“Lo chiamano aborto facile Ma si può anche morire”
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“Lo chiamano aborto facile Ma si può anche morire”
INCONTRI 5 21 agosto Assuntina Morresi, professore associato di Chimica fisica all’Università di Perugia, con la figlia. Ha svolto attività di ricerca al Consejo superior de investigaciones cientificas di Madrid e alla Università tecnica di Braunschweig, Germania. Scrive per L’Avvenire e Il Foglio Due ricercatrici hanno presentato il loro libro sulla “Favola dell’aborto facile”: si cerca di far passare l’interruzione di gravidanza come un affare privato da sbrigare nel modo meno doloroso Il farmaco non è affatto sicuro: quando Clinton voleva introdurlo negli Usa, lo stesso presidente della casa produttrice si oppose per il timore di essere travolto dalle cause legali e di dover pagare risarcimenti miliardari La pillola che non va giù “La Ru486 è una colossale truffa economica e politica” “Holly si trascina piangente sul pavimento del bagno in preda ai dolori, Rebecca muore sotto la doccia a causa di un’inarrestabile emorragia, Brenda telefona mille volte alla clinica, ma i medici giudicano i suoi sintomi normali e le rispondono sempre di restare a casa tranquilla, Vivian tra accessi di vomito e crampi addominali perde coscienza, e anche dopo essere stata finalmente trasportata in ospedale, non la riacquista più. Perché di Ru486 si muore, e si muore così”. Proprio la scoperta della morte di alcune donne che avevano fatto uso della pillola Ru486 è una delle molle che ha spinto Assuntina Morresi (professore associato di Chimica Fisica all’Università di Perugia) ed Eugenia Roccella (giornalista ed ex leader del Movimento di liberazione della donna) a scrivere La favola dell’aborto facile, miti e realtà della pillola Ru486, la cui presentazione ha richiamato una folla numerosissima nella sala Neri. Il libro, frutto di un grandissimo lavoro di ricerca e documentazione scientifica, mostra con disarmante chiarezza quello che una delle due autrici definisce “una colossale truffa economica e politica”. I dati e gli esempi forniti durante la presentazione raccontano di protocolli che consigliano di “non somministrare la pillola se non a donne che hanno una grande sopportazione del dolore”, di donne che vedono i resti dell’embrione abortito con conseguenti traumi difficilmente riassorbibili, di 13 donne morte per complicazioni dovute all’utilizzo della pillola Ru486. Perché allora queste testimonianze sono tenute nascoste? Il tentativo da parte di alcune correnti di pensiero è quello di far passare l’aborto come un affare esclusivamente privato, di ricollocare la maternità tra le mura domestiche; e la strada più a- gilmente percorribile per giungere a questo fine è quella di diffondere l’idea comune che esista un farmaco abortivo capace di eliminare il dolore e semplificarne le procedure. In realtà la situazione è assai più complessa di quanto alcuni faciloni vogliano far credere. A dimostrazione di ciò sta il fatto che la Exelgyn – società produttrice della Ru486 – diffonde la pillola soltanto nel caso in cui lo Stato ne faccia esplicita richiesta: dove cioè, come in Francia, sia possibile avere una forte copertura politica. Negli Stati Uniti invece, dove far causa a società farmaceutiche non è un evento così eccezionale come nel vecchio continente, la diffusione della pillola ha incontrato delle notevoli difficoltà. Il presidente della società produttrice infatti non voleva concedere il via libera al commercio. Come mai? Per paura delle cause legali. Soltanto le pressanti richieste di Clinton hanno fatto sì che la Exelgyn regalasse la Ru486 per evitare di dover pagare i risarcimenti in caso di sconfit- Nella foto, Eugenia Roccella, giornalista ed ex leader del Movimento di liberazione della donna Suo padre Franco è tra i fondatori del partito radicale Più dannosa del chirurgo Sono 13 le donne uccise dalla pillola, dissanguate. Delle loro storie, come degli effetti collaterali della Ru486, pochi sono a conoscenza. L’aborto chimico presenta un tasso di mortalità dieci volte superiore a quello del metodo chirurgico. Oggi allo stand del Movimento per la vita, vicino al villaggio ragazzi (D/B5), le autrici del volume incontreranno i visitatori della fiera a partire dalle 15. “Lo chiamano aborto facile Ma si può anche morire” Assuntina Morresi: in Cina, dove gli interventi sono 8 milioni ogni anno, la vendita è stata vietata per i rischi troppo elevati Professoressa Morresi, come funziona la Ru486 e quali sono i rischi che comporta? “Le pillole sono due. La Ru486 è la prima. Uccide l’embrione in pancia, lo atrofizza, togliendogli il nutrimento. Dopo 48 ore si prende la seconda e si espelle l’embrione. Il quindicesimo giorno visita medica per controllare che l’aborto sia completato. La donna espelle l’embrione da sola – è come un travaglio – servono gli antidolorifici. C’è il vomito, la diarrea, le grosse perdite di sangue fino a due mesi. Insomma, un aborto da non curare in ospedale. E siccome va controllata l’emorragia le donne vedono l’embrione abortito rimanendone impressionate. Questo se va tutto bene. Se va male si rischia la morte. È successo. In tutti i paesi dov’è stata introdotta si dà alla donna la pillola: la prima si ingurgita davanti al dottore il resto a casa. Foglietto delle istruzioni e numero telefonico dell’ospedale alla mano”. Perché si tendono a nascondere le testimonianze di chi ha usato l’Ru486 e i danni fisico-psicologici? Ci sono interessi economici dietro a questo insabbiamento? “L’interesse economico è mostruoso. In Cina ci sono 8 milioni di aborti l’anno. Se si sommano a quelli dell’India si arriva a 14 milioni. Immaginate che traffico ci sarebbe. La Cina l’ha messa in vendita nelle farmacie con ricetta appena introdotta nell’89 e nel 2001 l’ha ritirata, ma senza nessuna giustificazione se non quella di tutelare la salute. Ma perché? I cinesi sono noti per gli aborti forzati, anche a nove mesi di gravidanza. Se avesse funzionato non l’avrebbero tolta. La situazione Indiana è più tragica. Abbiamo notizie solo da uno stato, il Rajasthan. 56 milioni di abitanti. Qui un medico si è rivolto alla Commissione dei diritti umani dello Stato perché un numero imprecisato di donne è stato trovato morto dissanguato nei villaggi. Ma c’è anche una ragione ideologica. In questo modo l’aborto è banalizzato, certo solo concettualmente. Infatti il metodo si complica: una donna abortisce in 15-20 giorni, mentre oggi quello “chirurgico” può arrivare alle 2 ore in day hospital. Il terzo motivo riguarda la donna; anche se è stata male difficilmente denuncerà il fatto. Significherebbe rievocare tutto l’aborto e ta ad eventuali processi. Questo è soltanto un esempio per sottolineare come evidentemente questo farmaco non sia poi così sicuro. Siamo di fronte a un attacco pazzesco che tenta di de-strutturare le fondamenta della società e di far passare un principio di morte come un principio di vita; e, se come pensa Eugenia Roccella “l’amore materno è l’ombra dell’amore divino”, questo tentativo rischia di diventare un vero e proprio attacco al senso dell’umanità. Daniele Valerin finire sui giornali. Non a caso tutto è scoppiato in America, patria della libertà, il cui sistema ospedaliero è trasparente e i medici pagano quando sbagliano”. A nostro avviso la favola che ci raccontano su questa pillola è duplice: la prima è quella che riguarda l’alleviamento del dolore e dei traumi; la seconda – più menzognera – riguarda il tentativo di nascondere problemi che sorgono di fronte all’eliminazione di una vita. È così? “Fisicamente è una pillola. Esiste una continuità fra la pillola contraccettiva, quella del giorno dopo e l’Ru486 che però è un’altra cosa. La pillola del giorno dopo impedisce all’embrione di attecchire nell’utero, quando la prendi non sai se sei incinta o no. E non lo saprai mai. È chiaro, moralmente stai male lo stesso. Nella mente rimane l’idea della pillola contraccettiva e se sei distratta puoi prendere quella del giorno dopo. Se sei più distratta hai l’Ru486 e se sei “tonta” vai in ospedale. Questa è l’idea”. Come il vostro libro si inserisce all’interno del tema proposto quest’anno al Meeting? “La ragione ci dice che l’aborto in generale è una violenza verso la donna e il feto. Tutte le evidenze scientifiche e ragionevoli mostrano questa tecnica come contraria ad ogni decisione ragionevole per la vita. E anche quando si optasse per l’aborto l’Ru486 rende le cose più difficili fisicamente e moralmente. Quindi è veramente una battaglia per la ragione”. Luca Pezzi