A volte, il grido deve lasciare il posto al silenzio e alla riflessione, nel ricordo di chi ha
sacrificato la propria vita combattendo la guerra più devastante dell'umanità.
A volte un silenzio è più forte delle parole, riesce a trasmettere quel grido interiore che
emerge solo grazie alla scrittura. È un grido condiviso e non più trattenuto che arriva fino a
noi, anche a distanza di anni.
Il viaggio di Ungaretti attraverso la poesia e la prosa straniera, si conclude con il ritorno alle
origini, alla propria letteratura ma con un'evoluzione fondamentale al fine della semplicità e
dell'essenzialità cercata dall'autore.
La sua vita, quindi, è l'unione di numerosi viaggi, fisici, reali o anche immaginari e letterari,
che lo conducono tutti ad un unico porto: la poesia. Tutto infatti contribuisce alla nascita di
nuovi versi e alla scelta delle parole.
La lettura delle poesie di Ungaretti, è il nostro punto di partenza e grazie al lavoro svolto e al
nostro "dialogo" con l'autore, abbiamo scoperto che è anche il nostro punto di arrivo. Il porto è
meta di ognuno di noi dal momento in cui scegliamo una via da intraprendere.
Fa sempre paura partire: ogni partenza porta con sé timori, spesso angoscianti, ma può
rappresentare anche un nuovo inizio.
"C'est ici que l'on prend le bateau" [15]
"È qui che si prende il battello"
1)
Giuseppe Ungaretti, Italia, da L'Allegria. G. Ungaretti, Vita d'un uomo, Tutte le
poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015
2)
Giuseppe Ungaretti, Vita d'un uomo, Tutte le poesie, con studi di Leone Piccioni,
Giuseppe De Robertis, Alfredo Gargiulo, Piero Bigongiari, Oscar Mondadori,
Milano, 2015, pag.LI
3)
Ibidem Ibidem
4)
Giuseppe Ungaretti, Grido, da Il Sentimento del Tempo. G. Ungaretti, Vita d'un
5)
uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015
!
9
6)
Giuseppe Ungaretti, Nostalgia, da L'Allegria. G. Ungaretti, Vita d'un uomo, Tutte
le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015
7)
Francesco Laurenti, Giuseppe Ungaretti traduttore e scrittore, Edizione ePub
8)
Eszter Rònaky, Ungaretti critico di Petrarca, Università degli Studi di Trieste
9)
Francesco Laurenti, Giuseppe Ungaretti traduttore e scrittore, Edizione ePub
10)
Ibidem ibidem
11)
Giuseppe Ungaretti, Gridasti:soffoco, da Un grido e paesaggi. G. Ungaretti, Vita
12)
d'un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015
Giuseppe Ungaretti, Cori descrittivi di stati d'animo di Didone, da La Terra
13)
Promessa. G. Ungaretti, Vita d'un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori,
Milano, 2015
Giuseppe Ungaretti, Non gridate più, da Il Dolore. G. Ungaretti, Vita d'un uomo,
14)
Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015
Giuseppe Ungaretti, Derniers Jours, G. Ungaretti, Vita d'un uomo, Tutte le poesie,
15)
Oscar Mondadori, Milano, 2015
Bibliografia:
G. Ungaretti, Vita d'un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015
Francesco Laurenti, Giuseppe Ungaretti traduttore e scrittore, Edizione ePub
Marina Spiazzi, Marina Tavella, Margaret Layton, Performer Culture & Literature 1, con
eBook, Zanichelli editore
Eszter Rònaky, Ungaretti critico di Petrarca, Università degli Studi di Trieste
!10