successione di leggi 2015 - Ordine degli Avvocati di Milano
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successione di leggi 2015 - Ordine degli Avvocati di Milano
Cassazione Penale Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 20-01-2015) 20-02-2015, n. 7868 Fatto Diritto P.Q.M. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VECCHIO Massimo - Presidente Dott. BONITO Francesco - Consigliere Dott. SANDRINI Enrico G. - Consigliere Dott. LA POSTA Lucia - Consigliere Dott. MAGI Raffaello - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: D.M. N. IL (OMISSIS); avverso l'ordinanza n. 779/2014 TRIBUNALE di MILANO, del 07/05/2014; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI; lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Cedrangolo Oscar, che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile. Svolgimento del processo 1. Con ordinanza resa in data 7 maggio 2014 il Tribunale di Milano, decidendo in sede esecutiva, rigettava l'istanza di D. M., tesa ad ottenere la rideterminazione della pena inflitta con sentenza emessa ai sensidell'art. 444 c.p.p. in data 16 ottobre 2013. Con detta decisione era stata applicata all'istante la pena di anni quattro di reclusione ed Euro 15.000,00 di multa (pena base di anni sei di reclusione ed Euro 26.000,00 di multa) in relazione al reato di cui alD.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 per la detenzione a fini di spaccio di gr. 5 lordi di cocaina nonchè di droghe leggere (hashish e marijuana). L'istanza risulta basata sulle ricadute della nota decisione n.32 del 2014 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale della novellazione apportata con D.L. 30 dicembre 2005, n. 272(artt. 4 bis e 4 vicies ter) convertito in L. 21 febbraio 2006, n. 49, all'originario testo del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. Come è noto, tale intervento legislativo aveva determinato - in costanza di rilievo penale della detenzione a fini di spaccio - la sostanziale parificazione del trattamento sanzionatorio tra possesso di sostanze rientranti nelle tabelle 2^ e 4^ previste dal cit. D.P.R., art. 14 (regolamentato quoad poenam dall'originario art. 73, comma 4) e sostanze iscritte nelle tabelle 1^ e 3^ (con trattamento sanzionatorio previsto nell'art. 73, comma 1). L'effetto della declaratoria di incostituzionalità della novellazione del 2006 è stato quello di riespandere la vigenza delle norme in tal sede abrogate, ripristinando la vigenza dei diversi livelli di risposta sanzionatoria in rapporto alla differente tipologia di sostanze stupefacenti oggetto della condotta illecita (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4 relativo alle c.d. droghe leggere). Nel valutare l'istanza, il G.E. afferma che pur dovendosi - in astratto - tener conto della declaratoria di incostituzionalità, nel caso concreto nessun effetto di rideterminazione appare possibile, trattandosi di sanzione relativa a condotta concernente anche sostanza stupefacente del tipo cocaina, con pena oggetto di richiesta delle parti commisurata nella misura di anni sei, in modo unitario per la detenzione delle diverse sostanze, ridotta a quella inflitta in virtù della scelta dei rito. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione - con personale sottoscrizione - D.M., deducendo violazione di legge. Nel ricorso si evidenzia che in rapporto alle droghe c.d. leggere, la pena di anni sei - oggetto dell'accordo - rappresenta, per effetto della decisione n.32 del 2014 Corte Cost. il massimo edittale (rapportato al previgente D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4) e pertanto andava operata congrua rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Motivi della decisione 1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato. 1.1 Osserva il Collegio che il caso in esame si caratterizza - nell'ambito della individuazione delle ricadute su decisioni irrevocabili della declaratoria di incostituzionalità operata con sentenza n.32 del 2014 - non solo per la tipologia di decisione irrevocabile (sentenza applicativa di pena su richiesta delle parti) ma per essere la stessa correlata all'illecita detenzione di sostanze stupefacenti "miste" (droga c.d. pesante e droga c.d. leggera). La pena risulta determinata in riferimento ai minimi edittali della previsione di cui all'art. 73, comma 1 nel testo risultante dalle modifiche dichiarate incostituzionali (D.L. n. 272 del 2005 conv. con modificazioni inL. 21 febbraio 2006, n. 49). Ciò posto, va evidenziato che: - la stessa possibilità di rideterminazione della pena in sede esecutiva lì dove il processo sia stato definito con sentenza di applicazione della pena su richiesta è attualmente oggetto di rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte, in rapporto alla particolare natura del rito ed alle differenti opzioni interpretative emerse in seno a questa Corte di legittimità sul tema - in quanto tale - e sulle eventuali modalità procedimentali; - in nessun caso può tuttavia ritenersi "rideterminabile" la pena per effetto della pronunzia di incostituzionalità lì dove la stessa risulti, come nel caso in esame, inflitta in rapporto a sostanze stupefacenti c.d. "pesanti" (originariamente catalogate all'interno delle tabelle 1^ e 3^, previste dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 14). In rapporto a tali sostanze, la novellazione del 2006 aveva in realtà introdotto un regime sanzionatorio di maggior favore, posto che la pena edittale minima di anni otto (ferma restando la pena massima di anni venti) era stata sensibilmente ridotta e determinata in quella di anni sei. Ora, la stessa decisione n. 32/2014 Corte Cost. evidenzia (al par. 6 della parte motiva) come in rapporto alla caducazione delle norme in questione - che ha determinato effetti ampiamente favorevoli lì dove la condotta sia in concreto riferibile a droghe c.d. leggere - l'effetto sfavorevole non può prodursi per le condotte di detenzione illecita di droghe c.d. pesanti in riferimento a quanto previsto dall'art. 2 c.p., comma 4 in tema di successione di leggi penali nel tempo. In altre parole, ferma restando l'efficacia retroattiva ricollegabile alla pronunzia di incostituzionalità, va escluso che ciò possa comportare effetti sfavorevoli a carico di chi ha commesso il fatto durante la formale vigenza della norma avente un contenuto di maggior favore (qui rappresentato dalla minore entità della pena edittale minima). E' stato pertanto affermato che in ossequio al principio della irretroattività della legge penale meno favorevole, la norma incriminatrice dichiarata incostituzionale può continuare a trovare applicazione per le condotte realizzate nel corso della sua vigenza, ove la sua disciplina conduca in concreto ad un trattamento più favorevole per l'imputato (Sez. 4, n. 44808 del 26.9.2014 rv 260735). 2. Erronea pertanto è la prospettazione coltivata dal ricorrente, posto che nel caso in esame il c.d. patteggiamento, al di là di ogni questione in punto di rivedibilità in sede esecutiva, ha avuto ad oggetto condotta di contestuale detenzione a fini di spaccio di droghe pesanti e droghe leggere nel cui ambito correttamente - non si è operata distinzione alcuna, in quanto la detenzione (in virtù della norma all'epoca vigente) era considerata fattispecie unica e non si applicava la continuazione interna (in tal senso giurisprudenza costante tra cui Sez. 4, n. 42485 del 17/07/2009, rv. 245458; Sez. 4, n. 37993 del 09/07/2008, rv. 241060; Sez. 6, n. 34789 del 21/04/2008, rv. 241375). Il trattamento sanzionatorio oggetto dell'accordo risulta essere pertanto - in rapporto alla porzione di condotta finalizzata alla cessione di cocaina - più favorevole rispetto a quanto previsto dalla disciplina "riemersa" a seguito della declaratoria di incostituzionalità (l'art. 73, comma 1 nella sua formulazione antecedente al 21 febbraio 2006, che prevedeva il minimo edittale di anni otto per detta tipologia di sostanza) il che risulta intangibile in virtù di quanto sopra ricordato ma - al contempo - rende del tutto inaccoglibile la pretesa ulteriore rimodulazione in melius della pena per la "compresenza" di droga leggera nella originaria contestazione. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2015. Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2015