Circolo Culturale La Torre - Chiavenna -SEZIONE LIBRI

Transcript

Circolo Culturale La Torre - Chiavenna -SEZIONE LIBRI
SEZIONE LIBRI - Ragazzo. Storia di una
vecchiaia (Marsilio - 2007)
Di Massimo Fini segue commento di Maurizio Blondet effedieffe
Una spietata analisi, senza infingimenti, senza autoillusioni,
senza autoinganni sulla vecchiaia, al di là delle ipocrisie e
della retorica con cui oggi cerchiamo di abbellire e
edulcorare quella che
chiamiamo eufemisticamente «la terza età» rendendola
così, se possibile, ancor più crudele e beffarda. E, insieme,
in un gioco di rimbalzi e di controspecchi, un appassionato
inno alla giovinezza, «quella irripetibile età in cui ci
chiamavano ragazzi».
Animato da ricordi e esperienze personali, nelle quali il
lettore non farà fatica a riconoscersi perché Fini riesce a
dare ai fatti che rievoca, ora con tenerezza, ora con ironia,
ora con sarcasmo,
a volte con lucida ferocia, significati e valenze universali,
Ragazzo è anche una sorta di singolare autobiografia giocata solo sul filo del rapporto giovinezza/vecchiaia, sul
cui sfondo domina, enigmatico e incontrastabile, il vero protagonista del libro: il Tempo.
«L'estremo paradosso dei vecchi è che desiderano morire ma vogliono vivere
..................................Ho vissuto una cattiva giovinezza e una cattiva maturità, in carriera e perciò arrivista,
egoista, insensibile a chi mi amava e si aspettava da me
qualcosa, per non parlare delle donne...
Ora, la vecchiaia cui sono giunto per grazia di Dio (la mia
vita poteva essere troncata prima mille volte, in autostrada,
in Bosnia, o di melanoma) ha palesi opportunità e fortune.
E mi spiace moltissimo che Massimo Fini, che è tanto
migliore di me, abbia scritto in quel suo bel libro (non a caso
l'ha intitolato «Ragazzo») tutta la sua rivolta contro l'età dei
sessanta, contro il vedersi invecchiare.
Perché è verissimo ed ha ragione, dentro siamo ancora
ragazzi, con le voglie e le furie di ragazzi (l'anima non invecchia mai), e lo specchio e i muscoli ci smentiscono.
Temo che l'errore sia nel rifiuto di arrendersi.
Il bello della vecchiaia è nella resa.
Surrender.
Non essere più in carriera: oltre a questo non puoi arrivare, quello che hai avuto hai avuto e non crescerà.
Ciò ti dà più tempo di occuparti della verità, di cercare di diventare più saggio.
E di aspettare l'eternità, se possibile, preparati.
Le donne?
Posso avere ancora delle donne, anzi gustarle di più come gusto di più il vino vecchio, dice Mughini...
Questo si sa, e Fini lo sa benissimo (non è Mughini); ma sicuramente ha letto quel libro tremendo di Schnitzler,
«L'ultimo amore di Casanova», dove il vecchio marpione si propone di sedurre a freddo una amante matura di un
tempo, e insieme la giovanissima figlia di lei.
E ci riesce eccome, sa tutti i trucchi della seduzione, e i giovani corteggiatori della fanciulla sono, al confronto di
lui, così bietoloni.
Ma quel «successo» è amarissimo: il vecchio avventuriero si deve ammettere che ha schifo di sé e il vuoto amaro
dentro.
Forse intuisce che, per quella bravata, ha perso definitivamente l'anima sua.
Che è un distruttore che ha fatto il suo tempo.
Perché ogni cosa ha «il suo tempo», e le ragazze meglio lasciarle ai ragazzi.
Bietoloni o no, la speranza fondata in loro è che fioriranno di figli; noi vecchi non più, non è da noi.
Certo, quel pungolo ci resta sempre.
Ancora un ricordo letterario, in Proust: Swann che, malato e quasi morente, si china a baciare la mano di una
signora, e il suo sguardo si ficca nel décolleté...
Lo stesso Swann si scandalizza di sé: ho un piede nella
fossa, eppure ancora...
Swann è saggio, con quel pensiero.
Swann non è Casanova, come Fini non è Mughini.
Ma arrendersi, rassegnarsi anche al pungolo della vecchia
carne - che ben conosciamo - e prenderne congedo, è il
segreto semplice.
Non è più il tempo, per noi.
Non sono per noi i giovani fiori da cogliere.
La malinconia dell'autunno viene compensata, se ci si arrende, da altri doni imprevisti.
Io devo ringraziare voi, cari lettori.
Non ho avuto figli, ed ora grazie ad internet faccio il nonno, e provo a
trasmettervi la mia cosiddetta esperienza, che poi non è altro che la serie
degli errori che ho commesso io e che da cui spero di esentarvi, senza
troppo crederci.
Grazie a voi, ho l'impressione che la mia vita non sia stata inutile, anzi
più utile di prima, quando ero «in carriera», e di ciò vi ringrazio.
Per di più, ho la via facile: non devo darvi la paghetta e comprarvi le
scarpe come a figli carnali, né angosciarmi se fate tardi la sera.
Mi manca che Massimo Fini, che fa tanto di più, voglia essere ancora un
ragazzo.
Ma spero che accetti la resa, naturalmente a modo suo - lui solo può essere un vecchio ragazzo, per questo è
scintillante, e lo sarà anche più dopo la resa.
Vi ringrazio, e scusate se sono stato lungo.
Ma c'è da imparare parecchio, da questi samaritani.