L`incredibilità internazionale - Il Giornale D`Italia
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L`incredibilità internazionale - Il Giornale D`Italia
Anno IV - Numero 97 - Venerdì 24 aprile 2015 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Economia Elezioni Usa Il vertice Lavoro: nuovo bluff di Poletti Bush-Rubio, ecco il ticket Immigrati: l’Europa scarica l’Italia Sarra a pag. 2 GIORGIA MELONI RICORDA IL PRESIDENTE DE LA DESTRA In memoria di Teodoro è qualcuno che pensa siano finite. Dissolte nella storia del secolo scorso. Sia la destra che la sinistra. Io non lo credo. Credo piuttosto che siano cambiate, ma una differenza profonda resta, in termini di valori, idee forti, riferimenti umani e storici. Per me, di destra è chi lascia tutto dietro di sè per gettarsi in una grande avventura collettiva. E per questo è disposto a vivere dentro una macchina per un po', se serve. Per me, è di destra chi si schiera dalla parte più difficile: quella sconfitta, umiliata, esclusa. Per me, è di destra chi si batte per i quartieri più popolari e periferici, ma onorando sempre le istituzioni in cui ci si conquista il diritto di esserci. Con coraggio, tenacia, persino parlando per due giorni consecutivi in aula per contrastare una legge o una delibera ingiusta, ma sempre rispettando l'avversario e sè stessi. Magari aiutandosi con un goccio di grappa ogni tanto, perché in fin dei conti siamo umani e gioiosi anche in battaglia. Per me, è di destra stare sempre dalla stessa parte. Senza cedere mai alle lusinghe del potere. Consapevoli che la politica, come la storia, è una ruota che gira e non bisogna mai smettere di credere nelle proprie idee anche se talvolta ci si sente un po' soli e delusi. Ecco, per me, essere di destra vuol dire essere Teodoro Buontempo. E ci manca, diavolo se ci manca quel vocione roco, quel sorriso contagioso, quello spirito indomito. Per me, essere di destra è ricordarlo oggi, e per sempre. Giorgia Meloni C’ (Altri servizi a pag. 5) a pag. 11 Nardone a pag. 7 LA PROPAGANDA DEL GOVERNATORE IN TEMA DI TRASPARENZA VIENE ALLO SCOPERTO NELL’ESAME DEGLI ATTI di Francesco Storace iene il sangue agli occhi. Ci prendono in giro ma non dobbiamo perdere la pazienza, perché la verità è faticosa. Ma partecipare ai lavori della commissione bilancio della Regione al fine di scoprire che cosa c’è dietro gare e appalti dopo Mafia capitale è davvero estenuante. Zingaretti ha mandato in commissione il peggiore dei suoi ambasciatori, il segretario generale della Regione, Andrea Tardiola, il burocrate più arrogante che si possa schierare in vicende di tal fatta. L’opposizione - il cui mestiere non è quello di applaudire - pretende chiarezza e lui squittisce, reagisce, straparla. Tutto questo per evitare di rispondere alle questioni sul tappeto. Al suo fianco, la direttrice della centrale acquisti, Elisabetta Longo, che gestisce tre miliardi di euro, quasi intimidita dal segretario generale, che decide quando e se lei può parlare... Martedì nuova replica. Questa volta speriamo con carte più soddisfacenti alla mano, visto che finora di atti se ne sono visti pochi ed evanescenti. Ma la notizia c’è stata, in una seduta che si è tentato di tenere nell’opacità, puntando a minimizzare quello che si sa dal giorno in cui si è appreso dell’indagine sul capo di gabinetto di Zingaretti, Maurizio Venafro, finito dentro il calderone di Mafia capitale per la gara Cup da 60 milioni di euro. Quell’appalto era finito tra quelli appetiti dal clan Buzzi, almeno per quanto siamo a conoscenza; nei giorni immediatamente successivi all’esplosione dell’inchiesta Pignatone gli arresti sono del 2 dicembre 2014 Zingaretti chiede evidentemente consiglio al fratello Montalbano e annuncia la sospensione delle gare in corso e il 9 la revoca dell’appalto Cup. V OPACHI Appalti alla Regione Lazio: si punta a minimizzare ma emerge la verità, la gara Cup revocata da Zingaretti solo perché gli avevano sequestrato tutto Tutti i giornali (tranne il nostro, per la verità) le tv, le radio, ci cascano e osannano il governatore. “Così si fa!”, “guerra alle cosche!”,“no a Mafia capitale!”,“Zingaretti eroe!”. Ma per favore... La gara era stata revocata semplicemente perché il 5 dicembre - come ha dovuto ammettere solo ieri in commissione proprio Tardiola - la magistratura si era portata via tutti gli atti, sequestrandoli. Lo sapeva tutto l’entourage del governatore, ma non lo dovevano sapere milioni di cittadini del Lazio che avevano dovuto credere alla favola del presidente buono contro le cosche all’assalto della Regione. E ieri questa notizia è venuta alla luce perché proprio Tardiola, nei giorni scorsi, aveva scritto ad uno dei consiglieri cinque stelle, Barillari, sul sequestro della gara. Quando è avvenuto?, è stata la doverosa domanda ed è uscita fuori la verità di una propaganda ignobile su fatti legati ad un’inchiesta di mafia. Ci chiediamo di che cosa abbiano paura. Durante i lavori della commissione è stata diffusa persino una nota che illustra una pronuncia della Cassazione sulla rivelazione di segreti. “Chi ha partecipato o assistito ad un atto del procedimento” non commette reato se divulga la notizia. Il 25 marzo scorso, in Consiglio regionale, Zingaretti non ha fatto minimamente cenno al sequestro della gara. Dicesi di comportamento opaco. GIOVANNI LO PORTO UCCISO DA UN DRONE AMERICANO, OBAMA SI ASSUME LA RESPONSABILITÀ L’incredibilità internazionale Il cooperante morto da gennaio, Renzi è stato avvertito solo mercoledì Il ministro della Difesa Pinotti ammette: “Noi lo stavamo ancora cercando” o si cercava da due anni e mezzo. Era morto da quattro mesi. Ucciso da un drone, un velivolo senza pilota, tra le montagne del Pakistan in un’operazione contro Al Qaeda. Per rendere nota la sorte di Giovanni Lo Porto si è scomodata la Casa Bianca. Il cooperante italiano scomparve nel gennaio del 2012, nella provincia pachistana di Khyber Pakhtunkhwa. Ha trovato la fine su quella frontiera montuosa con l’Afghanistan che resta il “santuario” di Al Qaeda, insieme ad un altro ostaggio, un cittadino americano, Warren Weinstein. Le forze armate Usa hanno specificato che non sapevano della loro presenza nel luogo del raid. La loro ricostruzione è stata fatta propria dal presidente Barack Obama: “Mi assumo tutta la responsabilità di queste operazioni anti-terrorismo, il governo chiede scusa e voglio esprimere le più profonde condoglianze alla famiglia di Giovanni Lo Porto e a quella di Warren Weinstein. Già ieri ho L avvertito telefonicamente il primo ministro italiano Matteo Renzi”. Fin qui, la cronaca di una tragedia. Il resto è farsa. A cominciare proprio da quel particolare di un Renzi che era stato avvertito già un giorno fa, ma si è tenuto il particolare per sé. Senza dover aggiungere che è quanto mai probabile che sul pasticciaccio del drone in Pakistan Obama avesse già numerose informazioni una settimana fa, quando ha ricevuto un gigioneggiante Renzi alla Casa Bianca per dire quanto “è impressionato dalle riforme del governo italiano” (la stessa, identica frase già usato per il “fu” Enrico Letta). Peggiorano la situazione le dichiarazioni di Roberta Pinotti, ministro della Difesa. “Stavamo lavorando per la sua liberazione”. Il che rappresenta quanto i servizi brancolino nel buio. “Dalle prime ricostruzioni - ha aggiunto Pinotti, conversando con i cronisti a margine della presentazione di un libro - sembra che sia stato usato come una sorta di `scudo umano . Purtroppo - ha concluso - era in mano a un’organizzazione terroristica che fa delle uccisioni e del non rispetto di qualsiasi diritto la base della propria azione”. Anche il ministro degli esteri Paolo Gentiloni segue il canovaccio: “In questi tre anni il Ministero degli Esteri e le diverse articolazioni dello Stato hanno fatto ogni sforzo per rintracciare e cercare di restituire ai suoi cari Giovanni Lo Porto. La conclusione purtroppo è stata diversa a causa del tragico e fatale errore dei nostri alleati americani riconosciuto dal Presidente Obama. La responsabilità della sua morte e della morte di Warren Weinstein, per la quale esprimo le mie più sincere condoglianze, è integralmente dei terroristi contro i quali confermiamo l’impegno dell’Italia con i nostri alleati”. Ed ecco la parola chiave: alleati. Perché l’Italia in questa vicenda ha fatto la figura del vassallo e niente di più. Una parola chiave che fa svanire quelle a vuoto dettate dal premier dalle “condoglianze alla famiglia” al “dolore per la morte di un italiano, che ha dedicato la sua vita al servizio degli altri”. Perché se gli altri italiani dei quali non si hanno notizie (padre Dall’Oglio in testa) debbono affidarsi ad un governo simile, allora stiamo freschi. Altro che credibilità inRobert Vignola ternazionale… 2 Venerdì 24 aprile 2015 ATTUALITA’ IL MINISTERO DEL LAVORO SPARGE OTTIMISMO, MA C’È LA SPADA DI DAMOCLE DEL PROSSIMO BOLLETTINO ISTAT Il governo ci riprova: nuovi contratti. Però anche il Colle spegne l’entusiasmo Le opposizioni contestano il ministro Poletti - L’Ugl: crollo dell’apprendistato di Giuseppe Sarra resce il numero di contratti attivato a marzo, nel mese di debutto del Jobs Act. Aumentano i contratti a tempo indeterminato e raddoppiano le trasformazioni di tempi determinati e indeterminati. Un bollettino, qeuesto diffuso dal Ministero del Lavoro e subito ripreso con enfasi dalla grande stampa, pronta anche in quest’occasione a mettere in risalto il “miracolo” del governo Renzi. Altro fumo negli occhi? Chissà. Intanto a spiazzare il governo è arrivato perfino il capo dello Stato, Sergio Mattarella: “Dati confortanti, ma ci vuole prudenza”, è stato il richiamo del Colle. Parole che hanno interrotto i festanti comunicati dei membri del governo battuti dalle agenzie di stampa. Tanto che anche il ministro Giuliano Poletti non ha potuto far altro che… accordarsi e predicare anche lui cautela. “Bisogna essere misurati e cauti - ha detto il ministro proveniente dalle coop - nel senso parlando di contratti di lavoro, non di nuovi posti di lavoro”. Dati che non hanno incantato nem- C meno le forze di minoranza: da Forza Italia a Sinistra ecologia e libertà. Già in passato, infatti, Renzi & compagni avevano festeggiato i 79mila contratti in più, ignorando le “cessazioni”, ovvero tutti quei rapporti di lavoro terminati. Per gli azzurri a parlare è stato Renato Brunetta, capogruppo alla Camera dei deputati: “Ogni mese ha suo Poletti. Dà numeri di nuovi contratti di lavoro senza specificare metodologia e calcolo, e salvo smentire trionfalismo poco dopo”. La musica non cambia anche nel centrosinistra. E’ Giorgio Airaudo, responsabile lavoro di Sel, a ironizzare sui dati sul lavoro diffusi: “Sono usati come ‘spot di distrazione di massa”, ha punto Airaudo, aggiungendo che “il governo butta lì dei numeri e dice che l’occupazione riprende salvo poi dopo qualche giorno scoprire che non è vero. E’ già successo con il roboante annuncio di Poletti sui settantamila posti, smentito dai dati Inps e Istat”. Airaudo ha poi analizzato i dati diffusi dal ministero: “Gli assunti in più sarebbero solo 21mila rispetto al mese di marzo 2014. E questo malgrado il bonus di 8 mila euro all’anno per tre anni”. Scettico anche il mondo sindacale, a partire dall’Ugl. “Se il saldo positivo è un bene in sé”, ha esordito l’organizzazione sindacale, facendo notare che “tuttavia si sta verificando ciò che avevamo previsto: l’apprendistato, crollato del 20% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, rischia di essere fagocitato dal contratto a tutele crescenti, al momento economicamente più vantaggioso e più facile da sciogliere per le imprese”. Il sindacato è poi entrato nel merito dell’aumento registrato sul fronte dei contratti a tempo indeterminato: “E’ prematuro dire che siamo davanti ad una decisa inversione di tendenza, mentre è molto più probabile che la crescita dei contratti sia determinata dal bonus previsto dalla legge di stabilità. Con questi ritmi, serviranno oltre 18 mesi per abbattere la disoccupazione e riportare il paese ai livelli antecedenti la crisi”. “Occorre pensare anche a chi perde lavoro, visto il forte impatto della disoccupazione di lunga durata”, ha concluso l’Ugl. Basterà il prossimo bollettino Istat sull’occupazione, come già in precedenza, a spegnere i bollenti spiriti di Renzi, Poletti & C. DELEGAZIONE DELL’ISOLA IN SVIZZERA PER UNIRSI ALLA CONFEDERAZIONE La Sardegna gioca al “cantone” cappo dall’Italia. Non solo: scappo dall’Europa, e dall’euro. Come? Mi aggrego alla Svizzera, e tanti saluti. Una tentazione che nel passato anche recente ha sfiorato più volte l’Insubria, cioè quella porzione del Piemonte nordorientale e della Lombardia settentrionale più prossima al Ticino, sfociata comunque in progetti transfrontalieri che coinvolgono in particolare il cantone elvetico a lingua italiana e la Regione guidata da Maroni. Addirittura Genova si era offerta di essere il porto svizzero per il leghista ligure Rixi. Ma chi sta pensando ad un’annessione tout-court alla confederazione è S addirittura la Sardegna. Che sembrerebbe separata dalla Svizzera da un’enormità di questioni, e che invece guarda oltre le alpi con interesse più che serio, a giudicare anche dalla visita di una delegazione dell’associazione “Canton Marittimo”, ricevuta dalle autorità d’Oltralpe. I due sardi hanno dato vita ad una conferenza stampa ad Avenches, piccola cittadina del canton Vaud (che vanta peraltro radici romane). Sardegna ventisettesimo cantone svizzero? “Il seguito cresce tra i sardi ma soprattutto noi che abbiamo già costituito l’associazione ci stiamo confrontando con forze indipendentiste che hanno progetti concreti e ruoli di governo per cercare una linea comune”, assicura Andrea Caruso ai microfoni di Tvsvizzera.it in un’intervista realizzata all’anfiteatro romano di Avenches. Il tour in corso ha toccato Ginevra e Losanna, dove è stato allestito un gazebo. Qui il Gran Consiglio vodese li ha invitati al parlamento cantonale e il presidente Jacques Nicolet ha salutato (in francese) la delegazione sarda durante i lavori dell’assemblea. “Li abbiamo applauditi con tutti gli onori che dobbiamo a delle persone che vogliono battersi politicamente per le ragioni della loro regione”, ha detto Jacques Perrin, deputato del Plr. “L’utopia è il motore delle innovazioni”. Per Enrico Napoleone, “vedendo come siamo stati accolti, sicuramente avremo degli interlocutori validi con i quali studiare dei progetti da realizzare in Sardegna: l’idea del Canton Marittimo si è rinforzata, qui i politici parlano di militanza…”. Non è insomma solo questione di gemellare il pecorino sardo all’emmental, o la pattada al coltellino svizzero. Ma cosa dovrebbe spingere i sardi ad abbandonare la madrepatria col tricolore? La garanzia di una forte autonomia insita nel sistema confederale, il rispetto della cultura e della lingua sarda (le lingue nazionali che fanno capo a Berna sono già quattro), il rilancio dell’economia. La Svizzera invece godrebbe di uno sbocco al mare (con le migliori coste del Mediterraneo). A perderci sarebbe l’Italia, ma tanto ormai Robert Vignola siamo abituati… NOTTE BIANCA LA SERA PRIMA E LA CGIL ATTACCA NARDELLA, PUPILLO E SUCCESSORE DI RENZI “Il sindaco di Firenze oscura il primo maggio” ompagni contro a Firenze anche sulla festa del primo maggio che, accusa la Cgil, il Comune vuole ridimensionare organizzando, giusto per la sera prima, la notte bianca. "Organizzare la notte bianca il 30 aprile vuoi dire, di fatto, sminuire il valore della festa del 1° maggio e non riconoscere a quel valore un festeggiamento adeguato, perché la città, così facendo, esalta il divertimento ed il consumo, facendoli diventare i valori della giornata", scrive, in una lettera aperta al sindaco di Firenze Dario Nardella, pupillo di Matteo Renzi, il segretario generale della Filcams-Cgil di Firenze, Massimiliano Bianchi, in merito all'organizzazione C della 'notte bianca' fiorentina, che quest'anno si terrà per l’appunto fra la sera del 30 aprile e la nottata del 1° maggio. Il sindacalista sottolinea che quella della Cgil non vuole essere una riflessione "antimoderna ed ideologica, ma chiede soltanto maggiore rispetto dei valori del lavoro". "Crediamo, signor sindaco - prosegue Bianchi -, che quando si fanno delle scelte come la notte bianca il 30 aprile, si dovrebbero ascoltare le ragioni delle forze sociali. Il dialogo quando praticato produce risultati riscontrabili- aggiunge-: si veda la vicenda sullo sciopero dei musei statali per Pasqua, in cui le richieste non erano ideologiche, ma finalizzate a garantire il diritto all'oc- cupazione ed i livelli retributivi, mantenendo aperti i musei e le bellezze artistiche e culturali della città e del Paese". "Crediamo che la notte bianca – aggiunge la Cgil- potesse essere organizzata in altra data se un confronto si fosse esercitato". Insomma, per Firenze e il suo sindaco, issato sulla poltrona che fu di Renzi proprio dal suo mentore-predecessore, una bella gatta da pelare, e dai risolti soprattutto politici. D’altro canto, come successo di recente per alcune vertenze sindacali riguardanti in particolar modo il settore turistico e dei mesi, non è la prima volta che Nardella si trova in difficoltà. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Capo Redattore Igor Traboni Progetto grafico Raffaele Di Cintio Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Venerdì 24 aprile 2015 ATTUALITA’ ORE CRUCIALI PER L’EX CAV CHE SI APPRESTA A CEDERE LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DELLE QUOTE DEL CLUB Silvio in... fuorigioco anche col Milan? Le conferme di un immediato stravolgimento arrivano direttamente dalla figlia Marina che parla di “fase delicata dove si impone il silenzio” - Mr. Bee o Mr. Lee, chi la spunterà? di Federico Colosimo CHIUSA L’ASSEMBLEA DEI SOCI re cruciali in casa Milan per il futuro del club rossonero. Indiscrezioni, contatti e trattative impazzano attorno alla possibile cessione della società da parte della famiglia Berlusconi. Mister Bee? Può darsi. Oppure Mr Lee? I quasi omonimi pretendenti alla seconda squadra più titolata al mondo - seconda solo all’Al-Ahly, compagine egiziana – si preparano a sbarcare nella capitale della moda. Bee Taechaubol, a capo di una cordata tailandese, dovrebbe arrivare in città già questa mattina. Intende giocare di anticipo ed evitare che Richard Lee (uomo d’affari al timone di un importante gruppo cinese) possa godere di una sorta di corsia preferenziale. Visto che con quest’ultimo - sostengono rumors attendibili - è già in programma un appuntamento con l’ex Cavaliere previsto per sabato ad Arcore. Il primo punta a prendersi subito il 20% del pacchetto azionario per poi arrivare al 65%. Il secondo vuole accaparrarsi subito il 75% e sfruttare in patria il marchio Milan. Tra i 2 litiganti, Berlusconi gode. Perché cedere la sua creatura, il suo primo e grande amore significa un colpo al cuore. Ma anche garantire alla società un futuro roseo. Il Caimano sembra essersi ormai rassegnato a restare con una quota di minoranza. Ma non ha fretta, vuole valutare attentamente le proposte e decidere. Anche per O E la primogenita mantiene la guida della Mondadori i è chiusa l’assemblea dei soci di Mondadori spa, che ha approvato il bilancio 2014 del gruppo. I 35 azionisti che rappresentano il 65,85% del capitale, hanno approvato il bilancio all’unanimità. E’ stato inoltre rinnovato il Consiglio d’Amministrazione della società, composto da 14 membri e che scadrà nel 2018, con Marina Berlusconi che manterrà la presidenza del gruppo. L’assemblea ha esaminato il bilancio consolidato 2014 che evidenzia un risultato netto consolidato positivo per 0,6 milioni di euro e approvato il bilancio di esercizio al 31 dicembre 2014. L’Assemblea ha inoltre deliberato di ripianare integralmente la perdita di esercizio della capogruppo (euro 12.888.013,64) mediante l’utilizzo di ri- S avviare il piano per le prossime stagioni. Dove i rossoneri dovranno svolgere un ruolo da protagonisti. Tant’è, le smentite di rito su un’immediata cessione non sono arrivate. Al contrario, ecco ulteriori conferme. Che giungono direttamente da sua figlia Marina. E parlano di “una fase delicata, nella quale il silenzio è d’obbligo”. Perché “sono state dette delle cose inesatte e che non corrispondono al vero”. Altro che chiusure, le dichiarazioni del presidente di Fininvest lasciano intendere che le parti sono entrate nella fase cruciale della trattativa. C’è solo da decidere a chi spetterà il privilegio di guidare uno dei club più importanti al mondo: Mr.Bee o Mr.Lee, in palio c’è il Milan. Non certo una squadra qualunque. Ma la cessione di gran parte delle azioni della società sarebbero solo il primo passo. Dopo potrebbe toccare anche a Mediaset. Occorre fare però un passo per volta. Una cosa è sicura: Silvio Berlusconi è al centro di una rivoluzione davvero totale. serve per importo corrispondente, in conformità alla proposta del Consiglio di Amministrazione. L’Assemblea ha nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione, che risulta così composto: Marina Berlusconi (Presidente), Ernesto Mauri, Pier Silvio Berlusconi, Oddone Maria Pozzi, Pasquale Cannatelli, Bruno Ermolli, Roberto Poli, Danilo Pellegrino, Alfredo Messina, Martina Forneron Mondadori, Marco Spadacini, Angelo Renoldi, Mario Resca e Cristina Rossello. ANNULLATE A TORINO LE DUE PRESENTAZIONI DI UN LIBRO PUGLIA: PARTENZA COL FRENO A MANO Il Duce fa ancora discutere. Anche se la politica non c’entra La Poli Bortone diserta anche la serata per Tatarella n nome, quello di Mussolini, che evidentemente spaventa ancora. Anche quando il discorso è strettamente culturale. Come è successo in Piemonte, per il volume “Il Faro di Mussolini” di Alberto Alpozzi (disponibile on line sul sito della 001 edizioni e, dal 6 maggio, in tutte le librerie). Un libro che ricostruisce, attraverso una minuziosa ricerca, le vicende del Faro ‘Francesco Crispi’ di Capo Guardafui, nella Somalia italiana. Il monumento, dalle pagine del fotoreporter torinese, emerge in tutta la sua rilevanza storica e culturale: basta infatti sfogliare l’interessante volume per coglierne lo spirito e l’attenzione con cui è stato redatto. Cosa questa che evidentemente non hanno fatto coloro che hanno deciso di annullare ben due incontri con l’autore, organizzati per oggi venerdì 24 aprile in due centri del torinese (una a Rivarolo Canavese e l’altra a Ciriè). Due opportunità di approfondimento, crescita e confronto andate almeno per il momento perdute per motivi che, stando alla comunicazione inviata dalle autorità comunali di Ciriè, sono legati a “ragioni di ordine pubblico, considerata la prossimità con i festeggiamenti del 25 aprile Festa della Liberazione”. Già, perché nelle vicinanze di quella data qualsiasi evento che vada anche leggermente oltre gli schemi della consumata “apologia della Resistenza” è as- U driana Poli Bortone ieri non ha partecipato ad alcun confronto né tantomeno alla serata in onore di Pinuccio Tatarella: “Ho avuto una chiamata improvvisa e sto andando fuori Lecce per importanti incontri per la mia campagna elettorale", ha ‘motivato’ così ieri pomeriggio il suo forfait, dichiarando poi all'Adnkronos che avrebbe disertato anche il primo confronto, in programma proprio nella giornata di ieri, tra i candidati alle regionali in Puglia. La candidata berlusconiana alla poltrona di governatore non ha dunque partecipato né al confronto del pomeriggio organizzato dalla Cida né alla serata per A Somalia: il faro “Francesco Crispi” di Capo Guardafui solutamente bandito. Figuriamoci se si tratta della presentazione di un libro con un titolo come quello scelto da Alberto Alpozzi e dal suo editore. “Un titolo che fa paura a chi non sa leggere – scrive l’autore sulla sua pagina facebook – a chi non conosce la storia e non vuole conoscerla. Gente che fa dell’oscurantismo il punto cardine del proprio modus operandi. Gente che crede di essere padrona della storia e unica a poter fare cultura. Noi però non temiamo la verità e non ci fermeremo”. E la verità è che in Italia c’è ancora chi ritiene che un volume sulla cui copertina è stampato il nome di Mussolini non può e non deve avere alcuno spazio. Anche se non ha praticamente niente a che vedere con il Duce. Chissà se Antonio Pennacchi con il suo “Canale Mussolini” ha avuto gli stessi problemi. A giudicare dal successo ottenuto (Premio Strega compreso) pare di no. Probabilmente in quel momento la “censura resistenziale” si era presa una pausa. Cristina Di Giorgi Pinuccio Tatarella, peraltro a pagamento e con posti già esauriti da giorni, allo Showville di Bari. "Mi dispiace molto non andare, specialmente alla serata di Pinuccio che aveva una formula simpatica", ha aggiunto la Poli Bortone. Senza aggiungere però particolari sul motivo dell’assenza e limitandosi a dire: "Posso solo dire che sono incontri molto importanti di carattere politico". Confermato invece il faccia a faccia con Michele Emiliano, che si terrà donani 25 aprile a Turi alle 10.30. "E' lui il mio avversario. Ci conosciamo da un pò di anni, siamo su due sponde diverse ma ci rispettiamo a vicenda”. 4 Venerdì 24 aprile 2015 ATTUALITA’ FONDI AI GRUPPI REGIONALI DELLA SARDEGNA, RISCHIA L’ATTUALE SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA Chiesto il rinvio a giudizio per la Barracciu La cifra contestata sale a 78 mila euro, il 24 giugno la decisione. Ma il politico pd resta al suo posto DAI DEMOCRATICI DE FILIPPO E FARAONE PASSANDO PER L’ALFANIANO CASTIGLIONE di Marcello Calvo mbarazzo crescente nel Pd. Adesso non c’è solo l’avviso di garanzia. Un anno e mezzo dopo la notifica della contestazione, l’inchiesta che tormenta Francesca Barracciu compie un ulteriore passo in avanti. Con la procura di Cagliari che ha chiesto il rinvio a giudizio per il sottosegretario alla Cultura. Che il 24 giugno dovrà presentarsi davanti al giudice dell’udienza preliminare nell’ambito del procedimento sui fondi ai gruppi consiliari, utilizzati forse in maniera in propria. Ma c’è di più. La pubblica accusa non le contesta “solamente” quei 33 mila euro (iniziali) di spese ritenute illecite, la cifra adesso è addirittura più che raddoppiata. Ed è salita a quota 78.000. Tempi duri per l’ex consigliere regionale, che fa arrossire di vergogna il suo partito. Lo stesso a cui solo 12 mesi fa, prima di entrare nella squadra del governo, laveva chiesto lumi su una vicenda piena di punti oscuri. Ricevendo in cambio piene rassicurazioni, “perché con i magistrati era tutto chiarito”. In suo favore si sono esposti il ministro Maria Elena Boschi e il premier Matteo Renzi. L’esponente democratica è accusata di peculato aggravato. Rischia di finire presto alla sbarra, ma resta al suo posto. Nonostante per gli inquirenti, quando sedeva sui banchi dell’Assemblea isolana, abbia sostenuto spese folli che sarebbero finite tutte sulle spalle dei contribuenti. Utilizzando denaro pubblico (sempre a carico dei cittadini). I fatti – Alla fine del settembre 2013 la Barracciu vince le primarie del centrosinistra per le Regionali in Sardegna. I Gli altri indagati al governo che non mollano la poltrona i sono indagati e indagati. E quelli della squadra del governo Renzi restano al loro posto. Senza se e senza ma. A trattenersi indisturbati sulle proprie poltrone di sottosegretari ci sono altri eccellenti. Con la recente archiviazione di Umberto Del Basso De Caro, oltre a Francesca Barracciu, ne restano 3, tra i quali 2 del Pd: Vito De Filippo, Davide Faraone e Giuseppe Castiglione (Ncd). Vito De Filippo – Condannato lo scorso gennaio dalla Corte dei Conti a risarcire 2.641 euro di danni prodotti in seguito all’uso di fondi illeciti quando era alla guida della Regione Basilicata, è finito sotto inchiesta per “irregolarità in relazione a rimborsi per spese elettorali”. Rinviato a giudizio per peculato, ha recentemente chiarito che il procedimento che lo riguarda è per una fornitura “di francobolli effettuata dalla mia segretaria quando ero al timone della giunta lucana”. Al viceministro della Salute viene contestata parte di una spe- C Per lei la strada verso la presidenza sembra ormai spianata, quando il suo nome finisce al centro della maxi-inchiesta sui rimborsi ai gruppi consiliari. Si parla di fatti relativi al quinquennio 2004-2009, ai tempi del “governo” Soru. Tra gli oltre 30 onorevoli finiti nell’occhio del ciclone giudiziario c’è anche l’ex Pds. Costretta ad abbandonare la corsa al “trono” per far posto a Francesco Pagliaru, poi eletto governatore alle elezioni del febbraio 2014. Ma se l’inchiesta che la vede coinvolta le ha precluso la strada della presidenza della Regione, lo stesso non si può dire di eventuali altri incarichi istituzionali legati all’esecutivo come quello, appunto, di sottosegretario alla Cultura. Un premio, per l’operato “trasparente” adottato in Sardegna. E una nomina che ha scatenato furiose polemiche mai sopite. Due pesi e due misure – Eppure qualcosa non torna. Antonio Gentile (Ncd), nominato viceministro e accusato di aver bloccato l’uscita di un giornale – L’Ora di Calabria – per evitare di fargli pubblicare la notizia che suo figlio era indagato per truffa (il 30 giugno scorso il gip ha chiesto per lui l’archiviazione), senza nemmeno ricevere un avviso di garanzia, ha dovuto lasciare il suo incarico. Mentre la Barracciu (e non solo), nonostante un probabile rinvio a giudizio oggi è ancora lì, a godersi quella prestigiosa poltrona e il relativo lauto stipendio. Con Renzi che continua a difendere – solo quando gli indagati sono rossi – il principio di Montesquieu, per cui non ci può essere nesso tra avvisi di garanzia e dimissioni. Perché, altrimenti, “sono i magistrati che decidono”. Due pesi e due misure. sa di francobolli, su un totale di poco più di 2 mila euro. Cifra per lui irrisoria tant’è, ora è sotto processo. Davide Faraone – L’inchiesta sulle spese pazze all’Assemblea regionale siciliana ha colpito, nel 2014, pure l’attuale sottosegretario all’Istruzione, renziano di ferro che a suo tempo dichiarò: “Sono indagato per un importo di 3.300 euro e posso dimostrare che si tratta di soldi spesi per attività politica”. Ma il caso resta aperto. Davide Castiglione – Il numero due al dicastero dell’Agricoltura è finito nel mirino dei giudici siciliani – anche se lui ha giurato di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia – per turbativa d’asta e abuso d’ufficio nell’affaire sugli appalti del Cara (centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Mineo (Catania). Si sono dichiarati tutti a disposizione della magistratura professando la loro totale innocenza e in attesa che la giustizia faccia il suo corso restano al governo. Grazie anche alla incoerenza di Renzi IL GOVERNO RENZI E GLI OBIETTIVI MANCATI, CLAMOROSO IL CASO DELL’EDILIZIA SCOLASTICA Tra i banchi senza certezze sulla sicurezza La presentazione dell’Anagrafe degli istituti è stata ancora una volta rinviata: mancano i dati di diverse regioni di Cristina Di Giorgi L’ Anagrafe dell’edilizia scolastica è cosa fatta e sarà presentata il 22 aprile: un annuncio enfatico e fin troppo ottimistico questo fatto da Davide Francone, sottosegretario all’istruzione del governo Renzi, e dai suoi collaboratori. Ed infatti, all’approssimarsi della data indicata, l’incompletezza dei dati necessari a completare la mappatura degli edifici adibiti a scuole ha costretto a rinviare l’effettiva realizzazione del progetto a data da destinarsi. Il piano, previsto da una legge di quasi vent’anni fa (la n.23 del 1996), consiste nel censire ed archiviare, su base regionale, le scuole di tutta Italia secondo le condizioni delle strutture, indicandone anche il numero di piani e l’indice di vulnerabilità fisica. Una sorta di mappa del rischio dunque che, unitamente all’attività dell’Osservatorio per l’edilizia scolastica, dovrebbe costituire la base per programmare gli interventi di ristrutturazione degli edifici. Diversi dei quali, nell’attesa dello sciogli- mento di quest’ennesimo nodo burocratico - amministrativo, continuano purtroppo a versare in condizioni pessime: è infatti soltanto di pochi giorni fa l’ultimo grave incidente che ha visto, in una scuola del brindisino, alcuni bambini ed una maestra feriti dal crollo di una porzione di soffitto. Appare dunque più che fondata la preoccupazione di chi, come Fabrizio Azzolini (presidente dell’Associazione genitori), sottolinea la gravità del fatto che non si siano rispettate le scadenze “per un problema serio e prioritario come la sicurezza delle scuole dei nostri figli”. In una dichiarazione al quotidiano Avvenire, Azzolini ribadisce poi anche la richiesta dell’associazione da lui guidata di far parte dell’Osservatorio sull’edilizia scolastica, per “monitorare e dare garanzie alle famiglie” in quello che è “una sorta di ‘sportello unico’, un luogo di confronto e discussione fra le istituzioni in cui manca però la presenza della società civile e soprattutto dei genitori”. Molto critiche sono poi, sull’importante questione, anche le affermazioni del Moige, che ha definito inaccettabile questo ulteriore rinvio e ha attivato un numero verde ed un’apposita casella di posta elettronica per raccogliere segnalazioni di situazioni critiche e pericolose, e di Cittadinanzattiva, che ha annunciato azioni legali e mobilitazioni a tutti i livelli. Di fronte a tali prese di posizione, dettate dal timore a quanto sembra più che fondato che l’inefficienza della politica possa andare a scapito della sicurezza degli alunni italiani, appare quantomeno insufficiente la dichiarazione in tema de ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che dopo aver fatto l’elenco delle regioni ritardatarie nella presentazione dei dati, ha aggiunto che comunque sono già stati ultimati migliaia di interventi e nel ddl “Buona Scuola” è previsto lo stanziamento di 40 milioni di euro per la verifica della solidità di soffitti e controsoffitti. Speriamo solo che questo importante annuncio non si dimostri, nei fatti, disatteso come quelli relativi all’Anagrafe dell’edilizia scolastica. 5 Venerdì 24 aprile 2015 PRIMO PIANO DUE ANNI FA LA SCOMPARSA DEL PRESIDENTE BUONTEMPO Teodoro, una voce che risuona ancora La sua passione, il suo coraggio, l’amore per i giovani: un’eredità che facciamo nostra ogni giorno di Emma Moriconi a voce risuona alta, nella grande sala stracolma. Gli applausi scrosciano. Il 2011 sta per finire, Teodoro è il nostro presidente da quattro anni e siamo tutti riuniti nel nostro "cantiere". "Cantiere Italia". È caduto da poco il Governo Berlusconi, l'ultimo eletto dal popolo fino a tutt'oggi. "Non si indigna nessuno? È un vero e proprio colpo di Stato fatto dall'alta finanza. Come lo chiamate voi? Un colpo di Stato! Estromettere il Governo legittimo per far nominare ministri dell'alta finanza, degli speculatori delle borse, coloro che hanno affamato i popoli europei, che hanno messo in ginocchio i diritti dei giovani, L dei lavoratori, e che non sono stati capaci di creare l'Europa Nazione, l'Europa dei popoli, è un colpo di Stato e lo dobbiamo gridare nelle piazze, ovunque". La sala esplode, tutti si alzano, applaudono. "Cara Giorgia Meloni, ministro bravo e rispettato, militante come noi ... in una città come Roma ma è possibile assistere alla ignominia di far vedere Berlusconi contestato con sputi e canti di 'bella ciao'?" Sono passati solo quattro anni e sembra trascorso un secolo. Le parole di Teodoro sono appassionate come sempre, racconta di una destra fatta di uomini e donne che andavano nelle periferie a cercare il riscatto sociale e morale. Racconta di noi, "i cacciati dal centrodestra", quelli a cui " non si è voluto consentire di dire la loro", quelli che hanno battuto "strada per strada, coi soldi nostri, soli contro il mondo". Racconta di questa nostra Idea, "che non sa morire" anche se "erano chiuse le televisioni pubbliche e private". Esprime la sua solidarietà a Berlusconi, Teodoro, nonostante tutto. Ma non fa sconti a nessuno quando si chiede: "in questi anni di centrodestra cosa ricordate che sia stato fatto contro il precariato, per impedire le speculazioni edilizie, per fare in modo che l'Italia, moralmente sana, potesse prevalere? Il precariato l'ha inventato il Governo Prodi, ma il centrodestra ha continuato su quella strada". Non fa sconti proprio a nessuno, quello che tiene in cuore e ciò che proferisce dalla bocca sono la stessa cosa, è un uomo del popolo, lui, schietto, il "deputato amico". Come dimenticare i tanti comizi, le partite a carte, le serate goliardiche, le battaglie? Anni di ricordi che sembrano attuali. Tanti momenti condivisi, dai cortei alle rimpatriate, dalle riunioni nelle sedi di partito ai gazebo in strada, dai volantinaggi alle serate di svago, le nostre, quelle semplici ma uniche, durante le quali eravamo felici con poco. I nostri brindisi, mai con lo champagne ma sempre con lo spumante, ovunque, persino in strada, riparati sotto un gazebo dalla pioggia che veniva giù e che sembrava avercela con noi. Quanti giovani, intorno, quando c'era Teo. Lui amava i giovani, li seguiva, e li guidava. E loro lo amavano, come si ama un padre, un amico, un esempio. Il Fronte della Gioventù, Azione Giovani, Gioventù Italiana ... potevano chiamarsi in mille modi diversi , per lui erano sempre i suoi ragazzi, e quante generazioni ha visto crescere, Teodoro, sotto quella bandiera che, pure sotto nomi differenti, recava sempre la stessa fiaccola. Lui stesso è stato sempre un"giovanotto", la sua energia era contagiosa, lui che rimase sempre il "piccolo grande uomo" di quel manifesto ingiallito del Movimento Sociale Italiano Destra Nazionale di tanti anni fa. La memoria fa strani scherzi, riesce a volte, vinta dalle emozioni, a fare strani balzi nel tempo, ed eccoci tutti lì, sugli scalini del Campidoglio, in quel 25 aprile che nella nostra storia ormai non significa solo una guerra perduta ma anche l'ultimo saluto ad uno di noi. Teodoro è lì, in una cassa di legno, Francesco Storace e Giorgia Meloni fanno il picchetto, i ragazzi gli danno il cambio. Noi facciamo avanti e indietro, da quella stanza a quegli scalini, e ci raccontiamo i nostri ricordi. Ci ritroviamo tutti, più o meno, qualcuno lo abbiamo già perduto strada facendo, eppure sembra che sia lì lo stesso, a salutare Teo. Il Direttore è pallido, immobile, il suo viso sembra di marmo. Non ha perduto solo il Presidente del Partito, ha perduto una persona alla quale ha voluto bene. Per tutti noi è lo stesso, sembriamo fantasmi mentre vaghiamo sulle scale del Campidoglio, è difficile persino essere lucidi e scrivere per il nostro Giornale e raccontare di lui, di Teodoro, della sua vita spesa per un'Idea, tutta per la sua famiglia, per il popolo e per la Destra. Per Marina, per Gianni, per Michele, per Maria, e per ciascuno di noi. Sono passati due anni. Oggi Roma è piena di manifesti con il suo viso, come lo scorso anno, come due anni fa. E noi siamo qua, a ricordare. TESTIMONIANZE IMPOSSIBILI Megafono, colla e stretta all’avambraccio Un camerata accoglie in cielo un grande uomo di Cristina Di Giorgi n megafono. Forse è questo che dovrei preparare per accoglierlo. Oppure un secchio di colla con annesso pennello e rotolo ben stretto. Sono entrambi simboli di una militanza della quale lui è stato in terra un grande esempio. Però qui in Paradiso improvvisare un corteo o attaccare manifesti tra le nuvole non so quanto potrebbe essere appropriato. Magari è meglio un semplice sorriso, che completa una stretta all'avambraccio intensa e ben fatta. Sì, farò proprio così. Anche perché credo che sia il modo migliore per farlo sentire a casa: un gesto spontaneo e sentito, che ogni volta che viene fatto con cuore puro, ricorda e celebra il senso di una vita spesa a fare di tutto perché quello in cui abbiamo creduto non vada perso. In ogni ambito, qualunque sia la strada che ciascuno prende. E poi sono convinto che a Teodoro, da uomo semplice e diretto quale è, un gesto del genere piacerebbe più di qualunque discorso di benvenuto. Quando arriverà sono sicuro che gli farà piacere trovarsi intorno qualcuno con cui fare un bel brindisi. E magari, tra uno sbattere di calici e l'altro, con la sua voce al solito trascinante e potente, U racconterà qualche episodio in cui molti di quelli che saranno qui con me ad accoglierlo potranno riconoscersi. Storie di attivismo, di manifestazioni, di discorsi in Parlamento e in Campidoglio, di giornate in mezzo alla gente. Storie di una politica con la P maiuscola insomma, che forse oggi come oggi farebbero bene ad ascoltare e ricordare anche molti di quelli che, rimasti laggiù, hanno chiuso in un cassetto la memoria di ciò che tutti noi siamo stati. Molti, ma non tutti. Di persone che hanno mantenuto, nonostante il mutare dei tempi, la coerenza e la consapevolezza delle proprie radici, per fortuna infatti ce ne sono ancora. In questo momento qualcuno, nel silenzio della propria casa o del posto di lavoro, sta pensando a quanto mancherà a tutti un uomo come Teodoro. Altri invece cercano di farsi forza stando insieme. E chiacchierano, seduti sugli scalini di marmo che portano all'ingresso della sala della Protomoteca: tra una lacrima trattenuta a fatica e una battuta per stemperare la tensione, cercano di salutare Teo nel miglior modo possibile. Mentre tanta, tantissima gente, sfila a rendergli omaggio in una stanza nella quale ormai lui non c'è già più, loro sono usciti a prendere un po' d'aria e si guardano smarriti, cercando di dare un senso ad una perdita che umanamente parlando è molto difficile da accettare. Mi piacerebbe tantissimo poter dire a tutti loro che quassù si sta davvero bene, che la pace finalmente raggiunta è come uno stato di assoluta beatitudine, che alla fine del viaggio anche le sofferenze e il dolore hanno un senso. Mi piacerebbe che sapessero che il loro stato d'animo nel pensare a chi sta partendo, i loro ricordi e i loro pensieri, sono come dei bellissimi fiori da raccogliere lungo la strada che porta al Paradiso. Vasi. Devo preparare dei vasi, perché quando tra poco Teodoro arriverà, avrà tra le braccia un mazzo enorme di rose, ciclamini, gigli. E prima di brindare bisognerà sistemarli. Un sorriso in una foto. E un ricordo ualche giorno fa con Emma Moriconi girando per Roma abbiamo visto il manifesto commemorativo di Teodoro Buontempo. Subito mi è apparsa nella memoria una foto che avevo visto qualche giorno prima. L'ho ben impressa nella mente, c'erano papà, Nando Pucci Negri, e Teodoro Buontempo che sorridevano. Erano ad una cerimonia. Si vedeva che dialogavano, sereni, tranquilli. Era evidente che c'era fra loro amicizia. Nel vederla ho sentito una stretta al cuore, perché dopo pochi anni papà è Q morto e Buontempo venne al funerale, quella amicizia c'era, era reale. Quando due anni fa appresi dal giornale che Teodoro era morto, purtroppo non ero a Roma e quindi non potei partecipare alle esequie. Ne fui molto dispiaciuta. Mandai un telegramma alla famiglia. Era un piccolo pensiero. Riguardando quella foto così luminosa, nella quale sono sorridenti, mi ritrovo a pensare che le amicizie vanno oltre lo spazio e il tempo e ci ricordano che le persone care sono sempre accanto a noi. Edda Negri Mussolini 6 Venerdì 24 aprile 2015 ESTERI AL CREMLINO SI CELEBRA L’INTESA: L’ARGENTINA ENTRA UFFICIALMENTE NELL’ORBITA RUSSA Il tango miliardario di Vladimir e Cristina Putin e Kirchner stringono accordi di cooperazione per miliardi di euro nell’energia: per lo zar è la chiave di volta per entrare nel grande mercato dell’America del Sud LE PAROLE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CECA di Robert Vignola n altro mondo è possibile? Chissà. A giudicare dagli accordi stretti ieri a Mosca a margine dell’incontro tra i presidenti Vladimir Putin e Cristina Kirchner, probabilmente quel mondo è già nato e sta crescendo vistosamente. Osa difficile da comprendere per chi, statunitensi ed europei, si ritrova a dover fare i conti con un’informazione parziale e Usa-centrica, che li alimenta a suon di “La Russia isolata” ed altre amenità. La verità è un’altra ed emerge fin troppo bene dal volume stesso di quel partenariato strategico del quale si sono poste le basi tra due Paesi importanti, e basterebbe guardare un mappamondo per accorgersene. Nella fattispecie, Russia e Argentina si sono accordati per investimenti di circa 5 miliardi di dollari per lo sviluppo dell’energia in ogni sua forma possibile: idroelettrica, nucleare e fossile. E il passo successivo è già pronto: un memorandum di cooperazione tra Russia e Mercosur (il mercato dell’America Latina) del quale sarà la presidente argentina a farsi ambasciatrice. L’immagine dell’America del Sud come giardino (“back yard”) degli Stati Uniti si incrina. È il colpo di ritorno per le operazioni in Baltico ed Ucraina, e minaccia di essere una perdita d’influenza senza precedenti per l’amministrazione a Stelle e Strisce. “Sono state avviate importanti operazioni a lungo termine in campo economico e politico. Russia e Argentina stanno entrando in una nuova fase di cooperazione”, dice il ministro degli Esteri argentino Timerman Hector, gettando una luce ancora più chiara sulla reale portata del ponte gettato tra le due nazioni in queste ore. L’obiettivo, neanche troppo nascosto, è far U La profezia di Milos Zeman: “L’Ue abbraccerà Mosca” on tutta Europa soffre di russofobia. Anzi, soprattutto in Mitteleuropa, davanti all’arroganza degli eurocrati, nel corso degli anni si è sviluppata una nuova propensione a rivolgere lo sguardo al gigante dell’est. Non che si voglia per questo girare le spalle all’unità continentale, ma per queste nazioni che hanno provato sulla pelle la fame dei propri popoli dovuta alle divisioni dell’Europa rappresenta un vaccino potentissimo alle vecchie dottrine geopolitiche atlantiche imposte da Washington e Londra. Così il presidente della Repubblica Ceca Milos Zeman ieri ha parlato apertamente alla radio nazionale di un blocco eurasiatico come imprescindibile scenario. "In una prospettiva di lungo termine la Russia diventerà membro dell'Unione Europea. Se ciò non vi piace, potete dire che l'Ue entrerà a far parte della Russia". Una dottrina di buon senso, particolarmente per due esigenze dei popoli europei: la pace e il benessere. Non a caso Zeman, che dall’8 al 10 maggio sarà a Mosca per partecipare alle celebrazioni del 70simo anniversario della vittoria nell’ultima guerra mondiale (nonostante l’ordine di boicottare l’appuntamento arrivato da oltre Atlantico per fare un dispetto a Putin), ha anche auspicato la più rapida ripresa del partenariato economico e commerciale tra Praga e Mosca: "Non voglio alcun regalo. Voglio soltanto che esistano normali condizioni economiche, compresi gli investimenti e l'interR.V. scambio commerciale". N uscire l’Argentina da quell’orbita attorno al dollaro americano che fin troppo male ha fatto al suo popolo: la stessa Kirchner ha ammesso, non senza una punta di malcelata soddisfazione, che le due parti hanno convenuto di condurre consultazioni approfondite sull’utilizzo delle monete nazionali nella bilancia commerciale estera, a sostituire la valuta Usa. Intanto, gli affari. Per quelli i soldi sono già pronti. Un investimento per poco meno di due miliardi di euro è stato firmato, è finalizzato alla costruzione di una nuova diga idroelettrica. Inoltre, la Russia fornirà l'Argentina dell’accesso alla tecnologia nucleare russa: per effetto di ciò l’agenzia nucleare nazionale Rosatom parteciperà alla realizzazione del sesto blocco della centrale di Atucha. Non poteva certo star fuori dal quadro il colosso energetico russo Gazprom: che ha strappato un accordo per esplorare e sviluppare giacimenti di gas con la omologa società di stato argentina Ypf. Idem per il petrolio, con la Uralmash che ha dato la sua disponibilità a realizzare attrezzature per l’estrazione di greggio, con un investimento diretto di oltre un miliardo e mezzo di euro. Putin ha anche detto che la Russia e Argentina collaboreranno nel settore tecnico-militare e si è impegnato ad accelerare la costruzione di sistemi di navigazione satellitare Glonass in Argentina, assicurando il sostegno di Mosca a Buenos Aires nell’annosa disputa sulle isole Malvinas. Un dito nell’occhio, tanto per chiudere il quadro, alla sempre viva ostilità di Londra nei confronti della Russia. IN FRANCIA LA TENSIONE PER IL PERICOLO DEL TERRORISMO ISLAMICO CONTINUA AD ESSERE ALTA Caccia ai complici dell’aspirante attentatore C ontinuano a Parigi le indagini sul terrorismo dopo il fermo del ventiquattrenne sospettato di preparare un attentato contro almeno una chiesa di Villejuif, banlieue alla periferia di Parigi. Trovato ferito a una gamba domenica, il ragazzo è chiuso nel mutismo in una stanza di ospedale. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, si è accidentalmente sparato addosso dopo aver ucciso una donna cui voleva rubare l’auto, presumibilmente per portare a termine gli attentati. L’idea che il governo transalpino sta trasmettendo nelle ultime ore è che dietro l’uomo potrebbe ce- larsi un’organizzazione più vasta: il premier Valls ha confermato l'ipotesi di una persona che impartiva ordini agli esecutori francesi dalla Siria. Inoltre almeno un complice del terrorista arrestato domenica è attivamente ricercato a Parigi e dintorni. Anche una parente di Sid Ahmed Ghalm, il fran- co-algerino piantonato in ospedale, rafforza questa ipotesi: la donna, intervistata dai media, ha parlato di "tre persone" che avrebbero dormito dal nipote che "è stato manipolato". Ovviamente gli sviluppi dell’inchiesta sul presunto aspirante attentatore hanno destato grande allarme nel mondo cattolico francese, già alle prese con un’escalation di profanazioni di cimiteri in tutto il Paese. Dopo l'annuncio del progetto di attentato a Villejuif, sono 178 luoghi di culto cattolici su un totale di 45.000 che "godono di una protezione specifica". Per il primo ministro Manuel Valls “le autorità religiose, sia per le chiese cattoliche sia per le altre confessioni, sono in contatto costante con R.V. il ministero dell'Interno". LE ELEZIONI DELLO SCORSO FINE SETTIMANA HANNO MESSO ALL’ANGOLO IL GOVERNO USCENTE DI CENTRODESTRA Vince il Centro, Veri Finlandesi ago della bilancia Il partito di destra sociale è il secondo del Paese: nonostante l’ostracismo, può entrare nel nuovo esecutivo di Claudio Pasquini Peruzzi sce Alexander Stubb ed entra Juha Sipilä. Non è un cambio calcistico bensì politico. Il 19 aprile 2015 i cittadini finlandesi, chiamati alle urne per le elezioni legislative, hanno espresso il loro consenso votando a favore del cambiamento. I risultati ufficiali ottenuti dai sei principali partiti, e rilasciati dalle autorità competenti, sono i seguenti: Partito di Centro 21,2% con 49 seggi, Veri Finlandesi 38 seggi, Partito della Coalizione Nazionale 18,2% con 37 seggi, i Social-Democratici 16,5% con 34 seggi, i Verdi 8,5% con 15 seggi e la Sinistra Radicale 7,1% con 12 seggi. Il Primo Ministro uscente, Alexander Stubb, nonché leader del Partito della Coalizione Nazionale (centro-destra), esce sconfitto dalle elezioni parlamentari e viene rimpiazzato dal centrista Juha Sipilä. I finlandesi hanno scelto la strada del cambiamento. Il nuovo leader centrista ha focalizzato la sua campagna E elettorale sulla situazione economica attuale del paese, il quale nonostante sia finalmente uscito da un biennio di recessione è tuttora in fase di stagnazione mostrando modeste variazioni del prodotto interno lordo e del reddito pro capite. L’ormai ex primo ministro Stubb ha ammesso la sconfitta del suo partito attribuendo l’incapacità del suo governo ad affrontare la crisi economica alle alleanze politiche complesse le quali, tra litigi interni e divergenze, non sono riuscite ad attuare il programma prestabilito fornendo risposte concrete ai cittadini. Inizialmente Stubb poteva contare sul sostegno di un’alleanza trasversale stabile fino al momento della fuori uscita dei socialisti e dei verdi che ha indebolito il governo. Nonostante la situazione economica della Finlandia non possa essere paragonata a quella dei paesi mediterranei, il paese nordico attraversa una fase delicata. L’onda della crisi finanziaria che ha travolto l’interno continente non ha risparmiato la penisola scandinava. Considerato come uno degli stati “core” dell’eurozona, la Finlandia mostra deboli segnali di riscatto economico con un tasso di crescita fermo al +1,3%, percentuale invidiabile dalla prospettiva dell’Europa del sud ma deludente se paragonata ai tassi di crescita di Norvegia e Svezia, rispettivamente al 3% e 2,3%. La competitività finlandese è strozzata dall’aumento del costo del lavoro e da marzo 2015 sono state attuate politiche di austerità, tagli alle spese e un aumento delle tasse. Il declino delle industrie di punta come Nokia (ha ceduto le sue attività principali a Microsoft) e l’industria forestale – si colloca al secondo posto in termini di valore lordo della produzione complessiva e rappresenta il 36% delle esportazioni totali del paese – sono un’ulteriore indicazione del momento delicato della nazione. Recentemente l’agenzia di rating la Standard & Poor’s ha declassato l’economia finlandese a AA+. Per mantenere le promesse fatte agli elettori, il nuovo primo ministro Juha Sipilä dovrà essere capace di formare una coalizione di governo stabile e coerente che possa attuare i diversi punti dell’agenda politica. Il mancato ottenimento, da parte di uno degli otto partiti principali, del 25% dei consensi è dovuto dal sistema elettorale proporzionale finlandese basato sul metodo D’Hondt. Per ottenere la maggioranza assoluta (con 101 seggi su 200) è necessaria la costruzione di una nuova alleanza affinché sia garantita la governabilità del paese. Le intenzioni di Sipilä non sono ancora state rese note. La certezza è che da soli non si governa. Nel frattempo analisti ed esperti studiano possibili scenari di future alleanze non negando la possibilità di un patto tra il Partito di Centro e i Veri Finlandesi. Proprio loro, il partito di destra sociale che ha confermato la sua posizione di rilievo sul palcoscenico politico attestandosi al secondo posto. I Social-Democratici (terzo partito) sono disponibili a trattare ma potranno essere protagonisti solo in caso di esclusione dei Veri Finlandesi. Un possibile approdo al governo da parte dei Veri Finlandesi sarebbe un segnale radicale non solo al paese ma all’UE. I numeri sono incontestabili. I partiti politici dovranno saperli gestire. 7 Venerdì 24 aprile 2015 ESTERI VERSO LE ELEZIONI PRESIDENZIALI USA: QUANTE INCOGNITE NELLA CORSA AL DOPO-OBAMA Quei dubbi su Hillary Clinton e l’ipotesi di un ticket Bush-Rubio di Alessandro Nardone e i democratici piangono, i repubblicani non ridono. Potremmo riassumere così, stando alle forze attualmente in campo, la lunga sfida delle primarie che ci accompagnerà alle elezioni presidenziali che, nel 2016, designeranno il successore di Barak Obama alla Casa Bianca. Già, perché è molto probabile che a contendersi la vittoria finale saranno due candidati specularmente deboli come Hillary Rodham Clinton e Jeb Bush. D'altronde, se dalle parti di Capitol Street faticano ancora parecchio a mandare giù il rospo per la (seconda) candidatura dell'ex First Lady, negli ambienti repubblicani si respira un'aria di rassegnazione al fatto che tanto, alla fine, le primarie le vincerà il fratello e figlio rispettivamente dei Presidenti numero 43 e 41 degli Stati Uniti. Insomma, all'orizzonte si profila uno scontro tra le due casate più potenti degli Usa, ovvero una Clinton contro un Bush, anzi, pardon, i Clinton contro i Bush. Una vera e propria saga, ormai. Ad onor del vero va osservato che, al netto del giudizio politico sul suo operato, dal punto di vista del messaggio di cambiamento si tratta di un bel salto all'indietro, rispetto al vento di novità che soffiava nelle vele della candidatura di Obama. Nella fattispecie, nonostante una campagna certamente ben studiata, gli ostacoli sulla strada di Hillary sono sostanzialmente noti, e vanno dai tanti scheletri nell'armadio di famiglia, ai suoi fallimenti in veste di Segretario di Stato (vedi alle voci Libia e scandalo e-mail), ai chiaroscuri sulla provenienza delle - assai cospicue – donazioni percepite dalla Clinton Foundation, per arrivare alle sue posizioni in politica economica, notoriamente avverse al ceto medio in ragione di un'azione di “redistribuzione del reddito” smaccatamente di sinistra. Vi dice qualcosa? Scom- S metto di sì, volendo sintetizzare al massimo potremmo tradurre il concetto in due parole: più tasse. Se a tutto questo aggiungiamo che è alla soglia dei settanta, che non risulti propriamente simpatica e che, come ha dimostrato nel corso della campagna del 2008 poi persa contro Obama, quando è sotto pressione ci sono buone possibilità che vada in tilt, il quadro delle preoccupazioni democratiche è bello che fatto. Detto della Clinton, veniamo ai repubblicani che, oltre a Jeb - acronimo di John Ellis Bush – vedono attualmente in corsa altri due figli d'arte: uno legittimo, il libertario Rand Paul, figlio di Ron, e l'altro acquisito, cioè Marco Rubio, figlioccio politico di Jeb Bush, che ne è stato il vero e proprio mentore, sostenendolo nella sua candidatura al Senato nel 2010. Marco, figlio di modesti immigrati cubani, ha però deciso di recidere il cordone ombelicale lanciandosi in una candidatura all'insegna del ricambio generazionale e della rot- tura con i centri di potere che hanno governato quasi ininterrottamente l'America dagli anni novanta a oggi. Ecco, lanciando lo sguardo oltre le primarie del GOP, appare del tutto evidente che una figura come quella di Marco Rubio sarebbe certamente utile a Bush per diverse ragioni. La prima è che sono entrambi della Florida, stato storicamente fondamentale per la vittoria finale alle elezioni; la seconda riguarda due target di americani sui quali chiunque coltivi l'ambizione di conquistare la Casa Bianca dovrà necessariamente puntare, ovvero i giovani e gli ispanici. Tuttavia, mentre su questi ultimi Bush, anche e sopratutto grazie alla moglie Columba, che è messicana, pare essere messo piuttosto bene, sull'elettorato giovane non si può certo dire che abbia il medesimo appeal del suo ex delfino. Badate bene, in questo caso il problema non è tanto la carta d'identità, quanto il peso di un cognome che, volenti o nolenti, richiama al passato SCRITTO DAL CONSERVATORE PETER SCHWEIZER come, del resto, quello della sua probabile avversaria. Va da se, allora, che tra i due futuri contendenti, quello che riuscirà a convincere il numero maggiore di giovani persuadendoli dal non disertare le urne, avrà buone chance di portare a casa la partita. Il figliol prodigo che torna nella casa del padre, il sogno americano incarnato alla perfezione dalla storia personale di Rubio, il fatto che per i conservatori duri e puri il cognome Bush sia una certezza ed i voti di giovani, ispanici e Florida: gli ingredienti per la buona riuscita del ticket Bush - Rubio sembrerebbero esserci davvero tutti, ma c'è un ma, e nemmeno di poco conto. Si tratta del 12o emendamento della Costituzione americana, che impone agli elettori che votano per eleggere il presidente e il suo vice, di votare per almeno un candidato che non sia residente nel medesimo stato dell’elettore. Caso vuole che l’ultimo precedente risalga al 2000 e riguardi il ticket composto dal fratello maggiore di Jeb, George W., e Dick Cheney che, per l’occasione, dovette trasferirsi dal Texas al Wyoming. Tornando all’oggi la differenza sta nel fatto che Jeb Bush, pur essendo nato in Texas, abbia piantato da svariati lustri le sue radici a Miami (è stato governatore della Florida), che è anche il maggiore bacino elettorale dello stesso Rubio che, difatti, si è rimboccato le maniche per guadagnare consensi anche al di fuori del suo stato. Tecnicamente, per gli elettori della Florida, esisterebbe anche la possibilità del voto disgiunto ma, visto e considerato che equivarrebbe a un’erosione di consensi in uno stato decisivo, escludo che sia nel novero delle cose possibili. Ergo, realisticamente parlando, l’unico modo per concretizzare un ticket certamente ben assortito e per molti aspetti financo affascinante come quello composto da Bush e Rubio, sarebbe che il primo decida di riportare la sua residenza in Texas. Le alternative? Jeb potrebbe decidere - come del resto fece Romney - di scegliere il suo candidato vice pescando dal mazzo degli altri candidati alla nomination repubblicana o, in alternativa, anticipare i tempi precettando il governatore del Wisconsin Scott Walker, sempre che, invece, non voglia giocarsi la carta della diversità di genere, optando per l'ex Ceo di Hewlett-Packard Carly Fiorina, già responsabile della campagna presidenziale del Senatore John McCain (poi sconfitto da Obama nel 2008), e considerata tra le donne più influenti del GOP. Detto questo, la storia delle elezioni americane c'insegna che, come la trama di ogni film di Hollywood che si rispetti, il sentiero che porta a Washington è lungo e sopratutto disseminato da una miriade di variabili e colpi di scena in grado di mutare l'intero scenario da un momento all'altro. LA CACCIA AI VOTI AI TEMPI DI INTERNET In uscita il libro che può Nel 2008 Facebook, nel 2012 Twitter: inguaiare l’ex first-lady il 2016 sarà l’anno di Periscope? l ruolo di Hillary Clinton come Segretario di Stato ha avuto un impatto diretto sugli interessi commerciali del magnate canadese Frank Giustra - un «amico di Bill», nonché tra i principali donatori della Fondazione Clinton - che ha beneficiato del sostegno dell’ex First Lady ottenendo, nel 2011, un accordo sul libero scambio. Questa la teoria sostenuta da un libro che, pur non essendo ancora uscito in libreria, sta già facendo parlare molto di sé. L’autore è il conservatore Peter Schweizer, e il titolo non lascia spazio a interpretazioni: “Clinton Cash: la storia mai raccontata di come e perché i governi e le im- I prese straniere contribuiscono a rendere ricchi Bill e Hillary”; volume che potrebbe rivelarsi come un colpo micidiale ai danni dell’immagine di Hillary, già non propriamente “di bucato”. L’uscita è prevista per il 5 maggio e, con il passare dei giorni, nei corridoi frequentati dagli addetti ai lavori si parla sempre più insistentemente degli effetti dirompenti che sarebbe in grado di scatenare la pubblicazione di una documentazione che dimostrasse incontrovertibilmente i vantaggi economici ricevuti dalla fondazione della famiglia Clinton – si parla di 2 miliardi di dollari – nel corso dei quattro anni in cui Hillary è stata a capo del Dipartimento di Stato. Quanto al sostegno ricevuto da Giustra, lo staff della Clinton si è affrettato a diffondere una nota con cui spiegano che: “L'accordo era una priorità dell’amministrazione Obama, e le dichiarazioni dell’allora Segretario di Stato Clinton a sostegno della transazione riflettevano la posizione dell'intera Al. Nar. amministrazione”. gni campagna presidenziale americana di questo secolo ha abbracciato una nuova piattaforma di social media. Se il 2004 è stato l’anno di Meetup, il 2008 quello di Facebook e il 2012 ha consacrato Twitter, il 2016 potrebbe essere quello di applicazioni che consentono a chiunque di trasmettere in diretta streaming, come come Periscope e Meerkat. Gli americani sono più che mai coinvolti in una campagna combattuta in prima linea, la cui trincea principale sono diventati i social network. Infatti, se- O condo ricerche piuttosto recenti, il 66% per cento degli utenti dei social media hanno utilizzato le loro bacheche per impegnarsi in politica, promuovendo campagne, incoraggiando amici e conoscenti a votare o anche soltanto esprimendo le proprie convinzioni politiche. I candidati, ovviamente, si sono adeguati e, nei loro offici, gli staff elettorali sono impegnati da mesi in interminabili sessioni di brainstorming che dovranno aiutarli a partorire idee possibilmente geniali a tal punto da diventare virali sui social. sono state preparando le loro stanze di guerra da mesi. Hillary Clinton ha assunto gran parte dei guru digitali che hanno lavorato con Obama, il cui staff, nel 2012, vantava non meno di 300 dipendenti solo per la campagna digitale. Tra i repubblicani, a sfruttare al meglio i social sono certamente Ted Cruz, Marco Rubio e Rand Paul: Secondo i dati raccolti dal National Journal, stando a Facebook, Cruz è il leader con 5,7 milioni di "interazioni" nelle prime 24 ore del lancio della sua fan page, seguito da Paul a 1,9 Al. Nar. milioni. 8 Venerdì 24 aprile 2015 STORIA LA BELLA SCUOLA. DI MUSSOLINI /2 Dalla nuova scuola di popolo alle migliori virtù del lavoro “Io rispetto i calli delle mani. Sono un titolo di nobiltà perché nobile è veramente colui che porta il suo sasso, sia pure modesto, all’edificio della Patria” di Emma Moriconi l piccolo volume oggetto della nostra attenzione in questi giorni, del quale abbiamo cominciato a parlare nella scorsa puntata e dedicato alla Carta della Scuola, prosegue citando alcuni passi di discorsi di Benito Mussolini. Comincia titolando: "Patria" e scrive: "La patria non si può rinnegare. Non si rinnega la madre, anche quando non ci offre tutti i suoi doni, anche quando ci costringe a cercare la fortuna per le strade tentatrici del mondo". È uno stralcio breve di un discorso pronunciato a Parma. Il prosieguo viaggia sulla stessa lunghezza d'onda, il titolo è "Nazione", è tratto dal discorso pronunciato a Napoli il 24 ottobre 1922 e dice: "Per noi la Nazione è soprattutto spirito e non soltanto territorio. Ci sono Stati che hanno avuto immensi territori e che non lasciarono traccia alcuna nella storia umana. Non è soltanto un numero, perché si ebbero, nella storia, degli Stati piccolissimi, microscopici che hanno lasciato documenti memorabili, imperituri nell'arte e nella filosofia. La grandezza della nazione è il complesso di tutte queste virtù, di tutte queste condizioni. Una Nazione è grande quando traduce nella realtà la forza del suo spirito. Roma è grande quando la piccola democrazia rurale a poco a poco allaga del ritmo del suo spirito tutta l'Italia, poi si incontra coi guerrieri di Cartagine e deve battersi contro di loro. È la prima guerra della I storia, una delle prima. Poi, a poco a poco, porta le aquile agli estremi confini della terra; ma ancora e sempre l'Impero Romano è una creazione dello spirito, poiché le armi, prima delle braccia, erano puntate dallo spirito dei legionari romani". Il paragrafo successivo non può che intitolarsi "Roma". Ecco il testo: "Roma è il nostro punto di partenza e di riferimento, o, se si vuole, il nostro Mito. Noi sogniamo l'Italia romana, cioè saggia e forte, disciplinata e imperiale. Molto di quello che fu lo spirito immortale di Roma, risorge nel Fascismo: romano è il Littorio, romana è la nostra organizzazione di combattenti, romano è il nostro orgoglio e il nostro coraggio: Civis romanus sum. Bisogna ora che la storia di domani, quella che noi vogliamo assiduamente creare, non sia il contrasto o la parodia della storia di ieri. I romani non erano soltanto dei combattenti, ma dei costruttori che potevano sfidare, come hanno sfidato, il Tempo. L'Italia è stata romana, per la prima volta dopo quindici secoli nella guerra e nella vittoria: dev'essere - ora - romana nella pace; e questa romanità rinnovata e rinnovantesi ha questi nomi: Di- sciplina e Lavoro". Poi estrapola un breve passo dal messaggio ai combattenti friulani: "Noi che abbiamo il privilegio di vivere in questa divina penisola da dove i romani dilagarono per tutto il mondo, dobbiamo vivere non come parassiti della loro grandezza e della loro gloria e non rivolti al passato, ma con la faccia tesa verso l'avvenire". Quanta attualità, in queste parole. Subito a seguire titola poi "Il Lavoro" e dice. "è il lavoro che parla in voi... è il lavoro che nelle trincee ha consacrato il suo diritto a non essere fatica, mi- seria o disperazione, perché deve diventare gioia, orgoglio, creazione, conquista di uomini liberi nella patria libera e grande, entro e non oltre i confini. Il Lavoro inteso in una nuova e bella concezione. Il lavoro non più considerato come una specie di castigo che il genere umano è costretto a subite per un tragico e ineluttabile fato, ma come il cero scopo della vita: questo è concetto che avrà certo una vasta importanza nella storia dell'umanità". E ancora: "Siamo per la collaborazione di classe, specie in un periodo come l'attuale di crisi economica acutissima. Quindi cerchiamo di fare penetrare nel cervello dei nostri sindacati questa verità e questa concezione. La classe lavoratrice è la potenza, la speranza, la certezza dell'avvenire d'Italia. Io rispetto i calli delle mani. Sono un titolo di nobiltà. Io spesso li ho avuti, perché nobile è veramente colui che lavora, nobile è veramente colui che produce colui che porta il suo sasso, sia pure modesto, all'edificio della Patria. È la Patria che noi sogniamo, è la Patria dove tutti lavorano e dove parassiti non esistono più". Due brevissime considerazioni: "Io rispetto i calli delle mani". La storia di Benito Mussolini, quella personale e politica, è straordinaria prima di tutto perché l'uomo più noto e rispettato al mondo in quel tempo era il semplice figlio di un fabbro, che aveva costruito se stesso dopo essere nato povero. E povero di beni materiali, Benito Mussolini lo sarà sempre, per tutta la sua vita. Altra riflessione rapida: "nobile è veramente colui che lavora", "la classe lavoratrice è la potenza, la speranza, la certezza dell'avvenire d'Italia". È il socialismo di Mussolini. Tant'è che prosegue: "Il lavoro abbia il primo posto, i lavoratori siano all'avanguardia, abbiano rivendicati tutti i loro diritti quando essi abbiano compiuto i loro doveri. Noi ci sentiamo fratelli in spirito con coloro che lavorano, ma non facciamo distinzioni assurde, ma non mettiamo al primo piano il callo, specie se è al cervello. Noi non mettiamo sugli altari la nuova divinità del lavoratore manuale. Per noi tutti lavorano, anche l'astronomo che sta nella sua specola a consultare la traiettoria delle stelle, anche il giurista, l'archeologo, lo studioso di religioni, anche l'artista lavora, quando accresce il patrimonio dei beni spirituali che sono a disposizione del genere umano; lavorano anche il minatore, il marinaio, il contadino. Noi vogliamo appunto che tutti i lavori si compendino e si integrino a vicenda, vogliamo che tra spirito e materia, tra cervello e braccio si realizzi la comunione". Questi ultimi stralci provengono dal discorso pronunciato a Bologna il 3 aprile 1921. Ai lavoratori: “il diritto è la risultante del dovere compiuto” “L’Italia che noi vogliamo fare e che noi costruiamo giorno per giorno, che noi faremo, sarà una creatura magnifica di forza e di saggezza” Ricordatevi che in me avete un amico. Un amico severo però, non un amico lusingatore, non un amico che voglia farvi più grandi di quello che non siete. Sono un amico che conosce i vostri diritti, ma vi dice anche che i vostri diritti devono avere la corresponsione nel dovere compiuto. Giuseppe Mazzini non distingueva diritti da doveri, li considerava come termini di un binomio assoluto; il diritto è la risultante del dovere compiuto. Concepite il vostro dovere e voi avrete diritto di rivendicare la tutela dei vostri interessi nella Nazione fascista, oggi e domani". Si tratta din un passo del discorso pronunciato agli operai di Dalmine il 27 ottobre 1924. Galdenzi continua a citare passi di Mussolini, prepara così il lettore a comprendere come la Carta della Scuola tema principale del volumetto - e quella del Lavoro siano strettamente connesse. "Mi vanto di essere un figlio di lavoratori - afferma il Duce nel discorso ai rappresentanti delle organizzazioni del Porto di Genova - L'Italia che noi vogliamo fare e che noi costruiamo giorno per giorno, che noi faremo, perché questa “ è la nostra fede e la nostra volontà incrollabile, sarà un creatura magnifica di forza e di saggezza. E potete essere certi che in questa Italia di lavoro, tutto il lavoro, quello dello spirito e quello del braccio, terrà, come deve tenere, il primo posto". Paragrafo successivo: "Il credo del Fascista". Il brano qui ripreso proviene dal discorso del 19 marzo 1934. "Il credo del fascista è l'eroismo, quello del borghese è l'egoismo. Contro questo pericolo non v'è che un rimedio: il principio della rivoluzione continua. Tale principio va affidato ai giovani di anni e di cuore. Essa allontana i poltroni dell'intelletto, tiene sempre desto l'interesse del popolo; non immobilizza la storia, mane sviluppa le forze. La rivoluzione del nostro pensiero è una creazione che alterna la grigia fatica della costruzione quotidiana ai momenti folgoranti del sacrificio e della gloria. Sottoposto a questo travaglio che segue la guerra, è già possibile vedere, e sempre più si vedrà. Il cambiamento fisico e morale del popolo italiano, quella che verrà dagli storici futuri chiamata Epoca delle Camicie Nere. La quale vedrà i fascisti integrali, cioè nati, cresciuti e vissuti interamente nel nostro clima: dotati di quelle virtù che conferiscono ai popoli il privilegio del primato nel mondo". Nella prossima puntata completeremo il quadro introduttivo proposto da Galdenzi, quindi passeremo ad analizzare la Carta della Scuola nella sua composizione completa. [email protected] 9 Venerdì 24 aprile 2015 DA ROMA E DAL LAZIO L’ASSEMBLEA CAPITOLINA HA RESPINTO LE MOZIONI PRESENTATE DA FRATELLI D'ITALIA E FI PER L’INTITOLAZIONE DI UNA STRADA AL LEADER DELLA DESTRA La sinistra romana soffre ancora Almirante La de’ Medici al Giornale d’Italia: “Evidentemente il sindaco Marino non conosce il significato della parola dialogo” di Giuseppe Sarra i risiamo: Berlinguer sì, Almirante no. Roma non intitolerà nessuna via al leader missino. L’Assemblea capitolina ha infatti bocciato le due mozioni che chiedevano l’intitolazione di una piazza o una strada allo storico segretario del Movimento sociale italiano. La maggioranza ha votato contro i provvedimenti, presentanti daFabrizio Ghera (Fdi) e Dario Rossin (Fi), respinti rispettivamente con 19 voti contrari, 7 favorevoli e 2 astenuti e 19 contrari, 3 favorevoli e 3 astenuti. Eppure qualche esponente del centrosinistra romano aveva dato una buona prova di maturità, mettendosi alle spalle le divisioni tra sinistra e destra. Tanto che i consiglieri del Partito democratico, Orlando Corsettie Ilaria Piccolo, hanno votato a favore delle due mozioni. Si sono astenuti, invece, Massimo Caprari di Centro democratico e Mino Dinoi, capogruppo di Movimento cantiere Italia. Sì anche da parte di Enrico Stefano, esponente del Movimento Cinque Stelle. “Non c’è da meravigliarsi che una giunta di sinistra ha bocciato una proposta di intitolazione di una strada ad Almirante, quando un’amministrazione di centrodestra non è stata capace, o non ha avuto la volontà, di farlo per cinque anni. Quindi, non possiamo aspettarci che gli altri facciano quello che non abbiamo fatto noi”, è il commento a caldo di Giuliana De’ Medici, figlia del segretario del Msi e di donna Assunta, al “Giornale d’Italia”. “Ancora oggi, nel 2015, c’è gente che non sa riconoscere - ha proseguito la De' Medici - il valore civile e morale di un grande politico come Giorgio Almirante”. “Evidentemente il sindaco Ignazio Marino non conosce il significato della parola dialogo e soprattutto C non è un sindaco democratico, perché altrimenti riconoscerebbe il valore di uomo come Almirante”, ha sottolineato De’ Medici, tornando indietro con la memoria:“Vorrei ricordare che la prima manifesta- zione del centenario dalla nascita svoltasi a Roma presso la Camera dei Deputati, la fondazione Giorgio Almirante ha ricevuto un messaggio da parte dell’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale riconosceva i meriti e il grande contributi che Almirante ha dato all’Italia”. Quindi, ha aggiunto la figlia del leader della destra italiana, “vedere che Roma, città dove ha svolto la maggior parte della sua attività politica, non gli riconosce questo tributo è triste”. “Basta questo per far capire - ha concluso - quanto siano ottusi i nostri amministratori locali, visto che in giro per la penisola ci sono centinaia di strada e piazza intitolate ad Almirante”. Uno dei proponenti, il consigliere azzurro Dario Rossin, da parte sua ha detto: “E’ scandaloso quanto successo oggi in Aula, dove la maggioranza di centrosinistra, che non ha i numeri né la forza per tenere aperta la seduta, ha però ritrovato compattezza per fendere la scure bolscevica e bocciare la mia mozione per intitolare una strada o una piazza a Giorgio Almirante. Ritenevo che i tempi fossero maturi - ha aggiunto il consigliere comunale azzurro - per una riflessione politica scevra da preconcetti e ideologie politiche perché la statura e la caratura politica di Almirante meritano un atto ufficiale da parte di questa città, in cui rimane una mancanza che rende Roma orfana di un riconoscimento al più grande leader della destra italiana e precursore della destra europea”. Sul caso è intervenuto pure Francesco Storace, che ha colto l’occasione anche per commentare il ritiro del finanziamento da parte di Nicola Zingaretti per il sacrario di Rodolfo Graziani ad Affile, in provincia di Roma. “Zingaretti come la Boldrini contro il comune di Affile, stavolta. Marino contro una strada per Almirante a Roma. 25 aprile, sole fortissimo”, ha scritto in un tweet il vicepresidente del Consiglio regionale e leader de La Destra. IL GOVERNATORE DEL LAZIO ANNUNCIA LA REVOCA DEL FINANZIAMENTO AL COMUNE DI AFFILE, PERALTRO STANZIATO DALLA GIUNTA MARRAZZO Mausoleo a Graziani, Zingaretti fa campagna alla vigilia del 25 aprile Il 6 maggio la Regione risponderà all’interrogazione presentata da Fdi, sottoscritta ieri anche da Francesco Storace: “Le difficoltà non vengono meno solo perché deve fare propaganda” l paradosso dei paradossi. La sinistra prima finanzia il monumento a Rodolfo Graziani ad Affile, in provincia di Roma, e poi incredibilmente, a pochi giorni dal 25 aprile, toglie il finanziamento. Siamo su Scherzi a parte? No, alla Regione Lazio. Effettivamente la prima giunta a finanziare il sacrario all’ex gerarca fascista è stata quella capitanata da Piero Marrazzo, poi scioltasi come neve al sole nel caso di I via Gradoli. Sì, cari lettori: proprio quella dell’ex conduttore di “Mi manda Raitre”. A due giorni dal tanto atteso 25 aprile, stizzito e in difficoltà per le note vicende giudiziarie legate allo scandalo Mafia capitale, il presidente Nicola Zingaretti ha annunciato la revoca del finanziamento a margine di un evento al liceo Mamiani a Roma. La colpa? Della giunta del piccolo paesino, ovviamente. Se- condo la versione di Zingaretti “il Comune aveva chiesto finanziamenti generici per un monumento ai caduti e invece votò una delibera per intitolare il parco a Graziani, commettendo una scorrettezza anche da un punto di vista istituzionale”. Un annuncio che ha impegnato gran parte delle agenzie di stampa a battere decine di comunicati giunti dalle file del centrosinistra romano, regio- nale e nazionale, nei quali si esalta la coraggiosa decisione del presidente della Regione Lazio, con gli immancabili richiami alla resistenza. Una vicenda che ha generato in passato già molte polemiche e, presumibilmente, continuerà a crearne. Intanto il 6 maggio ci sarà la risposta della giunta regionale all’interrogazione presentata dal capogruppo di Fratelli d’Italia, Giancarlo Righini, che ha chiesto chiarimenti sul caso. Un’iniziativa sottoscritta ieri anche da Francesco Storace “sull’incredibile decisione della giunta su Affile”, ha spiegato il vicepresidente del Consiglio regionale e segretario nazio- nale de La Destra, che non ha dubbi: “Stiamo oltrepassando il limite dell’abuso d’ufficio. Le difficoltà di Zingaretti non vengono meno solo perché deve fare propaganda G.S. per il 25 aprile”. 10 8 Venerdì 24 aprile 2015 ECONOMIA GLI AFFARI IN RETE CRESCE SEMPRE E SOLO LO STATO TEUTONICO Google e Facebook si contendono l’impero virtuale Germania, la fiducia ai massimi storici Mentre il browser più famoso punta sulla telefonia, per Zuckerberg le entrate tradiscono le aspettative rmai è ufficiale, Google ha annunciato Project Fi, ossia la sua rete mobile che al momento funzionerà solamente negli Stati Uniti. Gli utenti, al costo di 20 dollari al mese potranno sottoscrivere un abbonamento e spostarsi tra le reti dei due operatori con cui Big G ha stretto un accordo, ossia T-Mobile e Sprint, e la rete Wi-Fi, in modo da avere sempre il miglior segnale. Inoltre, i dati non usati non saranno cancellati, ma l'utente riceverà indietro i soldi dei dati che non ha sfruttato durante il mese. È prevista la versione “low cost” dell’abbonamento da 10 dollari al mese per GB, che prevede esclusivamente il traffico Internet senza chiamate né messaggi (20 dollari per 2 GB, 30 dollari per 3 GB, etc.). Scopo della nuova telefonia è quello di garantire ai consumatori bollette meno salate. Che pagheranno solo “quanto consumato”. Per accedere al servizio, disponibile per i possessori di Nexus 6, lo smartphone di Google prodotto da Motorola, servirà un invito. Basterà andare sul sito di Google e fare richiesta. La Borsa di New York apprende positivamente la nuova iniziativa e spinge i titoli Google che salgono dell'1,3%, anche sull’aspettativa dei risultati trimestrali. Intanto Facebook fa il pieno di ricavi nel primo trimestre dell'anno. Ma il balzo del 42% non è soddisfacente: il fatturato si O ferma a 3,54 miliardi di dollari, sotto le attese degli analisti. L'utile netto cala 512 milioni di dollari a fronte dei 642 milioni dello stesso periodo dell'anno scorso. Anche se l'utile netto per azione è di 42 cent, oltre le attese del mercato. A gravare sull'utile sono le spese elevate e le iniziative di lungo termine: i costi e le spese sono infatti saliti dell'83% a 2,61 miliardi di dollari. Quale risultato per grande sforzo fatto da Mark Zuckerberg quali assunzioni e programmi di incentivazione del personale, conseguenti agli acquisti di Instagram e di WhatsApp per aumentare il fatturato. I ricavi da pubblicità sono stati 3,32 miliardi di dollari, il 46% in più sul primo trimestre 2014 e gli introtiti da pubblicità su dispostivi mobili hanno rappresentato il 73% del totale. Facebook controlla l'8% del mercato globale della pubblicità online alla fine del 2014 contro il meno del 6% dell'anno precedente, secondo alcuni studi. Mentre Google ha una quota del 31%. Gli utenti attivi mensili nei primi tre mesi sono arrivati a 1,44 miliardi, il 13% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Gli utenti attivi giornalieri sono saliti del 17% Chantal Capasso a 936 milioni. Mentre gli altri Paesi sono in difficoltà, i tedeschi hanno risparmiato 94 miliardi di euro di costi sui tassi a Germania va a gonfie vele. La fiducia dei consumatori tedeschi sale ai massimi dall’ottobre del 2001. Si tratta del settimo aumento dell’indice Gfk, che ha raggiunto 10,1 punti a maggio rispetto ai 10 di aprile, rispecchiando l’ottimismo per le prospettive di crescita dei redditi, giunti ai massimi dai tempi della Riunificazione. Ovviamente, per i tedeschi l’osservato speciale è sempre la Grecia, per un’eventuale sua uscita dall’euro. Infatti il sondaggio mostra una crescente prudenza per gli incerti sviluppi di Atene e del governo di Tsipras. “Evidentemente i consumatori stanno iniziando ad essere influenzati dall’altalena di informazioni futuro della Grecia in Europa”, ha osservato l’analista di GfK, Rolf Buerkl, sottolineando che “le aspettative sul reddito continuano ad aumentare, mentre le aspettative economiche e le intenzioni di acquisto sono in leggero calo”. Ma non è finita qui. Mentre L Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio l’Europa è in crisi, la Germania continua a guadagnare e, soprattutto, a risparmiare. La conferma è arrivata da un’interrogazione dei Verdi, che ha fatto uscire allo scoperto il ministero delle Finanze tedesche, confermando il pensiero di gran parte degli europei. Basti pensare che lo Stato tedesco ha messo da parte ben 94 miliardi di euro di costi sui tassi tra il 2008 e il 2014, quando molti degli Stati membri dell’Ue erano, e continuano ad essere, in profonda recessione. 11 Venerdì 24 aprile 2015 DALL’ITALIA DOPO I GRANDI IMPEGNI A “FARE DI PIÙ”, LA RESPONSABILITÀ VIENE DI NUOVO SCARICATA SULL’ITALIA Mare Nostrum, problemi nostri La Gran Bretagna manda navi, “ma i rifugiati li tenete voi”. La Germania non vuole neanche affondare i barconi, ma al Brennero i respingimenti continuano. Per Renzi e lady Pesc Mogherini è disfatta totale di Robert Vignola l vertice di Bruxelles conferma: l’Europa unita è la solita torre di babele. In cui ognuno parla la sua lingua e nessuno si capisce. Così, l’emergenza umanitaria e il fiume di ipocrite dichiarazioni d’intenti si è presto disperso nel mare magnum (e per niente nostrum…) dei se e dei ma. Come quelli scanditi in inglese dalla Gran Bretagna. I mezzi navali ed aerei per le operazioni di soccorso e pattugliamento saranno serviti dalla Marina di sua Maestà, ma i ripescati finiranno comunque sul suolo italico. Parola di David Cameron: “il contributo britannico è subordinato alle giuste condizioni, ovvero che le persone salvate siano portate nei Paesi sicuri più vicini, come I l’Italia e che non chiedano asilo nel Regno Unito”. E c’è persino chi ha sussurrato il suo nein all’affondamento dei barconi. Lo ha fatto, da Berlino, il portavoce del ministero degli Esteri tedesco: le condizioni politiche della Libia complicano a tal punto qualunque operazione militare europea che è impensabile, d’altronde in molti casi i trafficanti di esseri umani usano pescherecci per le traversate e quindi “distruggeremmo anche i mezzi di sostentamento” dei pescatori. Ma si tratta comunque di dettagli rispetto al nocciolo della questione: il trattato di Dublino III. Che impone che sia il Paese in cui approda a farsi carico del “richiedente asilo” (e solo 2 su 10 di quelle richieste saranno accolte, rendendo gli altri clandestini). Nei fatti, il barometro dice che sul Mediterraneo è pronta ad abbattersi un’ondata di navi pronte a raccogliere i “migranti” a portarle in Italia, dove le strutture della cosiddetta “accoglienza” sono al collasso e dove ormai ridono solo le coop. Mentre a Milano la stazione centrale è stata ormai ribattezzata Grand Hotel Siria per il numero di siriani che vi dormono, al Brennero la polizia austriaca continua a respingere gli immigrati e a restituirli alla Polfer italiana e persino da Gorizia entrano centinaia di “aspiranti rifugiati”, senza che la nostra polizia li rispedisca in Slovenia. E non solo Matteo Renzi, ma pure Federica Mogherini sono a Bruxelles. E agli italiani, i cui interessi nazionali sono così mal difesi, non resterà neanche la soddisfazione di vederli tornare col barcone. L’INDAGINE DELLA PROCURA DI CATANIA CONTINUANO GLI SBARCHI E GLI ARRESTI Naufragio, le testimonianze: “Presi a bastonate prima di partire” Cristiani gettati in acqua: arrestato ad Arezzo lo scafista è chi è deceduto di stenti prima della partenza e chi, addirittura, è stato picchiato a morte perché ha “osato” alzarsi in piedi sul gommone. Sono gli agghiaccianti particolari emersi dall’inchiesta che la procura di Catania sta conducendo sul naufragio del peschereccio affondato domenica scorsa al largo delle coste libiche. Atti di “inumana violenza” come sottolineato dalla stessa procura che sta raccogliendo le testimonianze dei superstiti. Gli stranieri sono stati “picchiati selvaggiamente con dei bastoni” perché “non obbedivano agli ordini” dei trafficanti. “Le bastonature - è stato riferito avrebbero provocato alcuni decessi, altri sarebbero morti ontinuano gli sbarchi e gli arresti degli scafisti. Sono arrivati nel porto di Catania i 218 immigranti provenienti da Libia e sub-Sahara soccorsi da due unità dalla Guardia di Finanza mercoledì 40 miglia a nord della Libia. Erano a bordo di due gommoni quando sono stati intercettati. Sono apparsi in discrete condizioni di salute e dopo le prime cure i profughi, gran parte uomini eccetto sei donne e qualche minore (trattenuto dalla Finanza per gli interrogatori), sono stati accompagnati al Cara di Mineo. Salvati ieri dalla Guardia costiera, a circa 35 miglia dalle coste, altri 84 stranieri che si trovavano su un gommone, che è poi affondato. Intanto la Procura di Siracusa C’ di stenti”. È il caso del ragazzo ucciso perché si è alzato senza permesso sul gommone: il suo cadavere sarebbe stato poi buttato in acqua. “Alcuni testi spiega ancora la nota dei magistrati - riferiscono di presidi alla fattoria da parte di persone in divisa e con armi. Un teste riferisce di aver visto consegnare del denaro prima della partenza a personale libico, indicato come poliziotti”. “Dal complesso delle dichiarazioni può affermarsi ragionevolmente che sul peschereccio vi fossero oltre 750 persone”. Per imbarcarsi hanno pagato fino a 7mila euro. “Gli immigrati in attesa dell’imbarco, complessivamente tra i mille e i milleduecento, furono inizialmente concentrati in una fattoria nei pressi di Tripoli - spiegano gli inquirenti - In seguito sono stati portati con furgoni fino alla costa e qui trasbordati a mezzo di un gommone di grosse dimensioni sul peschereccio. I profughi, provenienti da diversi Paesi, hanno pagato somme molto diverse per il viaggio. In alcuni casi molto basse (tra i mille ed i 1500 dinari libici) ma hanno raggiunto anche i 7.000 dollari. Non sono chiare le ragioni di differenze così rilevanti”. Confermata dinamica naufragio, causato da “errate manovre del comandante del peschereccio (Alì Malek Mohammed, fermato insieme al siriano Bikhit Mahmud, ndr) e dal sovraffollamento dell'imbarcazione, caricata fino all’inverosimile”. B.F. C ha disposto il fermo nei confronti di sei egiziani, di età compresa tra i 21 e i 33 anni, indiziati di essere gli scafisti responsabili dello sbarco di 447 immigranti ad Augusta, intercettati mercoledì al largo delle coste greche. È stato invece arrestato in Toscana il presunto scafista che una settimana fa, nel Canale di Sicilia, era alla guida del gommone su cui si sarebbe verificata la lite tra stranieri per motivi religiosi conclusa tragicamente con i mussulmani che hanno gettato in mare i compagni di viaggio cristiani. Si tratta di Shea Cheikho, 26 anni, senegalese, che stava cercando di confondersi con gli immigrati ospiti della struttura di accoglienza presente a Foiano della Chiana (in pro- vincia di Arezzo). È stato individuato grazie alle indagini della Squadra Mobile di Palermo, che avevano già portato all'arresto di 15 profughi per omicidio plurimo aggravato dall'odio religioso. Lo scafista aveva invece eluso i controlli confondendosi con gli altri stranieri presenti sul gommone al momento dell’arrivo sulla costa italiana. Ad arrestarlo ieri pomeriggio sono stati gli agenti della Questura di Arezzo: dovrà rispondere di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, aggravato dal fatto che le persone trasportate erano state esposte a pericolo per la loro vita e l'incolumità, viaggiando in condizioni di sovraffollamento ed in assenza di dotazioni di siB.F. curezza individuali. GIANNI MORANDI E LE POLEMICHE SUL SUO INTERVENTO DOPO LA TRAGEDIA NEL CANALE DI SICILIA Fatti mandare dalla mamma a prendere… l’immigrato Salvini (Lega): “Dia il buon esempio: accolga, ospiti, mantenga e paghi di tasca sua” orse Gianni Morandi non immaginava che il post con cui, subito dopo l’ennesima tragedia del mare avvenuta il 21 aprile scorso nel Canale di Sicilia, ha ricordato gli italiani partiti nel secolo scorso per cercare una vita migliore paragonandoli ai migranti di oggi, avrebbe suscitato un’ondata di commenti e polemiche che, a distanza di qualche giorno, non si è ancora placata. “A proposito di migranti ed emigranti – aveva scritto Morandi su facebook – non dobbiamo F mai dimenticare che migliaia di italiani, nel secolo scorso, sono partiti dalla loro Patria con la speranza di trovare un lavoro e un futuro migliore per i loro figli, visto che nel loro Paese non riuscivano ad ottenerlo”. Una considerazione apparentemente inoffensiva, che oltre a decine di migliaia di like e commenti positivi, ha suscitato però anche una serie di messaggi non esattamente concordi con quanto affermato. Al di là degli eccessi e degli insulti gratuiti e comunque sbagliati che un tema difficile come quello dell’immigrazione porta con sé, sono in molti quelli che hanno contestato le parole di Morandi con ragionamenti motivati e degni di considerazione. Tra quelli più gettonati ci sono i post di coloro che ritengono che se oggi il nostro Paese è tra i più coinvolti nell’emergenza immigrazione è anche perché ai disperati che tentano con ogni mezzo di arrivare in Italia vengono offerti sussidi e benefici di vario tipo. Di cui tra l’altro i nostri emigranti non godevano affatto. Senza contare, scrive un altro utente del social network, che i migranti italiani “pagavano con il sudore della fronte ogni diritto acquisito, rispettando le leggi e i dovei del Paese che permetteva loro di lavorare”. Ed anche Matteo Salvini ha detto la sua, rincarando la dose: “se è così attento alle esigenze degli immigrati – ha twittato il leader della Lega – dia il buon esempio: accolga, ospiti, mantenga e paghi di tasca sua”. Parole forti? Forse si. Soprattutto se si tiene conto che tanti immigrati sono veramente disperati al punto da rischiare il tutto per tutto. Il punto però è un altro e non c’entra niente con l’egoismo, la paura del diverso e il razzismo di cui parla Morandi a proposito di molti dei commenti al suo post: il dissenso degli italiani nei confronti del buonismo pro-immigrati di cui il cantante si è reso portabandiera è infatti dettato dalla pessima gestione che la classe politica nostrana del problema immigrazione. Che, unita alla crisi economica in corso, fa esplodere un’insofferenza che invece di essere giudicata andrebbe capita. E calmata con adeCristina Di Giorgi guate soluzioni. 12 Venerdì 24 aprile 2015 DALL’ITALIA SACILE (PORDENONE) – IL PIANO CONTRO L’AUMENTO DELLA CRIMINALITÀ Militari affiancati dagli“angeli della sicurezza” L’assessore Placido Fundarò: “Si tratta di volontari civici, un gruppo consolidato ormai da anni” n progetto concreto contro la criminalità. È quello che sta potando avanti l’assessore al lavoro e sicurezza di Sacile (Pordenone) Placido Fundarò, de La Destra. Un piano, in collaborazione con i carabinieri che prevede turni straordinari serali della polizia municipale, per il quale sono già stati stanziati 34mila euro nel bilancio 2015. E i risultati non mancano, grazie al pronto intervento delle forze dell’ordine, alcuni giorni fa si è evitato il peggio. “Un elogio alla polizia municipale anche efficace nel gestire e sedare la rissa che ha coinvolto tre immigrati – ricorda l’assessore in un’intervista al giornale locale ‘Il Messaggero Veneto’ – La città sicura è il nostro modello: quello che funziona”. Importante il ruolo svolto, accanto ai militari, dai volontari, personale formato grazie a dei corsi specifici che verranno attivati anche nei mesi prossimi. “Il controllo sul territorio è coordinato dal comandante della polizia comunale Stefano Antonel, anche per il gruppo dei volontari civici: una trentina è iscritta al corso di specializzazione che si terrà in estate a Sacile – ha sottolineato Fundarò – Saranno equipaggiati per monitorare anche le frazioni e la periferia urbana. Sarà avviato un corso per U L’assessore al lavoro e sicurezza di Sacile (Pordenone) Placido Fundarò preparare il volontario a fronteggiare gli imprevisti. Si tratta di un gruppo consolidato da oltre una decina di anni: 150 che già operano sul territorio, svolgono il loro ruolo con grande impegno e generosità”. E intanto i volontari civici sono già tornati in ‘servizio’ nel mercato cittadino, dove si continuano a registrare episodi spiacevoli, in particolare a causa dei questuanti. “Forze nuove per il servizio di supporto alla vigilanza nel mercato settimanale, dove nelle ultime settimane sono stati segnalati epi- sodi spiacevoli, come l’accattonaggio insistente nei confronti dei passanti – prosegue ancora l’assessore – Poi, nelle attività di controllo sul territorio. I volontari hanno in dotazione i Birò, le mini auto elettriche che sono utili nelle frazioni anche per il servizio di supporto ai Pedibus, nel controllo del traffico”. L’impegno dei volontari è esteso anche alle manifestazioni, “per la sicurezza sociale”, puntualizza Fundarò. Risorse destinate inoltre anche alla videosorveglianza.“L’efficienza dell’impianto a tutela dei punti sensibili della città è garantita nella manutenzione delle telecamere con le risorse regionali. Si tratta di 70 mila euro per potenziare e aggiornare gli occhi elettronici – spiega – Probabilmente questo non basterà a eliminare la microcriminalità che necessiterebbe di profonde modifiche legislative, dal punto di vista della certezza della pena, ma perlomeno da parte nostra avremo fatto il massimo per mettere in sicurezza i posti sensibili di pubblico interesse”. Nel piano vengono in aggiunta presi in considerazione i crimini nelle abitazioni: previsto infatti per i sistemi di allarme un collegamento tra le case e la caserma locale. “In arrivo la disponibilità di una comunicazione diretta tra il proprio impianto di videosorveglianza e la caserma dei carabinieri che sarà dotata di una linea Adsl: su questa verranno convogliati gli alert, cioè sistemi di allarme dei cittadini: Ciò permetterà l’immediato intervento dei militari”. Barbara Fruch NAPOLI CROTONE Uccisi per la compravendita di un appartamento Prende la pensione dei parenti: denunciato “Stalking condominiale”: arriva la prima sentenza Svolta nell’omicidio della coppia trovata morta in una scarpata: fermato un conoscente Ha intascato per anni le somme destinate alla mamma e alla zia che erano decedute Ossessionavano i vicini, per questo sono stati condannati un’anziana e il figlio orse arriva la svolta per l’ omicidio di Luigi Simeone e di Immacolata Assisi, la coppia di coniugi trovata uccisa in una scarpata alla periferia della cittadina a nord di Napoli. Una persona è stata fermata nella notte dalla polizia a Giugliano (Napoli) è Antonio Riano , incensurato, un conoscente delle due vittime. I corpi erano stati trovati nella mattinata di domenica sulla scarpata di una vecchia cava di tufo. Il movente del duplice delitto sarebbe da ricercare in questioni finanziarie legate alla compravendita di un appartamento. Le vittime Luigi Simeone, 50 anni tassista residente a Melito (Napoli), e della moglie Immacolata Assisi, sua coetanea, sono stati ritrovati i loro corpi senza vita a bordo di un taxi. Nella vettura erano state ritrovate delle grandi macchie di sangue. E il giovane fermato potrebbe avere dei complici: dai filmati emerge che il taxi sul quale viaggiavano le due vittime era preceduto lungo la strada da un'altra macchina. Sgomento tra i tassisti di Napoli per la morte del loro collega descritto on l'accusa di truffa aggravata la Guardia di Finanza di Crotone ha denunciato un uomo residente nella cittadina calabrese, che in oltre 13 anni ha indebitamente incassato oltre 132 mila euro. Ogni mese, non mancava all’appuntamento : intascava la pensione della mamma e della zia ormai decedute da tempo. Dalle indagini della Gdf è emerso che l'uomo abbia omesso di segnalare la dipartita della propria zia, con pensione Inps avvenuto nel 2002 e quella della madre, titolare di pensione Inpdap, nel 2004. Grazie a queste omissioni, ogni mese le pensioni venivano regolarmente accreditate su un conto corrente bancario cointestato alle due defunte e per il quale l'indagato era in possesso di delega ad operare. Il furbetto si è tradito con il suo stesso bancomat. La banca presso cui venivano accreditate le pensioni ha effettuato degli accertamenti, i quali hanno evi- na nuova figura di reato e relativa condanna è stata pronunciata dal Tribunale di Genova per “stalking condominiale”. I giudici hanno accolto le lagnanze di una giovane coppia di Ronco Scrivia, sull’Appennino ligure. I due per anni hanno subito torture psicologiche e continue minacce da parte dei vicini di casa, una donna di 74 anni e il figlio 40enne. Quest’ultimi sono state condannate a quattro mesi più il risarcimento danni dai giudici di Genova per una sentenza storica. “È una sentenza apripista - ha detto l'avvocato - è stato riconosciuto il perdurante e grave stato d’ansia e terrore causato ai miei assistiti. Determinante il fatto che siano stati costretti ad alterare le proprie abitudini di vita e addirittura a trasferirsi per colpa dei vicini di casa”. Gli atti persecutori nei confronti degli attori al processo sono partiti da un classica bega condominiale, in merito alla proprietà un piccolo giardinetto davanti al palazzo. Da quel momento poi sarebbe partita una guerra psicologica durata ben quattro anni. I due condannati avrebbero iniziato a ossessionare i vicini con angherie vere e proprie. Rumori F come un uomo tranquillo. Gli agenti del commissariato di Giugliano, coordinati dal primo dirigente Pasquale Trocino dopo una notte di interrogatorio sono giunti alla conclusione che su Antonio Riano ci sarebbero forti indizi. All'origine dell'individuazione del trentenne un messaggino per combinare un incontro in pizzeria: lo avrebbe inviato l’acquirente dell’appartamento della famiglia Simeone. Quello stesso sms è stato mostrato dalla donna uccisa alla sua amica e vicina di casa che in seguito ha mostrato agli inquirenti . Movente del delitto questioni finanziarie legate alla compravendita dell'appartamento vittime. Determinante per le indagini la macchia di sangue rinvenuta nella macchina dove sono stati trovati i corpi e l’impronta in essa lasciata, probabilmente riferibile ad Antonio Riano , secondo quanto evidenziato dal procuratore della Repubblica del Tribunale di Napoli Nord, Francesco Greco. Il trentenne, residente nel quartiere di Pianura di Napoli è stato accusato di duplice omicidio. Chantal Capasso C GENOVA U denziato come l'importo della pensione, a distanza di pochi giorni dal pagamento delle competenze, venisse sistematicamente prelevato mediante operazioni allo sportello oppure tramite bancomat. Dopo ulteriori approfondimenti, i finanzieri hanno accertato che i prelievi bancomat avvenivano utilizzando una carta di prelievo intestata e ritirata presso l'istituto bancario nel mese di aprile 2012 dalla titolare della pensione, che in realtà era morta 7 anni e mezzo prima. Da quel momento , i militari hanno segnalato alla Procura della Repubblica di Crotone non solo l'artefice della truffa aggravata, ma anche un impiegato della banca, nei confronti del quale si ritiene fondata la responsabilità a titolo di conCh.C. corso nel reato. umore nel cuore della notte anche con musica ad alto volume. E ancora insulti e persecuzioni di vario genere, bastonate sul pavimento, immondizia gettata davanti alla porta, bastonate sul pavimento e altro ancora. Instaurando un vero clima di terrore, fino a raggiungere il culmine con la nascita del figlio della coppia : “Ve lo ammazziamo”, avrebbero minacciato madre e figlio. Le vittime hanno supportato la loro denuncia confermando lo stato di paura e di angoscia, esibendo certificati medici che accertavano lo stress per le minacce da tempo subite. La coppia vittima di stalking condominiale viveva al secondo piano della palazzina, madre e figlio a quello superiore, e per sfuggire ai vicini marito e moglie si erano addirittura rifugiati nel seminterrato. Costretti anche rincasare in orari diversi e a chiedere agli amici di accompagnarli. Importante la testimonianza al processo un’altra vicina di casa, che vive sola al primo piano della palazzina e che ha confermato la condizione di disagio psicologico, gli atti persecutori, le vessazioni e le minacce a opera della donna B.F. e del figlio.