"Il forestale" - N. 27

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"Il forestale" - N. 27
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Anno VI - N. 27 marzo/aprile 2005
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SPED. IN ABB. POST. ART. 2, COMMA 20/B, LEGGE 662/96 - FILIALE DI ROMA - € 2,17 - BIMESTRALE - IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE ALL’UFFICIO PT DI ROMA-ROMANINA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE PREVIO ADDEBITO DELLA RELATIVA TARIFFA.
periodico di cultura ambientale
Giovanni Paolo II
Un lungo cammino
verso il cielo
Il Forestale
Giovanni Paolo II
Un lungo cammino
verso il cielo
periodico di cultura ambientale
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Anno VI - N. 27 marzo/aprile 2005
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Rivista ufficiale
del Corpo forestale
dello Stato
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SPED. IN ABB. POST. ART. 2, COMMA 20/B, LEGGE 662/96 - FILIALE DI ROMA - € 2,17 - BIMESTRALE - IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE ALL’UFFICIO PT DI ROMA-ROMANINA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE PREVIO ADDEBITO DELLA RELATIVA TARIFFA.
SOMMARIO
periodico di cultura ambientale
Papa Wojtyla,
un lungo cammino
verso il cielo
Anno VI - n. 27
marzo/aprile 2005
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fauna protetta
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La primavera del
corpo e dello spirito
A
di Don Camillo, il risoluto prete della bassa,
amante della natura e dotato anche lui di un
fisico fuori ordinanza - permette al Santo
Padre di portare il messaggio evangelico in
tutto il mondo, con forza e determinazione.
Ma per Wojtyla il corpo è solo uno strumento.
E da strumento lo tratta, non risparmiandogli
nessuna fatica. E quando “i cilindri di quella
gran macchina iniziano a battere in testa” continuando con Guareschi - quando quel
corpo eccellente inizia a non funzionare più
come deve, sotto la spinta della malattia, non
viene meno la capacità del Papa di vivere, e
di far vivere, la fede, la pace e la speranza,
valori così intensamente vissuti e comunicati,
da superare i limiti di un corpo ormai
consunto. Visibilmente piegato, non si sottrae
neppure all’incontro e all’abbraccio, ed è
presente fino all’ultimo onorando le cose di
questo e di quell’altro mondo, partecipando
con sofferenza fisica al peso della sua
missione e di quella croce che da sempre
aveva voluto portare.
Una grande lezione in tempi di muscoli
palestrati, ventri piatti e rughe spianate.
In tempi che inneggiano alla forma fisica e
all’eterna giovinezza, e che rimuovono dalla
realtà la malattia, la sofferenza e la vecchiaia.
In tempi così, il Santo Padre, ha avuto il
coraggio di mettere sotto gli occhi di tutti la
sua fragilità fisica diventando lui stesso il
messaggio vivente del valore e della dignità
della vita umana in ogni sua stagione.
editoriale
bbiamo deciso di aprire il numero di
primavera con un omaggio a Papa
Wojtyla, per ricordarlo come i forestali
l’hanno conosciuto: un mistico immerso nella
preghiera e nella contemplazione e un uomo
d’azione, sportivo, innamorato della natura e
delle montagne. Conciliare aspetti, in
apparenza così diversi, sarà compito di due
distinti articoli.
Ma parleremo anche d’altro.
In occasione della Giornata Mondiale
dell’Acqua, sarà protagonista l’oro blu
declinato nelle sue varie accezioni: acqua
elemento, acqua alimento, acqua da
degustare, acqua da proteggere, acqua
turismo e acqua per la salute.
Proseguendo con le “stagioni dell’uomo
Wojtyla”, ripercorriamo, tra ricordi e citazioni,
l’autunno di una pianta dal tronco squassato,
ma dai rami, fino all’ultimo, pieni di frutti, di
linfa e di germogli. Una lezione per tutti,
l’ultima che ha voluto darci il Santo Padre,
con il suo esempio.
Quando si affaccia per la prima volta alla
finestra di piazza San Pietro, è chiaro a tutti
che quel Papa giovane e pieno di energie è
molto diverso da quelli che lo hanno
preceduto. Difficile però dire quanto, ma,
volendosi fermare solo alla prima
impressione, quella fisica, la differenza è
enorme.
Negli anni, quella “gran macchina di ghisa
fusa” - per dirla alla Guareschi, papà letterario
6 Aprile
Il Forestale n. 27/2005
Mentre si moltiplicano gli sforzi, gli
studi e i progetti per permettere al
Lupo appenninico di trovare casa e
mettere su famiglia sui nostri monti, è
arrivata una notizia che ci ha riempito
di tristezza. Nel centro urbano di
Acuto, in provincia di Frosinone, è
stato trovato appeso ad un albero un
lupo barbaramente ucciso. I controlli
degli agenti del Corpo forestale dello
Stato del comando stazione di Fiuggi
intervenuti per i rilievi: “un esemplare di
circa sette anni, irrigidito dal veleno, la
gola tagliata da un coltellaccio da
cucina - poi conficcato nel collo -, con
appeso un pezzo di cartone con la
scritta Chi di spada ferisce di spada
perisce”. Modalità di uccisione crudele
e teatrale, che vuole far dimenticare le
attenzioni e gli interventi fatti negli anni
per promuovere l’immagine positiva
del lupo, e che mirano a riconsegnarlo
a quel contesto di sangue e violenza
che nei secoli ne ha determinato la
quasi completa estinzione. Ma così
non sarà.
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LA “CONVERSIONE ECOLOGICA” SECONDO KAROL WOJTYLA
E Dio vide che era
cosa buona
di Mariaelena Finessi
rano la sua Polonia italiana: oasi di
tranquillità e raccoglimento,
incastonate nella roccia, tra prati
verdeggianti e monti imbiancati. Così
dovevano apparire agli occhi di Giovanni
Paolo II i sentieri abruzzesi del Gran Sasso
(raggiunti, pare in gran segreto, ben 112
volte), quelli valdostani di Introd o quelli
veneti di Lorenzago di Cadore, luoghi
eletti a meta delle sue vacanze, forse
proprio perché rievocavano in lui i
paesaggi natii dei Monti Tatra o la
semplicità dell’animo montanaro. Quello
stesso animo in virtù del quale - come
ebbe modo di dire nel 1987, durante
l’omelia per la festa di San Giovanni
E
Foto L’Osservatore Romano
Il Forestale n. 27/2005
obiettivo su
Amante della natura, Giovanni Paolo II ha
scritto un capitolo cruciale sulle
responsabilità morali dell’uomo nei
confronti del “giardino terrestre”, sempre
più minacciato dall’inquinamento e dal
depauperamento delle risorse non
rinnovabili
Pag. 4
Gualberto, patrono dei forestali - si
possiede “il gusto della contemplazione
della natura, e con questa una
conseguente religiosità”.
Una chiave di lettura “divina”, quindi, quella
che il Papa ha dato all’ecologia: non suoni
strano, ma il creato ed i rapporti fra l’uomo
e la natura appartengono a pieno titolo alla
riflessione teologica, che trova ampi
riferimenti nel dato biblico. Non solo la
scienza, dunque, ma anche la Chiesa ha
dedicato, negli ultimi decenni, un
crescente interesse alla “questione
ecologica”. E il magistero ecclesiale,
soprattutto attraverso gli interventi
dell’ultimo pontificato, ha rivolto al tema
una particolare attenzione.
Con Giovanni Paolo II, la Santa Sede ha
partecipato in modo attivo alle discussioni
tese a concepire e fissare dei principi di
azioni per la salvaguardia della Terra,
contribuendo alla formulazione di concetti
normativi di diritto internazionale quali
“dignità umana” e “tutela ambientale”.
Certo, l’ispirazione basilare della
sollecitudine pontificia è, per sua natura,
religiosa, ma contiene anche riferimenti a
molteplici considerazioni etiche che sono
condivise - com’è scritto nelle diverse
lettere encicliche - anche dalle “persone di
buona volontà”. La Santa Sede è convinta,
infatti, che la soluzione di molti problemi
ambientali richiedano, più in generale,
strategie e motivazioni “basate su una
coerente visione morale del mondo”, non
essendo sufficienti i soli strumenti
legislativi (Messaggio per la giornata
mondiale della pace del 1990). Ma
attenzione, avverte pure Wojtyla, occorre
in esso evitare l’aut-aut dei due opposti
estremismi: quello di un naturismo
immanente dove il centro non è più
l'uomo e la sua dignità ma la natura
stessa, e quello dell'individualismo egoista
ed irresponsabile. “L’uomo, preso dal
desiderio di avere e di godere, più che di
essere e di crescere - scrive nella lettera
enciclica Centesimus Annus -, consuma in
maniera eccessiva e disordinata le risorse
della terra e la sua stessa vita”. Un
atteggiamento dissennato, che ha alla sua
radice un “errore antropologico”. Ovvero
Il Forestale n. 27/2005
Foto L’Osservatore Romano
generale del 17 gennaio 2001, Karol
Wojtyla arriva ad invocare una vera e
propria “conversione ecologica” affinché
l’uomo comprenda di doversi finalmente
arrestare davanti al baratro. Non è in gioco
infatti, ammonisce il Papa, solo
un’ecologia “fisica”, che tuteli l’habitat
naturale, ma anche un’ecologia “umana”
che “renda più dignitosa l’esistenza delle
creature, proteggendone il bene radicale
della vita in tutte le sue manifestazioni”.
È il cristiano et-et giacché la salvezza
riguarda l’intero mondo creato: “e”
l’uomo, “e” la natura.
Come comportarsi, dunque? Attingere
alla Parola di Dio, perché nella pagina
biblica - è detto nell’enciclica Evangelium
Vitae - è racchiusa “una luminosa e forte
indicazione etica per una soluzione
rispettosa del grande bene della vita, di
ogni vita”. Ma, soprattutto, bisogna fare
proprio “quell’atteggiamento
disinteressato, gratuito, estetico che
nasce dallo stupore per l’essere e per la
bellezza, il quale fa leggere nelle cose
visibili il messaggio del Dio invisibile che le
ha create” (Centesimus Annus).
Un amore grande, insomma, è stato
quello di Giovanni Paolo II per la natura,
tanto da dedicargli nel testamento anche
l’ultimo suo pensiero, prima di chiudere
per sempre gli occhi sul mondo.
“All’ambiente... a tutti gli ambienti... A tutti
voglio dire una sola cosa: Dio vi
ricompensi”.
obiettivo su
“l’uomo, che scopre la sua capacità di
trasformare e, in un certo senso, di creare
il mondo col proprio lavoro, dimentica che
questo si svolge sempre sulla base della
prima originaria donazione delle cose da
parte di Dio”. Certamente - come
chiarisce l’esortazione post sinodale
Christifideles laici - l’uomo “ha ricevuto da
Dio stesso il compito di dominare le cose
create e di coltivare il giardino del mondo”,
ma si tratta di un compito da svolgersi nel
rispetto dell’imago Dei, e quindi con
intelligenza e amore. Egli deve sentirsi
responsabile dei doni che Dio gli ha
elargito, soprattutto perché ha fra le mani
un dono che deve passare - se possibile,
persino migliorato - alle generazioni
future. Ed oggi più che mai si fa urgente
l’appello ad una responsabilità nei
confronti di tutti gli esseri che formano la
“natura visibile”, e che i Greci, alludendo
all’ordine che la caratterizza, chiamavano
“cosmo”. Nell’enciclica Sollecitudo Rei
Socialis, Giovanni Paolo II, formula tre
diverse considerazioni in merito, su cui
giova riflettere. “La prima consiste nella
convenienza di prendere crescente
consapevolezza che non si può fare
impunemente uso delle diverse categorie
di esseri viventi o inanimati - animali,
piante, elementi naturali - come si vuole, a
seconda delle proprie esigenze
economiche”. Al contrario, occorre tener
conto della natura di ciascun essere e
della mutua connessione di questi con il
mondo circostante. La seconda
considerazione, invece, si fonda sulla
constatazione della limitazione delle
risorse naturali, alcune delle quali non
sono rinnovabili. “Usarle come se fossero
inesauribili, con assoluto dominio - scrive
ancora il Pontefice -, mette seriamente in
pericolo la loro disponibilità” presente, ma
soprattutto futura. La terza
considerazione, infine, si riferisce
direttamente alle conseguenze che un
certo tipo di sviluppo ha sulla qualità della
vita nelle zone industrializzate, il cui
risultato diretto o indiretto è la
contaminazione dell'ambiente, nociva per
la salute della popolazione. Ancora una
volta, allora, “risulta evidente che lo
sviluppo, la volontà di pianificazione che lo
governa, l’uso delle risorse e la maniera di
utilizzarle non possono essere distaccati
dal rispetto delle esigenze morali”.
“Il dissesto ecologico”, enunciato nella
lettera Novo Millennio Ineunte come uno
dei mali del nostro tempo, esige una sfida
“dell’etica e del diritto”. Anzi, nell’Udienza
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IL RICORDO DI GIORNI SPECIALI
Il Papa
delle montagne
obiettivo su
Karol Wojtyla conosceva i monti - da quelli
proveniva - e amava camminare tra i
boschi delle Dolomiti in compagnia dei
Forestali, “garanti dell’ impegno di tutela
dell’ambiente naturale, che l’uomo di oggi
va riscoprendo in tutta la sua importanza
per la propria sopravvivenza sulla terra”
di Ivan Demenego
on bastano impegnative
speculazioni filosofiche o
teologiche a spiegare lo stretto
rapporto che legava Papa Karol Wojtyla
alle montagne. Non bastano, e allo stesso
tempo sarebbero tanto, qualcosa che
porta troppo lontano.
“Chi è dell’arte stima dell’opera” recita
l’adagio. Qualsiasi montanaro guardando
il Santo Padre dal basso in alto, dagli
scarponi al cappello, avrebbe svelato
l’arcano, capendo tutto, accorgendosi in
un batter d’occhio che l’uomo che gli
stava davanti era come lui.
A chi è avvezzo delle cose dei monti non
serve molto per riconoscere chi è nato tra
le rocce: osserva come poggia i piedi,
quali sassi scansa nel camino e quali
sceglie per slanciare il passo; come tiene
in mano l’alpenstock e come lo punta per
sorreggere il peso. Riconosce il tono della
voce e
Il Forestale n. 27/2005
Foto tratte dalla pubblicazione Cadore 87 © Diocesi di Belluno - Feltre
N
Il Santo Padre incontra i forestali a Pra Marino di San
Pietro di Cadore in Val Visdende (Belluno).
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apprezza chi pesa le parole, perché a
cospetto della natura possono essere
scivolose e dure come delle pietre.
Eppoi lo sguardo.
Quello di chi vive i monti è profondo e
intenso e proiettato lontano per
incontrare con rispetto e amore quello
delle cime che lo scrutano dall’alto.
E quando la marcia riparte gli occhi si
abbassano per incontrare la terra.
Papa Wojtyla era così. Uno di questi
uomini. I forestali che per tanti anni hanno
accompagnato il Santo Padre lungo i
sentieri delle nostre montagne non
confermano e non smentiscono,
comunque non parlano, si chiudono nel
riserbo e ricordano. Giù gli occhi a
incontrare la terra e la marcia riparte.
La vita, per chi resta, va avanti. Il Papa è
morto, e per alcuni forestali - quelli che lo
conoscevano meglio, quelli che avevano
camminato con lui dal 1987 al 1998
quando aveva scelto per le sue vacanze il
Cadore, e i forestali per guide - è morto un
amico. E parlare di un amico che non c’è
più, così, a freddo, e magari al telefono,
proprio non è possibile. Non è tempo di
interviste. Sarebbe come sciuparne il
ricordo, consegnandolo al commento e al
giudizio di chi non l’ha vissuto. Il contesto è
importante e noi siamo lontani da quei
monti e da quelle storie - pardon - da
quelle vite.
“Ora no, non me la sento, forse dopo, tra
un po’, eppoi non tutto, forse qualche
cosa, quello che si può dire, quello che mi
va di dire, e comunque non ora”. Queste le
uniche parole del forestale che lo
conosceva meglio degli altri, quello che
potrebbe raccontare di più. Ma quelle
parole, quegli incontri, quelle gite e
quel verde sono “roba sua” gli
appartengono, e non vede ragione
per condividerli con nessuno. Come
dargli torto, d’altra parte è anche lui un
montanaro e le cose le vede e le sente
con il cuore e il cuore conosce delle
ragioni che la ragione non conosce.
Ma noi siamo curiosi e vogliamo saperne
di più dell’intimo legame tra Giovanni
Paolo II, al secolo Karol Wojtyla e la
montagna. Mario Rigoni Stern, scalatore
di vette, non solo letterarie, “scrittore nella
diventare amore, e dal 1979, il divorzio. Da
li in poi solo rapide visite. Per le vacanze ci
saranno le Dolomiti del bellunese prima, e
le Alpi della Valle d’Aosta poi.
La popolazione del bellunese accolse quel
Papa giovane e forte con qualche riserva.
Nulla di personale, è chiaro, solo la grande
sofferenza e il grande stupore per la
rapida dipartita del montanaro che lo
aveva preceduto al soglio di Pietro: Papa
Albino Luciani. Era il 26 agosto 1979 e
pochi immaginavano che la veste bianca
di Wojtyla da quel momento in poi sarebbe
diventata una piacevole e riconoscibile
costante del paesaggio.
Ma ai forestali piace ricordare un’altro
appuntamento, questo interamente
dedicato a loro.
Era il luglio del 1987, uno dei più belli di
quegli anni, caldo, intenso, pieno di colori
e di odori. A dominare il profumo dell’erba,
che in quei giorni, dopo essere stata
tagliata, veniva lasciata a riposare al sole.
Precisamente era il 12 luglio, il posto, la Val
Visdende, il festeggiato San Giovanni
Gualberto patrono dei forestali.
“Beato l’uomo che si compiace della
legge del Signore, delle opere del Signore,
dei segni imponenti della sua presenza
nelle meraviglie del creato”.
Così Wojtyla, il “Papa dei Boschi”, da voce
a un’omelia-fiume che terrà più di
settemila persone in silenzio e a bocca
aperta per quasi quaranta minuti. “Davanti
a questo panorama di prati, di boschi, di
torrenti, di cime svettanti verso il cielo, noi
tutti ritroviamo il desiderio di ringraziare
Dio per le meraviglie delle sue opere, e
vogliamo ascoltare in silenzio la voce della
natura al fine di trasformare in preghiera la
nostra ammirazione. Dopo aver
ripercorso la
Il Forestale n. 27/2005
Foto tratte dalla pubblicazione Cadore 87 © Diocesi di Belluno - Feltre
obiettivo su
neve” classe 1921, barba bianca e gote
rosse di vento e di sole, in una bella
intervista all’Avvenire a firma di Pierangelo
Giovannetti, ricorda: “Quando veniva in
Veneto i miei amici alpinisti e forestali lo
accompagnavano nelle passeggiate.
Una volta un mio caro amico, Costantini,
ispettore generale della Forestale nel
Veneto, mi disse che era alla ricerca di
sentieri facili per il Papa che ultimamente
faceva fatica a camminare. Io risposi: non
preoccupatevi, perché lui è un
camminatore e va. Il suo era un rapporto
così umano con l’ambiente, un istinto che
lo portava naturalmente alla montagna”.
Quello che ci racconta Stern è quello che
avremmo potuto sapere anche in casa
nostra, ma così non è stato. E forse è
meglio. Meglio che racconti lui visto che
questa è la sua missione. Parlando e
scrivendo non viola nessun segreto.
“Della natura lui coglieva la fatica, il passo,
la salita, la sete il caldo, il freddo. È la
concretezza della natura quella che si
impara nella natura. Ed è qualche cosa
che ti accompagna sempre. Era un Papa
che apprezzava lo sci, la discesa, l’aria
buona, l’atmosfera del rifugio quando ci si
trova a bere un the caldo o un bicchiere di
vino, o a fare una cantata. Ammirava la
gente di montagna. Ne ammmirava molto
la vita, si fermava volentieri a mangiare
quello che mangiavano loro”.
E l’occhio dello scrittore, quello che si affila
e si socchiude per far passare tra le
palpebre solo i pensieri, si anima del
guizzo dell’intuizione mentre associando
riflessioni a immagini, Stern prosegue
“quando si è trovato sul Mont Chétif, sul
Monte Bianco, si è sentito vicino a Dio. Era
vicino a Dio. Sono convinto che in mezzo a
quei ghiacciai, Papa Wojtyla stava meglio
che nei palazzi Vaticani”. Abbiamo così
una conferma importante - se mai ce ne
fosse stato bisogno - che il Papa polacco
amava le montagne perché le capiva e
perché le conosceva dall’interno.
Ne conosceva la lingua e le sapeva
leggere, d’altra parte, e forse abbiamo
aspettato un po’ troppo a dirlo, lui era
realmente figlio dei monti essendo nato
in un paesino dei Tatra - nella catena
dei Carpazi, tra Polonia e
Slovacchia - così belli, così aguzzi, così
simili alle Alpi. Un uomo così certo non
poteva scegliere, al pari di tanti
venerabili predecessori,
Castelgandolfo per le sue vacanze.
All’inizio ci aveva provato, e il posto era
stato ribattezzato Vaticano II, perché vi si
recava spesso. Ce l’aveva messa tutta,
aveva fatto costruire anche una piscina.
Un’abitudine che però non era destinata a
Papa Giovanni Paolo II sui sentieri del Cadore.
Pag. 7
obiettivo su
storia di San Giovanni Gualberto che “nella
silenziosa foresta dell’Appennino
Toscano, fedele al motto della preghiera e
del lavoro, si applicò, insieme ai suoi
monaci, all’orazione ed alla coltura dei
boschi, intuendo le leggi che presiedono
alla conservazione e allo sviluppo delle
foreste”, Papa Wojtyla, torna agli
argomenti del secolo sezionando con
abilità chirurgica il “problema ecologico
sotteso all’impegno dei Forestali”.
“È noto quanto oggi sia urgente
diffondere la coscienza del rispetto per le
risorse del nostro pianeta. Tutti ne sono
coinvolti, poiché la terra che abitiamo
rivela sempre più chiaramente la sua
intrinseca unitarietà sicché le vicende
inerenti alla sua conservazione e lo
sviluppo del patrimonio boschivo in
qualsiasi zona è fondamentale per il
mantenimento e la ricomposizione degli
equilibri naturali indispensabili alla vita. Ciò
va affermato ancora di più oggi, mentre ci
accorgiamo di quanto sia urgente
realizzare una decisa inversione di
tendenza in tutti quei comportamenti che
portano a preoccupanti forme di
inquinamento. Ciascun uomo è tenuto ad
evitare iniziative ed azioni che possono
intaccare la purezza dell’ambiente, e
giacché le piante, nel loro insieme,
svolgono un ruolo indispensabile sugli
equilibri naturali, necessari alla vita di tutti i
suoi gradi, la loro tutela e il loro rispetto
divengono sempre più un fatto umano di
singolare necessità”. A questo punto
l’invito alla “sua gente”: i forestali, i
montanari “Chiedo a Dio per tutti voi,
operatori forestali, e per tutti voi, uomini e
donne della montagna, appassionati
cultori delle solide tradizioni di queste
terre, che le vostre comunità conservino
sempre le preziose eredità della cultura
che vi riguarda. Desidero perciò
esprimere il mio compiacimento ed il mio
più vivo incoraggiamento ai responsabili
della Regione e dello Stato per tutti gli
impegni finora assunti al fine di sostenere
ed incoraggiare la permanenza delle
popolazioni in questa regione montana,
nel tentativo di arrestare o almeno ridurre
la tendenza ad abbandonare i luoghi
d’origine. La montagna non deve
spopolarsi, ed un sincero plauso va rivolto
a tutti coloro che contribuiscono a fare in
modo che questi luoghi, conservati e
sviluppati secondo le esigenze della loro
naturale vocazione, siano una valida fonte
di lavoro per l’economia degli abitanti”.
Per sancire l’amicizia che lo legava ai
forestali, per rendere pubblica e visibile,
ancor più di quanto avesse già fatto
nell’omelia, la stima che nutriva per il
Corpo, il Santo Padre chiese, e
ovviamente ottenne, che durante il
pranzo, al tavolo d’onore sedessero alla
sua destra e alla sua sinistra un semplice
graduato del Corpo e un operaio
forestale. E a noi piace ricordarlo così: un
“forestale” tra i forestali.
SUL GRAN SASSO UNA CIMA DEDICATA A GIOVANNI PAOLO II
Il Forestale n. 27/2005
Si trova a quota 2.424 metri sul versante occidentale del Gran Sasso d’Italia sulla Cresta
delle Malecoste nei pressi del Pizzo Cefalone, la cima che presto sarà intitolata a Sua Santità
Giovanni Paolo II. La proposta, nata dall’affetto e dalla sincera devozione che la comunità
aquilana ha sempre nutrito nei confronti di Papa Wojtyla. Del Comitato d’Onore “Cima
Wojtyla” è Presidente il Ministro delle politiche agricole e forestali Gianni Alemanno. Tra
coloro che hanno dato la propria adesione figura il Capo del Corpo forestale Cesare
Patrone, il quale ha espresso un particolare entusiasmo e speso parole di vivo
apprezzamento per un’iniziativa tanto prestigiosa, volta a testimoniare una volta di più il
profondo amore che Giovanni Paolo II ha sempre manifestato per la montagna, meta di
vacanza si, ma che Egli stesso ha eletto luogo privilegiato di meditazione e di raccoglimento
in preghiera.
Grande camminatore ed appassionato di escursioni, il Santo Padre ha percorso più
volte i sentieri del Gran Sasso nelle prossimità della Chiesa di San Pietro della Ienca. Proprio
da qui partirà un sentiero che giunge sino alla vetta che porterà il nome del Santo Padre e
che sarà inaugurata il prossimo 18 maggio, giorno in cui Giovanni Paolo II avrebbe
festeggiato il suo 85° compleanno. Sarà un elicottero del Corpo forestale a trasportare la
croce con la quale si indicherà il punto di arrivo del percorso verso quella che al momento
viene solo indicata con il nome di vetta del “Gendarme” come la chiamano gli alpinisti locali,
non essendo riportata sulla cartografia geografica ufficiale, né in quella nazionale né in
quella regionale e nemmeno in quella dell’Istituto Geografico Militare. La croce, in ferro,
sarà alta 2,30 metri, peserà 500 chilogrammi e recherà in memoria del Papa e dei quattro
Santi Protettori della città dell’Aquila, icone in bassorilievo i cui calchi sono stati realizzati dai
maestri ceramisti di San Bernardino. Al centro della croce, l’immagine della Madonna a cui
il Papa Karol Wojtyla è stato sempre molto devoto.
Alessandra Cori
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PROGETTO LIFE
Nasce l’anagrafe
degli orsi
V. Rufo
C
Il Forestale n. 27/2005
agricoltura di montagna; diminuzione o
eliminazione - per cause non spontanee della pastorizia ovina a quote elevate;
esplosione del fenomeno turistico
di Giovanni Potena e Luciano Sammarone
organizzato, non sempre ben governato
nelle aree protette.
he ci siano meno orsi in giro per le
Si è dunque modificato il nostro modo di
montagne dell’Appennino
stare in montagna, il modo in cui la società
centrale è un dato evidente a chi
civile si rapporta col territorio, che di
come noi, o i nostri collaboratori, fa
conseguenza è cambiato. Ma il
servizio nel Corpo forestale dello Stato qui
cambiamento è stato (e continua ad
da trent’anni circa. Sempre meno tracce,
esserlo) peggiorativo per l’orso, il quale è
sempre meno avvistamenti, anche con
ben definito dalla seguente frase di
appostamenti fissi in zone in cui “qui ci
Pontillo, un naturalista romano: “L’orso è
un animale solitario e scontroso. Se ne sta
deve stare”!
alla larga da tutti e ovviamente soprattutto
L’allarme lanciato dai Forestali è stato
dall’uomo, rintanandosi chissà dove alla
recepito dall’Amministrazione, che ha
ricerca di un silenzio e in difesa di una
varato un grosso progetto cofinanziato
selvaticità che gli saranno, in tempi di
dall’Unione Europea per lavorare
turismo cialtrone, sempre più difficili da
scientificamente su questo vero “Re della
trovare. E quando le ultime residue tane di
montagna”. Quali le cause della
silenzio e di selvaticità saranno spazzate
rarefazione? Così, raccontate a spanne, si
via, anche l’orso sparirà”.
possono elencare sinteticamente,
Quanti orsi ci sono? Sono in diminuzione o
secondo noi, in: diminuzione o scomparsa
in aumento? Queste domande vengono
della piccola
poste frequentemente dal cittadino
comune a chi si occupa di tutela e
gestione dell’orso bruno (Ursus
arctos) nell’Appennino, e sono
domande legittime. Ma non si
tratta di argomenti a cui si
può dare una risposta
semplice e veloce. Gli
orsi infatti svolgono
gran parte delle loro
attività durante la
notte, abitano aree
con un’estesa
copertura forestale,
vivono in territori
montani e sono
quindi poco visibili o
contattabili. L’orso
bruno inoltre
generalmente non
raggiunge alte densità e
gli individui si muovono su
aree piuttosto ampie.
Infine, secoli di
La presenza dell’orso bruno sull’Appennino sta subendo un processo di
convivenza con l’uomo rarefazione. Tra le cause: la scomparsa della piccola agricoltura di montagna e il
fenomeno del turismo non organizzato che disturba l’habitat naturale degli orsi.
spesso all’insegna di una
fauna protetta
Avviato nel 1999, il progetto fornisce
informazioni sulla presenza dell’orso
bruno nell’Appennino, oltre a permettere
la creazione di una banca dati genetica
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Archivio CFS Castel di Sangro
fauna protetta
Il Forestale n. 27/2005
P a g . 10
persecuzione accanita - hanno reso gli
percorribile, ma era prima necessario
orsi dell’Europa meridionale decisamente
verificare che si trattasse di un metodo
elusivi. Il Corpo forestale dello Stato, con la
applicabile anche all’orso bruno
sua presenza costante e capillare sul
nell’Appennino, la cui variabilità genetica
territorio, ha avviato da oltre vent’anni
era plausibilmente molto ridotta dopo
attività di monitoraggio della presenza
circa 500 anni. Anche se ogni individuo
dell’orso bruno in alcune aree nevralgiche
possiede un suo DNA unico, solo piccole
nell’Appennino centrale. È stato così
porzioni di DNA estremamente variabili
possibile registrare il numero e il tipo di
(microsatelliti) sono utilizzate per
tracce di orso rilevate, sia in maniera
distinguere gli orsi l’uno dall’altro. Per le
sistematica e programmata, sia in modo
prime analisi di laboratorio, svolte
opportunistico. Grazie ai dati che man
dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale
mano si accumulavano e alle verifiche sul
dell’Abruzzo e Molise, sono state utilizzate
campo, quindi oggettive e derivanti da
anche le diverse carcasse di orsi che,
altre esperienze, sembrava sempre più
purtroppo, progressivamente si
evidente una progressiva rarefazione
rendevano disponibili. Questa
della specie e una grande mobilità degli
coincidenza sfortunata ha però
animali. Nel contempo diventava sempre
consentito una prima verifica
più importante realizzare delle operazioni
dell’attendibilità della determinazione dei
di conteggio degli orsi che potessero
diversi genotipi, grazie alla comparazione
servire a far chiarezza sullo status di
dei risultati delle analisi del DNA dalle feci e
questa specie nell’Appennino. Operazioni
dai peli provenienti sicuramente da un
che andavano svolte considerando
singolo individuo con gli esiti dello
screening del DNA dai muscoli dello
un’area molto estesa, che abbracciasse
stesso animale.
almeno tutto il territorio in cui gli orsi
Se è quindi possibile censire gli orsi
fossero regolarmente presenti. La
appenninici usando il loro DNA, è
necessità di contare gli orsi era un
altrettanto importante arrivare a una
obiettivo rilevante anche perché
stretta collaborazione tra gli enti che
esistevano opinioni contrastanti su
gestiscono il territorio abitato dall’orso per
consistenza e andamento della
creare le condizioni di cooperazione e
popolazione, da cui dipendevano
consenso necessarie per investire con le
strategie di conservazione
indagini un’area adeguata quanto a
diametralmente opposte.
dimensioni e
Per censire gli orsi non è possibile
applicare le tecniche di conteggio usate
comunemente per altri animali.
Fortunatamente negli ultimi 10 anni
è diventato possibile avvalersi di
metodi che non richiedono la
cattura e l’osservazione
diretta e che impiegano
tecniche genetiche non
invasive per identificare
e distinguere i
soggetti, partendo da
campioni biologici
(peli ed escrementi)
rinvenuti sul campo.
Ciò permette di
creare una banca
dati degli orsi in
circolazione, una vera
e propria anagrafe
ursina. I singoli animali
vengono riconosciuti in
base al loro DNA,
attribuendogli a posteriori
una sorta di codice a barre
Attraverso la raccolta e l’analisi di campioni biologici,
virtuale, unico per ogni individuo.
è possibile creare una banca dati degli orsi presenti sul territorio. I singoli
esemplari vengono riconosciuti in base al loro DNA.
Questa sembrava la strada più
Il Forestale n. 27/2005
Pigazzini - Ag. Ecologica e Forestale CFS
fauna protetta
“Conservazione dell’orso bruno
nell’Appennino centrale” sono state
effettuate dall’Istituto Nazionale per la
Fauna Selvatica e oltre ai peli, in questa
fase della ricerca, sono stati utilizzati
anche gli escrementi, più facilmente
reperibili. Altri campioni biologici di orso
bruno sono stati rilevati con sopralluoghi in
aree in cui stagionalmente gli orsi si
recano per cibarsi dei frutti del ramno
alpino, che costituiscono una parte
importante della loro alimentazione.
Come in alcune ricerche sull’orso bruno in
Canada e sull’orso nero americano negli
Stati Uniti, il metodo di rilevamento più
importante impiegato per la stima della
popolazione è stato quello delle trappole
per peli. Si tratta di strutture mobili in filo
spinato, che viene assicurato a degli alberi
o arbusti a circa 50 cm d’altezza dal suolo,
in modo da circondare un’area ampia
almeno 20-30 m2. Al centro di questo
recinto viene assicurata, su una
biforcazione di un albero, un’esca olfattiva
non raggiungibile dagli orsi, fatta di pesce
azzurro lasciato a macerare in acqua.
L’esca viene conservata in un secchio di
plastica in cui vengono praticate delle
finestre per facilitare la diffusione
dell’effluvio. Queste trappole vengono
disposte in modo da garantire una
copertura uniforme nell’area di studio, che
a questo scopo è anche suddivisa in celle
ampie 25 km2. Una volta “attivate” le
trappole, l’esca viene lasciata 7-10 giorni in
situ, trascorsi i quali una pattuglia
controlla il filo spinato e preleva i peli
di orso eventualmente impigliati
usando guanti monouso e
conservandoli in provette
con alcool, che verranno
poi etichettate e spedite
in laboratorio per
l’analisi genetica.
Dopo il controllo tutte
le esche vengono
rimosse dalle
trappole, viene
aggiunto del pesce e
i secchi vengono
risistemati sempre
nella stessa cella, ma
in una trappola
diversa. Questa
operazione viene
ripetuta per tre volte nelle
celle, sia nel periodo
primaverile-estivo sia in
La distribuzione geografica degli orsi nell’Appennino supera i confini delle
autunno-inverno.
singole aree protette, rendendo necessaria una comune strategia di
pianificazione territoriale per garantire la salvaguardia di questa specie.
Nei 4 anni di indagine sono stati
ubicazione. È questo forse uno dei risultati
più importanti conseguiti con il progetto
LIFE Natura ’99 (1999-2003), gestito dal
Corpo forestale dello Stato e nato sulla
scorta di diversi progetti precedenti e che
ha come grossa ambizione quella di poter
fornire per la prima volta con un metodo
ripetibile informazioni quantitative sulla
consistenza dell’orso bruno. Inoltre
permetterà di creare una banca dati
genetica. Partendo da un’area di circa
500 km2, situata tra il Parco Nazionale
d’Abruzzo, Lazio, Molise e il Parco
Nazionale della Majella nel 2000, grazie a
una serie di accordi e di protocolli di intesa
con questi e altre aree protette, il
conteggio genetico è stato esteso
dall’estate del 2003 ad un’area ampia
circa 1.600 km2 che andava dal settore
meridionale del Parco della Majella al
Parco Regionale di Monti Simbruini, nel
Lazio, e dalla Marsica Fucense fino all’alto
Molise isernino. Gli obiettivi del progetto
LIFE, quanto a “contare gli orsi”, erano
due: stimare il numero minimo di animali
presenti e stimare la dimensione della
popolazione, prima nell’area del progetto
(ampia circa 900 km2) poi nell’intero
comprensorio abitato stabilmente dalla
specie. Ma come “procurarsi” i campioni
biologici necessari per le analisi di
laboratorio? Le analisi genetiche svolte sui
campioni di orso nel progetto
LIFE Natura ’99
P a g . 11
Archivio CFS
fauna protetta
Il Forestale n. 27/2005
P a g . 12
circa 600 km2 nel 2000 a oltre
1.500 km2 nel 2003) anche il
numero dei genotipi
identificati ogni anno è
aumentato (da 7 nel
2000 a 26 nel 2003).
Quest’aumento è
stato però
esponenziale, nel
momento in cui il
rilievo ha investito
anche l’area del
Parco Nazionale
d’Abruzzo, sia che si
trattasse di campioni
rilevati nei ramneti (12%
del totale), nelle trappole
(22%) o lungo i percorsi
campione (13%) o di campioni
reperiti in modo
La conservazione
fortuito o
del territorio è
pervenuti grazie
fondamentale per la tutela e
alla
la salvaguardia dell’orso
raccolti
collaborazione di
complessivamente 641 campioni
terzi (52%).
biologici di cui 523 sono stati attribuiti
Dal 2000 al 2003 sono stati identificati 43
sicuramente all’orso (55% feci, 45% peli di
orsi: questa non è una stima della
cui 5 da 3 orsi morti). Mentre i campioni
dimensione della popolazione, ma solo
fecali di orso sono facilmente identificabili,
una indicazione generica sul numero di
altrettanto non si può dire per i peli.
genotipi rinvenuti nell’area di studio che ha
Per la corretta attribuzione di questi
tra l’altro subito una variazione molto
all’orso ci si è avvalsi della valutazione
marcata nel tempo. Tale dato è riferito ad
contemporanea di due operatori esperti
un intervallo di tempo troppo esteso per
del Corpo forestale dello Stato e del
poter assumere che la chiusura
confronto con collezioni di riferimento. Per
demografica e geografica
evitare errori di omissione in caso di
della popolazione sia stata rispettata.
attribuzione “sospetta” dei campioni,
Per tentare di stimare la consistenza della
questi sono stati comunque inviati al
popolazione di orso, abbiamo utilizzato
laboratorio per le analisi. Solo dal 76% dei
solo i dati relativi ai rilievi effettuati in
campioni analizzati e originariamente
un’area adeguata quanto a dimensioni e a
attribuiti all’orso, è stato possibile avere un
ubicazione (completamente sovrapposta
“verdetto” genetico che confermasse la
al Parco d’Abruzzo - Zona di Protezione
loro appartenenza alla specie Ursus
esterna e oltre) rispetto alla distribuzione
arctos. Infatti, nei peli e soprattutto negli
accertata dell’orso il lasso di tempo
escrementi, il DNA è piuttosto degradato
considerato è stato ragionevolmente
e non sempre è possibile estrarne una
breve (agosto - dicembre) in modo tale
quantità sufficiente per poterlo sottoporre
che fosse possibile considerare
a tutto il processo di analisi. Se invece del
un’influenza trascurabile di mortalità,
riconoscimento della specie ci riferiamo
natalità, emigrazione e immigrazione.
alla ricostruzione di un intero profilo
Inoltre sono stati usati per la stima
genetico valido per riconoscere e
numerica solo i campioni raccolti lungo
distinguere gli individui, solo per 224
percorsi campione e nelle trappole per
campioni (35% rispetto al totale dei
peli, e quindi rilevati con una metodologia
campioni inviati e 43% rispetto ai campioni
programmata e ripetibile. Nell’autunno
ritenuti di orso) gli esiti delle analisi sono
2003, partendo da 34 campioni raccolti in
stati positivi. La resa è stata maggiore per i
trappole e lungo percorsi campione
peli (68%) rispetto agli escrementi (22%).
(corrispondenti a 17 genotipi), è stato
Parallelamente all’aumento del numero di
stimato che la dimensione della
campioni raccolti (da 49 a 287) e
popolazione fosse pari a circa 34 orsi
all’espansione dell’area di indagine (da
nell’area di studio. Per motivi logistici non è
Archivio CFS Castel di Sangro
Il Forestale n. 27/2005
importante iniziativa promossa dal
Ministero dell’Ambiente e dalla Regione
Abruzzo, che vede coinvolte le principali
aree protette dell’Appennino, il Corpo
forestale dello Stato e le associazioni
ambientaliste per la realizzazione di
iniziative a favore della specie. Il
“Programma”, coordinato dal Parco
Nazionale della Majella, prevede anche
azioni di ricerca scientifica in
collaborazione con il Dipartimento di
Biologia Animale e dell’Uomo
dell’Università di Roma “La Sapienza”, ed
in quest’ambito è stato proseguito il lavoro
di monitoraggio non invasivo avviato col
Progetto LIFE. Nel corso del 2004 è stato
possibile ripetere, con alcuni
adeguamenti, il lavoro di raccolta di
campioni su un’area estesa oltre 2.000
km2. Dai rilievi sono derivati oltre 450
campioni di orso, in corso di analisi presso
l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica,
incaricato di effettuare le analisi di
laboratorio grazie ad una convenzione ad
hoc il cui onere è sostenuto dal Corpo
forestale dello Stato, che ha così
mantenuto e aumentato il proprio
contributo alla conservazione dell’orso.
È stato appurato che le dimensioni
dell’area vitale, individuate riportando
sulla cartografia la localizzazione dei
diversi individui, sono in media pari a
4.200 ettari per le femmine e a
8.700 ettari per i maschi. Dati
comparabili alle poche e
approssimative informazioni
disponibili in letteratura
sull’orso bruno marsicano.
Ma un dato di rilievo
relativo alla distribuzione
geografica dei genotipi è
quello che indica come le
aree vitali degli orsi
superino i confini delle
singole aree protette. Da
questa considerazione
emerge e viene
rafforzata la
considerazione che per la
conservazione dell’orso
bruno è necessaria una
gestione, con indirizzi
comuni, di ampi territori solo
parzialmente ubicati nelle
aree protette.
Solo attraverso una comune
strategia di pianificazione
Uomini del Corpo forestale dello Stato impegnati nel “Programma di
territoriale sarà possibile
azioni urgenti per l’orso”, iniziativa promossa dal Ministero dell’Ambiente
garantire un futuro a questa
e dalla Regione Abruzzo per la realizzazione di importanti iniziative a
favore della specie.
specie nell’Appennino.
fauna protetta
stato possibile campionare con le
trappole per peli tutta l’area frequentata
stabilmente dall’orso. Per ottenere una
stima più esaustiva sarebbe necessario
estrapolare questo risultato anche
tenendo conto di questo fattore; come
pure è importante notare che il numero di
campioni utilizzabili è forse troppo esiguo
per fornire una stima accurata. Ma anche
se questi risultati non possono essere
considerati “definitivi”, essi rappresentano
comunque una acquisizione
fondamentale. Sia perché hanno
permesso di mettere a punto un metodo
di lavoro e di analisi che è possibile iterare
nel tempo per ricostruire poi la tendenza
della popolazione, oltre a “tracciare” gli
spostamenti e la distribuzione degli
individui, sia perché ha fornito una prima
valutazione numerica della popolazione di
orso bruno dell’Appennino che, per
quanto perfettibile, è basata su
metodologie oggettive e replicabili.
Il lavoro impostato col progetto Life è
stato interamente ripreso e sviluppato
nell’ambito del “Programma di azioni
urgenti per
l’orso”,
una
P a g . 13
Parchi delle stelle:
uno spettacolo a
cielo aperto
di Carmen Scarano
e isole buie delle aree protette
rappresentano gli unici rifugi dove è
possibile osservare ancora la natura
nel suo splendore e in particolare, il
magnifico e semplice spettacolo di un
cielo stellato. Nei paesi densamente
popolati, oltre alle classiche “forme” di
inquinamento, come quello delle acque,
delle terre, dell’aria, si sta sviluppando il
cosiddetto inquinamento luminoso che
impedisce la completa osservazione delle
luci naturali. L’inquinamento luminoso è
definito come: gli effetti della dispersione
nel cielo notturno di
luce
L
prodotta da sorgenti artificiali. Il cielo è
parte integrante della natura e va protetto
da questa forma di inquinamento che,
secondo gli studiosi, rappresenta un
problema ambientale a tutti gli effetti.
I parchi hanno risposto al richiamo
ambientalista, promuovendo da alcuni
anni delle iniziative a carattere
astronomico per tutelare le “bellezze del
cielo” e spingere i visitatori ad addentrarsi
nelle zone più buie per godersi indisturbati
lo spettacolo della luce delle stelle. Nasce
nel maggio 1992 l’iniziativa “I Parchi delle
stelle” promossa dall’osservatorio
astronomico Serafino Zani di Lumezzane
(Brescia) e dall’Associazione amici dei
Parchi e delle Riserve Naturali per censire,
preservare e far conoscere al pubblico “le
isole di buio”, con un occhio di riguardo ai
temi dell’inquinamento luminoso e del
risparmio energetico. I visitatori
sono invitati a recarsi nelle
ore notturne nelle
aree individuate
da ogni
parco
che
G. Li Causi
Il Forestale n. 27/2005
astronomia
All’interno di numerose aree protette
stanno nascendo percorsi suggestivi
dove i visitatori, muniti di telescopio e
macchina fotografica, possono assistere
al magnifico spettacolo di un cielo stellato
La foto si intitola “Luna piena su Campo Imperatore” nel Parco Nazionale del Gran Sasso ed ha vinto la quinta edizione del
concorso fotografico “I Parchi delle stelle”, che si è svolta nella Riserva Naturale del Monte Prinzera in provincia di Parma il 29
novembre 2002. La foto inquadra la piana di Campo Imperatore con i monti Aquila e Prena e, dietro di loro, il Mare Adriatico.
Sulla linea dell’orizzonte sono visibili le montagne del Montenegro, al di là dell’Adriatico.
P a g . 14
Il Forestale n. 27/2005
partecipa all’iniziativa. I comitati di
gestione dei parchi provvederanno a
fornire al pubblico la strumentazione
astronomica necessaria per una “visita”
ancora più approfondita.
Per gli appassionati di astronomia,
consigliamo agosto, che dal 1997 è stato
ribattezzato il mese dei “Parchi delle
stelle”, non a caso cade anche la famosa
notte di San Lorenzo. Nelle notti serene di
novilunio si possono osservare migliaia di
stelle, compresa la via lattea. Famose
sono le “lacrime di San Lorenzo”, le stelle
cadenti dello sciame meteorico delle
Perseidi che cadono nelle notti della fine
della prima decade del mese estivo.
Ricordiamo ad esempio, la IX edizione del
“Parco delle stelle” presso l’Oasi LIPU
Massacciuccoli nella Riserva Naturale del
Chiarore organizzata in collaborazione
con l’Associazione Astrofili “Galileo Galilei”
di Pisa, che si è svolta proprio il 10 e l’11
agosto 2004 con la piena approvazione
dell’astrofisica Margherita Hack che ha
dichiarato: “Le oasi LIPU possono offrire le
condizioni ideali per ammirare il cielo,
perché il buio e l’assenza di inquinamento
luminoso favoriscono le osservazioni.
Oggi molte persone che vivono in città o in
zone “inquinate” hanno perso l’abitudine
di guardare il cielo.
Un’iniziativa come quella della LIPU è
invece in grado di richamare l’attenzione
F. Melandri
delle persone verso questo fenomeno,
anche se lo spettacolo è oggi meno
appariscente che in passato”.
Spettacolari le iniziative organizzate dalla
cooperativa napoletana Tu.Te.L.A.
(Turismo, Terra, Lavoro e Ambiente) che
organizza in collaborazione con l’Ente
Parco Nazionale del Vesuvio le visite
programmate sul vulcano, dal titolo
“Vesuvio ’e Notte”. Le visite vengono
programmate sempre nelle notti di
plenilunio, senza sottovalutare le fasi
lunari, per guidare i visitatori attraverso i
luoghi più affascinanti e tradizionali del
Vesuvio. Ai Parchi delle stelle è stato
dedicato un concorso fotografico ad hoc
sulle immagini che meglio riescono a
catturare la luce del cielo notturno e i profili
dell’orizzonte nelle aree naturali protette. Il
concorso è indetto dall’Osservatorio
Astronomico Serafino Zani e dai “Parchi
delle stelle”. Le foto più belle verranno
esposte nei centri visita delle aree
protette che le richiederanno e
naturalmente su Internet. Tra i parchi che
organizzano le nottate stellari ricordiamo:
il Parco del Conero, il Parco Nazionale
delle Foreste Casentinesi, il Parco
Nazionale della Calabria, il Parco
Nazionale dei Monti Sibillini e il Parco
Nazionale Val Grande.
Per qualsiasi informazione è possibile
consultare il sito Internet www.cityline.it
che contiene l’elenco aggiornato
periodicamente.
astronomia
La foto si
intitola
“Tramonto di
Marte sul lago
Scaffaiolo” e ha vinto il
premio del concorso “I Parchi
delle stelle” edizione 1999. È stata
realizzata nel Parco Regionale dell’Alto
Appennino Modenese, a 1.775 metri di quota.
P a g . 15
Il Forestale n. 27/2005
risorse idriche
L’oro blu del Bel Paese
P a g . 16
L’acqua dolce diminuisce a vista d’occhio, il
mondo ha sete e anche nel nostro paese si
avverte la necessità di ridurre e ottimizzare i
consumi.
Le statistiche ci avvisano che siamo un
popolo di spreconi e la Giornata Mondiale
dell’Acqua 2005 ci ricorda che lo
sfruttamento intensivo delle risorse può
compromettere la vita del Pianeta
l mondo ha sete. Nei paesi in via di
sviluppo 400milioni di bambini - circa un
quinto dell’intera popolazione infantile
mondiale - sono privi dell’acqua necessaria
per vivere.
Dall’altra parte del globo, in Canada, ce ne è
in abbondanza e un cittadino medio ne
consuma quotidianamente una quantità sei
volte superiore a quella utilizzata da un
abitante di un villaggio rurale del Kenya
(363 litri contro 53).
E in Italia cosa succede?
Quella che ci lega all’acqua è una relazione
serena che poco risente delle emergenze di
cronaca, un amore di lungo corso che dopo
aver consolidato equilibri, vizi e abitudini si
proietta con leggerezza nel futuro, senza
particolari attese o preoccupazioni.
La vox populi recita: “Nel nostro Paese
l’acqua c’è, perché c’è sempre stata e
sempre ci sarà, basta aprire un rubinetto o
stappare una minerale. D’altra parte se ci
fossero problemi, le fontane che
gorgogliano in ogni angolo del nostro Paese
sarebbero le prime a pagarne le
conseguenze e a ritrovarsi a secco,
vedendosi trasformate in aride e marmoree
custodi di una preziosa risorsa che non c’è
più”. E per finire: “Se ne siamo sprovvisti,
come facciamo ad essere la terza nazione al
mondo per consumi, dopo Canada e Stati
Uniti?”
I dati del bilancio idrico nazionale sembrano
dare ragione agli ottimisti: ogni cittadino ne
ha a disposizione 2.700 metri cubi l’anno.
Tanti? Pochi?, diciamo molti, anche se di
anno in anno tendono a diminuire, se le
località a rischio di emergenza idrica
crescono di numero e se i costi e i prezzi
sono in rapido aumento.
Sul quadretto sereno che ritrae gli italiani alle
prese con oceani di acqua dolce,
compaiono così le prime incrinature. E più si
entra nel dettaglio, più diventano evidenti i
problemi e le discrepanze: il 15% della
popolazione del Bel Paese, ossia circa otto
milioni di persone, per quattro mesi l’anno è
sotto la soglia del fabbisogno idrico minimo
di 50 litri d’acqua al giorno a persona.
E i 2.700 metri cubi pro-capite? Beh,
l’irregolarità dei flussi di distribuzione - un
terzo dell’acqua disponibile si disperde
lungo le reti fatiscenti degli acquedotti -
I
abbassa il quorum a quota 764 mc, pari a
764 mila litri a persona l’anno, poco più di
2.000 litri al giorno. Che continuerebbero a
non essere pochi. Questi ultimi vanno però
svincolati dalle statistiche, ed ecco che in
buona parte del nostro Paese i rubinetti
sono sotto stress, e il rapporto con sorella
acqua “umile, preziosa e
casta” - per dirla con le parole di San
Francesco - normalmente disinvolto e
disattento entra in crisi, e iniziano i dolori.
“La disponibilità di acqua pulita rappresenta
un bene senza eguali. In questo secolo non
c’è ancora una tecnologia in grado di
produrre acqua. Essa non può essere
sostituita o duplicata. Deve, perciò, essere
valorizzata e tutelata”.
Una dichiarazione di guerra all’italian style, al
modo distratto che abbiamo di intendere e
di utilizzare l’acqua? Così sembrerebbe, ma
il problema a cui fa riferimento il Segretario
Generale dell’ONU Kofi Annan, in occasione
della Giornata Mondiale dell’Acqua 2005 è
infinitamente più grande. Di tutta l’acqua
presente sulla Terra, 1,4 miliardi di chilometri
cubi, solo l’1 per cento è acqua dolce, acqua
che possiamo adoperare per bere e per far
da mangiare. Un 1% che, comunque, è fuori
dalla nostra portata, visto che per circa i due
terzi si trova sequestrata dai ghiacci delle
calotte polari e delle nevi perenni. Di acqua,
così, ne rimane poca.
Ma torniamo a “casa nostra”, come
direbbero quegli ottimisti che non guardano
alla globalità degli ecosistemi: la domanda è
troppo alta rispetto alle risorse. Nel nostro
Paese piove molto, circa 300 miliardi di metri
cubi l’anno, “e le difficoltà - dicono i tecnici sono da imputare sostanzialmente alla
distribuzione delle precipitazioni sul nostro
territorio che non avvengono in modo
uniforme sia dal punto di vista spaziale, che
temporale”. Un problema che tradotto,
suona più o meno così: la differenza di
latitudine tra Nord e Sud della penisola
comporta notevoli varietà climatiche, con
conseguenti difformità nell’altezza media
delle precipitazioni, e delle disponibilità
idriche. Il Nord ne ha in abbondanza, il Sud
meno di quanto gliene occorra. Puglia, Sicilia
e Sardegna registrano una piovosità che è
meno della metà di quella del Veneto e della
Lombardia. Il Nord utilizza solo il 50% delle
sue disponibilità idriche, Sicilia, Sardegna e
Puglia coprono appena il 10/20% del proprio
fabbisogno. Come se non bastasse siamo
colpiti anche da una concentrazione
temporale delle precipitazioni: piove poco
nel semestre aprile-settembre, a catinelle
tra ottobre e marzo. Piove tanto e tutto
insieme, acqua quasi inutile, perché supera
la capacità di stoccaggio dei corsi d’acqua,
dei laghi e del sottosuolo, che sfugge al
risorse idriche
Il Forestale n. 27/2005
nostro controllo e utilizzo, andandosi a
peggiorare e l’Onu calca la mano ricordando
stemperare nel mare.
che un litro di acqua contaminata ne inquina
Ecco spiegato perché dei circa 300 miliardi
circa 8. Piove sul bagnato.
di metri cubi l’anno di afflusso meteorico,
Oltre ai problemi strutturali e allo
solo il 15% risulta attingibile.
sfruttamento indiscriminato - siamo degli
Ci sono poi le vie d’acqua. Ogni anno 110
spreconi - a sollevare interrogativi altrettanto
miliardi di metri cubi di acqua scorrono nei
seri è il modo in cui l’acqua dolce viene
letti dei nostri fiumi, con una quota
impiegata: il 48% per uso irriguo, il 19% per
disponibile all’utilizzo di circa 18 miliardi di mc,
uso civile e industriale; il 14% per il settore
pari a circa il 16% del potenziale
energetico.
complessivo.
Per il comparto agricolo, fino a oggi massimo
Grazie alla costruzione di sbarramenti e
utilizzatore d’acqua nel nostro paese, l’Ong
invasi, la capacità di immagazzinamento sale
ambientalista Green Cross Italia, nel dossier
a circa 40 miliardi di metri cubi/l’anno. Un
dedicato all’oro blu, segnala: “In questo
dato positivo.
settore esigenze di mercato e una rinnovata
E le acque sotterranee, quelle buone, quelle
concezione dell’agricoltura stanno portando
di falda, quelle pure da bere e da destinare
ad una riduzione nell’utilizzazione delle
all’alimentazione? Ottime e abbondanti,
risorse.
almeno così venivano descritte e così le
Una evoluzione che sembra incoraggiare la
ricorderemo. Infatti, se i ritmi di prelievo si
specializzazione dell’agricoltura nazionale
attesteranno su quelli
che sta puntando al
dell’ultimo decennio,
ridimensionamento
L. Di Battista - NPA/CFS
saranno presto un
quantitativo delle
ricordo.
produzioni a
Rispetto ai tempi di
vantaggio di una più
ricarica dei
elevata qualità. In
giacimenti idrici le
questo contesto
estrazioni di “acque
l’uso di tecniche
profonde” sono
risparmiatrici di
decisamente
acqua tende a
eccessive, il 48,6%
diffondersi,
del totale, contro il
specialmente nel
37,9% delle sorgenti,
Mezzogiorno, dove
l’8% dei bacini
senza acqua non è
naturali, il 4,8 dei
possibile
corsi d’acqua
un'agricoltura
superficiali, lo 0,4 dei
competitiva”.
laghi naturali e lo 0,3
Questa la buona
delle acque marine o
notizia, sostenuta
salmastre di
dalle dichiarazioni e
superficie. I guai non
dalle azioni del
finiscono qui: il water
ministro Gianni
minning, lo scavare
Alemanno: “Nella
profondi pozzi
Finanziaria di
“minerari” per
quest’anno il
estrarre l’oro blu, sta
Governo ha
mettendo in crisi le
stanziato mille milioni
profondità del nostro
di euro per
Paese. Lungo le
potenziare il sistema
linee di costa l’acqua
irriguo. Si tratta di un
La Giornata Mondiale dell’Acqua 2005 ha ricordato
salata tende a
investimento mai
l’importanza di ridurre lo spreco delle risorse idriche del
nostro Paese. L’acqua è un bene limitato da utilizzare con
infiltrarsi andando ad
attuato prima, che
particolare attenzione.
occupare,
dimostra
contaminandoli, gli
un’attenzione
spazi prima destinati a quella dolce.
particolare per le infrastrutture dell’acqua.
Anche la memoria fa brutti scherzi e non
È anche necessario procedere con forti
sono proprio acque buone come le
iniezioni di innovazione tecnologica per
ricordavamo. Il problema questa volta è in
riuscire a risparmiare al massimo l’acqua,
superficie, e li non tutto funziona come
che non è più un bene infinito ma limitato e
dovrebbe. Nel 2002 il 30% degli italiani
deve essere dunque utilizzato con
viveva in capoluoghi privi di sistemi di
particolare attenzione. Abbiamo deciso,
depurazioni efficienti, mentre nel meridione
inoltre, di erogare finanziamenti agli
era raro che la depurazione superasse il
imprenditori agricoli che vogliono investire e
25% delle acque reflue prodotte. E il resto
comprare nuove tecnologie per l’uso
degli scarichi dove è andato a finire? In
dell’acqua. C’è, in sostanza, una nuova
buona parte disperso nei terreni, e da li alle
attenzione strategica per l’acqua, che è la
falde, anche se il passo non è breve, non è
materia prima dell’agricoltura ed al Sud non
neppure troppo lungo.
deve più mancare”.
La qualità delle nostre acque tende così a
I.D.
P a g . 17
Le acque dei Cesari
proprietà delle sorgenti migliori: Columella si
dedicò a descriverne i gusti, Vitruvio i territori
dai quali avevano origine, mentre Plinio,
scoprendo le proprietà medicali delle acque
termali, gettò le basi dell’idrologia medica.
Ma c’è di più: non si accontentavano di
andare solo alla loro ricerca e di berle alla
scaturiggine, le volevano sempre a portata
di bocca e per far questo le canalizzavano
hi di un bicchier d’acqua minerale
attraverso opere dalle architetture
apprezza solo bollicine o
monumentali, gli acquedotti, oppure le
trasparenza, qualità organolettiche o
trasportavano nella caput mundi sigillate
salutistiche dovrà ricredersi e fare
nelle anfore. L’impero dell’acqua era
nuovamente il punto sulle proprie
fondato su conoscenze che oggi
convinzioni. Le acque minerali italiane - o
sembriamo aver perduto”- conclude la
almeno una parte di esse, circa trenta
Belisario.
etichette - hanno una marcia in più, un valore
Facile come bere un bicchiere d’acqua?
aggiunto in grado di proiettarle al di fuori dei
Sembra proprio di no,
luoghi comuni e delle
visto che per
strategie di
riconquistare queste
marketing aziendale,
conoscenze antiche
e di restituire loro
il progetto “Le Acque
l’identità e lo
dei Cesari” ha messo
spessore di una
in campo un pool
risorsa naturale, non
solo buona e
interdisciplinare di
gratificante al palato,
studiosi, scienziati,
ma nobile, anzi
storici e uomini di
“nobilissima”.
lettere che,
Stiamo parlando
basandosi sui
delle “Acque dei
precetti dei patres,
Cesari”, quelle fonti
stanno
sparse sul territorio
approfondendo la
nazionale scoperte,
tematica e i
valorizzate e
complessi rapporti
utilizzate dalla
che legano le fonti al
progenie di Remo,
territorio. Per dirla
che oggi
con Vitruvio, Talis
confluiscono sulle
aquae, qualis terra
nostre tavole in
per qua fluunt - le
bottiglia, e
acque sono tali e
soprattutto
quali al terreno che
nell’omonimo
attraversano.
progetto culturale di
“Stiamo
valorizzazione
ricomponendo i mille
Fontana romana nel sito archeologico di Altilia Saepinum in
storico-territoriale.
frammenti di una
provincia di Campobasso.
“La romanità di età
storia mai
classica rappresenta
sufficientemente
il livello più alto della cultura idrica del mondo
approfondita, e ci stiamo accorgendo che
occidentale” - ci racconta la biologa e storica
non abbiamo di fronte delle semplici bottiglie
dell’alimentazione Gabriella Belisario tra gli
di acqua minerale, ma dei monumenti liquidi,
autori del progetto, che prosegue - “parlo di
dei libri aperti, dei testimonial di gusti antichi
cultura idrica, perché i romani sono stati i
che hanno attraversato i secoli quasi intatti.
primi a riconoscere e a descrivere
L’obiettivo finale del progetto, dopo la prima
differenze, laddove ancora oggi i più vedono
fase dedicata al recupero e alla lettura dei
solo uniformità. In poche parole, hanno
materiali, è registrare i risultati acquisiti sul
sostituito il termine singolare e indistinto
territorio, perché, al pari del vino possiamo
“acqua”, con quello plurale e maggiormente
parlare di terroir dell’acqua. Tutelare i
articolato di “acque”, come a dire: “le acque
territori e i paesaggi dell’acqua è l’unico
sono tante e non una sola, e sono tutte
sistema per difendere questi irripetibili
diverse l’una dall’altra”. I romani erano in
miracoli della natura”.
grado di riconoscere le caratteristiche e le
I.D.
C
Il Forestale n. 27/2005
Foto Gimp
risorse idriche
Nasce un progetto per ricostruire la storia
delle acque minerali utilizzate e valorizzate ai
tempi dei romani e per tutelare i territori dai
quali ancora oggi sgorgano.
“Siamo di fronte a dei monumenti liquidi, a
dei libri aperti che raccontano storie e sapori
antichi”
P a g . 18
LE POTENZIALITÀ TERAPEUTICHE DEI CENTRI TERMALI
La salute
vien dall’acqua
Ritrovare l’armonia interiore e il benessere
psico-fisico grazie ad un farmaco regalato
dalla natura
Il Forestale n. 27/2005
benessere
di Valeria Maffei
centri termali sono immersi in oasi di
verde e di pace, dove le meraviglie
naturali, la varietà dei paesaggi e l’aria
pura permettono il raggiungimento del
benessere e la rigenerazione sia del corpo
che dello spirito. Mentre d’inverno è
d’obbligo immergersi nelle atmosfere
sulfuree delle acque calde di Saturnia,
Bagno Vignoni o Viterbo, d’estate è
consigliato rigenerarsi con quelle fresche
ricche zolfo, magnesio, calcio e
bicarbonato di Tabiano, Saint-Vincent o
Abano. Ma attenzione al fai da te, infatti
accanto ad acque passpartout, buone
per il relax e il welness, ne esistono molte
“altamente specializzate”, da bere, o in cui
immergersi, solamente in caso di problemi
specifici. Per queste ultime ci sono gli
specialisti di medicina idrotermale, per
tutte le altre, basta attenersi alle
I
Il contatto del corpo con l’acqua, il bagno di vapore e il
profumo delle essenze naturali riaccendono i ritmi vitali e
aiutano a ritrovare l’armonia interiore.
P a g . 20
indicazioni che si trovano presso le fonti.
Comunque sia, dal nord al sud, da est a
ovest, l’Italia è attraversata da veri e propri
itinerari della salute che vanno incontro ad
alcuni dei paesaggi più suggestivi che la
storia geologica “giovane” della nostra
penisola - fatta di vulcani mai sopiti e di
una terra facile ai tremori - ha saputo
disegnare. E tra una montagna e una
collina o sul piano morbido di una
campagna ecco che la roccia, come per
miracolo, lascia sfuggire dalle sue
profondità acque salutifere dalle proprietà
miracolose.
I momenti più belli sono all’alba, quando il
sole sorge dietro le colline e si viene
lentamente risvegliati dal suo calore
mentre si nuota tranquillamente nelle
piscine termali immerse nel silenzio. Al
tramonto, la luce assume tonalità calde e
magiche e lo spettacolo è altrettanto
affascinante. Il contatto del corpo con
l’acqua, il bagno di vapore, la terra calda
dei fanghi ed i profumi degli oli e delle
essenze riaccendono i ritmi vitali e aiutano
a ritrovare l’armonia interiore ed uno stato
di benessere totale. Infatti il diffondersi di
una cultura dello star bene e del vivere
sano che ricomprenda sia il corpo che lo
spirito è confermato anche dalla nuova
definizione di salute proposta
dall’Organizzazione Mondiale della Salute.
Secondo l’OMS il concetto di salute non
indica solo l’assenza di uno stato
patologico a livello fisico, ma intende uno
stato di benessere totale: fisico, psichico e
sociale. Ed è proprio la globalità dell’uomo
ad essere da sempre in primo piano nel
termalismo, una disciplina che conserva
un approccio medico scientifico completo
nei confronti dell’uomo. La medicina
termale oggi è una vera e propria scienza
che si basa su diagnosi, terapie e sulle
nuove conoscenze messe a disposizione
dalla continue ricerche svolte dalle
Università, che attualmente si occupano
anche della preparazione scientifica dei
medici.
A differenza di quanto avveniva nei primi
anni del 900, quando il termlismo era
funzione curativa. L’Italia è famosa in tutto
il mondo per i suoi numerosi centri termali
che si differenziano per le caratteristiche
delle acque, classificate in base ai sali
minerali di cui sono ricche. L’uso delle
acque minerali a scopo terapeutico è
antichissimo: è stato Ippocrate a
studiarne per primo, nel suo trattato
“Corpus Hippocraticum”, le preziose
proprietà dal punto di vista chimico,
organolettico ed igienico. Nei secoli il
fenomeno termale si è arricchito di una
serie di valenze sia sociali che culturali, ed
è solamente nel 1800, grazie allo sviluppo
della chimica moderna, che l’acqua si è
delineata nella sua fisionomia di farmaco
complesso e polivalente in grado di curare
le più diverse tipologie di disturbi. Ad
esempio le acque sulfuree di
Salsomaggiore, di Abano o Aqui sono
molto indicate per coloro che soffrono di
reumatismi. Per combattere i disturbi
dell’apparato respiratorio si può usufruire
delle cure inalatorie presso i famosi centri
di Sirmione o Tabiano, mentre la stazione
di Comano è specializzata nella cura di
malattie cutanee. Inoltre i bagni,
l’idromassaggio, i fanghi o il trattamento
termale in grotta, sfruttando le
innumerevoli proprietà terapeutiche del
patrimonio idrominerale, assicurano
importanti funzioni di prevenzione, cura e
riabilitazione.
Il Forestale n. 27/2005
considerato un fenomeno d'élite - erano
infatti solamente le classi di alto livello
economico e culturale a potersi
permettere il lusso di ritemprarsi presso le
stazioni termali - oggi la frequentazione
dei centri termali è molto diffusa anche
presso le classi medie. La forte crescita
della domanda di servizi legati al
benessere psico fisico ha portato al
diffondersi del fenomeno delle vacanze
benessere nei centri termali, nei beauty
center e negli agriturismi. Sono molti gli
stabilimenti termali in Italia che offrono
settimane o week end antistress,
soggiorni benessere e “riequilibranti”, che
comprendono, oltre alle terapie vere e
proprie, anche trattamenti estetici e
massaggi rilassanti. Inoltre particolare
attenzione è dedicata alla cucina, colorata
ed ipocalorica, a base di tisane e frutta di
stagione.
È soprattutto la domanda di termalismo e
di beuty farm ad essere in forte crescita:
nel 2000 le spese in questo settore hanno
raggiunto gli 8.900 miliardi di vecchie lire e
nei prossimi anni si prevede una crescita
ancora maggiore. Le beauty farm, vero
fiore all’occhiello del sistema ricettivo
italiano, ospitano un pubblico sempre più
differenziato, non solo composto da
persone anziane e affette da particolari
patologie; è infatti ben l’84% degli italiani
ad attribuire al termalismo un’importante
benessere
Bagno Vignoni (SI) è un piccolo borgo della Val d’Orcia che ha una caratteristica inconfondibile: la piazza centrale è una
grande vasca termale d’acqua calda dove, fino a qualche tempo fa, era possibile anche immergersi.
P a g . 21
TURISMO A SETTE STELLE
Il Forestale n. 27/2005
risorse idriche
Acqua di lusso
La maggior parte della superficie terrestre
è occupata dal mare.
Gli oceani coprono circa il 71% della
superficie del nostro pianeta.
Per questo da sempre l’uomo inventa
modi di convivenza con l’acqua,
amica-nemica, ma soprattutto da
conoscere e inventare. Ecco come
l’elemento primordiale per antonomasia si
autorilancia nell’era del global village e
diventa un originale, prolifico affare
turistico
di Eleonora de Nardis
i eravamo stupiti dieci anni fa per le
metropolitane sottomarine di
Hong Kong, crocevia dell’Asia e
megalopoli dove l’antico spirito cinese si
fonde con un’avveniristica razionalità
dell’organizzazione urbana. Pensavamo
che solo lì, dove ogni giorno gli abitanti
fanno i conti con tradizioni secolari ed
C
eventi all’avanguardia legati all’acqua,
(elemento che da millenni
contraddistingue il loro stile di vita)
potessero prendere forma idee del
genere. E invece la bioarchitettura
acquatica ci sorprende ancora, laddove il
nostro sguardo esce dallo schema
urbano e di quotidianità e va alla ricerca di
esotismo, magari sfogliando un depliants
turistico, e i chilometri cubi di acqua
marina prendono la forma di un mondo
dei balocchi. Per esempio a Dubai, dove
l’acqua fa rima con lusso e
intrattenimento.
Non poteva esserci posto migliore, se si
pensa che la piccola città stato degli
Emirati Arabi Uniti, considerata la perla del
Golfo Persico, aveva già un suo personale
guiness dei primati. Qui si trova già
l’albergo più alto e uno dei più costosi al
mondo, l’unico a sette stelle:
il Burj al-Arab, la Torre araba, 321 metri a
Il Rojal Towers nell’isola di Paradise Island, arcipelago delle Bahamas, è circondato da una imitazione della leggendaria città
di Atlantide.
P a g . 22
del mondo e soprattutto 220
lussuosissime suite con oblò panoramici,
giochi di luce, aromi, suoni; ogni stanza
avrà un pannello di controllo per regolare
l’illuminazione, i suoni e persino gli odori.
Fortemente sconsigliato a chi soffre di
claustrofobia ma anche ai “comuni
mortali” che non potranno permettersi
5.500 euro a pernottamento.
Eppure questo gioiello non sarà certo
l’albergo più caro al mondo.
Guarda caso è proprio un altro esempio di
bioarchitettura turistica a detenere il titolo
di resort più costoso.
È il Royal Towers, albergo acquatico da
sballo situato a Paradise Island, isola dei
Caraibi dal nome già fin troppo eloquente.
Circondato da un’imitazione della
leggendaria città di Atlantide, con corridoi
subacquei, acquapark con scivoli e la
ricostruzione di ben cinque differenti
ambienti marini, l’albergo ha, in ognuna
delle sue 2.300 suites, suggestive
finestre sottomarine a oblò. Un sogno,
neanche a dirlo, alla portata di pochi: una
sola notte “in paradiso” costa ben 25.000
dollari.
Il Forestale n. 27/2005
forma di vela, un’attrazione fino a oggi
inimitabile. Ma ben presto Dubai sarà
ricordata per un altro santuario
dell’albergazione di extralusso,
l’Hydropolis Hotel, che sorgerà sott’acqua
e sarà il primo resort del genere al mondo.
Joachim Hauser, l’architetto tedesco
artefice del progetto, già realizzatore di
diverse strutture ambiziose in Medio
Oriente, ha disegnato Hydropolis su
un’estensione di 107.700 m2 sul fondo del
mare, e ha previsto la sua costruzione a
300 m dalla costa di Dubai. Il gigantesco
resort, che si prevede possa essere
realizzato entro il 2006 e che costerà 455
milioni di euro, sarà formato da tre corpi
principali: una futuristica stazione di arrivo,
dove si troveranno la reception e gli uffici,
un complesso sottomarino - la parte
principale - e un tunnel trasparente che
collegherà le due strutture.
La base dell’hotel collocata a una
profondità di 20 metri sarà d’acciaio,
cemento e plexiglas; è prevista anche una
piattaforma panoramica, 3 ristoranti da
150 posti, piscine termali, bar, un centro
commerciale, il primo museo sottomarino
risorse idriche
Il Burj al-Arab (Torre Araba) di Dubai è uno degli alberghi più costosi del mondo, l’unico a sette stelle.
P a g . 23
Tv interattiva al
servizio dell’ambiente
Il Corpo forestale entra nell’era del digitale
terrestre. Partiti a marzo i primi
collegamenti con Rai Utile, canale di
pubblica utilità. Dal lunedì al venerdì, due
gli appuntamenti quotidiani
di Alessandra Cori
ra i primi a comprendere e a voler
sfruttare il potenziale innovativo e
comunicativo della TV interattiva, il
Corpo forestale dello Stato ha avviato già
dal 10 marzo, i collegamenti con Rai Utile, il
canale di pubblica utilità del digitale
terrestre della Rai. Per ora gli
appuntamenti sono due e vanno in onda
dal lunedì al venerdì alle ore 10,30 e alle
ore 11,30 ma, presto, in base alla
convenzione che il Corpo forestale dello
Stato ha sottoscritto con la Rai, le finestre
informative quotidiane saranno ben
quattro, una ogni ora, distribuite lungo
l’arco della mattinata.
Funzionari e dirigenti impiegati nei vari
servizi operativi della Forestale, in diretta
dalla Centrale operativa nazionale
dell’Ispettorato generale, illustrano in
pochi minuti fatti di cronaca che hanno al
centro le tante attività del Corpo: dalla
lotta al bracconaggio al traffico illecito di
rifiuti, dagli incendi boschivi al contrasto ai
reati ambientali e agroalimentari; dalla
tutela delle aree naturali protette al
servizio Meteomont di previsione e
prevenzione delle valanghe; dal soccorso
alpino fino alle operazioni di protezione
civile e ai tanti altri temi legati alla tutela
dell’ambiente, del territorio e del
Il Forestale n. 27/2005
S. Azzarello - NPA/CFS
media
T
Lo staff tecnico del nucleo produzioni audiovisivi del Corpo
forestale è impegnato quotidianamente nella realizzazione
di due collegamenti in diretta con Rai Utile.
P a g . 24
paesaggio, nonché informazioni su
situazioni di particolare emergenza.
L’obiettivo è di avvicinare ancora di più il
telespettatore-cittadino
all’Amministrazione, di sensibilizzare un
pubblico sempre più esigente ed attento
alle grandi tematiche ambientali,
passando attraverso un tipo di
informazione costante e puntuale fornita
da quello stesso personale che ogni
giorno si trova ad intervenire in prima linea
contro i continui attacchi all’ambiente e
alla salute pubblica.
Anche questa volta, il Corpo forestale
dello Stato non ha perso un importante
appuntamento con le nuove tecnologie e,
al passo con i tempi, ha fatto in modo di
cogliere l’occasione di essere presente
già nella fase di sperimentazione avanzata
di quella che viene ritenuta la nuova
frontiera della tecnologia, che poi è la
stessa utilizzata dai computer, da Internet
e dai cellulari. È il linguaggio comune
attraverso cui si realizza la convergenza
dei media. Le immagini, i suoni ed i dati
“parlano nello stesso modo” e possono
unirsi, integrarsi e completarsi, fornendo
per la prima volta al telespettatore la
possibilità di interagire con la
programmazione televisiva e sviluppare i
servizi di “T-Government”, l’equivalente
televisivo digitale dell’ “E-government”
che attualmente consente di ottenere
servizi e certificati, nonché inoltrare
richieste alla Pubblica Amministrazione via
Internet.
La copertura del servizio televisivo digitale
terrestre attualmente supera il 50% del
territorio nazionale, con priorità
ovviamente alle grandi città (che sono
quasi tutte coperte). Il segnale dovrebbe
arrivare a servire tutta Italia in tempi brevi,
e comunque entro il 2006, anno nel quale
verrà effettuato il cosiddetto “switch-off”,
ovvero il definitivo passaggio dalla ormai
obsoleta tecnologia analogica a quella
digitale da parte di tutte le emittenti
televisive, pubbliche e private. È possibile
seguire le trasmissioni di Rai Utile sia sul
digitale terrestre tramite decoder che sul
satellite attraverso la piattaforma di Sky, al
canale 873.
Silvae, la cultura della
natura in primo piano
uecentosettanta pagine - tante ne
conta la prima uscita - dedicate a
chi vuole “leggere” la natura da più
prospettive. Silvae, la nuova rivista del
Corpo forestale, è un quadrimestrale a
carattere tecnico-scientifico, che
completa la filiera degli strumenti di
comunicazione messi a punto dal Corpo
per veicolare i propri valori e le proprie
esperienze.
Se a “Il Forestale” è delegato il compito di
dialogare con la sua composita platea con
un taglio veloce e giornalistico, a Silvae
spetta quello di scavare in profondità nelle
tematiche ambientali, per proporre nuove
tesi, soluzioni e accendere dibattiti. Una
rivista di approfondimento compendiosa,
con firme importanti per contenuti alti, che
invoglia a saltare da una pagina all’altra sul
filo della libera associazione, grazie alla
D
ricchezza e alla trasversalità degli
argomenti trattati. In sommario nel primo
numero, un focus dedicato agli organismi
geneticamente modificati (OGM) che si
snoda nel corpo della rivista attraverso
aspetti normativi, etici, di scenario e
economici, con pluralità di voci e
argomentazioni. Più avanti, in tema di
trasversalità, “Cinema e natura: come la
pellicola ha trattato l’ambiente”, “Il bosco,
Pan e l’Universo” e “La riconquista della
natura per una nuova religiosità
ecologica”. Di ambito “forestale” il
contributo del Magnifico rettore
dell’Università di Firenze, Augusto
Marinelli, con “Le risorse forestali e lo
sviluppo delle zone montane”. La veste
editoriale sobria, il formato maneggevole più da libro che da rivista - e l’alta
leggibilità, frutto di una grafica studiata per
orientare il lettore più che per intrattenerlo,
insieme alla scelta politically correct di
utilizzare carta ecologica non sbiancata
con ammoniaca e senza cloro,
completano il quadro della pubblicazione.
I.D.
media
Nasce Silvae, rivista tecnico-scientifica del
Corpo forestale dello Stato, a metà tra
“casa del pensiero dei forestali” e luogo di
approfondimento sulle tematiche
ambientali
Il Forestale n. 27/2005
Abbonarsi a Silvae è facile: 30 euro l’anno (20 euro per gli appartenenti alle Forze
dell’ordine e per gli studenti), da versare sul c/c postale n. 12129003 intestato al Fondo
assistenza, previdenza e premi per il personale del Corpo forestale dello Stato, via
G. Carducci, 5 - 00187 Roma. Non dimenticate, inoltre, di indicare la causale del
versamento e il codice fiscale o la partita iva.
P a g . 25
Anche gli animali
prendono l’aereo
A Fiumicino, molti di loro sono
“clandestini”, altri senza certificati, altri
ancora illegali... Ma chi li controlla?
di Emanuela Vecchiet
i parla sempre più spesso di tutela e
salvaguardia del patrimonio
ambientale. La cronaca quotidiana
di giornali e televisione ci offre
giornalmente notizie riguardanti le
operazioni condotte dagli uomini del
Corpo forestale, ma a ben vedere se
viene dato il giusto risalto ai risultati brillanti
raggiunti o a particolari operazioni di
interesse comune, non bisogna
dimenticare il lavoro quotidiano che si cela
dietro.
Quale strumento migliore per toccare con
mano l’operatività degli agenti forestali, se
non quello di trascorrere “Una giornata
con il Corpo forestale”?
Ecco quindi che per questa “puntata”
abbiamo scelto l’Ufficio CITES che opera
all’interno dell’Aeroporto di Fiumicino.
Con l’acronimo CITES si indica la
Convenzione di Washington sul
commercio
S
Archivio CITES/CFS
Il Forestale n. 27/2005
un giorno al comando stazione
CITES - ANIMALI E PIANTE IN VIA DI ESTINZIONE
Gli agenti del Corpo forestale del Servizio Cites presso
l’Aeroporto di Fiumicino hanno effettuato nel solo 2004,
2.532.471 controlli nel settore del pellame.
P a g . 26
internazionale delle specie di fauna e flora
minacciate di estinzione. La Convenzione
nasce dall’esigenza di creare un serio
controllo sul commercio di animali e di
piante (vivi, morti o parti e prodotti
derivati), dato che tra le principali cause di
estinzione e rarefazione in natura di
numerose specie è da annoverarsi lo
sfruttamento commerciale.
Ispettore Tedesco che tipo di controlli
svolgete nel corso di una giornata tipo?
Innanzitutto bisogna chiarire che la
Convenzione regolamenta il commercio,
non lo vieta e il regime di protezione
dell’animale o del vegetale si determina
sulla base delle tre Appendici. La prima
contempla l’importazione solo in casi
particolari, la seconda prevede quasi un
libero commercio e la terza concerne i
certificati d’origine. Più ci si avvicina alla
prima appendice, più aumentano i vincoli
e i divieti.
I controlli che si effettuano nel corso di una
giornata tipo innanzitutto riguardano il
settore merceologico.
Tutti gli animali vivi che troviamo in vendita
all’interno dei negozi transitano infatti
dall’aeroporto di Fiumicino e da pochi altri
tra cui Malpensa. Controlliamo i
pappagallini, gli uccelli di altre specie, i
pesci tropicali ed i rettili. Per effettuare
queste operazioni lavoriamo in una
zona denominata Cargo City dove
transitano tutte le importazioni a
livello commerciale, sia di animali
vivi, che di parti o prodotti
derivati; lavoriamo tantissimo
con le pelli, conciate o
semiconciate, che le aziende
importano per poi trasformarle
in prodotti finiti come borse e
portafogli delle più note marche
di alta moda.
La mattina presto si inizia quindi
con i controlli merceologici, per
passare al controllo passeggeri
all’interno dell’aeroporto
internazionale agli arrivi sia
internazionali sia comunitari.
Archivio CITES/CFS
Per concludere con un tocco di colore, ci
racconterebbe l’episodio più particolare
che vi è capitato?
Un giorno siamo stati chiamati perché
c’era un uccello tutto viola con la testa
rossa che volava proprio sulla pista, tra gli
aerei. Era una Musophaga Violacea, una
specie simile al nostro cuculo originaria
dell’Africa, che con assoluta certezza era
stata liberata da qualche passeggero
sprovveduto che pur di non incorrere in
una sanzione penale ha liberato il volatile
appena sceso dall’aereo. C’è però anche
chi, con “beata incoscienza”, si porta di
ritorno da una vacanza da sogno alle
Seychelles una Tridacne da 30 chili come
souvenir, senza capire quale scempio ha
procurato. La valva di una Tridacne di
piccole dimensioni impiega quasi tre anni
a crescere, chissà quanti anni di vita sono
spirati in pochi istanti per averne solo la
conchiglia! Ma il record arriva a 75 chili!
Il Forestale n. 27/2005
Ci fa qualche esempio?
Recentemente al posto di un libro e di un
paio di jeans, che era il contenuto indicato
sul pacco, abbiamo rinvenuto due piccoli
sauri australiani nonostante il bando
assoluto di esportazione di rettili vigente in
Australia e proprio la settimana scorsa
abbiamo trovato due catane, due spade
realizzate con costole di elefante levigate
ed incise. Altre “scoperte” avvengono
durante le richieste di visita della Dogana.
Senza il nostro visto, infatti, l’importazione
su territorio comunitario non è permessa.
Le operazioni di controllo nel settore del
pellame sono elevatissime, 2.532.471 nel
2004, e frequentemente troviamo
difformità rispetto quanto dichiarato,
come quando al posto di scarpe di pelle
bovina abbiamo trovato scarpe di jeans
con inserti in pelle di pitone reticolato.
Ricordo un caso dell’anno scorso che
riguardava una dichiarazione
un giorno al comando stazione
... e come operate su segnalazione
o a campione?
In generale operiamo in
entrambi i modi. Per quanto
concerne i voli ce ne sono
alcuni “a rischio” che ci
vengono segnalati dalla
Dogana e dalla Finanza ai
quali si riserva un’attenzione
particolare; sono i voli
provenienti solitamente dal
Brasile, dal Sud
America e
Il commercio di
dall’Africa. Ma
animali e piante in via di
estinzione è secondo per
operiamo
fatturato solo a quello della
anche su
droga e delle armi. Tra le
cause di estinzione e rarefazione,
segnalazione
la principale è lo sfruttamento
dell’occhio
commerciale.
astuto
dell’operatore
che individua il passeggero che tenta di
d’importazione di corallo libero. In realtà,
passare il Canale Verde (circuito di
tra il corallo semplice erano nascosti 500
controllo doganale) senza dichiarare,
chili di corallo blu che per essere
mentre in realtà nasconde qualcosa. Le
importato necessita della certificazione
segnalazioni ci arrivano anche dalle
CITES. Quest’operazione era partita a
organizzazioni che cercano di contrastare
seguito di una segnalazione di
a livello mondiale tutte le forme di
importazione di corallo blu dall’Indonesia
commercio illegale, come ad esempio il
sotto falso nome.
WWF, e che spesso ci consentono di
Quanto personale lavora all’ufficio CITES
portare a buon fine il nostro intervento.
di Fiumicino?
Infine ci occupiamo delle importazioni a
Siamo in dodici: due agenti sono fissi
livello postale. Tutti i pacchi postali che
all’aeroporto di Roma Ciampino (sul quale
viaggiano via aerea vengono aperti da noi
abbiamo giurisdizione), dalle quattro alle
della CITES, dalla Dogana e dalla Finanza
sei persone lavorano al Cargo City e il
perché potrebbero costituire un pericolo.
restante personale si suddivide tra il
E infatti, spesso, all’oggetto indicato sul
controllo passeggeri e il controllo postale.
pacco non corrisponde il contenuto!
P a g . 27
NATI QUANDO NON C’ERANO ANCORA TRENI O STRADE AGEVOLI, PARTICOLARI
SENTIERI PERMETTEVANO IL TRASPORTO DEI TRONCHI
Alla scoperta
della via dei legni
tradizioni
Il legname dai boschi dell’Appennino
arrivava a Firenze o ai cantieri navali di
S. Croce sull’Arno, seguendo dei percorsi
precisi che si snodavano su terra e in
parte per via fluviale
di Alessandro Bottacci
i sono dei giorni nei quali, seduto
con i miei novanta anni su un
masso del Saltino, guardo il sole
calare lentamente a ovest, sciogliendosi in
un mare di rosso. In quei momenti mi
tornano alla mente i tanti racconti sentiti
dai vecchi quando si andava a veglia nelle
lunghe sere d’inverno.
Una volta, ero ancora un bambino, uno di
loro, un uomo al quale gli anni non
avevano
tolto
C
Il Forestale n. 27/2005
l’aspetto
forte e lo sguardo coraggioso, mi
raccontò di uno strano lavoro che aveva
svolto in gioventù ed il cui ricordo gli era
rimasto vivo nella memoria per tutta la vita:
il trasportatore di tronchi.
Mi prendeva con le sue grandi mani e,
mettendomi sulle ginocchia, mi chiedeva
con la sua voce profonda: “Hai mai
guardato le grandi capriate che
sostengono il tetto di molte chiese? O le
lunghe travi dei saloni nei palazzi
rinascimentali? O i maestosi alberi dei
velieri? Sai da dove veniva tutto quel
P a g . 28
legno? Dai boschi della nostra montagna”.
Poi proseguiva: “Allora non era come
adesso. Non c’erano treni o camion per
trasportare agevolmente i lunghi alberi,
abbattuti a colpi di ascia o col segone.
Il legname dai boschi dell’Appennino
arrivava a Firenze o ai cantieri navali
di S. Croce sull’Arno seguendo dei
percorsi precisi che si snodavano in parte
su terra ed in parte sull’Arno: le cosiddette
vie dei legni.
“In Toscana i pennoni delle navi o le
travature delle chiese erano costruiti
utilizzando l’abete
bianco
proveniente
dalle foreste di Camaldoli e di
Vallombrosa. Questo albero infatti
fornisce un ottimo legno, elastico, leggero
e resistente. Il fatto che questa specie
fosse così richiesta aveva portato
ricchezza ai monasteri proprietari delle
foreste e, in qualche modo, anche a tutti
coloro che lavoravano per loro.
“Utilizzando catene e puntoni,
agganciavamo i tronchi, lunghi anche più
di 25-30 metri, ai gioghi di coppie di buoi e
li guidavamo lungo queste vie dei legni.
Talvolta per un tronco si utilizzavano
anche 5 coppie di buoi. I tracciati principali
erano rivestiti in pietra e mantenuti con
cura. Per evitare che il selciato fosse
conduceva
fino all’Arno, dove esistevano i cosiddetti
“porti”. La strada dei legni di Vallombrosa,
ad esempio terminava al porto di S. Ellero,
posto proprio alla confluenza tra il Vicano
e l’Arno, seguendo più o meno il tracciato
del trenino a cremagliera”.
A questo punto la mia curiosità
aumentava e domandavo al vecchio
boscaiolo come proseguiva il viaggio dei
tronchi da lì fino a Firenze, a S. Croce e al
mare. Guardandolo negli occhi si poteva
scorgere una luce particolare e capire che
le sue pupille rivivevano momenti pieni di
pericolo e di coraggio.
“Dal porto di S. Ellero - proseguiva il
vecchio - il viaggio continuava sul fiume.
Allora l’Arno, prima delle sistemazioni
realizzate dai granduchi, era ancora
Un’altra parte proseguiva verso S. Croce
dove si trovavano i cantieri navali del
Granducato. Altri tronchi venivano infine
fluitati fino a Pisa e a Livorno, dove i
monaci vallombrosani avevano addirittura
un magazzino di vendita.
“Lì il nostro lavoro finiva. I tronchi,
trasformati in alberi per i velieri,
prendevano la via del mare, noi invece ci
incamminavamo per tornare ai monti”.
Qui il vecchio boscaiolo smetteva di
parlare ed io, che stavo ancora sulle sue
ginocchia, potevo intuire un brillio di
nostalgia nei suoi occhi. Forse lo stesso
brillio che voi che ascoltate potete vedere
nei miei occhi ormai vecchi.
Il Forestale n. 27/2005
navigabile in caso di piena. Legavamo i
tronchi insieme, in gruppi che noi
chiamavamo “foderi”, per mezzo non di
corde ma di lunghe vitalbe (le liane
frequentissime nei nostri boschi). Una
volta preparati i “foderi”, si aspettava la
piena e poi giù sul fiume a cavallo di
queste zattere. Era un’operazione
rischiosissima anche perché il fiume aveva
molte svolte e i foderi andavano a
sbattere verso la riva esterna. Talvolta i
tronchi sbattevano l’uno contro l’altro o si
incastravano tra di loro; in quei momenti
era importante saper manovrare i nostri
lunghi bastoni (le pertiche) per mantenersi
in equilibrio. Ogni viaggio era carico di
pericoli e qualcuno ci ha addirittura
rimesso la vita.
“Una parte dei tronchi si fermava a
Firenze, dove questi erano utilizzati per le
travature dei grandi palazzi e delle chiese.
Ho sentito dire da un professore che a
Rovezzano c’era un deposito di legname
trasportato dal fiume, fin dai tempi degli
antichi Romani.
tradizioni
rapidamente alterato dal passaggio dei
pesanti tronchi, le pietre, di grosse
dimensioni, non erano messe per piatto
ma di taglio o come si diceva allora “per
coltello”. In questo modo si evitava che i
legni scivolassero troppo nelle discese più
ripide sfuggendo al controllo degli uomini
e degli animali che li trasportavano.
“Avresti dovuto vedere cosa succedeva
quando bisognava fare una curva più
stretta. Il tracciato, in corrispondenza della
curva, si allungava verso l’esterno. Arrivati
in quel punto il tronco veniva spinto sul
braccio morto e tutte le coppie di buoi
girate. Una volta riagganciate le catene si
riproseguiva lungo il percorso in discesa
fino alla successiva curva a gomito dove
l’operazione era ripetuta.
“I resti di queste “vie dei legni” sono
ancora visibili nelle foreste di Camaldoli e
di Vallombrosa, che allora erano coperte
da una vera e propria rete organizzata.
Tutti i percorsi confluivano in uno
principale e
questo
P a g . 29
ONORIFICENZE
Cavalieri in arme
cultura e società
Presto anche il Corpo forestale dello Stato
potrà vantare un proprio sistema
onorifico
rdine di S. Uberto di Lorena e di
Bar, Ordine della SS. Trinità,
Ordine Militare e Ospedaliero di
Santa Maria di Betlemme (…), Ordine della
Concordia, (…) Ordine Militare di San
Giorgio di Antiochia e della Corona
Normanna di Altavilla, Cavalieri di
Betlemme, Ordine di Gesù in Giappone
(non ho mai sentito dire che questo
grande Apostolo dell’umanità (…) abbia
“O
Ordine Equestre di San Marino
Il Forestale n. 27/2005
avuto a che fare con il Giappone, eppure,
hanno osato creare un ordine di Gesù in
Giappone), Ordine di San Giorgio di
Carinzia, e gli Equites Pacis, l’Ordine
Capitolare dei Cavalieri di Colombo,
l’Ordine Militare dei Cavalieri del Soccorso,
l’Ordine Capitolare dei Cavalieri della
Concordia. Basta, per carità!”
Così il deputato Luigi Gasparotto, nel
corso del dibattito in aula che avrebbe
portato, nel 1951, all’istituzione dell’Ordine
al Merito della Repubblica Italiana.
L’indomani del referendum del ’46, l’Italia
si era trovata improvvisamente orfana del
sistema onorifico monarchico: una perdita
troppo grande per una società che aveva
costruito sulle decorazioni e sui titoli
cavallereschi la legittimazione di un rango
acquisito, l’ascesa nella carriera, il rispetto
e la considerazione altrui. In mancanza di
P a g . 30
altro, il Paese si arrangiò. Per cinque anni,
prosperò indisturbato un sistema
onorifico alternativo basato sull’iniziativa
privata.
Ordini indipendenti, si autodefinivano, con
il corredo di gran maestri dai titoli
chilometrici, pompose cancellerie,
improbabili alberi genealogici, cerimonie di
investitura, perfino una rivista ufficiale. In
realtà, si trattò di una delle maggiori truffe
del primo dopoguerra, che arricchì
spregiudicati millantatori facendo leva
sull’appetito onorifico di migliaia e migliaia
di sprovveduti, alla ricerca di un
cavalierato a tutti i costi. E rileggendo gli
atti parlamentari di allora, emerge
chiaramente che la necessità di porre un
freno ad una situazione divenuta
insostenibile fu l’elemento decisivo per la
creazione di un ordine repubblicano di cui
molti, negli opposti schieramenti,
avrebbero fatto tranquillamente a meno.
È passato mezzo secolo, ma la situazione
non si direbbe cambiata poi tanto.
La caccia alla decorazione è un’attività
tuttora fiorente, intorno a cui ruota un
Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme
disinvolto mercato che continua a
sfornare commende fasulle, a concedere
titoli nobiliari, a investire, con tanto di
spadone medievale, infornate di cavalieri
in smoking e mantello. Ed è inspiegabile, a
meno di non ricorrere all’analisi
antropologica, la facilità con cui si continua
a cadere in trappole talmente maldestre
armati dello Stato. Le insegne di ordini
cavallereschi conferiti da paesi con i quali
l’Italia intrattiene normali relazioni
diplomatiche sono indossabili soltanto se
si è ottenuta l’autorizzazione all’uso.
La competenza è del Ministero degli Affari
Esteri, fatti salvi gli ordini vaticani (incluso
l’Ordine del Santo Sepolcro di
Gerusalemme), trattati dalla Presidenza
del Consiglio dei Ministri. Fanno eccezione
le decorazioni del Sovrano Militare Ordine
di Malta (membri dell’Ordine e Ordine al
Merito Melitense): in base ad accordi
bilaterali, possono essere portate
liberamente.
Più insidiosa, invece, è la questione
relativa ai cosiddetti ordini dinastici, che
non rientrano nel patrimonio cavalleresco
degli stati sovrani. Insidiosa perché
proprio in questo terreno agiscono
Ordine Piano
Ordine della Stella della Solidarietà Italiana
numerosi istituti cavallereschi fasulli - per i
quali, è bene dirlo, non ci sarà mai spazio
per alcun provvedimento di
autorizzazione - ma che continuano a fare
proseliti.
Come ci si può orientare, allora, in questa
giungla onorifica?
Come è possibile capire se si è di fronte a
un ordine storicamente e giuridicamente
legittimo oppure a un consesso di
millantatori?
La dottrina più rigorosa, peraltro
coincidente con i lavori di un’apposita
commissione consultiva creata presso il
Cerimoniale Diplomatico della Repubblica,
attribuisce la potenziale autorizzabilità ai
seguenti ordini dinastici:
- Ordine di Santo Stefano e Ordine di San
Giuseppe (Casa Asburgo-Lorena);
- Ordine di San Gennaro e Ordine
Il Forestale n. 27/2005
dottrina, aggiornamento e apparato
iconografico. Chi veste la divisa, poi, deve
adottare la massima prudenza, tenuto
conto non solo della dignità dell’uniforme,
ma anche delle sanzioni cui si potrebbe
andare incontro.
Vediamo, allora, qual è lo scenario che si
offre, oggi, agli appartenenti ai Corpi
cultura e società
che appaiono vere e proprie offese
all’intelligenza comune. Soltanto qualche
mese fa, prima dell’arrivo dei carabinieri,
un sedicente “principe d’Epiro” era
riuscito a metter su una rispettabile
impresa cavalleresca che distribuiva
fotocopie a colori di diplomi di
onorificenze pontificie, creava conti e
baroni, distribuiva croci di un ordine
talmente sgangherato nel nome da
sembrare ispirato alle migliori pellicole
della commedia all’italiana degli anni ’50.
E di poco più lontano nel tempo è il caso
dell’“Ordine della Corona di Ferro”,
assolutamente privo di legittimazione ma
abilissimo nell’introdursi negli ambienti che
contano. Alti esponenti delle Forze armate
e delle istituzioni, che ne erano stati
insigniti avevano richiesto e ottenuto dal
Ministero degli Affari Esteri
l’autorizzazione all’uso delle insegne.
Qualche tempo dopo, con
un’imbarazzata quanto coraggiosa
retromarcia, la Farnesina ha prima
sospeso e poi revocato tutte le
concessioni. Insomma, la materia delle
decorazioni non nazionali presenta
ancora oggi vasti margini di ambiguità.
Non sempre, poi, la produzione editoriale
aiuta a fare chiarezza: accanto a testi di
elevato rigore scientifico (vedi box), sono
presenti opere approssimative per
P a g . 31
cultura e società
autorizzato il pubblico uso in Italia delle
rispettive decorazioni. Mancano ancora,
al momento, provvedimenti in favore degli
ordini sabaudi dell’Annunziata e dei Santi
Maurizio e Lazzaro. Seguiremo la
questione e torneremo, se il caso,
sull’argomento. Infine, un’anticipazione
che farà certamente piacere. Il Corpo
forestale dello Stato avrà, finalmente, un
proprio sistema onorifico: sono già in
avanzato stato di studio le benemerenze
Sovrano Militare Ordine di Malta
Costantiniano di San Giorgio (Casa
Borbone-Due Sicilie);
- Ordine Costantiniano di San Giorgio e
Ordine di San Lodovico (Casa BorboneParma);
- Ordine della SS. Annunziata e Ordine dei
Santi Maurizio e Lazzaro (Casa Savoia).
Attenzione, però. Potenzialmente
autorizzabile non significa né
riconoscimento da parte dello Stato, né
certezza di buon esito della pratica.
L’autorizzazione del Ministero degli Affari
Esteri, infatti, è un provvedimento a
carattere individuale che gode di un
amplissimo margine di discrezionalità. In
altre parole, motivi di opportunità
potrebbero consigliare di non dar luogo
alle autorizzazioni, sebbene l’ordine
possieda, in punto di diritto, tutti i requisiti.
Sulla scorta dell’orientamento fin qui
tenuto dalla Farnesina, si può dire che la
gran parte degli ordini sopra elencati
hanno buone probabilità di vedere
Ordine al Merito della Repubblica Italiana
di lunga carriera forestale, di anzianità, di
lungo comando, di lunga navigazione, di
lunga navigazione aerea, di commiato.
Accanto alle medaglie “nazionali” al valore
e al merito ci saranno, dunque, i segni
d’onore riservati agli appartenenti al
Corpo, testimonianza della vitalità
dell’Istituto e dell’unanime consenso che
ogni giorno riscuote nel Paese.
immagini © in.edit progetto studio Random
Vestire gli Onori
di Michele D’Andrea e Fabio Cassani Pironti
Casa editrice in.edit, Roma
[email protected]
Pagg. 416 - Prezzo di copertina € 130,00
Il Forestale n. 27/2005
Nel vasto e non sempre qualificato panorama della bibliografia
onorifica, Vestire gli Onori si pone ai vertici per il rigore scientifico,
il monumentale apparato iconografico, la completezza e l’aggiornamento delle informazioni. Anzitutto, la raffinata rappresentazione grafica, in scala 1:1 e in tutti i gradi e formati, delle decorazioni degli ordini
cavallereschi legittimamente conferiti nella penisola italiana. Poi, e qui sta la grande
novità dell’opera, un’ampia sezione che spiega, attraverso un centinaio di figurini a
colori, il corretto uso delle decorazioni con le tenute militari, civili, religiose, diplomatiche
e cavalleresche attualmente in uso. Si tratta di un manuale unico nel suo genere, che
costituisce un prezioso contributo di dottrina e che fa chiarezza, finalmente, in un
mondo spesso caratterizzato da dubbi ed errori interpretativi.
P a g . 32
La Forestale in
corona e blasone
La storia, le glorie e gli onori del Corpo
racchiusi nello stemma araldico
di Francesco Martignetti
B
araldica
enché lo stemma araldico del
Corpo forestale dello Stato abbia
un’origine recente, essendo stato
concesso con Decreto del Presidente
della Repubblica del 23 ottobre 1997, esso
si innesta nel solco della tradizione
dell’araldica militare italiana, la cui origine
viene fatta comunemente risalire al 1692,
anno in cui Vittorio Amedeo II, re di Sicilia e
poi di Sardegna, concesse per la prima
volta uno stemma ad ogni suo
reggimento. Si deve comunque aspettare
fino al 1917 per l’emanazione di un
provvedimento organico sulla materia, il
Regio Decreto n. 1391 del 18 agosto dello
stesso anno, con il quale venne
ufficialmente istituita un’onorificenza per
premiare lo sforzo dei reparti che
combattevano contro l’impero austroungarico.
Ulteriori disposizioni vennero emanate con
il Regio Decreto del 24 marzo 1932, che
sanzionò la forma definitiva dei “motti
araldici” per i reggimenti e corpi
dell’Esercito, e con la circolare del
Ministero della Guerra n. 55619 del 4 luglio
1939, con la quale si fornirono istruzioni per
le domande di concessione dello stemma
per i reggimenti. Con altra circolare del 7
ottobre 1939, la n. 92060, sempre del
Ministero della Guerra, si ribadì la forma
“sannitica” dello scudo.
La concessione di stemmi e motti araldici
per i corpi militari venne sospesa nel 1942,
per poi essere ripristinata con l’avvento
della Repubblica, con circolare del
Ministero della Difesa n. 523 del 22
novembre 1948. Le norme e le
caratteristiche degli stemmi dell’Esercito
vennero poi codificate con la circolare n.
210 del 13 febbraio 1950.
La disciplina in materia di stemmi araldici
militari venne completamente rivista nel
1987, quando lo Stato Maggiore Esercito,
per impulso del Presidente della
Repubblica Cossiga, con circolare n. 121
del 9 febbraio dello stesso anno dispose
che tutti i Corpi ed Enti militari aventi diritto
a fregiarsi di uno stemma dovessero
rivederne il disegno, attenendosi alle
seguenti direttive:
“1. Corpi ed Enti dell’Esercito che hanno
diritto a fregiarsi di uno stemma sono tutti
quelli ai quali è stata concessa la Bandiera.
2. Nel loro complesso e nei loro particolari
costitutivi, gli stemmi dovranno porre in
giusta evidenza i fattori storici che hanno
nobilitato il Corpo o l’Ente.
3. Lo stemma sarà composto di tre parti:
scudo, corona turrita, ornamenti.
Scudo: sarà appuntato (forma detta
sannitica). Le sue armi potranno essere
formate da tutte le figure (araldiche,
naturali ed ideali); per la loro blasonatura ci
si dovrà basare principalmente sulle origini,
sulle tradizioni, sui legami territoriali e sulle
più salienti glorie militari e di fatti d’arme
che hanno comportato la concessione di
Il Forestale n. 27/2005
Stemma araldico del Corpo forestale dello Stato - Bozzetti preparatori, 1997.
P a g . 33
araldica
alternativamente ai due lati dello scudo
iniziando da destra. La loro larghezza sarà
di 1/14 di quella dello scudo e non
potranno scostarsi dai fianchi dello stesso
di oltre la metà della sua larghezza. Essi
saranno tanti quante le medaglie al Valore
che fregiano la Bandiera fino ad un
massimo di dieci (cinque per lato); qualora
il numero complessivo delle decorazioni
ecceda il suddetto limite, la stessa
ricompensa più volte concessa sarà
indicata - a partire da quella di minor
prestigio - dal relativo numerico romano,
d’oro, caricato sul corrispondente nastro
nel senso della larghezza. Le raffigurazioni
autorizzate sono - Medaglia d’Oro al Valor
Militare: azzurro bordato d’oro; - Medaglia
d’Argento al valor Militare: azzurro bordato
d’argento; - Medaglia di Bronzo al Valor
Militare: azzurro; - Croce di Guerra: azzurro
con due filetti centrali d’argento; Medaglia al Valore dell’Esercito: azzurro
con due filetti d’oro; - Medaglia al valor
Civile: i tre colori nazionali.
4. Sostegni e tenenti: se ne ammetterà
l’impiego soltanto in via eccezionale
allorché una particolare ricerca storica
convalidi la necessità di tali ornamenti”.
Con la “riforma Cossiga”, per la prima volta
dal dopoguerra, vennero introdotti criteri di
uniformità per la composizione degli
stemmi araldici dei corpi militari e,
soprattutto, venne introdotto un chiaro
riferimento alla forma repubblicana dello
Stato, rappresentato dalla corona turrita
che sormonta lo scudo.
Nel 1996 l’allora Capo del Corpo forestale
dello Stato, Sergio Incoronato, incaricò un
gruppo di funzionari dell’Amministrazione
Il Forestale n. 27/2005
decorazioni al Valore Militare o glorie di
eventuale altra natura dei Corpi. Il capo
onorevole d’oro, unico e non soggetto a
partizioni, blasonerà le Medaglie d’Oro al
Valore Militare conseguite.
Corona turrita: sarà formata da un cerchio,
rosso all’interno, con due cordonate a
muro sui margini, sostenente otto torri
(cinque visibili). Le torri hanno foggia
rettangolare e dieci merli alla guelfa
(quattro dei quali angolari), sono munite di
una porta e di una sola finestra e sono
riunite da cortine di muro, ciascuna
finestrata di uno. Il tutto è d’oro e murato di
nero. Essa sormonterà lo scudo.
Ornamenti: comprenderanno
Lista bifida: d’oro, svolazzante, collocata
sotto la punta dello scudo, incurvata con la
concavità rivolta verso l’alto, riportante il
motto. I caratteri saranno maiuscoli lapidari
romani, di nero. La lingua da usarsi può
essere quella italiana o quella latina e solo
eccezionalmente, per fondati motivi
tradizionali, sarà consentito l’uso di una
lingua straniera o di un dialetto.
Onorificenze: saranno accollate alla punta
dello scudo con l’insegna pendente al
centro del nastro che avrà i colori della
stessa.
Non potranno essere accollate più di tre
diverse onorificenze e non si dovrà dar
luogo alla ripetizione della stessa
onorificenza più volte conseguita.
Nastri rappresentativi delle ricompense al
Valore: annodati nella parte centrale non
visibile della corona turrita, scendenti
svolazzanti in sbarra ed in banda dal punto
predetto, passando dietro la parte
superiore dello scudo. Essi si ripartiranno
Stemma araldico del Corpo forestale dello Stato - 1997
P a g . 34
Stemma araldico del Corpo forestale dello Stato - Dal 1998 in poi
Il Forestale n. 27/2005
medaglie d’oro al Valor Civile, giusto
riconoscimento dell’attività del Corpo
forestale dello Stato a favore delle
popolazioni colpite da calamità naturali.
Dalla corona turrita d’oro, simbolo dei corpi
militari, scendono ai lati dello scudo i nastri
rappresentativi delle ricompense al Valore.
Da destra verso sinistra, partendo dall’alto,
essi indicano:
- medaglia d’argento al Valor Militare
(nastro azzurro bordato d’argento):
guerra Italo-Etiopica (1935-1936);
- medaglia d’oro al Valor Civile (nastro
tricolore): per le avversità atmosferiche
(1956);
- medaglia d’oro al Valor Civile
(nastro tricolore): terremoto Campania e
Basilicata (1980-1981);
- medaglia d’oro al Valor Civile
(nastro tricolore):alluvione del Piemonte
(1994-95);
- medaglia d’oro al Valor Civile (nastro
tricolore): terremoto Umbria e Marche
(1997);
- medaglia di bronzo al Valor Civile (nastro
tricolore): disastro del Vajont (1963-64).
Non compaiono, tra le ricompense
rappresentate, la medaglia d’oro al Merito
ambientale del 1994 e la medaglia
d’argento della Croce Rossa italiana del
1996, delle quali pure è insignita la
Bandiera del Corpo, in quanto non
rientrano tra le decorazioni elencate nella
circolare del 9 febbraio 1987.
Notiamo come, all’attualità, la
rappresentazione grafica dello stemma
dovrebbe essere aggiornata prevedendo
anche la raffigurazione della medaglia
d’0ro al Valor Civile conferita nel 2002, per
l’opera del Corpo forestale dello Stato a
difesa del patrimonio naturale.
L’onorificenza pendente, “accollata alla
punta dello scudo”, indica la Croce di
Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia (nastro
azzurro con filetto rosso centrale),
concessa in occasione della guerra ItaloEtiopica (1935-1936).
Lo stemma è completato dalla lista bifida e
svolazzante d’oro, sulla quale è riportato, in
lettere maiuscole nere, il motto: PRO
NATURA OPUS ET VIGILANTIA (lavoro e
vigilanza a favore della natura), che
esprime sinteticamente i peculiari compiti
istituzionali del Corpo.
In conclusione vorrei ringraziare, oltre agli
altri componenti del gruppo di lavoro che
ha ideato lo stemma, anche i colleghi
Nicolò Giordano e Claudio Sanchioli, le cui
pazienti e minuziose ricerche storiche
hanno costituito una preziosa fonte di
informazioni per la stesura di questo
articolo.
araldica
di elaborare lo stemma araldico del Corpo,
e di curare le formalità amministrative per
la sua concessione, nel rispetto delle
prescrizioni richiamate.
Le ricerche storico-araldiche condotte dal
gruppo di lavoro, composto da Stefano
Cazora, Luciano Ginnetti e Massimo
Pippoletti, oltre che dall’autore del
presente articolo, e le elaborazioni grafiche
che ne seguirono, ebbero come risultato
finale lo stemma che oggi ci è familiare, e
che venne concesso al Corpo forestale
dello Stato dal Presidente Scalfaro, con
Decreto del 23 ottobre 1997.
La blasonatura, cioè la rappresentazione
verbale dello stemma, riportata nel
Decreto di concessione, così recita:
“di azzurro, all’aquila in profilo con il volo
spiegato e alzato, con la zampa sinistra
poggiata sul tronco d’albero, reciso,
sradicato, munito di due fronde, una a
destra, l’altra a sinistra, con la zampa
destra poggiata a mezz’altezza sulla
fronda posta a destra, il tutto d’oro; al capo
di verde, caricato da tre ghiande di
quercia, d’oro, gambute e fogliate di due,
dello stesso, esso capo sostenuto dal
filetto d’oro.
Lo scudo è sormontato dalla corona turrita
degli Enti Militari d’oro e ornato dalle
insegne indicanti le ricompense e le
onorificenze conseguite. Sotto lo scudo,
su lista bifida e svolazzante d’oro, il motto,
in lettere maiuscole di nero, PRO NATURA
OPUS ET VIGILANTIA."
La scelta dei colori, del motto e delle figure
presenti nello stemma, riflettono l’intento
dei suoi Autori di evocare le tradizioni, le
attività e l’alta funzione sociale del Corpo,
nel contesto di una rappresentazione
grafica rispettosa delle regole formali
dell’araldica.
azzurro dello smalto sul fondo dello
L’a
scudo, colore nobile per eccellenza,
simboleggia il valore e la dedizione dei
Forestali nell’adempimento del dovere.
aquila, emblema del Corpo, è raffigurata
L’a
nell’atto di difendere e tutelare un albero,
ancora vitale sebbene aggredito dagli
eventi naturali e dall’azione dell’uomo, e
simboleggia l’impegno vittorioso nell’opera
di vigilanza e difesa del patrimonio
naturale.
Lo smalto verde del capo, colore
tradizionalmente presente nelle uniformi
del Corpo, è simbolo di vigore e cortesia,
mentre le ghiande, che caricano il capo,
affermano il saldo e nobile impegno nel
lavoro che produce frutti, evocando
l’operosità dei Forestali nella tutela
dell’ambiente.
Il filo d’oro che sostiene il capo indica le
P a g . 35
La bilancia della
giustizia pende a
favore degli animali
Il Forestale n. 27/2005
cites
di Elisabetta Morgante
P a g . 36
antesignano delle legislazioni più
moderne, compresi i regolamenti
comunitari vigenti di attuazione della
Convenzione stessa (Reg CE 338/97).
Oggi l’espressione animal welfare è
entrata nel linguaggio e nella mentalità
comune, ma la Convenzione CITES, già
nel lontano 1973, oltre ai requisiti di
sostenibilità del prelievo dell’esemplare in
natura, o comunque di rispetto della
riproduzione in cattività dello stesso,
prevedeva che gli Stati Parte dovessero
na storia affascinante quella del
rapporto tra uomo e animale, che
si perde nella notte dei tempi. E
trattandosi di un rapporto che potremmo
definire istintivo, è stato
caratterizzato da
un’alternanza di amoreodio, valorizzazionesfruttamento, e come in
molti casi analoghi, si è
andati avanti senza
sentire la necessità di
stabilire delle regole. Del
resto una costante
dell’evoluzione umana,
in particolare nella
cultura occidentale, è
stata quella di far
ruotare il mondo attorno
all’uomo, secondo una
visione antropocentrica
dell’universo. Tuttavia,
Il Servizio CITES del Corpo forestale dello Stato è in prima linea nella
con la presenza sempre
battaglia di salvaguardia e tutela del mondo animale.
più numerosa degli animali
nella vita quotidiana
verificare anche che “ogni esemplare vivo,
dell’uomo si è determinata l’esigenza di
durante qualunque periodo di transito,
risolvere i molteplici problemi connessi a
permanenza o trasporto, fosse
questa mutata realtà. Dal trasporto al
adeguatamente trattato, allo scopo di
commercio, dalla custodia alle cure
ridurre al minimo il rischio di ferite, di
sanitarie, dal benessere all’alimentazione,
malattie o di maltrattamenti”.
gli animali - non solo domestici, ma anche
Quello della CITES è una visione del
selvatici ed esotici - sono divenuti sempre
mondo animale che ne prevede, sì, uno
più oggetto di attenzioni da parte di
sfruttamento sostenibile (ovvero gli
associazioni, volontari e di istituzioni,
animali sono una risorsa che può essere
soprattutto internazionali e comunitarie.
sfruttata commercialmente), ma nel
In questo senso un ruolo importante è
rispetto di precise regole. Si può rischiare
stato svolto dalla Convenzione di
di sottovalutare la portata di tale
Washington-CITES sul commercio
normativa, ma se pensiamo che i Paesi
internazionale di animali e piante
che all’epoca ratificarono la Convenzione
selvatiche minacciate di estinzione,
(l’Italia nel 1980), cominciando per primi a
rivelatosi uno strumento normativo
U
Archivio CITES/CFS
La normativa stabilita dalla Convenzione di
Washington che regola il commercio
internazionale di animali e piante in via di
estinzione e il codice penale garantiscono
la salvaguardia del mondo animale e
vegetale
Arichio CITES/CFS
Ogni anno milioni di animali esotici vengono catturati e
trasportati al di fuori del loro habitat naturale. Pochissimi
sopravvivono ai maltrattamenti subiti durante il trasporto.
Il Forestale n. 27/2005
degli anni ’90, a denunce penali, sia per
violazione della legge 150/92 che per
maltrattamento di animali, quest’ultimo
così come disciplinato dal codice penale.
Oggi gli strumenti a disposizione degli
addetti ai controlli sono sicuramente più
numerosi, da ultimo la modifica del codice
penale di cui alla legge 20 luglio 2004, n.
189 recante “Disposizioni concernenti il
divieto di maltrattamento degli animali,
nonché di impiego degli stessi in
combattimenti”. Con tale legge, infatti, è
stata inserita una sezione apposita del
Codice penale sui reati contro gli animali.
In particolare, vengono disciplinati e
sanzionati [confisca e pene accessorie
(art. 544-sexies)] l’uccisione di animali
(art. 544-bis), il loro maltrattamento
(art. 544-ter), gli spettacoli o
manifestazioni vietati (art. 544-quater),
i combattimenti tra animali
(art. 544-quinquies) e l’abbandono
(art. 727), l’utilizzo a fini commerciali di pelli
e pellicce (art. 2), l’affidamento degli
animali sequestrati o confiscati
(19-quater).
Sulle modalità di applicazione e di
coordinamento tra le forze di polizia, è in
corso di definizione l’apposito decreto del
Ministero degli interni previsto dalla legge,
in cui il Corpo forestale dello Stato è, a
pieno titolo, parte attiva.
cites
regolamentare questo tipo di commercio
internazionale, stabilirono in modo
efficace anche lo strumento delle
sanzioni, ci rendiamo conto
dell’innovazione che portò, nella
concezione stessa di utilizzo degli animali.
Se pensiamo che nei paesi di origine di
molti animali esotici, la povertà è talmente
radicata che i locali sono disposti per
pochi soldi a catturare nella foresta specie
rarissime, è facile immaginare i numeri del
connesso prelievo e commercio illegale, e
come, conseguentemente, sono
considerati i diritti degli animali, laddove
non esistono, o comunque non vengono
rispettati, neanche i diritti dell’uomo.
Uccelli, scimmie, serpenti: milioni di
esemplari lasciano ogni anno i paesi di
origine, passano da porti e/o aeroporti, o
raggiungono via terra i paesi di
smistamento (pensiamo ai paesi
sudamericani, piuttosto che quelli
dell’area asiatica o dell’Europa dell’Est).
In pochi, forse 1 su 10 sopravvivono alla
cattura e al trasporto, subendo ogni tipo di
maltrattamento durante questo
processo: vengono narcotizzati, nascosti
in valigie, e passano ore senza acqua o
cibo.
Da quanto risulta dalle elaborazioni dei dati
presenti nel database del Corpo forestale
dello Stato, in Italia vengono importati in
media circa 30.000 animali esotici l’anno,
mentre negli ultimi tre anni sono stati
32.000 gli esemplari sequestrati, di cui il
50% ha riguardato animali vivi, ed i rettili
hanno rappresentato la classe più
numerosa, rispecchiando quella che è
una attuale abitudine diffusa.
Una moda, insomma.
Gli animali detenuti e importati
illegalmente vengono sequestrati e
affidati a strutture pubbliche e private,
autorizzate dal Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio. Un aspetto
interessante del traffico di animali, emerso
negli ultimi anni, riguarda la spedizione di
animali vivi protetti utilizzando il canale
postale: 100 salamandre appartenenti a
specie endemiche italiane sono state
sequestrate ad un romano che le spediva
a collezionisti tedeschi e statunitensi.
Gli anfibi venivano catturati direttamente
all’interno di aree naturali protette e spediti
a mezzo corriere postale. Nel nostro
Paese, sul fronte controllo e sorveglianza
del rispetto della Convenzione CITES,
opera l’omonimo Servizio CITES del
Corpo forestale dello Stato, le cui
operazioni hanno portato, già all’inizio
P a g . 37
INTERVISTA A PAOLA SALUZZI
Ha i capelli ramati
la fata del bosco
ebutta su Rai Uno nel 1998, anno in
cui entra nella redazione del
programma di Sergio Zavoli
“Viaggio intorno all’uomo”. Nelle tre
stagioni successive conduce i Tg sportivi
in onda su Telemontecarlo ed è inviata
speciale per le Olimpiadi di Barcellona,
l’America’s Cup e le Colombiadi. Segue il
Giro d’Italia nel 1997, e, grazie alla sua
ecletticità, torna in
quell’anno in
Rai come
D
R. Guberti
Il Forestale n. 27/2005
a casa di...
Da sempre legata a eventi istituzionali, la
giornalista televisiva colpisce il pubblico
per la sua professionalità ma anche per il
suo carattere dolce e discreto
Paola Saluzzi ha condotto Linea Verde in onda su Rai Uno.
P a g . 38
inviata per il programma “Made in Italy”,
presenta il Premio De Sica che si svolge a
Positano sotto la direzione artistica di
Mario Monicelli e prende parte al film “La
Via degli Angeli” di Pupi Avati e alla fiction
italiana L’Ispettore Giusti, in onda su
Canale 5.
Da sempre legata a eventi istituzionali,
l’effervescente giornalista televisiva Paola
Saluzzi, nota al grande pubblico come
ex-conduttrice di “UnoMattina” al fianco di
Luca Giurato e poi del programma
televisivo “I fatti vostri” di Michele Guardì,
conduce nel settembre 2000, dal
complesso del Vittoriano di Roma,
“Il primo giorno di scuola”, saluto del
presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi alle scolaresche italiane.
È inviata in Kosovo e a Sarajevo per
due puntate speciali in diretta di
“Uno mattina”, per le forze
italiane di pace. Nel 2004
dopo “Linea Verde”, torna
all’ambiente giornalistico
sportivo conducendo la
“Grande giostra del
goal” per Rai
International.
La sua
professionalità
colpisce il pubblico;
il suo carattere è
dolce e discreto,
ma Paola Saluzzi
sa essere anche
sensuale e
intrigante, proprio
come una fata del
bosco…
In televisione
spuntano come
funghi trasmissioni
che parlano di natura
e insegnano il rispetto
dell’ambiente; lei stessa
con Linea Verde ha
avuto un importante ruolo
divulgativo di questo
messaggio. Ma poi i
S. Roticiani - Ag. Clicphoto
conduttori nella loro vita privata sono ligi a
quello che “predicano” sullo schermo?
“Vivo da sempre nel rispetto della natura.
Per quanto riguarda salute e bellezza uso i
rimedi della nonna.
Faccio la raccolta differenziata. Sono una
tenace non fumatrice.
Raccogliere la carta è un gesto di civiltà;
quando è possibile compro pure quella
riciclata. Le pile le getto negli appositi
contenitori”.
L’abbiamo vista sorvolare in elicottero
i più importanti Parchi nazionali nostrani,
ma in situazioni “normali” come preferisce
spostarsi?
“Amo infinitamente la macchina, ma adoro
fare una passeggiata a piedi. Fa dimagrire,
mantiene in forma e permette di sentire i
nostri passi e i nostri pensieri”.
Praticamente perfetta: magari risparmia
anche l’acqua e non usa gli spray…
“Aziono la lavatrice solo quando è proprio
carica. Come la lavastoviglie! Con
detersivi gentili. Impossibile non trovarli in
commercio. In quanto alle bombolette
spray, vi stupirò: uso solo profumi naturali
per impreziosire la mia casa o la mia
camera d’albergo”.
Lei ha fisicamente i colori tipici della
brughiera. C’è un frutto del sottobosco
che le piace particolarmente?
“Adoro i frutti di bosco in generale. Sono
buoni, dietetici, fanno bene alla
circolazione e alla memoria… e piacciono
anche al mio cane!”.
E.d.N.
Il Forestale n. 27/2005
Cosa pensa della recente entrata in vigore
del Protocollo di Kyoto sulle politiche
ambientali internazionali?
“Se non facciamo tutti in fretta un esame
di coscienza sul nostro modo di vivere il
Pianeta, andremo in malora in meno
tempo rispetto anche alle peggiori
previsioni… Non posso credere che ci
siano ancora Paesi che ragionano sul da
farsi, perdendo tempo prezioso”.
a casa di...
Paola Saluzzi a bordo di un elicottero AB 412 del Corpo forestale dello Stato.
P a g . 39
educazione ambientale
I bambini abbracciano
la natura: è la festa
degli alberi 2005
I boschi, “polmoni del mondo”, sono
preziosi alleati nel mantenimento degli
equilibri ecologici: impariamo ad amarli e a
rispettarli
C
G. Castiglia - Ag. Ecologica e Forestale CFS
Il Forestale n. 27/2005
P a g . 40
collaborazione tra Corpo forestale che
fornisce il supporto tecnico-logistico e
l’Istituzione scolastica responsabile della
didattica, permette la realizzazione di
di Carmen Scarano
progetti altamente formativi per la
diffusione di una cultura dell’agricoltura,
on l’arrivo della stagione
impedendo sul nascere la cultura della
primaverile, il Corpo forestale dello
distruzione e del disinteresse verso il
Stato promuove la “festa degli
nostro patrimonio ambientale.
alberi”, un appuntamento che ormai è
Le iniziative che vengono affidate
diventata tradizione, dalle antiche origini,
direttamente agli scolari riguardano la
volto a sensibilizzare le giovani
conservazione della diversità biologica, la
generazioni sulle problematiche
riscoperta di sapori tipici, di profumi e gusti
ambientali e del patrimonio boschivo. La
di tanti frutti nostrani che stanno ormai
festa degli alberi, che cade il 4 ottobre e il
scomparendo dalle tavole degli italiani a
21 marzo, è stata istituita da un decreto
causa dell’omologazione alimentare.
interministeriale del Ministero delle
Saranno gli stessi alunni a piantare gli
politiche agricole e forestali e del Ministero
alberi, in occasione della celebrazione
della pubblica istruzione, con lo scopo di
della festa, in apposite aree pubbliche
avvicinare e sensibilizzare i più giovani alle
individuate d’intesa con i comuni
tematiche relative alla salvaguardia
interessati. Le manifestazioni vengono
dell’ambiente e in particolare delle specie
organizzate in tutta Italia riscuotendo fra
arboree autoctone, maggiormente a
i bambini un discreto successo. Citiamo,
rischio a causa degli incendi boschivi.
ad esempio, la festa dell’albero
La perfetta
organizzata dall’Istituto d’agraria Stanga di
Crema in Piazza Duomo, dove hanno
partecipato 2.700 alunni, migliaia
di visitatori e sono state
piantate 4.000 piantine
autoctone da giardino e
da orto, e 3.100 viole.
Significativa a
Lajatico, in
Toscana, la
messa a
dimora di
piante da
parte dei
genitori dei
piccoli bimbi
nati nel 2004,
con la
partecipazione
delle scuole
materne,
elementari e medie
dell’Istituto
comprensivo
di
La festa dell’albero, promossa dal Corpo forestale dello Stato, ha lo scopo di
Capannoni. Un attestato,
sensibilizzare i giovani alle problematiche ambientali.
Il Forestale n. 27/2005
F. M. Drago - Ag. Ecologica e Forestale CFS
Archivio CFS
educazione ambientale
consegnato ai genitori, indicherà il
numero dell’albero che
simbolicamente rappresenta ed
appartiene al proprio figlioletto.
Mentre nella splendida cornice
dell’ex Colonia Clementina
Bergamaschi, sede del “Museo
delle Battaglie”, sul Monte Leuci
a Pontecorvo, i bambini delle
scuole hanno piantato
numerosi alberi di mandorlo. La
“Festa dell’albero” rappresenta
la celebrazione che meglio
impersona il Corpo forestale e
dimostra come il culto ed il
rispetto dell’albero e della
natura affermino il progresso
civile, sociale, ecologico ed
economico di un popolo. In Italia la
prima “Festa dell’albero” fu
celebrata nel 1898 per iniziativa dallo
statista Guido
Baccelli, quando
Il culto ed il rispetto
dell’albero e della natura
ricopriva la carica di
affermano il progresso
Ministro della
civile, sociale, ecologico ed
pubblica istruzione.
economico di un popolo.
Nella legge forestale
del 1923, essa fu
istituzionalizzata all’art. 104 che recita:
“È istituita la Festa degli alberi. Essa sarà
difesa degli alberi. Nel 1951 una circolare
celebrata ogni anno nelle forme che
del Ministero dell’agricoltura e delle
saranno stabilite di accordo fra i Ministri
foreste stabiliva che la “Festa degli alberi”
dell’Economia Nazionale e dell’Istruzione
si dovesse svolgere il 21 novembre di ogni
Pubblica” con lo scopo di infondere nei
anno, con possibilità di differire tale data al
giovani il rispetto e l’amore per la natura e
21 marzo nei comuni di alta montagna. La
per la
celebrazione si è svolta con regolarità e
con rilevanza nazionale fino al 1979;
successivamente è stata delegata alle
Regioni. La “Festa degli Alberi”
rappresenta un importante strumento
per creare una sana coscienza
ecologica nelle generazioni future,
che si troveranno ad affrontare
emergenze ambientali sempre
nuove e su scala globale.
Alle iniziative in corso o in
programma in Italia sulle varie
“Feste dell'Albero” è stato
dedicato un apposito spazio
sul sito del Corpo forestale
dello Stato
(www.corpoforestale.it), in cui
è possibile consultare anche
delle immagini storiche di
grandissimo interesse. In oltre
100 anni di storia, infatti, la “Festa
degli alberi” è stata in qualche modo
specchio fedele delle modifiche
Le manifestazioni per la festa dell’albero, organizzate in
occorse nel nostro Paese, anche in
tutta Italia, riscuotono un notevole successo tra i bambini e i
termini
di costume.
ragazzi delle scuole materne, elementari e medie.
P a g . 41
La carta che viene
dal mare
Il Forestale n. 27/2005
eco-tecnologia
Prodotta con le alghe in eccesso che
soffocano la laguna veneta
di Alessandra Pirro
P a g . 42
uestione di risorse, o di “sviluppo
sostenibile”. Si chiama così ciò che
permette uno sfruttamento mirato dei
beni naturali per consentire alle generazioni
future di goderne ancora e il più a lungo
possibile. Forse si è divenuti sensibili al
problema un po’ in ritardo, ma ogni cosa che
possa essere messa in pratica in favore di una
vita migliore dell’umanità e del suo habitat, non
rappresenta mai tentativo vano, o illusione di
poter evitare scenari entropici delle cose.
È nella storia evolutiva della creatura uomo,
l’input di guardarsi intorno, per catturare quel
che di buono c’è e magari non si vede perché
fin troppo evidente, per attuare, avendone la
facoltà, strategie migliorative che abbraccino il
maggior numero di orizzonti. Il problema della
deforestazione, strettamente collegato
all’inquinamento e alla progressiva distruzione
degli ecosistemi, è forse l’argomento più
urgente che andrebbe affrontato da tutti i Paesi
del mondo con buon senso, senza pensare a
inutili speculazioni che porteranno ad un
inevitabile impoverimento delle risorse.
Nel nostro piccolo, la scienza si è messa al
servizio della natura ed è stato possibile, grazie
alla collaborazione di attenti ricercatori e di
tecnologie semplici ma indirizzate verso
obiettivi specifici, giungere ad un risultato che
non vuol apparire come un compromesso, ma
come una soluzione fattiva per risparmiare le
aree verdi da un graduale ma inesorabile
disboscamento. Sia quindi benvenuta la
“carta che viene dal mare”, che non è una carta
nautica su cui tracciare, matita, squadrette e
compasso alla mano, le rotte di una barca; ma
un particolare tipo di carta, prodotta
interamente dalle alghe marine. Il suo nome
“Alga-carta” è diventato un vero e proprio
marchio brevettato, che ha riservato, anni
addietro, al suo inventore, il ricercatore
dell’Enea Fabrizio De Poli, un premio per la
ricerca scientifica. Teatro di questa mirabile
scoperta, se così si può chiamare, è la laguna
veneta. Ogni anno in quel tratto di mare si
raccolgono tonnellate di alghe per arrestare e
contenere il degrado ambientale. La crescita
eccessiva di alghe è legata, com’è noto,
all’abbondare di nutrienti derivanti da fiumi e
Q
scarichi industriali. In caso di particolari
condizioni climatiche, poi, si crea un collasso
dell’ecosistema della laguna che provoca in
alcuni casi ipossia e anossia, con conseguenze
disastrose sulla sopravvivenza dei pesci e di
organismi bentonici, cioè che vivono a stretto
contatto con il fondo del mare o delle acque
interne. Così ogni anno nelle acque di Venezia
vengono rastrellate e raccolte tonnellate di
alghe. Le ipotesi di smaltimento di questa
biomassa sono state diverse, dalla produzione
di gas naturale mediante processi chimici,
dall’uso mangimistico, e infine dalla produzione
di carta. I primi due risultati presi in esame sono
stati accantonati perché ritenuti non
sufficientemente validi, oppure perché i costi di
produzione per il ricavo del prodotto finito,
tendenzialmente superavano i costi del
prodotto stesso. Ma la produzione di carta si è
invece rivelata una brillante soluzione per un
prodotto dai pregi evidenti. Esteriormente si
presenta leggermente puntinata di verde, un
elemento originale che la contraddistingue,
che però può essere anche evitato, qualora
non sia di gradimento, con un opportuno
procedimento di “pulizia” che la rende bianca.
Le caratteristiche dell’alga-carta sono
nettamente superiori a quelle della normale
carta, dati alla mano: la rigidità aumenta del
30/40%, la resistenza alla rottura dal 35/80%,
l’energia di rottura del 42/47%, la resistenza
allo scoppio del 45%. Il costo base non supera
di molto quello della normale carta in
commercio. A scopo promozionale e per far
apprezzare l’aspetto ecologico, un certo
quantitativo di libri di ricette, stampati su algacarta, sono stati inviati in Giappone, Paese nel
quale le alghe hanno un posto di primo piano
nella gastronomia. Ciò che resta fondamentale
nella produzione di alga carta, oltre
all’importanza di processi industriali come
l’essiccazione delle alghe che deve avvenire
immediatamente dopo la raccolta, è la
collaborazione con gruppi di scienziati che,
tramite un continuo monitoraggio della laguna,
mediante foto aeree, ispezioni in barca e
speciali foto in verticale, determinano i
momenti più proficui per la raccolta. Questo
prodotto, orgoglio del Mare Nostrum, è la viva
testimonianza che la scienza non è soltanto
progresso al servizio della specie umana, ma,
se usata con abilità e intelligenza, diventa
salvaguardia della natura.
libri
Diritto
Collana giuridica L.U.M.
“Jean Monnet”
LA TUTELA DELL’AMBIENTE
NEL CICLO DEI RIFIUTI
di Giuseppe
Giove
Giuffrè
Editore
Milano 2005
Pagg. 220
€ 17,00
di Marq De
Villiers
(con un
intervento di
R. Petrella)
Sperling &
Kupfer Editori
2004
Pagg. 456
€ 10,50
Secondo l’autore di questo
saggio, dedicato all’oro blu, la
vera emergenza idrica
riguarderebbe non tanto la
scarsità dell’acqua, quanto la
sua cattiva gestione e
distribuzione. Marq De Villiers
si serve di aneddoti e
descrizioni geografiche per
spiegare ai suoi lettori cosa sta
accadendo alle risorse idriche
a seguito degli avvenuti
cambiamenti climatici e della
condotta degli uomini. La
situazione fotografata a livello
planetario porta a pensare che
nel prossimo secolo le guerre
si combatteranno proprio per
l’acqua. La tendenza infatti sarà
quella della “petrolizzazione”
dell’oro blu, non ricordando che
quest’ultimo costituisce un
diritto imprescrittibile e un bene
indispensabile per la
sopravvivenza dell’umanità.
curiosità
intenditori va bevuta non
troppo fredda e abbinata
preferibilmente alle carni
bianche, pur
accompagnandosi bene anche
ai dolci tradizionali come gli
amaretti o il castagnaccio.
Lavatrici in pensione!
Secondo alcuni studi condotti
parallelamente dai ricercatori
dell’Istituto Tessile Hong Kong
e dagli studiosi della Clemson
University della Carolina del
nord, entro cinque anni
arriverà il tessuto autopulente:
una stoffa rivoluzionaria che,
per essere lavata, non
richiederà l’utilizzo di detersivi
nocivi per l’ambiente. Alla base
di questa rivoluzionaria
invenzione c’è il diossido di
titanio, una sostanza che
renderà gli abiti immuni dalla
sporcizia e sempre puliti. Infatti
quando le particelle di
diossido di titanio entrano in
contatto con la luce del sole, si
avvia una reazione con
l’ossigeno e l’aria, che
produce un agente ossidante
in grado di trasformare la
sporcizia in acqua e diossido
di carbonio: una sorta di
detersivo incorporato nel
tessuto!
Il Forestale n. 27/2005
Arriva la bottiglia
“compostabile”
I rifiuti, non più solo quelli
organici, da oggi possono
essere reimmessi nel ciclo
naturale: e così, oltre ai fondi
di caffè, alle bucce di frutta e
verdura, ai gusci d’uova, al
pane raffermo e alle foglie
secche, anche le bottiglie,
perché no, continueranno ad
avere una funzione vitale
grazie al compostaggio.
L’idea non è poi tanto
peregrina: infatti, una società
canadese - la BIOTA S.p.A., in
collaborazione con le società
Husky, SIG Corpoplast e
Cargill Dow LLC - ha proprio
messo a punto una bottiglia
innovativa che, prodotta
utilizzando acido polilattico
(PLA) (materia plastica di
origine naturale che si ottiene
dalla scomposizione degli
amidi del mais in zuccheri
vegetali), entrerà a far parte
del compost, il fertilizzante
d’origine naturale che rende
più ricca e nutritiva la terra
dove crescono le piante.
Castagne frizzanti
Per produrre questa nuova
bevanda, inizialmente dolce al
palato ma che rivela un
retrogusto leggermente
amarognolo, viene utilizzata
solo farina ottenuta da
castagne provenienti dalla
montagna genovese della
Valgraveglia, dove le castagne
vengono raccolte a mano,
essiccate con il metodo
tradizionale e poi macinate alla
pietra. Ne viene fuori una birra
originale, dal colore ambrato e
al profumo di castagna, miele
e caramello.
La Castagnasca, prodotta dal
birrificio di Busalla, ha un costo
di cinque euro, sei gradi
alcolici e secondo gli
omnibus
Sostenibilità ambientale, tutela
della produzione
agro-alimentare, corretto
sviluppo socio economico,
devono oggi confrontarsi con
una emergenza
transnazionale: i rifiuti.
Il testo - opera del
Comandante provinciale del
Corpo forestale dello Stato di
Matera, il vice Questore
aggiunto Giuseppe Giove affronta in maniera storica e
sistematica le difficoltà di una
disciplina che si inserisce in un
complesso normativo costituito
dall’ordinamento comunitario e
da quello nazionale, i quali
concorrono e si intrecciano
non sempre in modo coerente.
Partendo dalla nozione
giuridica europea di
“ambiente”, e da quella italiana
di “paesaggio”, il testo
approfondisce preliminarmente
il rapporto Stato-Regioni
relativo alle competenze in
materia ambientale. La prima
parte della monografia è
invece dedicata alla
normazione sui rifiuti, alla
nuova legge delega di riordino
delle disposizioni legislative in
materia ambientale e ai
problemi ancora aperti
sull’argomento. Analizza quindi
l’impatto dei rifiuti sul territorio
e le modalità tecnico-giuridiche
relative alla bonifica dello stato
dei luoghi. La seconda parte
affronta il tema degli
ammendanti e del compost
fertilizzante con particolare
riferimento alla funzione di
quest’ultimo e degli impianti di
compostaggio; tratta inoltre il
tema dell’utilizzazione dei
fanghi in agricoltura e quello
dell’impiego agronomico delle
acque di vegetazione.
Il libro si conclude con l’analisi
dei sistemi di controllo utilizzati
in modo particolare dal Corpo
forestale dello Stato, con la
disamina dei profili sanzionatori
penali ed amministrativi.
Ambiente
ACQUA, STORIA E DESTINO DI
UNA RISORSA IN PERICOLO
P a g . 43
incendi boschivi
Lucca: canadair precipitato,
denunciato il responsabile
dell’incendio
Archivio CFS Lucca
vita del corpo
Il Forestale n. 27/2005
P a g . 44
Il Corpo forestale dello Stato
ha siglato due Convenzioni, la
prima con Legambiente e la
seconda con il WWF Italia.
Obiettivi: la tutela del
patrimonio forestale e delle
aree protette; e la difesa del
patrimonio naturalistico dagli
incendi boschivi
La Convenzione siglata da
Cesare Patrone, Capo del
Corpo forestale dello Stato, e
dal Presidente di Legambiente
Roberto Della Seta,
rappresenta un passo in avanti
nel dialogo e nella
collaborazione tra Enti dello
Stato e mondo
dell’associazionismo. Oggetto
della Convenzione: “fornire un
contributo alle attività di
prevenzione e repressione dei
reati commessi in danno del
patrimonio agroforestale e
ambientale e attivare una vasta
azione educativa e culturale”.
Gli agenti del Corpo forestale e
i volontari di Legambiente
lavoreranno insieme nella
“tutela del patrimonio forestale
e delle aree protette, e nella
difesa del patrimonio
naturalistico dagli incendi
boschivi”. Per quanto riguarda i
campi di intervento in cui si
articolerà la collaborazione,
sarà compito dei forestali
formare i volontari di
Legambiente, mentre sarà
compito di questi ultimi
“organizzare dei campi di
vigilanza nelle aree protette e
in altri luoghi di notevole
interesse naturalistico”.
Congiunte saranno le
operazioni di sensibilizzazione
della cittadinanza e di raccolta
e condivisione dei dati relativi ai
crimini ecologici.
La seconda convenzione
siglata con il WWF Italia si
prefigge lo scopo di prevenire
e reprimere tutti i reati
commessi a danno
dell’ambiente.
La comune opera di riduzione
e deterrenza delle azioni illegali
e criminose interesserà
i settori della tutela del
patrimonio forestale e delle
aree protette, della difesa dei
boschi dagli incendi boschivi,
del rispetto dei vincoli
In Versilia, nel comune di
Seravezza, è precipitato un
canadair della Protezione civile
impegnato nelle operazioni di
spegnimento di un incendio
boschivo, sul quale stavano
operando anche i forestali.
I due piloti sono morti
nell’impatto con il suolo, dopo
aver diretto l’aereo lontano dal
centro abitato. Gli agenti del
Corpo forestale intervenuti per
ricostruire la dinamica
dell’incendio, hanno
identificato in poche ore il
punto di origine delle fiamme,
individuando il responsabile del
rogo. L’uomo, un quarantenne
di Forte dei Marmi aveva
deciso di ripulire dalle
sterpaglie un piccolo podere.
L’incendiario è stato
denunciato per il reato di
incendio boschivo colposo.
Pena prevista da uno a cinque
anni di carcere.
tutela faunistica
Tornano i cervi sui Monti Sibillini
Guidi - Ag. Ecologica e Forestale CFS
ambientali, della tutela del
territorio rurale e montano,
dell’inquinamento delle acque
interne e marine, del traffico di
rifiuti, dell’irregolare
utilizzazione di cave e
discariche, nonché della tutela
della fauna autoctona ed
esotica (CITES).
Per la Forestale, così ha
commentato le convenzioni
Cesare Patrone: “Un accordo
attivo a più livelli: da una parte
si fa sistema, si condividono le
esperienze e si agisce nella
tutela dell’ambiente in modo
sinergico.
Dall’altra si promuovono
modelli di cittadinanza attiva e
di valorizzazione del dialogo tra
istituzioni e società civile.
Le Convenzione siglate con
Legambiente e WWF Italia
hanno un alto valore operativo,
perché permetteranno di
aumentare il controllo del
territorio e la repressione dei
reati che quotidianamente
feriscono il nostro patrimonio
agroforestale.”
ambiente
Dopo quasi duecento anni
d’assenza i cervi tornano a
popolare i Monti Sibillini.
La liberazione di quindici cervi
all’interno del territorio del
Parco Nazionale, realizzata
grazie all’intervento degli
agenti del Corpo forestale
dello Stato con la
collaborazione del Comune di
Castelsantangelo sul Nera,
rientra nel progetto di
riqualificazione faunistica
iniziato nel 1998.
Dieci dei cervi liberati sono stati
dotati di un particolare
radiocollare che permetterà,
agli uomini del Corpo forestale
e agli esperti del settore, di
monitorare gli spostamenti
degli animali e di studiarne le
abitudini. Sarà dunque
possibile per i visitatori dei
Monti Sibillini ammirare i cervi,
che sono tra i più grandi
ungulati europei, mentre si
aggirano liberi per il Parco.
È stata inoltre predisposta,
sempre nel territorio di
Castelsantangelo, la creazione
di un centro informativo e di
un’area faunistica di circa
trenta ettari dotata di torrette
d’avvistamento.
Complice il cattivo tempo, il
comune di Cerzeto nel
cosentino è stato colpito
gravemente da una frana che
ha causato smottamenti, crolli
di numerose abitazioni, il
black-out telefonico e seri
danni alla condotta idrica, con
problemi nell’erogazione anche
per altri sei comuni. Circa 300
persone sono state costrette
ad evacuare il paese e a
trovare ospitalità presso
parenti o nelle scuole adibite a
dormitorio. Tempestivo
l’intervento del Corpo forestale
dello Stato recatosi sui luoghi
colpiti per prestare i primi
soccorsi. Ad emergenza
conclusa, il Corpo forestale
continua il monitoraggio
costante del territorio e
dell’acquedotto che si trova a
monte della frazione.
Fondamentali le ricognizioni
aeree, in quanto le immagini
vengono visionate dai tecnici
dell’unità di crisi per visionare
lo stato di avanzamento dei
lavori.
polizia
ambientale e
agroalimentare
terreni D.O.C, sia di
verificare la
compatibilità con le denunce
dei coltivatori.
Il censimento dei vigneti
integra i controlli vendemmiali
svolti ogni autunno dal Corpo
forestale dello Stato nelle
Cinque Terre.
Modena: smaltivano
illegalmente 1.200 tonnellate
di rifiuti
Durante le normali operazioni
di controllo per prevenire il
fenomeno dello smaltimento
illecito di rifiuti, gli agenti del
Comando Stazione forestale di
Serramazzoni, in provincia di
Modena, hanno scoperto
1.200 tonnellate di rifiuti.
Si tratta di materiale,
per la maggior parte
proveniente dalla
demolizione dell’ex cinema di
Prignano, abbandonati ai
cultura
Roma: seminari sulla storia
dell’agricoltura italiana
Il Ministero delle politiche
agricole e forestali ha
promosso un ciclo di seminari,
dal titolo “I Solchi”, per
approfondire la conoscenza
dei maggiori protagonisti della
storia dell’agricoltura italiana
degli ultimi due secoli. Gli
incontri, che si svolgeranno
nella biblioteca del Ministero
fino a maggio con cadenza
quindicinale, sono rivolti a
studenti e ad appassionati
della materia. Il programma
comprende studi e riflessioni
su Carlo Cattaneo, Francesco
Saverio Nitti, Arrigo Serpieri,
Manlio Rossi Doria, Fausto
Gullo e tanti altri. A fine estate
gli interventi verranno
pubblicati in un volume,
unitamente ad un DVD che
conterrà con immagini e filmati
e sintetiche biografie dei
personaggi studiati.
ricorrenze
Per non dimenticare i caduti
della Forestale
Si è svolto a Roma durante la
“IV Giornata nazionale del
caduto per servizio”, a Palazzo
Barberini, il convegno “Gli
agenti forestali del Corpo
forestale dello Stato… vigili
difensori del patrimonio umano
e ambientale”. La convention si
è aperta con l’intervento del
sottosegretario di Stato alle
politiche agricole e forestali,
Il Forestale n. 27/2005
Riomaggiore (La Spezia):
controllate cinquanta aziende
vinicole
Gli agenti del NAF (Nucleo
agroalimentare e forestale)
hanno controllato lo schedario
vitivinicolo e l’albo vigneti di
diverse aziende nelle Cinque
Terre per contrastare le frodi e
tutelare i consumatori del
R. Varraud - EPR Comunicazione
Archivio CFS
Cosenza, evacuate trecento
persone a causa di una frana
margini di un bosco, lungo la
strada provinciale Val
Rossenna. L’attività di
stoccaggio dei rifiuti è stata
svolta senza autorizzazione,
pertanto gli agenti
del Corpo forestale hanno
posto i sigilli alle aree
interessate ed hanno
segnalato all’Autorità
Giudiziaria di Modena le ditte
coinvolte. I responsabili
rischiano, oltre all’arresto fino
ad un anno o un ammenda
fino a 26 mila euro, una
sanzione amministrativa
dell’importo pari a circa 27
mila euro.
vita del corpo
rinomato vino D.O.C. “Cinque
Terre e Cinque Terre
Sciacchetrà”. Gli agenti del
Corpo forestale dello Stato
hanno verificato, per la prima
volta sul campo, lo Schedario
Vitivinicolo e l’Albo Vigneti
D.O.C. con l’ausilio di speciali
G.P.S. (Global Positioning
System) collegati al Sistema
Informativo della Montagna. Il
rilevamento, avviato lo scorso
aprile 2004 per iniziativa della
Regione e con il sostegno
dell’Ente Parco, ha interessato
circa 50 aziende per un
complessivo di 400 particelle
catastali che permetterà, sia di
stimare direttamente la
produttività effettiva dei
protezione
civile
P a g . 45
Il Capo del Corpo forestale dello
Stato, Cesare Patrone riceve il crest
dell’Unione Nazionale Mutilati per
Servizio consegnato dal Presidente
Franco Cesareo.
Teresio Delfino, che ha
omaggiato i caduti per servizio
ricordandoli quali “servitori
dello Stato”.
Tra i relatori anche Franco
Cesareo, presidente nazionale
dell’Unms e Dario Esposito,
assessore alle politiche
ambientali e agricole del
Comune di Roma.
L’evento si è concluso con
l’intervento di Cesare Patrone,
Capo del Corpo forestale dello
Stato che, dopo un saluto
affettuoso alle famiglie dei
caduti presenti in sala, ha
sport
I successi della Forestale nella
IX edizione dei campionati
invernali
Sulle piste del Comprensorio
del Monte Cimone (Modena) si
sono svolte, dal 22 al 24
Febbraio, le gare della nona
edizione dei Campionati
Invernali del Corpo forestale
dello Stato, che hanno visto
180 atleti provenienti da tutte
le regioni d’Italia impegnati
nelle gare di sci di fondo, di
slalom gigante e di staffetta
alpina. I Campionati Invernali
sono una tappa importante
all’interno dell’attività sportiva
del Corpo forestale, iniziata
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intorno al 1950 per volontà di
alcuni forestali sciatori, e sono
diventati un appuntamento
molto atteso per fare il punto
sulle condizioni atletiche degli
appartenenti
all’Amministrazione e per
meglio prepararsi allo
svolgimento dei compiti
istituzionali loro affidati in
materia di vigilanza e
soccorso.
L. Di Battista - NPA/CFS
S. Azzarello - NPA/CFS
vita del corpo
spiegato il ruolo e i compiti
che la Forestale, moderna
forza di polizia ambientale,
ricopre nella difesa del
patrimonio naturale. La
cerimonia si è conclusa con la
consegna delle medaglie d’oro
alla memoria dei forestali
caduti per servizio.
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