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CARLO FLAMIGNI - CORRADO MELEGA
RU486
Non tutte le streghe
sono state bruciate
RU486
Non tutte le streghe sono state bruciate
Carlo Flamigni
Corrado Melega
RU486
Non tutte le streghe
sono state bruciate
© 2010 -’Asino d’oro edizioni s.r.l.
Via Saturnia,14 - 00183 Roma
www.lasinodoroedizioni.it
email: [email protected]
ISBN 978-88-6443-048-5
ISBN ePub 978-88-6443-117-8
ISBN pdf 978-88-6443-118-5
Copertina: disegno di Massimo Fagioli
Indice
Premessa degli Autori
Introduzione
7
15
Capitolo 1. Un po’ di biologia
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
Di cosa stiamo parlando
Ciclo ovarico, ovulazione, fecondazione, gravidanza
Il progesterone
I progestinici
I modulatori selettivi del recettore del progesterone
(SPRMs) e gli antiprogestinici
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Capitolo 2. I farmaci per abortire
2.1 Il mifepristone o RU486
2.1.1 Altri possibili usi del mifepristone
2.2 Le prostaglandine (Misoprostol, Sulprostone, Gemeprost)
2.3 Il metotrexate
2.4 ... e la pillola del giorno dopo?
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Capitolo 3. L’aborto nel mondo
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
L’aborto e il controllo delle nascite
La crescita delle popolazioni
Il controllo mestruale
Il family planning
Un male inevitabile? Come eliminare il ricorso all’aborto
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Capitolo 4. L’aborto volontario in Italia
4.1 Prima della Legge
4.1.1 MLD, CISA, AIED
4.1.2 La sentenza della Corte Costituzionale (18.2.75)
4.1.3 La Legge sui consultori
4.2 La Legge 194/78
4.3 L’aborto clandestino in Italia dopo la Legge 194
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Capitolo 5. Cosa dice la Legge 194/78
5.1 L’aborto entro i primi 90 giorni di gravidanza
5.2 L’aborto dopo i primi 90 giorni
73
76
5.3
5.4
5.5
5.6
5.7
Lo stato di necessità
Sacralità e qualità della vita
Gli obiettori di coscienza
Gli aborti legali in Italia
I problemi insoluti della Legge 194
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83
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Capitolo 6. I metodi per abortire: un po’ di storia
6.1
6.2
6.3
6.4
6.5
“Fai da te”: pozioni e ferri da calza
Controllo mestruale e metodo Karman
Negli ospedali pubblici prima della Legge
L’isterosuzione e il curettage
Il problema delle complicazioni: dati poco accurati
e ancor meno credibili
6.6 Gli aborti tardivi
6.7 Morbilità e mortalità
6.8 Cosa sfugge agli epidemiologi
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Capitolo 7. L’aborto farmacologico
7.1 Farmaci anti-progestazionali
7.2 Il mifepristone: la storia
7.3 Le controindicazioni
7.4 La clinica e i protocolli
7.5 I risultati
7.5.1 Effetti collaterali ed effetti avversi
7.5.2 Efficacia
7.5.3 Il confronto con l’aborto chirurgico
7.6 La mortalità da RU486: polemiche e inesattezze
7.6.1 Le infezioni da Clostridium Sordellii
7.6.2 I dati dell’azienda Laboratoire Exelgyn
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115
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121
124
128
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Capitolo 8. L’aborto farmacologico in Italia
8.1
8.2
8.3
8.4
8.5
8.6
Guardare al passato
Dalle prime sperimentazioni all’autorizzazione dell’AIFA
La procedura di “mutuo riconoscimento”
L’esperienza dell’Emilia-Romagna
Eludere la legge
Ostilità e pregiudizi
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150
150
Capitolo 9. Conclusioni
163
Documenti
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Premessa degli Autori
Stavamo, come si dice d’abitudine, per andare in
stampa, il libro era terminato, le correzioni completate,
restava da scrivere la quarta di copertina e dovevamo
scegliere a chi dedicare questo nostro ennesimo lavoro,
cosa non poi tanto difficile, abbiamo solo due mogli. A
questo punto è arrivata agli Assessorati alla Sanità delle
Regioni (non agli Assessori) una lettera del professor
Ferruccio Fazio, ministro della Salute, che trasmette in
copia il parere del Consiglio Superiore di Sanità (CSS)
riguardante le modalità di impiego della pillola RU486.
Il documento del CSS, a parte alcune interpretazioni
discutibili dei fatti e alcune scelte che riteniamo peculiari, dice una cosa fondamentale: che al fine di garantire il
rispetto della Legge 194/78 su tutto il territorio nazionale è necessario che il percorso dell’interruzione della
gravidanza con metodi farmacologici debba avvenire in
regime di ricovero ordinario fino alla verifica della completa espulsione del prodotto del concepimento.
Il lettore troverà il testo del documento all’indirizzo
http://www.lasinodoroedizioni.it/flamigni/RU486 e potrà leggere nel nostro testo le ragioni per cui, a nostro
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avviso, tutta la campagna orchestrata contro la pillola
RU486, compreso questo “falsettone” finale (chi ama
l’opera lirica capirà cosa intendiamo) sono, secondo noi,
il frutto di scelte moralmente molto discutibili e l’elaborazione di menti abituate a modificare la verità. Per il
momento ci limiteremo ad alcune considerazioni critiche, che abbiamo scelto con cautela tra quelle che questo
documento ci ha fatto venire in mente. Unica consolazione è il fatto di aver potuto interrompere la ricerca delle persone alle quali dedicare il nostro testo: è stato subito evidente a entrambi che nessuno più dei membri del
CSS merita questo riconoscimento.
Ed ecco, in sintesi, le nostre prime osservazioni:
la decisione non tiene conto del Titolo 5° della Costituzione, che assegna alle Regioni il governo clinico
della sanità. È anche possibile, nella fattispecie, chiamare in causa l’articolo 10 della Legge 194 che recita:
«L’accertamento, l’intervento, la cura e la eventuale
degenza relativi alla interruzione della gravidanza nelle circostanze previste dagli articoli 4 e 6, ed attuati
nelle istituzioni sanitarie di cui all’articolo 8, rientrano
fra le prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto 1974, n. 386 (3/a)».
•
Le maggiori Istituzioni che si occupano di sanità nel
mondo come l’Organizzazione Mondiale della Sanità,
la Food and Drug Administration, l’EMEA, sono
concordi nell’indicare il day-hospital (D.H.) o addirittura il regime ambulatoriale come le procedure da
preferire nell’erogazione del servizio.
•
Il documento ignora nel modo più assoluto l’autonomia decisionale del medico in campo diagnostico e terapeutico.
RU486
•
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•
Nella valutazione dei dati scientifici viene indicato come limite il fatto che la RU486 è stata sottoposta solo
a studi osservazionali. Saremmo veramente lieti se il
CSS ci indicasse quali, tra i tanti farmaci in commercio nel nostro Paese, sono stati oggetto di studi randomizzati o di studi caso-controllo. A parte ciò, dovrebbe essere noto agli esperti che quando uno studio
osservazionale riguarda milioni di pazienti le sue conclusioni sono in ogni caso da ritenere degne di considerazione. Ad esempio, lo studio osservazionale “one
million women” ha indotto le società scientifiche di
tutto il mondo a rivedere le linee guida delle terapie
ormonali sostitutive in menopausa.
•
Il documento, dopo avere affermato che i dati relativi
alle complicazioni conseguenti agli aborti chirurgici e
a quelli medici non sono confrontabili, dichiara che
emergerebbe (da cosa?) un profilo di sicurezza inferiore per la RU486. In realtà, come cercheremo di
chiarire, i dati relativi agli eventi avversi degli aborti
chirurgici (Asherman, sterilità secondarie, persino
complicazioni da perforazioni dell’utero) stentano ad
emergere mentre per l’aborto farmacologico la sorveglianza, a causa dei conflitti che la procedura ha suscitato, sono stati accuratissimi. È evidente che gli
estensori del documento hanno deciso di riportare, su
questo argomento, un’ampia letteratura, decidendo al
contempo di non leggerne una riga.
Premessa degli autori
Esaminando il testo abbiamo poi rilevato l’esistenza
di alcuni passaggi che dimostrano una grande fretta e superficialità da parte degli estensori nonché la mancanza
di conoscenze adeguate:
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Si parla dei decessi in modo assolutamente superficiale e, pur ammettendo che è difficile attribuirli alla procedura, si tace sul fatto che le statistiche rilevate su
milioni di trattamenti non forniscono dati significativamente diversi tra i due metodi.
•
Il documento, a proposito degli aspetti gestionali e
operativi, afferma che non sono state messe a punto
procedure standard relative ad un percorso assistenziale: ignora (?) che dal 2006 la Regione Emilia-Romagna ha messo a punto un protocollo assistenziale,
condiviso da professionisti e da Autorità sanitarie, che
prevede un percorso circostanziato per donne e medici, una serie di informazioni complete e puntuali sui
vari possibili problemi, un consenso particolarmente
attento alla salvaguardia della salute della donna.
•
Apparentemente nessuno si è ricordato del fatto che
condizioni del tutto simili, ma insorte spontaneamente ( i cosiddetti aborti interni), vengono comunemente
trattate senza ricoverare le pazienti, che se ne vanno
a casa ad aspettare di aver espulso il feto e poi tornano
in ospedale per verificare se c’è bisogno di un trattamento.
•
Per quanto riguarda l’uso del misopristolo è evidente
che il CSS ignora che si tratta di un farmaco usato in
tutto il mondo per l’induzione del travaglio di parto
e dell’aborto. La letteratura medica su questo farmaco
è particolarmente ricca e completa e ciò rende possibile il suo impiego off-label, previa naturalmente consenso informato.
•
Il documento riporta un grande numero di voci bibliografiche, praticamente tutte favorevoli all’impiego
RU486
•
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della RU486 e dell’aborto farmacologico, pubblicate
in Paesi nei quali l’intervento è eseguito in day-hospital, in ambulatorio o addirittura a domicilio.
Ma ha senso, ci chiediamo a questo punto, dedicare
un libro a Caino, o a Giuda, o a Benedict Arnold, insomma agli uomini cattivi e ai traditori dei quali ci parlano
la storia e la leggenda? Si può dedicare questo libro all’Orco delle favole, anche lui contrario alla RU486 perché diminuisce la fornitura dei bambini dei quali si nutre?
In realtà non sappiamo risolvere questo quesito, ma
abbiamo ugualmente deciso di dedicare questo libro ai
membri del CSS, nei confronti dei quali, in questo momento, non nutriamo buoni sentimenti, anche se siamo
ammirati della loro (distorta) buona volontà.
Ci siamo chiesti quali possano essere stati i motivi capaci di convincere un gruppo di brave persone a tradire
se stesse, la propria dignità, il mandato medesimo che
era stato loro affidato, e purtroppo ci è venuta in mente
una sola risposta, una risposta che francamente ci piace
molto poco. Questo, naturalmente, è solo il nostro parere e sappiamo di poter sbagliare. Ma ci siamo ricordati
che Nicola Abbagnano diceva, di quelle istituzioni che
Premessa degli autori
In definitiva, la decisione del CSS è capziosa, ideologica, scorretta e soprattutto rappresenta una vera e propria trappola per le pazienti che certamente chiederanno
di essere dimesse (come è loro assoluto diritto) e che, da
quel momento, si troveranno sole. A meno che, come è
nelle nostre speranze, non ci sia un sussulto di orgoglio
dei medici che li solleciti a offrirsi volontariamente a proteggerle e a star loro vicino.
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RU486
approvano leggi che soddisfano le esigenze delle ideologie e delle religioni, cose terribili, che preferiamo non ripetere qui, ma che non sono poi difficili da indovinare.
Forse è bene che a chi tradisce la laicità del nostro povero Paese queste parole del grande filosofo qualcuno le
sussurri in un orecchio, noi abbiamo il forte sospetto di
non essere ascoltati.
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Navim agere ignarus navis timet;
Habrotonum aegro non audet nisi qui didicit dare;
Quod medicorum est promittunt medici;
Tractant fabrilia fabri:
Scribimus indocti doctique poemata passim.
Orazio, Epistole, libro secondo, 1, 115.
Non osa metter mano ad una nave chi non se ne intende;
l’abrotano vien dato al malato da chi ne capisce;
di prognosi mediche solo i medici fan professione;
dei loro mestieri gli artigiani soltanto.
E noi invece? Giù a buttar versi, dotti e indotti,
a destra e a sinistra *.
* Orazio, Epistole, a cura di U. Dotti
Feltrinelli, Milano 2008, pp. 108-109.
Introduzione
La rivista scientifica in assoluto più famosa e apprezzata nel mondo che si occupa dei problemi del controllo
della riproduzione, “Contraception”, ha iniziato il 2010
pubblicando un articolo di uno dei più noti esperti di
problemi dell’adolescenza, E. A. Shaff, che analizza
quanto è successo negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni
a proposito di aborto volontario, prendendo spunto dal
fatto che proprio dieci anni or sono il mifepristone è stato approvato dalla Food and Drug Administration ed è
iniziato quello che lo stesso Autore dell’articolo definisce
uno “straordinario viaggio”. Anzitutto, dice Schaff,
l’aborto farmacologico ha risposto a una esigenza precisa, quella delle moltissime donne che vogliono soprattutto poter ricorrere a una tecnica di interruzione della
gravidanza che non le faccia attendere: questo spiega
perché il 50% delle donne scozzesi, svedesi e svizzere
sceglie il farmaco e non l’intervento chirurgico. In secondo luogo questi dieci anni sono serviti a sfatare una leggenda, creata dai cosiddetti difensori della vita, che cioè
l’introduzione della RU486 avrebbe aumentato il numero delle interruzioni di gravidanza: nella maggior parte
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dei Paesi sta accadendo esattamente il contrario. Dal
punto di vista clinico, poi, il mifepristone ha risolto una
serie di problemi, sia di tipo meccanico (ortopedici e uterini soprattutto), che di tipo psicologico, come il terrore
di esporsi ai rischi della chirurgia. Con vari accorgimenti
sono stati eliminati i maggiori rischi che erano stati descritti in precedenza, da tempo non si sente più parlare
di infezioni da Clostridium Sordellii e le complicazioni
più importanti sono notevolmente diminuite. Infine, alcune modifiche dei protocolli hanno abbreviato l’intervallo di tempo necessario per l’espulsione del prodotto
del concepimento, diminuito le percentuali di interventi
chirurgici dovuti a incompleta espulsione e reso spesso
inutile la visita di controllo finale. E Schaff conclude così:
«Le donne hanno atteso a lungo un farmaco che le facesse abortire in modo insieme sicuro e privo di effetti
collaterali: per fortuna è arrivato il mifepristone».
Quello che dice Schaff è condiviso da una gran parte
dei ginecologi in tutto il mondo, e questa opinione si basa
sia sulle esperienze personali di quanti hanno avuto modo di utilizzare la cosiddetta “pillola abortiva”, sia sull’opinione delle maggiori agenzie che si occupano dei
problemi della salute degli esseri umani e della sicurezza
dei farmaci che vengono proposti dall’industria farmaceutica. In teoria il problema non dovrebbe neppure essere proposto per una discussione: il mifepristone non
ha sconvolto il campo dell’abortività volontaria, non rappresenta in alcun modo una panacea universale, si limita
a essere “qualcosa in più”, una differente strada per ottenere un risultato, un percorso che ha vantaggi e svantaggi rispetto a quello tradizionale, ma che a un notevole
numero di donne piace di più, e questo naturalmente alla
fine di un lungo e dettagliato “consenso informato” che
Introduzione
deve fare piena chiarezza in merito ai costi e ai benefici.
Invece non è così, e su questo farmaco, utilizzato fino ad
oggi da milioni di donne con risultati che gli esperti considerano complessivamente positivi, si è scatenata una
vera e propria canea di critiche e di insulti, e siccome
gran parte degli insulti riguardano coloro che sono favorevoli all’utilizzazione del farmaco negli ospedali italiani,
ci siamo sentiti inevitabilmente coinvolti: e se in effetti la
canea è «l’insistente abbaiare dei cani che inseguono la
selvaggina», noi vogliamo, almeno per una volta, rovesciare la situazione e cominciare a correre dietro ai cani.
Analizzando tutte queste critiche, e anche trascurando il fatto che si tratta quasi sempre di valutazioni grossolane e oltraggiose, abbiamo fatto insieme alcune considerazioni. Ci è sembrato anzitutto che non dovrebbe
sfuggire ai cittadini il fatto che in un mondo così composito quale è quello dei ginecologi – tra di noi ci sono
cattolici, protestanti, ebrei, musulmani, atei, agnostici,
buddisti e chissà quanto altro ancora – solo i cattolici
hanno indossato l’armatura e sono partiti lancia in resta
per cercare di organizzare una linea del Piave che riuscisse a difendere le patrie frontiere minacciate da questa
nuova peste dilagante. In secondo luogo ci è sembrato
per lo meno peculiare il fatto che alcune delle persone
che più frequentemente si sono espresse contro l’impiego del mifepristone, tra l’altro proprio quelle che hanno
manifestato il maggior astio nei confronti dei suoi “sostenitori”, sono prive di qualsiasi competenza specifica
(ma non solo specifica) in questo campo. In ogni regione
italiana ci sono proverbi che invitano la gente a occuparsi
solo delle cose che conosce (da noi si dice, più o meno,
che ognuno si fa i fatti suoi, il contadino pensi ai suoi
buoi) ma i proverbi hanno smesso da tempo di essere
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considerati una forma di saggezza popolare, così abbiamo deciso di argomentare le ragioni della nostra contrarietà.
Di tutte le cose malevole che siamo stati costretti a
leggere, due ci sono sembrate particolarmente difficili
da trangugiare. La prima riguarda la previsione secondo
la quale introdurre uno strumento abortivo teoricamente
più facile da utilizzare porterà quasi inevitabilmente ad
un aumento degli aborti volontari. Crediamo che chi ha
scritto questa stupidaggine non si sia fermato neppure
un attimo a riflettere sull’enormità delle implicazioni: se
questo assunto fosse vero, vorrebbe dire che ci sono donne che decidono se abortire o portare avanti una gravidanza sulla base di elementi insignificanti quali la coda
al consultorio e la facilità di arrivare davanti al medico.
Personalmente abbiamo una differente opinione delle
donne, della loro moralità e della loro razionalità e crediamo di poter respingere a loro nome questo stupidissimo insulto.
Il secondo problema riguarda la continua allusione al
fatto che esisterebbe una specie di associazione massonico-comunista, forse con infiltrazioni atee e con importanti agganci con la mafia siciliana, certamente al soldo
delle grandi multinazionali, che, disinteressandosi completamente dei problemi della salute delle donne, si adopererebbe in tutti i modi (e molti di questi modi sfiorerebbero la criminalità) per facilitare l’ingresso di questo
nuovo farmaco nel Paese, un’accusa che ci ricorda la trama di alcuni recenti film di fantascienza americani. Noi
non siamo massoni e non abbiamo connessioni mafiose
(per quanto riguarda ateismo e comunismo preferiremmo patteggiare), ma soprattutto non abbiamo mai fatto
un favore che è uno, in 90 anni complessivi di attività
Introduzione
professionale, all’industria farmaceutica, alla quale riteniamo oltretutto di non essere per niente simpatici. Di
conseguenza, abbiamo ritenuto di essere nel pieno diritto di esprimere ad alta voce la nostra opinione e di chiedere a chi voglia entrare in polemica con noi di dichiarare preliminarmente, con altrettanta chiarezza, la propria estraneità da qualsiasi tipo di rapporto con il Vaticano.
Il titolo di questo libro, come il lettore può constatare, chiama in causa ancora una volta le streghe, e ciò perché siamo convinti che, almeno per una parte dei buoni
cattolici, il Sacro Uffizio abbia commesso una grave disattenzione lasciandone sopravvivere qualcuna, errore
che da un certo punto di vista può essere considerato
non scusabile, visto che a quei tempi di legna da ardere
ce ne era a sufficienza. Ebbene, molti di noi si considerano nipoti di quelle sagge megere, brave donne che
hanno spesso dato la vita, trovando in molti casi una
morte prematura e atroce, battendosi in favore della vita
e della salute delle loro sorelle, in tempi nei quali interrompere una gravidanza rappresentava un gesto di compassione e di affetto. Avremmo potuto citare il silfio, la
pianta misteriosa che per molti secoli è servita da panacea per le donne romane in molte e differenti circostanze che avevano a che fare con la vita sessuale e riproduttiva, e che è poi misteriosamente scomparsa dalle spiagge de laserpicifera Cirene, o avremmo potuto citare
l’apiolo, la sostanza estratta dal prezzemolo che ha fatto
abortire molte donne e che molte ne ha uccise. La prima
citazione ci sembrava scioccamente ottimista, la seconda
sgradevole e tragica: abbiamo preferito il riferimento alle streghe, i tempi ci sembrano giusti per parlarne ancora una volta.
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