Misure alternative alla detenzione in carcere

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Misure alternative alla detenzione in carcere
Misure
alternative
detenzione in carcere
alla
L’ 8 gennaio 2013 la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha
condannato l’Italia per trattamenti inumani e degradanti di 7
carcerati detenuti negli istituti penitenziari di Busto
Arsizio e Piacenza, invitando ed esortando il nostro Paese a
porre un rimedio immediato al sovraffollamento carcerario.
Si auspica, pertanto, come ha ribadito il Consiglio d’Europa
nelle sue raccomandazioni agli Stati membri e sottolineato
dallo stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
oltre alla costruzione di nuovi istituti di pena e
l’ampliamento di quelli esistenti, soprattutto un maggiore
utilizzo delle misure alternative alla detenzione in luogo
della carcerazione.
Le misure alternative alla detenzione [1], introdotte dalla
Legge n. 354 del 1975 (e dai successivi interventi
legislativi), tendono a realizzare la funzione rieducativa
della pena, ai sensi dell’art. 27 della Carta costituzionale
che afferma che le stesse non possano consistere in
trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla
rieducazione del reo.
Sulla base del precetto costituzionale deve, quindi,
affermarsi che l’attuazione di un trattamento rieducativo nel
corso dell’esecuzione delle sanzioni penali discende da un
impegno solenne che lo Stato ha assunto nei confronti di sé
stesso, quale organizzazione sociale fondata sulla osservanza
di principi prevalenti sugli interessi e sulle aspirazioni dei
singoli [2].
Un breve cenno alle principali misure alternative alla
detenzione.
1. L’AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE, previsto e
disciplinato dall’art. 47 o.p., consiste nella
possibilità di affidare il condannato ad una pena
detentiva non superiore ai 3 anni, al servizio sociale
fuori dall’istituto penitenziario per un periodo
corrispondente alla pena da scontare.
Una volta affidato al servizio sociale sarà questo a
controllare la condotta del soggetto, che deve attenersi
a determinate prescrizioni indicate nel verbale,
modificabili nel corso dell’esecuzione della misura,
aiutandolo a superare le difficoltà di adattamento e
reinserimento nella vita sociale, anche mettendosi in
relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi
ambienti di vita, riferendo, periodicamente, sul
comportamento del soggetto al Magistrato di Sorveglianza
competente.
I commi 11
e
12
dell’art.
47
o.p.
regolano,
rispettivamente, la revoca dell’affidamento in prova
qualora il comportamento del reo, contrario alla Legge e
alle prescrizioni dettate nel provvedimento, appaia
incompatibile con la prosecuzione della prova. D’altro
canto, l’esito positivo del periodo di prova estingue la
pena detentiva ed ogni effetto penale. Il Tribunale di
Sorveglianza, inoltre, qualora l’interessato si trovi in
disagiate condizioni economiche, può dichiarare estinta
anche la pena pecuniaria che non sia già stata riscossa.
Infine, all’affidato in prova al servizio sociale che
abbia dato prova di un concreto recupero sociale, può
essere concessa la liberazione anticipata, ex art. 54
o.p..
Una particolare forma di tale misura è l’affidamento in
prova in casi particolari prevista dall’art. 94 D.P.R.
n. 309/90, se la pena detentiva (anche residua o
congiunta a pena pecuniaria non superiore a 6 anni)[3]
deve essere eseguita nei confronti di persona
tossicodipendente o alcool dipendente che abbia in corso
un programma di recupero o che ad esso intenda
sottoporsi. L’interessato può chiedere in ogni momento
di essere affidato in prova al servizio sociale per
proseguire o intraprendere l’attività terapeutica.
2. LA DETENZIONE DOMICILIARE, di cui all’art. 47 ter o.p.
(introdotta dalla Legge n. 663/1986) prevede che la pena
della detenzione non superiore a 4 anni, anche se
costituente parte residua di maggior pena, possa essere
spiata nella propria abitazione o in altro luogo
pubblico di cura, assistenza ed accoglienza [4].
I casi di applicazione riguardano le seguenti categorie
di soggetti:
a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad
anni 10 con lei convivente;
b) padre, esercente la potestà, di prole di età
inferiore ad anni 10 con lui convivente, quando la madre
sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata
a dare assistenza alla prole;
c) persona in condizioni di salute particolarmente
gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi
sanitari territoriali;
d) persona di età superiore ai 60 anni, se inabile anche
parzialmente;
persona minore di anni 21 per comprovate esigenze di
salute, studio, lavoro e famiglia.
Il Tribunale di Sorveglianza nel disporre la detenzione
domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto
stabilito dall’art. 284 c.p.p. (arresti domiciliari) e
determina prescrizioni ed impartisce le disposizioni per
gli interventi del servizio sociale, che possono essere
modificate dal Magistrato di Sorveglianza competente per
il luogo in cui si svolge tale misura alternativa.
Inoltre, la detenzione domiciliare è revocata se il
comportamento del soggetto, contrario alla Legge o alle
prescrizioni dettate, appare incompatibile con la
prosecuzione della misura.
Infine, il reo che si allontana dal luogo di detenzione
(domiciliare o in altro luogo indicato nel comma 1) è
punito per il reato p. e p. dall’art. 385 c.p.
(evasione).
La denuncia per il reato di evasione determina la
sospensione della misura e, l’eventuale, condanna ne
impone la revoca (che preclude la sostituzione con altra
misura) [5].
3. LA SEMILIBERTA’, prevista e disciplinata dall’art. 48 ss
o.p., può essere concessa al condannato e all’internato
– a tal fine assegnati in appositi istituti o apposite
sezioni autonome di istituti ordinari – di trascorrere
parte del giorno fuori l’istituto di pena per
partecipare ad attività lavorative (anche autonome),
istruttive o, comunque, utili al reinserimento sociale.
L’ammissione ai regime di semilibertà è disposta,
infatti, in relazione ai progressi compiuti nel corso
del trattamento, quando vi sono le condizioni per un
graduale reinserimento del soggetto nella società.
Possono essere espiate in regime di semilibertà la pena
dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a
6 mesi, se il reo non è affidato in prova al servizio
sociale, oppure (fuori da questi casi) dopo l’espiazione
di almeno 1/2 della pena.
– Poi, a coloro che è stata applicata la recidiva (ex
art. 99, 4 comma c.p.) soltanto dopo l’espiazione dei
2/3 della pena, mentre se si tratta di un condannato per
taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell’art. 4 bis
o.p., di almeno 3/4 di essa.
– Inoltre, al condannato all’ergastolo può essere
concessa questa misura dopo avere espiato almeno 20 anni
di pena.
Infine, il condannato, semilibero, che rimane assente
dall’istituto senza giustificato motivo per più di 12
ore è punibile a norma dell’art. 385 c.p. (evasione) e
la condanna determina la revoca della misura de qua.
4. LA LIBERAZIONE ANTICIPATA è regolata dall’art. 54 o.p. e
stabilisce la possibilità che venga concessa al
condannato a pena detentiva che abbia dato prova di
partecipazione all’opera di rieducazione.
Consiste in una detrazione di 45 giorni per ogni singolo
semestre di pena scontata (valutando anche il periodo
trascorso in stato di custodia cautelare, di detenzione
domiciliare o di affidamento in prova al servizio
sociale).
Come è noto, a seguito del passaggio in giudicato della
sentenza, il Pubblico Ministero, ai sensi dell’art. 656
c.p.p., sospende l’esecuzione delle pene detentive, anche se
residue, contenute entro i limiti di concedibilità degli
strumenti alternativi al carcere e dispone la notifica
dell’ordine di esecuzione e del decreto di sospensione al
condannato con avviso della facoltà a costui riservata di
presentare, nel termine perentorio di 30 giorni, istanza
adeguatamente documentata per la concessione di una delle
misure alternative sopra descritte. A seguito dell’istanza de
qua, il Pubblico Ministero è tenuto a trasmettere gli atti al
Tribunale di Sorveglianza per la decisione sul merito.
NOTE
[1] Sono applicabili anche allo straniero extracomunitario,
entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo del
permesso di soggiorno (Cass. Pen. n. 22161/2005).
[2] M. Canepa e S. Merlo, “Manuale di diritto penitenziario”,
Giuffrè.
[3] “…o a 4 anni se relativa a titolo esecutivo comprendente
reato di cui all’art. 4 bis o.p. e successive modificazioni…”.
[4] Fatti salvi i limiti soggettivi ed oggettivi previsti dal
richiamo a specifici articoli (es. art. 4 bis o.p.…) e alle
modifiche introdotte con la Legge 251/2005 (ex Cirielli).
[5] Mentre l’art. 47 quater o.p. prevede le misure alternative
alla detenzione nei confronti dei soggetti affetti da AIDS
conclamata o da grave deficienza immunitaria e l’art. 47
quinquies o.p. la detenzione domiciliare speciale (per
condannate madri).
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