considerazioni medico legali
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Novara, 23 ottobre 2010 RU486 - Interruzione farmacologica di gravidanza: considerazioni medico legali Gianfranco Zulian Direttore Dipartimento ASSSI e S.C. Medicina Legale ASL Novara RU 486 = Mifepristone 1982: Emile-Etienne Beaulieu lo inventa 1988: inizia la produzione da parte della Roussel-Uclaf che etichetta la sostanza col numero 38486 - Ne deriverà l’abbreviazione RU-486 Introduzione Dopo essere stato utilizzato in una ventina di Paesi europei, dall’inizio del 2010, il mifepristone (RU486) è stato reso disponibile negli ospedali italiani per l’interruzione medica (o farmacologica) di gravidanza. Sono passati oltre 2 anni da quando,nel novembre 2007, l’azienda produttrice ha presentato domanda di ammissione all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e oltre 20 da quando il farmaco è stato approvato per la prima volta in un Paese europeo, la Francia. Paesi europei dove è commercializzata la RU486 Fecondazione: fisiologia La fecondazione corrisponde al momento in cui spermatozoo e ovulo si uniscono costituendo un organismo unicellulare (zigote) La sede abituale di questo evento biologico è costituita dalla regione prossima all’ovaio di una delle due tube di Falloppio La costituzione dello zigote da inizio, di fatto, alla gravidanza, anche se l’impianto dell’embrione nella parete uterina avviene qualche giorno dopo Meccanismo d'azione La molecola (mifepristone: nome commerciale in Italia Mifegyne), che non è un ormone, impedisce al progesterone di svolgere uno dei suoi compiti fisiologici, quello cioè di preparare la parete uterina per l’impianto dell’embrione. Tale azione si esplica attraverso un blocco dei recettori per il progesterone ubicati a livello della mucosa uterina stessa. Modificazione parete uterina Essendo quindi antagonista del progesterone il mefipristone agisce attraverso una modificazione della parete uterina che impedisce l’impianto dell’embrione. In particolare somministrato in gravidanza, aumenta la contrattilità dell’utero e sensibilizza il miometrio all’azione delle prostaglandine. Studio OMS La possibilità di interrompere precocemente una gravidanza umana, a seguito della somministrazione di mifepristone, è stata documentata per la prima volta nel 1982 e confermata, nel 1984, da uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) OMS L’associazione mifepristone 200 mg e misoprostolo 200 mcg è inclusa come ossitocico complementare, per l’interruzione della gravidanza, nella lista di farmaci essenziali dell’OMS (WHO Model list of essential medicines, 16a edizione. Marzo 2009). Il loro utilizzo è limitato ai Paesi che ne hanno autorizzato l’uso e in coerenza con le legislazioni adottate per l’IVG. Il loro uso deve avvenire sotto attento monitoraggio medico. Procedura di utilizzo Il mifepristone viene somministrato alla donna, previo ricovero ospedaliero, possibilmente entro la 7a settimana di gravidanza. Dopo due giorni vengono somministrate anche delle prostaglandine al fine di indurre un aborto spontaneo con eliminazione dei residui necrotici dell’embrione. L’aborto si verifica in genere nelle 24 h e comunque non oltre un paio di settimane Interrogativi etici e giuridici che pone l’utilizzo del mefipristone o Ru-486 Per le sue modalità di azione può essere considerato un contraccettivo? Comporta rischi per la salute o per la vita stessa della donna che ne fa uso? Rende la donna più libera e autonoma nella eventuale decisione di interrompere la gravidanza? Dal punto di vista economico è una soluzione più vantaggiosa rispetto all’aborto chirurgico? Il suo utilizzo è conforme a quanto previsto dalla legge 194/78 che regolamenta l’aborto volontario? Azione abortiva RU 486 Con il termine contraccezione si indica qualsivoglia azione capace di impedire la fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo. Il tipico meccanismo di azione del mefispristone non può essere pertanto considerato di tipo “contraccettivo” . Quindi l’azione della Ru-486 deve essere giudicata come abortiva Dal punto di vista fisico vi possono essere comunque conseguenze anche gravi per la madre, come d’altronde accade con l’aborto chirurgico. Sono state infatti segnalate in Letteratura varie complicanze quali: emorragie e infezioni locali o sistemiche, decessi, rischio teratogeno (da considerare in proposito il Dossier della rivista 1/2010 Dialogo sui farmaci relativa a “Entrata in commercio della RU 486: revisione delle evidenze di efficacia e sicurezza”). Non è escluso il trattamento chirurgico L’asportazione dalla cavità uterina dei tessuti necrotici residui può rendere comunque necessario un intervento chirurgico con relativo aumento degli indici di morbosità e di mortalità per la donna. Sono significativi i dati emersi da ricerche pubblicate su due prestigiose riviste scientifiche sulla materia Negli Stati Uniti il tasso di mortalità connesso all’aborto chirurgico è di 0,7 decessi ogni 100.000 aborti (considerando anche gli aborti tardivi, cioè quelli a rischio maggiore) (Bartlett LA et al. Obstet Gynecol. 2004 Apr; 103(4):729-37), mentre quello relativo all’aborto con la RU-486 è di 1,1 decessi ogni 100.000 donne (Henderson JT et al. Contraception. 2005 Sep; 72(3):175-8), un valore più alto del 57% Un risvolto certamente negativo dell’aborto chimico è da considerare anche sul versante psichico, dato che da questo punto di vista la RU-486 è un mezzo “subdolo”: sembrerebbe poter consentire alla donna di abortire senza ricovero e senza la necessità di un intervento chirurgico... Di fatto fa ricadere tutto il peso psicologico della procedura su di lei costringendola ad affrontare (spesso “sola”: condizioni di abbandono materiale e/o morale), le diverse fasi dell’aborto indotto farmacologicamente, per espellere i resti necrotici dell’embrione L’aborto chimico è una procedura che può essere definita a pieno titolo un “frutto della filosofia utilitarista”: l’obiettivo principale che si propone è quello di rendere le procedure abortive ancora più precoci, sicure ed economiche, prescindendo totalmente, però, dalle reali necessità della donna che vi si sottopone In un’ottica strettamente economica si tratta comunque di una scelta non tanto vantaggiosa, come confermano i dati secondo i quali negli USA l’utilizzo della RU-486 comporta gli stessi costi di un aborto volontario realizzato chirurgicamente Da un punto di vista etico, vi possono essere delle circostanze che ne giustifichino l’uso anche nel caso in cui la sua modalità di azione sia riconosciuta come abortiva? Poiché viene classificato come un abortivo, la sua prescrizione può essere rifiutata da un medico già obiettore di coscienza nei confronti della legge 194/1978? La prescrizione del mifepristone alle minorenni senza previo consenso da parte dei genitori si può considerare giuridicamente / moralmente lecito? Contesto normativo L. 22 maggio 1978, n. 194 Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza. La legge 194 richiede che la pratica abortiva venga interamente eseguita in ospedale (art. 8) L'articolo 15, inoltre, dispone che le Regioni promuovono l'aggiornamento sull'uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza Notifica Ministro Salute 18.3.2010 Riguarda il parere espresso dal CCS in merito all'utilizzo della RU486