(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d`Italia

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(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d`Italia
Decisione N. 4748 del 11 giugno 2015
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA
Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) ORLANDI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SANTORO
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(MI) VELLUZZI
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore LUCCHINI GUASTALLA EMANUELE
Nella seduta del 21/05/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con il ricorso il cliente pare denunciare un comportamento negligente della banca in sede
di trattativa volta a ripianare la sua complessiva esposizione debitoria.
Più precisamente, con il ricorso il cliente ha esposto che:
– è da tempo cliente con la banca con la quale e tramite la quale avrebbe acceso vari
rapporti (c/c, finanziamenti, carta di credito).
– A seguito della crisi e di un grave infortunio l’attività professionale da lui esercitata
era venuta “a scemare fortemente”.
– Ad inizio maggio chiede aiuto e lumi al Direttore di filiale, che “il 15/05/2013 [gli]
presenta una simulazione di mutuo di 85.000 euro, con un importo rata di 892,39
euro al mese, per conglobare ed estinguere tutti i …i debiti in corso, compreso il
fido della” convenuta . Il cliente si “dichiara d'accordo, e il 17/05 trasmetto al
Direttore di Filiale un fax con tutti i documenti per il mutuo”.
– “Mi richiama il Direttore della Filiale per comunicarmi che la proposta doveva essere
riformulata … prospetta[ndo] una nuova simulazione di mutuo dell'importo di
105.000,00 euro (''Mutuo ipotecario/fondiario liquidità a tasso variabile") in data
22/05/2013 che avrebbe comportato un esborso mensile di 958,78 euro. La somma
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avrebbe comportato un esborso complessivo di circa 2.550 euro, a fronte di un
esborso pagato all'epoca alla banca, fra mutui e finanziamenti, di circa 2.950 euro.”
– Nel frattempo “la … Banca, di propria assoluta iniziativa e senza metter[lo] al
corrente di nulla, non [gli] paga i mutui e trattiene tutto l'importo della … pensione
per il rientro dal fido, creando così le condizioni per la [sua] messa in codice rosso”.
– il ricorrente “non poteva rivolgersi ad altre banche per sostituire entrambi i mutui,
non poteva chiedere crediti; non poteva ristrutturare il [suo] tenore di vita, vendendo
l'auto costosa … per sostituirla con un'auto di piccola cilindrata, perché (vedi copia
CRIF: richiesta finanziamento a Renault: RCI Banque) nessuna finanziaria di casa
automobilistica [gli] concedeva credito.”
– “Fra l'altro lo sforamento del fido era stato dovuto al fatto che … era stata bloccata,
senza alcun avviso, la carta di credito, il cui pagamento, fino al blocco, [era] sempre
[stato] onorato”.
– Il cliente “il 17/07, dopo essermi ripreso dal "colpo", ma ancora "scosso" per quanto
detto…, dopo essersi consultato col nuovo commercialista invia al Direttore un fax
in cui gli comunica di non essere assolutamente in grado di rientrare dal fido
secondo quanto prospettato … dalla Banca. Intanto tutta … la pensione (2.350 euro
circa) viene incamerata dalla Banca”.
– “In data non precisata … arriva una lettera della … Banca datata 07/10/2013 in cui
… viene sollecitato il pagamento della rata del mutuo scaduta il 30/06/2013 e delle
rate scadute il 30/07 e il 30/08.” Il ricorrente si rivolge ad un commercialista e a
un’associazione di categoria che gli consigliano di rivolgersi alla banca “a muso
duro sempre per iscritto” e di “spostare l’incasso della pensione”.
– Si susseguono una serie di incontri e un fitto scambio epistolare tra le parti.
Il ricorrente ha chiesto al Collegio “di aiutar[lo] a trovare una via d'uscita con [la resistente],
perché nella [sua] Vecchia Banca non ha più la minima fiducia, e, a causa di questa
controversia, non [si] trova più in un'accettabile condizione psico-fisica per cercare altre
soluzioni”.
La convenuta, eccepita la genericità delle richieste rivolte all’ABF, ha così controdedotto:
– il cliente “titolare di due finanziamenti (un mutuo casa e un mutuo privati ordinario)
… inizia a manifestare il suo disagio a seguito del ricevimento di alcune lettere di
sollecito di pagamento delle rate scadute”.
– In “una prima lettera di reclamo, datata 21/10/2013, con la quale pur confermando il
ricevimento dei solleciti di pagamento (all.to 2), riferisce di trovarsi in una
"situazione critica di fronte alle autorità di controllo finanziario" e di aver firmato "con
il ricatto il piano di rientro" dalla sua esposizione propostogli dalla filiale.
– “In una seconda lettera di reclamo, datata 16/02/2014, il ricorrente si contraddice,
disconoscendo il ricevimento dei predetti solleciti di pagamento ("A me non sono
mai arrivati solleciti di pagamento relativi al contrali di mutuo in essere"- all.to 3)”.
– “Nel terzo reclamo, datato 26/06/2014 … chiede alla banca ‘l’immediato rinnovo
della sospensione del pagamento per un anno delle (rate) del due mutui', nonché la
cancellazione della segnalazione del suo nominativo dalle SIC (all.to 4) e minaccia
ritorsioni di carattere legale e penale”.
– “All'ABF non possono demandarsi indagini di adeguatezza o … istanze di natura
esplorativa o generica … né tantomeno l'Arbitro potrà essere chiamato a
condividere valutazioni di natura soggettiva proprie del ricorrente. Per accogliere la
richiesta del ricorrente l'Arbitro dovrebbe, a detta del ricorrente stesso, entrare nel
merito delle pattuizioni concordale tra Il cliente e la Banca e sostituire la propria
volontà a quella del ricorrente nella valutazione delle esigenze di quest'ultimo,
condannando l'intermediario per scorrettezza e malafede. La richiesta del [cliente]
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inoltre, è del tutto generica e priva degli elementi minimi per poter essere valutata
ed esula, come dello, dalla competenza dell'ABF”.
L’intermediario ha chiesto al Collegio:
x di dichiarare “in via preliminare irricevibile e/o inammissibile e/o Improcedibile il
ricorso“;
x “in via principale [di respingere] il ricorso … in quanto privo di ogni fondamento sia
in fatto che in diritto”.
Con ulteriori repliche il cliente ha contestato quanto ex adverso affermato, sottolineando
che la banca avrebbe “manipolato a [sua] insaputa la [sua] pensione per mandar[lo] in
codice rosso e impedir[gli] ogni accesso al credito”. Ha concluso ritenendo “che il
comportamento della [convenuta] debba essere sanzionato perché scorretto, falso e
fraudolento”.
Con la nutrita serie di comunicazioni nel tempo prodotte, il ricorrente ha dato conto di tutta
una trattativa in corso con la banca per tentare di rimodulare la propria situazione
finanziaria; una trattativa durante la quale il comportamento della convenuta viene
descritto in termini non molto lusinghieri.
DIRITTO
Prima di esaminare nel merito la controversia sembra opportuno riportare alcuni aspetti
essenziali ai fini della decisione.
Con il ricorso il cliente pare denunciare un comportamento negligente della banca in sede
di trattativa volta a ripianare la sua complessiva esposizione debitoria.
La controversia in questione avrebbe preso le mosse da una richiesta fatta dal cliente alla
banca volta verosimilmente a rimodulare la sua esposizione debitoria consistente in due
mutui (di cui uno ipotecario stipulato per la casa e uno denominato “mutuo privati
ordinario”) e un saldo da carta di credito revolving. Il cliente allega due proposte di mutuo
che si sarebbero susseguite nel maggio 2013. Le parti si imputano vicendevolmente la
mancata volontà di raggiungere un accordo.
Il cliente censura il comportamento della banca che gli avrebbe imputato l’intero importo
versato a titolo di pensione per il rientro dell’affidamento senza pagare le rate del mutuo
producendo gli estratti conto relativi; successivamente il cliente ha domiciliato altrove
l’accredito della pensione. La banca non prende posizione sul punto.
La banca contesta la genericità delle richieste del ricorrente che parrebbe chiedere, con il
ricorso, una sorta di assistenza dell’ABF in questa fase di trattativa sulla rimodulazione
dell’esposizione.
Nella copiosa corrispondenza nel tempo prodotta, il cliente dà conto di ogni tappa (incontri,
proposte) della trattativa in corso con la banca; quest’ultima avrebbe predisposto un
accordo di base che sembra essere osteggiato dal cliente nel punto in cui gli imporrebbe
la canalizzazione di tutti i redditi familiari e la sottoscrizione da parte di sua moglie di una
fideiussione.
Ciò chiarito e venendo all’esame del merito della presente vertenza, non può non
sottolinearsi che la domanda che la parte ricorrente rivolge all’ABF con il proprio ricorso è
assolutamente generica; in un tale contesto di totale indeterminatezza della domanda, il
ricorso finisce con l’atteggiarsi a strumento volto a sollecitare lo svolgimento di una attività
di tipo consulenziale, estranea agli scopi ed alle funzioni dell’ABF, il quale è organo
chiamato a dirimere controversie sulla base di fatti dedotti e provati e non già a rilasciare
pareri o rendere servizi di natura consulenziale ai ricorrenti.
A ciò si aggiunga che, come questo Collegio ha già avuto occasione di sottolineare, in
generale, non sussiste un generale obbligo di concessione del credito né, al di fuori delle
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specifiche previsioni di legge (che, tuttavia, nella fattispecie in questione non appaiono
ricorrere), di rinegoziazione del contratto di finanziamento in funzione perequativa, né,
infine, un obbligo di rinegoziazione alle condizioni proposte dal soggetto finanziato.
L’attività delle imprese bancarie deve, infatti, ispirarsi ai principi di una “sana e prudente
gestione” e deve essere esercitata, con tutta la discrezionalità e l’insindacabilità che
caratterizzano le politiche gestionali di ciascun intermediario, avendo riguardo “alla
stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario” (arg. ex art.
5, d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385).
Il fatto che non si possa ravvisare un obbligo come quello appena illustrato non esclude
radicalmente la possibilità di riconoscere che, in determinate ipotesi, si possa ravvisare
una responsabilità per le banche, ma ciò può avvenire solo qualora l’intermediario non
impronti le proprie relazioni d’affari secondo i “criteri di buona fede e correttezza”
puntualizzati dalle “Disposizioni” emanate dalla Banca d’Italia in tema di trasparenza delle
operazioni e dei servizi bancari, disposizioni che, com’è noto, costituiscono specificazione
dei principi enunciati, in via più generale, dal codice civile (artt. 1337 e 1375 cod. civ.).
Chiarito, dunque, che nell’attività di concessione del credito la banca esplica la propria
autonomia imprenditoriale e fermo restando l’obbligo di correttezza e buona fede, nel caso
che ne occupa non pare possano ravvisarsi profili di illegittimità del comportamento
dell’intermediario.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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