1.7.1 Manlio Sgalambro - COMPAGNIA DEI MEGLIOINSIEME
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1.7.1 Manlio Sgalambro - COMPAGNIA DEI MEGLIOINSIEME
BREVIARIO PER UNA VECCHIAIA CONSAPEVOLE / SUGGESTIONI / Manlio Sgalambro / pagina 1.7.1 (versione 1) ________________________________________________________________________________________________ Le pagine che seguono riportano alcune considerazioni sulla vecchiaia di Manlio Sgalambro, filosofo, tratte dal libro “Trattato dell'età ”, Adelphi, 1999 “LA VECCHIAIA? SECONDO ME E’ L’ETÁ DEL CLIMAX E DELL'AMORE !” “Non ci confondiamo: non ci sono tre o cinque o sette o dieci età, dall'infanzia alla vecchiaia, come pretende di dire la psicologia (scienza inferiore che, nel tentativo disperato e impossibile di raggiungere la scientificità degli altri saperi non trova mossa migliore che suddividere, quantificandole, le età dell'uomo!). Una sola è l'età. Ed essa non è là dove il tempo cresce dentro come una gioia segreta e si espande e si diffonde come un inebriante profumo. Quando questo tempo intimo e soffuso - che in un solo slancio porta l'individuo dall'infanzia all'età adulta - è finito, entra potente l'altro tempo, il tempo esterno, il tempo del mondo. Questo tempo oggettivo ed immobile, ostile ed implacabile, si scontra con l'individuo come elemento non suo, e mostra il suo volto metafisico sulla faccia del vecchio. (...) Ed è allora che compare l'età. La vecchiaia viene dal di fuori. Dunque non si invecchia: si è vecchi di colpo!” °°° “In base a questo paradigma è possibile sostenere che né il fanciullo, né il giovane, né l'adulto hanno età perché in essi la vita scorre come il corso di un fiume verso il mare: solo il vecchio ha età perché nel vecchio finisce il tempo soggettivo e personale, il tempo vissuto, il tempo che scorre, ed al suo posto entra potente il tempo esterno, il tempo del mondo, il tempo della materia, il tempo che non passa. Con la vecchiaia l'età non ha età - in senso psicologico - perché non si evolve. Fin che l'uomo ha età come la intende la psicologia egli è un fanciullo, un giovane, un bisogno dell'adulto, un essere in divenire. (...) Ne deriva, allora, che la vecchiaia non è più da considerarsi l'ultima tappa della vita, bensì la prima e l'unica in cui si esce dal tempo proprio, dal tempo vissuto, per essere abbracciati dal tempo esterno. Quello dell'orologio, l'unico serio. Quello del mondo, che procede con regole sue e non più nostre. Quello del corpo cadenzato sui ritmi della materia. (...) BREVIARIO PER UNA VECCHIAIA CONSAPEVOLE / SUGGESTIONI / Manlio Sgalambro / pagina 1.7.2 (versione 1) ________________________________________________________________________________________________ Spesso la vecchiaia viene visualizzata come l'anticamera della morte, ma questa visione non consente di cogliere il vero senso della vecchiaia, ultima conquista della modernità, dove il tempo vissuto si dissolve e al suo posto compare l'età.” °°° “La vecchiaia è dunque il momento culminante della vita, che non è più slancio, ma apice. (...) La vecchiaia è climax, momento del massimo compimento. Ma, attenzione: il climax si fa pagare.(...) Non è cosa da uccellini implumi: altrimenti sarebbe un ‘élan’, un sospiro. (...) Il climax lo paghi con la vecchiezza. (...) Ovviamente la figura di vecchio qui richiamata non è quella della persona che aspetta solo la morte o del vecchio sciapo, inoffensivo e babbeo. Bensì è quella di un essere terribile e ‘noumenico’, che è portavoce non del tempo proprio ma del tempo del mondo, del tempo perduto, del tempo che non è più”. °°° “Come stato supremo della conoscenza, non più inquinata dal desiderio, la vecchiezza è il tempo della Grande Valutazione. Non porta né le rondini, né la fioritura degli anemoni. Ma ‘grandi Sì’ e ‘grandi No’. Infatti, a differenza della fanciullezza, della giovinezza e della maturità, che sono in balìa della vita, la vecchiaia è in sé un qualcosa di compiuto, che perciò è perfetto. In essa ci si congeda dal proprio tempo, che è il tempo dell'Io, il tempo del desiderio, per incontrare il tempo esterno, quello del mondo. In un certo senso è come se la vecchiaia venisse dal di fuori e, sopraggiungendo, operasse una scissione profonda tra tempo e individuo. Pertanto non si può più dire che l'esistenza è il tempo, bensì occorre dire che l'esistenza subisce il tempo.” °°° “L'unico tempo che segna l'età - quello della vecchiaia - è un tempo fermo, un tempo solido e opaco, un tempo che non passa mai, in cui si riflette il momento statico del mondo. Ma è anche un tempo dove è possibile sperimentare Amore. A questo proposito è inutile rifugiarsi in espressioni retoriche, quale la giovinezza di spirito (che a mio parere risulta essere un luogo piuttosto malfamato!). Occorre fare riferimento esplicito alla sacra carne del vecchio, che si contrappone a quella del giovane, mera ‘res extensa’ buona per la riproduzione. (...) L'eros scaturisce da ciò che sei, amico, non dalle fattezze del tuo corpo, scaturisce dalla tua età che, non avendo più scopi, può capire finalmente cos'è l'amore fine a se stesso. (...) BREVIARIO PER UNA VECCHIAIA CONSAPEVOLE / SUGGESTIONI / Manlio Sgalambro / pagina 1.7.3 (versione 1) ________________________________________________________________________________________________ Nell'amore tardo è scomparso ogni conflitto. L'amore si afferma nel suo splendore, senza che nulla l'appanni. (...) Per l'amore tardo il tempo è uno stretto passaggio, ma solo attraverso di esso si esce all'aperto. L'incanto ha confini ristretti. (...) Se l'amore colpisce nella tarda età, come si può rimpiangere la gioventù, visto che tanto ci volle per incontrarlo quanti gli anni che sono passati?” °°° “Nella vecchiaia una sessualità totale succede alla sessualità genitale. Si sperimenta non più quello che viene chiamato la ‘rebellio membri genitalis’- fatta di fugaci abbracci e di proditori amori notturni -, bensì il trasalimento che, come un'onda inesorabile, è un vero e proprio tributo all'incarnazione senza riproduzione. (...) Queste favorevoli condizioni – che a parere anche del poeta Orazio 'la natura negò ai giovani' – consentono all'amore di raggiungere il proprio apice. Questo non risiede nella riproduzione, a cui è legato l'animale di ogni specie, e neppure nel piacere troppo omogeneo e compatto proprio della giovinezza della carne. L'apice dell'amore è nella conoscenza del tempo (non di quello passato che si avvinghia a quello futuro), di quel tempo dei tempi dove l'amore e la morte - che in ogni orgasmo tutti sentono in qualche modo imparentati! - trovano il loro modo ineffabile di abbracciarsi, finalmente senza maschere e fraintendimenti. E' qui che si annida il segreto dell'età, dove 'lo spirito di vita guizza dentro come una folgore, lasciando muta la giovinezza, incapace di capire' ” °°° “Per quanto riguarda il morire sono convinto che quelli che hanno paura della morte in qualche modo muoiono, mentre quelli che hanno raggiunto l'evidenza della non evidenza della propria morte in qualche modo non muoiono mai. Ciò in quanto non ci è dato di cogliere la nostra morte in noi stessi. (...) Non possiamo immaginarci la nostra morte in quanto ad immaginarla dovremmo essere noi stessi, ma noi siamo vivi e per ciò stesso non possiamo vederci come morti. (...) La nostra morte riguarda dunque gli altri, gli unici che sono abilitati a sancirla. (...) So che muoiono gli altri, non io: è tutto quello che posso dire sulla mia morte (...) Ciò mi basta per affermare l'amortalità ragionata, che a sua volta mi basta”.