Nuovo chef al ristorante La Magnolia nell`Hotel Byron di Forte dei
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Nuovo chef al ristorante La Magnolia nell`Hotel Byron di Forte dei
Nuovo chef al ristorante La Magnolia nell’Hotel Byron di Forte dei Marmi Forte dei Marmi chiama Sorrento. I sapori intensi del mare della Versilia, e gli speciali prodotti del suo entroterra, in un incontro affascinante e suggestivo con i profumi, le solarità, le tradizioni popolari arricchite da una particolare manualità e dal gioioso estro creativo della gente di Campania: in questo connubio la sintesi dell’ultimo “colpo” di Salvatore Madonna, il talent scout dei giovani cuochi, che in Campania ha scovato la grande promessa della cucina meridionale, a cui affidare le sorti del Ristorante Magnolia all’Hotel Byron di Forte dei Marmi, una delle punte di diamante nella catena delle strutture che fanno capo alla Soft Living Places della famiglia Madonna, con il Plaza e de Russie di Viareggio e il Green Park Resort di Calambrone. È il ventisettenne Cristoforo Trapani – miglior Chef emergente del Sud e finalista nazionale al concorso ideato da Luigi Cremona, menzionato nei 12 chef del futuro dal Direttore delle Guide de L’Espresso Enzo Vizzari, vincitore del concorso di "Cucina italiana con gusto mediterraneo” – il nuovo executive chef del prestigioso locale di Forte dei Marmi. Nato a Piano di Sorrento il giorno di San Valentino del 1988, benché giovanissimo Cristoforo Trapani vanta già un curriculum di tutto rispetto, per aver guidato di recente le cucine di due importanti ristoranti sulla costa campana, e per aver lavorato con una nutrita schiera di grandi chef stellati e pluristellati: da Heinz Beck a Gennaro Cannavacciuolo, da Moreno Cedroni, da Davide Scabin (da lui ha conosciuto Sara, la fidanzata, sommelier al Casa Angelina di Praiano in Costiera Amalfitana) a Mauro Colagreco e Giuseppe Aversa. “Una scelta – rivela Salvatore Madonna – della quale siamo particolarmente convinti e soddisfatti, certamente per la personalità e per le capacità di Cristoforo Trapani, ma anche perché con questa scelta si conferma l’idea di fare dei nostri ristoranti, e in particolare del Magnolia, non tanto una vetrina quanto piuttosto una “palestra”, e perché no un trampolino di lancio per i giovani chef, in un percorso da costruire grazie all’esperienza che si matura con l’espressione di forti potenzialità. E questa crescita non può che passare attraverso il ringiovanimento: la cucina, del resto, oggi non è più la stessa di dieci anni fa”. “Una sfida non facile, ma io so quello che voglio”: così si presenta il neo-chef, che chiarisce subito il senso della sfida: “In primo luogo lavorare bene e ottenere la soddisfazione del cliente, che viene prima di tutto, anche prima della conferma della stella Michelin. Mi fa felice il cliente che mi dice: questo spaghetto mi è piaciuto, dammelo di nuovo. Il mio segreto? Una cucina semplice, non esasperata: niente sfere e schiume ma piuttosto la ricerca di un gusto schietto e pulito. Le tecniche esasperate non mi interessano, qui la gente deve voler tornare a pranzo anche più volte in una settimana. Mi sento molto carico, molto preso, e sono contento di poter lavorare con una bella squadra, a partire dal sous-chef Davide De Lucia fino al personale di sala ci siamo subito affiatati tutti molto bene”. Non lo spaventa l’incontro con la Toscana, anzi. “La Toscana – dice – mi piace molto perché è ricca di materia prima, imparerò a conoscerla sempre meglio, di sicuro nella mia cucina al Magnolia ci sarà più Toscana che Campania. Stare a Forte dei Marmi non mi spaventa ma è comunque per me motivo di forte emozione: ho cominciato a 13 anni lavando e grattando pentole nei ristoranti anche contro il volere dei miei genitori, ho tentato la sorte e mi è andata bene quando ho scritto quattro semplici righe a Heinz Beck e l’ho convinto a prendermi, e poi ho lavorato con tanti grandi chef. Adesso sono stato chiamato in un luogo di grande qualità, dove posso crescere ancora in un percorso importante da fare tutti insieme. E vedo già bei colori, ottimi contrasti”. LA MATERIA PRIMA “Voglio immaginare la mia cucina al Magnolia – dice ancora Cristoforo Trapani –come una sorta di “fusion” tosco-campana, è un’idea che mi piace molto, già a partire dalla materia prima. Per questo ho pensato per esempio tra i dessert a un babà, tipica specialità napoletana, bagnato però con il vermouth di Prato, specialità toscana”. Lui, però, tra i suoi fornitori ha un asso davvero speciale nella manica. Il negozio di frutta e verdura di mamma Felicia, a Piano di Sorrento. Come dire: prodotto quotidiano… a chilometro 600! E’ da là che arrivano ortaggi davvero speciali, che si leggono già nel primo menu, la carta di primavera, firmato da Cristoforo Trapani al Magnolia: i pomodorini gialli e i pomodorini rossi del Piennolo dop del Vesuvio; il carciofo violetto di Schito, presidio Slow Food e poi agli, prezzemolo, erbe, naturalmente i limoni di Sorrento, i lampascioni, le cime di rapa, le mele annurca. Ricordi e profumi di Campania che ben si uniscono a una bella lista di prodotti tipici toscani, e in particolare della Versilia: ecco, tra i formaggi, il Bruschino di Vado e lo Scoppolato di Pedona da Camaiore; il già citato Vermouth di Prato; immancabile, il Lardo di Colonnata; i fagioli schiaccioni di Pietrasanta e le patate di Camaiore; il farro della Garfagnana. E non mancano certo le arselle, i pesci e i crostacei dei fondali di Versilia, accanto ai gamberoni rossi di Mazara del Vallo in Sicilia, l’agnello di Zeri e i piccioni di Camaiore a confronto con la carne di fassona piemontese per la classica battuta al coltello; tra i prodotti toscani, da segnalare infine il cioccolato de La Molina di Quarrata. LA CUCINA Cinque antipasti, quattro primi, cinque secondi e quattro dessert. Cucina principalmente di pesce, ma con qualche piatto di carne per non deludere chi cerca sapori più terragnoli, di cui la Versilia interna è ricchissima, e anche un menu per i vegetariani. Due percorsi guidati: “La Versilia” e “Otto assaggi a mano libera pescando con lo chef”, gioco di sorprese lasciate alla fantasia del cuoco. Una carta che non affastella inutilmente lunghe teorie di proposte, per non imbarazzare la scelta ma anche per non fuorviare sulle caratteristiche dei piatti creati da Cristoforo Trapani. Piatti che stuzzicano per l’asciutta definizione degli ingredienti, capace già di stimolare il gioco e l’incontro dei sapori, in preparazioni ricche di colori ma non inutilmente barocche negli ingredienti e nella composizione sul piatto. Con qualche concessione a giochi di memoria, come nel caso della “Mesca Francesca” con vongole, arselle e crema di fagioli schiacci ioni, servita in graziosi pentolini che richiamano le “schiscette” usate un tempo dai lavoratori nei cantieri, e oggi tornate prepotentemente di moda anche per la pausa pranzo in ufficio. Oppure piatti intriganti come il “cacciucco” in un gioco di separazioni cotto-crudo delineato da un lungo crostino di pane tostato che separa due mondi, dove il paradiso – sopra – è caldo e l’inferno – sotto – è freddo. E Cristoforo promette che si impegnerà a “pronunciare la parola cacciucco come si deve: con cinque C”.