Prospettive sulla guerra
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Prospettive sulla guerra
Autrici: Marroni Sara Pugliese Silavia Volpato Samira Classe 3C linguistico PROSPETTIVE SULLA GUERRA: UNGARETTI, MAJAKOWSKIJ E NIETZSCHE 1. INTRODUZIONE L'argomento trattato nella nostra tesina confronta dettagliatamente la concezione della guerra di Giuseppe Ungaretti con quelle di alcuni fra i personaggi storici più importanti vissuti fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Abbiamo scelto la guerra come tema principale poiché Giuseppe Ungaretti è stato un poeta fortemente condizionato da questo evento tant'è che molte sue poesie sono state scritte sul fronte. Dunque abbiamo cercato di confrontare la sua visione con quella di Friedrich Nietzsche, massimo esponente della filosofia tedesca, ma anche poeta e filologo, e Vladimir Vladimirovic Majakòvskij, poeta e drammaturgo del futurismo russo. 2. La guerra secondo Ungaretti «Ero in presenza della morte, in presenza della natura, di una natura che imparavo a conoscere in modo terribile. Dal momento che arrivo ad essere un uomo che fa la guerra, non è l’idea di uccidere o di essere ucciso che mi tormenta: ero un uomo che non voleva altro per sé se non i rapporti con l’assoluto, l’assoluto che era rappresentato dalla morte. Nella mia poesia non c’è traccia d’odio per il nemico, né per nessuno; c’è la presa di coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini nella sofferenza, dell’estrema precarietà della loro condizione. C’è volontà d’espressione, necessità d’espressione, nel Porto sepolto, quell’esaltazione quasi selvaggia dello slancio vitale, dell’appetito di vivere, che è moltiplicato dalla prossimità e dalla quotidiana frequentazione della morte. Viviamo nella contraddizione. Posso essere un rivoltoso, ma non amo la guerra. Sono anzi un uomo della pace. Non l’amavo neanche allora, ma pareva che la guerra s’imponesse per eliminare la guerra. Erano bubbole, ma gli uomini a volte si illudono e si mettono dietro alle bubbole». Giuseppe Ungaretti in L’allegria pag. 520 – 521 3. Il segreto della poesia di Ungaretti La poesia, secondo Ungaretti, doveva contenere un “segreto”, cioè non doveva essere facilmente decifrabile, ma le parole e il senso generale della poesia dovevano andare oltre la loro definizione tramite l’interpretazione del lettore. Questo suo stile poetico crea un fenomeno definito come “ineffabilità del segreto”. Alla vera interpretazione, quindi, ci si può solamente avvicinare, ma mai capire a fondo il significato metaforico che il poeta ha attribuito alle parole, nonostante esso sia suggerito isolandole. Nei suoi testi dominano la paratassi e l’essenzialità, da lui definita come suggerimento stilistico datogli dalla guerra. Essa rivelava il linguaggio da utilizzare: era necessario dire in fretta e con poche parole ciò che si sentiva, poiché il tempo poteva mancare nel modo più tragico. In questo modo si veniva a creare questa forte intensità di significato. Il linguaggio da lui utilizzato non era né descrittivo né realistico, ma intuitivo, ellittico, analogico e metaforico. La punteggiatura era quasi del tutto assente, l’unico segno frequente era il punto interrogativo. Questa scelta crea una dissoluzione del tempo, inserendo il testo poetico in un’assoluta atemporalità continua. Gli schemi metrici tradizionali sono in gran parte aboliti e subentra la tecnica del frammento, ovvero la disgregazione del verso, che permette alla singola parola di caricarsi di energia espressiva. Nella sua metrica, inoltre, Ungaretti utilizza la tecnica degli spazi bianchi: essi sono il risultato della separazione delle strofe o dell’accostamento di versi di differente lunghezza e la loro funzione, oltre quella di creare un impatto grafico, è di rendere ancora più incisiva la scansione del ritmo, in cui le pause di silenzio hanno un ruolo fondamentale. 4. La guerra secondo Nietzsche Nel passo “Guerra come rimedio” Nietzsche non si fa portavoce di una pace a priori, ma neanche di una guerra a priori. Essa è necessaria se si continua a vivere nel risentimento e nella menzogna. I popoli che gioiscono e accettano con vitalità l'esistenza, non necessitano di alcuna guerra. In “Lodare e biasimare”, invece, il filosofo si concentra sulla psicologia nazionale della sconfitta, affermando che in quel momento il popolo non perdona ai loro capi la mortificazione del proprio sentimento di forza, mentre in caso di vittoria è pronto a riconoscere loro anche dei meriti inesistenti. Da ciò deriva lo scagliarsi con la massima violenza contro i capi sconfitti per dimostrare a se stesso di non essere annientato e debole come loro, bensì di possedere ancora la forza necessaria per massacrare chi ha fallito. In questo modo si sente meno sconfitto e impotente e un po’ vincitore anche lui. Nel passo “Della guerra e dei guerrieri”, tratto dal libro “Così parlò Zarathustra”, Nietzsche attribuisce un ruolo fondamentale alla guerra. Egli infatti incita ognuno a cercare il proprio nemico e combattere per le proprie idee, facendo della lotta un lavoro e della pace in sé stessi da essa ottenuta una vittoria. Nonostante questo, bisogna sempre essere orgogliosi del proprio nemico, per far si che i suoi successi siano anche i nostri. Il filosofo definisce la ribellione come virtù degli schiavi, al contrario l’obbedienza è la caratteristica di un ottimo guerriero, il quale deve quindi vivere una vita di obbedienza e di lotta, permettendo che tutto ciò a lui caro sia comandato e non chiedendo di essere risparmiato. Nietzsche inoltre afferma che il coraggio e la guerra hanno operato cose più grandi dell’amore per il prossimo, quindi la virtù che caratterizza degli ottimi combattenti è l’essere valorosi. Nella frase “Io non vi risparmio, io vi amo profondamente, miei amici di guerra!” l’omicidio di battaglia viene visto come un gesto di amore: uccidendo gli altri guerrieri viene loro concesso il riconoscimento di buoni combattenti, poiché non hanno implorato di essere risparmiati, dimostrandosi valorosi. Come abbiamo visto, nei discorsi filosofici di Nietzsche vi è la presenza di riflessioni dal punto di vista sociale circa la guerra. Ciò che viene a mancare è invece una specifica riflessione sulla guerra come fenomeno storico, per questo essa è riconducibile a due prospettive di indagine: la realtà come caos dionisiaco e la "volontà di potenza". Dionisiaco ed Apollineo sono i due impulsi dell’anima greca: il primo è una sorta di forza vitale, di divenire caotico, mentre il secondo è il principio che da ordine a ciò che crea il Dionisiaco. Essi innescano un meccanismo caos-forma che dà vita al divenire ordinato. L’oltreuomo nietzschano è caratterizzato dalla volontà di potenza che, avendo lui superato vincoli religiosi e metafisici dell’uomo normale, gli consente di costruirsi la propria esistenza, ordinando autonomamente la caoticità del mondo. Questo è il solo modo che egli ha per essere veramente libero. Nietzsche, inoltre, afferma che l’uomo abbia perso la sua forza dominatrice nel tempo e che nel superuomo essa si possa manifestare a pieno solamente quando si scontra con delle resistenze, permettendogli la sussistenza e l’accrescimento. Il malcontento del popolo, cioè il divenire disordinato, è quindi rappresentato dal Dionisiaco, mentre la volontà di potenza dall’Apollineo che, durante il meccanismo caos-forma, plasma l’altro tramite la guerra per creare la realtà idilliaca per cui il popolo ha deciso di ricorrere ad essa, cioè un divenire ordinato. 5. La guerra secondo Majakowkij LA GUERRA E’ DICHIARATA «Edizione della sera! Della sera! Della sera! Italia! Germania! Austria!» E sulla piazza, lugubremente listata di nero, si effuse un rigagnolo di sangue purpureo! Un caffè infranse il proprio muso a sangue, imporporato da un grido ferino: «Il veleno del sangue nei giuochi del Reno! I tuoni degli obici sul marmo di Roma!» Dal cielo lacerato contro gli aculei delle baionette gocciolavano lacrime di stelle come farina in uno staccio, e la pietà, schiacciata dalle suole, strillava: «Ah, lasciatemi, lasciatemi, lasciatemi!» I generali di bronzo sullo zoccolo a faccette supplicavano: «Sferrateci, e noi andremo!» Scalpitavano i baci della cavalleria che prendeva commiato, e i fanti desideravano la vittoria-assassina. Alla città accatastata giunse mostruosa nel sogno la voce di basso del cannone sghignazzante, mentre da occidente cadeva rossa neve in brandelli succosi di carne umana. La piazza si gonfiava, una compagnia dopo l’altra, sulla sua fronte stizzita si gonfiavano le vene. «Aspettate, noi asciugheremo le sciabole sulla seta delle cocottes nei viali di Vienna!» Gli strilloni si sgolavano: «Edizione della sera! Italia! Germania! Austria!» E dalla notte, lugubremente listata di nero, scorreva, scorreva un rigagnolo di sangue purpureo. Questa poesia di Vladimir Majakovskij, il più illustre esponente del futurismo russo, fa parte della raccolta “La guerra e l'universo”, ed è stata scritta nel 1914 alla notizia dello scoppio della prima guerra mondiale. In questa poesia il poeta abbandona il linguaggio tradizionale e dona ai versi una straordinaria efficacia. Leggendo la poesia, si nota la differenza rispetto agli altri futuristi italiani.Infatti Majakovskij prende le distanze dalla guerra , condannandola in quanto vicenda del tutto contrastante con la solidarietà umana e con i reali bisogni della popolazione. Secondo Majakovskij la guerra non è che un capriccio delle classi agiate legate al passato, che perseguono soltanto i loro interessi e non quelli della collettività e non è altro che sangue, distruzione e morte. Questa poesia è caratterizzata da un'alternanza tra la tragedia e un sottile e forte umorismo, ma anche da tanto sentito dolore. In alcuni versi c'è una grande forza visiva che colpisce il lettore trascinandolo nel bel mezzo del dramma, anche grazie ad immagini cruente («mentre da occidente cadeva rossa neve / in brandelli succosi di carne umana», vv. 19-20). Le innovazioni riguardano soprattutto il linguaggio, essenziale, arricchito di espressioni popolari; in questo senso l’opera d’arte per Majakovskij è lo specchio della realtà, una sorta di mandato sociale per scuotere le coscienze e smuovere gli animi in un determinato momento storico. 6. Visioni lontane ma vicine Nonostante questi autori siano vissuti tra il 1800 e il 1900, possiamo notare come sia la concezione tragica e sofferente di Ungaretti e Majakovskij che quella utilitarista di Nietzsche possa essere condivisa anche da noi circa 200 anni dopo. L’opinione popolare, infatti, è ancora oggi divisa tra una visione della guerra come evento catastrofico ed autolesionista e quella di guerra come mezzo per ottenere migliori condizioni di vita. Va da sé che quest’ultima concezione sia un controsenso e quindi diventi automaticamente una giustificazione e non una vera e propria opinione. Un esempio sono le cosiddette guerre di pace: è impossibile il fatto che esse siano funzionali alla creazione di un ordine idilliaco. Bisogna infatti ricordare che un evento come la guerra comporta morti e, di conseguenza, la perdita di possibili lavoratori che contribuiscano alla sopravvivenza del popolo, il quale rimarrebbe solamente impoverito. Tralasciando il punto di vista economico e sociale, è risaputo il fatto che la guerra segni profondamente tutti colori che vi sono coinvolti. Ungaretti ne è un valido esempio, perché tramite le sue poesie riesce a trasmettere esattamente la paura, lo stato ansioso e i traumi che il combattimento lascia nell’essere umano. E allora ci chiediamo, se un uomo adulto, come fu Ungaretti quando si trovava sul fronte, ha riportato simili sofferenze, quali sono i traumi che può riportare un bambino costretto ogni giorno a fuggire, arrivando spesso a vedere la morte dei propri genitori? Il punto è che siamo sempre più materialisti, tanto da non pensare neanche ai nostri figli, perché distruggere il futuro e l’innocenza di un bambino, convincendolo spesso a combattere, è una scelta egoista, soprattutto quando ci sono guerre per ricchezze come, ad esempio, quella per il petrolio. INDICE: 1. Introduzione 2. La guerra secondo Ungaretti 3. Il segreto della poesia di Ungaretti 4. La guerra secondo Nietzsche 5. La guerra secondo Majakowskij 6. Visioni lontane ma vicine BIBLIOGRAFIA Wikipedia: www.wikipedia.it Friederich Nietzsche- “Così parlò Zarathustra” Scuola.net: www.scuola.net “La Letteratura- Vol. 6- Il primo Novecento e il periodo tra le due guerre”- Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria- Paravia