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Esperienze innovative
BSC e performance d’ateneo
Il controllo multidimensionale della performance d’ateneo:
la balanced scorecard nella prospettiva internazionale
e nel contesto italiano
Carlotta del Sordo
Ricercatrice in Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Bologna - Facoltà di Economia di Forlì
Federica Farneti
Ricercatrice in Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Bologna - Facoltà di Economia di Forlì
Rebecca Levy Orelli
Ricercatrice in Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Bologna - Facoltà di Economia di Forlì
SOMMARIO: 1. Perché la BSC per il controllo multidimensionale negli atenei: l’iter logico della ricerca. 2. La BSC: finalità
e contenuti del modello. 3. La multidimensionalità della performance d’ateneo. La BSC: un possibile report per il rettore?
4. Il modello della BSC applicato alle università: le esperienze internazionali. 5. Un possibile modello di BSC per un
ateneo italiano. 6. Gli indicatori della BSC per un ateneo italiano. 7. Conclusioni.
Il paper prende in considerazione la balanced scorecard come strumento che può essere utilizzato,
dal punto di vista strategico, per soddisfare i fabbisogni informativi del rettore e degli altri organi
accademici di governo e che possa risultare altrettanto utile per le differenti tipologie di stakeholder.
Dopo aver ripercorso brevemente finalità e contenuti della BSC, si passa a verificare se, data la
multidimensionalità delle performance d’ateneo, tale strumento possa costituire un idoneo sistema di
reporting per il rettore e gli altri organi decisionali, anche sulla base delle esperienze internazionali
che si sono in tal senso già concretamente realizzate. Grazie allo sviluppo di tale iter logico della
ricerca si giunge a proporre, con tutti i limiti di ogni generalizzazione, un primo modello di BSC
che possa essere utilizzato, seppure con i necessari adattamenti alle esigenze dei singoli atenei,
come strumento di guida nell’attività di governo di una università del nostro Paese.
Universities act in order to create and communicate knowledge, mainly via research and teaching.
They require a reporting system which supports these aims and tracks performance. This paper
explores the balanced scorecard (BSC) to ensure reporting practices by universities. Particularly,
the research considers the BSC as a strategic tool that can be used by the university administration
and other stakeholders to capture the multidimensional aspects of universities’ performances. The
paper employs as a research approach a literature review of the BSC. This study is framed as
follows: section 2 briefly reviews the literature on the BSC and its aims. Section 3 analyses how the
BSC can be used by the university administration to report on universities, given their multidimensional performances. Section 4 reviews how the BSC has been used in a number of universities
internationally. Section 5 and 6 develop a model to suit the Italian context, based on the evidence
of the universities analysed. Section 7 concludes the study by identifying gaps in Italian universities’ contemporary reporting practices and highlights possible future benefits of the use of the BSC
reporting model in Italian universities. The developed model contributes to the debate on internal
and external reporting within Italian universities.
L’articolo è una elaborazione del paper presentato al II Workshop Nazionale di Azienda Pubblica Teorie e
qualità dell’amministrazione pubblica, Università degli Studi di Cagliari, Maggio 2006.
Pur essendo frutto del lavoro congiunto delle autrici, la stesura dell’articolo spetta per i §§ 1, 6 e 7 a Orelli, per i §§ 2
e 3 a del Sordo e per i §§ 4 e 5 a Farneti.
Parole chiave: balanced scorecard – università – performance reporting
Key words: balanced scorecard – university – performance reporting
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1. Perché la BSC per il controllo multidimensionale negli atenei:
l’iter logico della ricerca
L’università (1), come ogni tipologia di azienda (Farneti, 1999), deve introdurre e applicare criteri aziendali che le consentano di coniugare il buon
andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa con l’economicità
della gestione (Anselmi, 2003; Borgonovi, 1984; Farneti, 1995; Miolo
Vitali, 1993; Mussari, 1996). In particolare, coerentemente con le proprie
specificità, l’università deve assolvere la sua funzione precipua: generare
e trasmettere la conoscenza.
Tale finalità istituzionale può essere attuata anche tramite la realizzazione di un sistema di reporting capace di seguire e rappresentare tali
risultati. La ricerca prende quindi in considerazione uno strumento che può
essere impiegato, dal punto di vista strategico, per soddisfare il suddetto
obiettivo, in particolare per il rettore e per gli altri organi accademici di
governo, ma che può risultare altrettanto utile anche per differenti tipologie
di stakeholder.
Si procederà delineando una balanced scorecard (d’ora in poi BSC)
che possa poi essere concretamente adottata; in particolare, tale proposta è
maturata sulla base dell’analisi della letteratura nazionale e internazionale
e delle esperienze internazionali già realizzate.
Esistono infatti margini di applicabilità di tale strumento al contesto italiano, occorre però predisporre indispensabili adattamenti alla tradizionale
struttura della BSC, in considerazione soprattutto della necessità di poter
disporre di uno strumento di reporting strategico da applicarsi a un contesto
differente da quello in cui è stato originariamente elaborato.
Nel presente lavoro si propone l’utilizzo della BSC per mostrare, anche
sulla base delle esperienze internazionali già realizzate, come può essere
applicato tale strumento al contesto italiano e quali sono gli adattamenti
che si rendono, in tale ambito, necessari, in considerazione soprattutto del
fatto che in Italia l’adozione della BSC nelle università non pare ancora
verificarsi.
La BSC può essere quindi sviluppata come strumento di pianificazione
multidimensionale strategica, ma anche come strumento in grado di contribuire a realizzare l’analisi di benchmarking fra diversi atenei, grazie
all’adozione di un preliminare modello di BSC, utilizzato in modo condiviso
da diverse università.
In Italia non si assiste alla diffusione di tale pratica, ma si ritiene che ciò
non dipenda né da una scarsa attenzione al problema né dall’impossibilità
1 Nell’ambito del presente lavoro per quanto concerne il contesto italiano, si condivide l’indicazione CRUI (2004: p. 23) per cui “l’università sia statale che non statale nel nostro sistema
è pubblica, non nel senso che vuole essere alimentata solo da risorse pubbliche, ma in quanto svolge una funzione pubblica”. Sono università non statali legalmente riconosciute quelle
definite libere. In questo paper si prendono in considerazione in particolare le università statali italiane, che sono 59 (MIUR, 2005).
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pratica di applicare la BSC alle università o, più in generale, alle aziende
pubbliche italiane. Di certo la presenza di un sistema informativo contabile
similare nei diversi atenei assicurerebbe una maggiore affidabilità dei
risultati ottenuti in termini comparativi, e forse, da questo punto di vista,
l’uniformità potrebbe essere incentivata anche in modo non obbligatorio
grazie all’introduzione di principi contabili.
Gli atenei statali, infatti, (dal 1989) hanno la facoltà di scegliere tra
l’adozione della sola contabilità finanziaria o della contabilità generale; nel
primo caso, il più diffuso, le università possono decidere fra l’utilizzo di un
bilancio di competenza o uno di cassa. Di conseguenza appare chiaro che
si delinea inizialmente già l’assenza di una situazione contabile uniforme
e paragonabile fra i vari atenei e fra questi ultimi e gli altri comparti della
pubblica amministrazione. Tale ordinamento contabile ha quindi evidenziato
nel tempo diffuse condizioni di incertezza valutativa e di anarchia contabile
(Cinquini, 2002).
Tuttavia, dal punto di vista del reporting strategico l’informativa per il
rettore non viene in alcun modo toccata da tale attuale carenza. Per questo
è possibile costruire un meta-modello di BSC per l’università, che si pone
fra il modello generale di BSC e quello specifico di ciascun singolo ateneo
italiano.
Nel lavoro presentato, dopo aver ripercorso brevemente finalità e contenuti della BSC (§ 2), si passa a verificare se, data la multidimensionalità
delle performance d’ateneo, la BSC possa costituire un idoneo strumento
di reporting per il rettore e gli altri organi accademici (§ 3), considerando,
in modo particolare, le esperienze internazionali che si sono già concretamente prodotte (§ 4).
Grazie allo sviluppo di tale iter logico della ricerca, si giunge a proporre, con tutti i limiti di ogni generalizzazione, un primo modello di BSC che
possa essere utilizzato, seppure con i necessari adattamenti alle esigenze
dei singoli atenei, come strumento di guida nell’attività di governo di una
università del nostro Paese (§§ 5 e 6). Infine, l’ultimo paragrafo presenta le
conclusioni del lavoro (§ 7).
2. La BSC: finalità e contenuti del modello
La BSC è il frutto delle riflessioni di Robert Kaplan e David Norton che,
agli inizi degli anni ’90 (Kaplan, Norton, 1992; Kaplan, Norton, 1994a,
Kaplan, Norton, 1994b), constatano che i sistemi gestionali tradizionali
riflettono una strutturale «incapacità di correlare la strategia a lungo termine
dell’azienda con le sue azioni a breve termine», dal momento che «l’enfasi
posta dalla maggior parte delle aziende sulle valutazioni finanziarie a breve
termine lascia un divario tra lo sviluppo di una strategia e la sua attuazione»
(Kaplan, Norton, 1996).
Per risolvere questo problema i due studiosi propongono un sistema
di valutazione bilanciata delle performance, individuata, appunto, come
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balanced scorecard, che si articola in una combinazione di indicatori sulla
performance di tipo economico-finanziario e non.
L’idea di base è offrire ai manager un set di indicatori in numero limitato
– ma coordinati al fine di fornire un schema interpretativo d’impresa – che
permettano, al tempo stesso, di evitare il rischio di un overload informativo
(Salou, 1989; Rockart, 1979), cioè che l’eccessiva mole di dati riduca la
concreta possibilità di un loro utilizzo da parte del destinatario. Kaplan e
Norton definiscono proprio la BSC come: «a set of measures that gives top
managers a fast but comprehensive view of the business» (Kaplan, Norton,
1992).
Il parallelismo che gli autori propongono è fra il pilota, che in volo necessita di dettagliate informazioni sui vari aspetti connessi alla navigazione
(carburante, velocità, altitudine, ecc.) e il manager che, dovendo dirigere
un’azienda, per sua natura sistema altamente complesso, non può limitarsi
a monitorare un unico aspetto della performance, solitamente quello economico-finanziario, avendo quindi bisogno di uno strumento di controllo
multidimensionale. In tal senso la BSC rappresenta il necessario “pannello
di controllo” per la direzione d’azienda.
Non è sufficiente, pertanto, un’unica prospettiva di analisi, quella economico-finanziaria, per avere una visione di insieme delle performance e del
posizionamento strategico di un’azienda. Il budget, la contabilità analitica,
i sistemi di reporting economico-finanziari rappresentano una dotazione
direzionale necessaria, ma sufficiente solo in contesti particolarmente stabili. Il dinamismo dell’ambiente competitivo impone dunque di dotarsi di
strumenti di guida, quale appunto la BSC che, inserendo nuove prospettive
di analisi, assicura al management di:
• catturare gli aspetti multidimensionali della misurazione;
• avere una visione globale e al tempo stesso sintetica dell’andamento
aziendale;
• garantire un approccio strategico, permettendo di tradurre la strategia in
azioni concrete.
Affinché quest’approccio risulti efficace, si deve mirare, nel processo di implementazione della BSC, ad un duplice equilibrio o bilanciamento, sia tra
i diversi angoli visuali, ognuno dei quali riveste la propria importanza ed è
anzi essenziale nella logica sistemica dello strumento, sia all’interno di ogni
prospettiva tra indicatori finanziari e misuratori di performance di altro tipo.
A quest’ultimo proposito, si deve notare che «la scheda di valutazione
bilanciata consente alle aziende di monitorare i risultati finanziari, valutando
al contempo i progressi compiuti nell’acquisizione delle capacità e delle
attività immateriali necessarie per la crescita futura. La balanced scorecard
non sostituisce i parametri di valutazione finanziaria, ma li completa»
(Kaplan, Norton, 1996: p. 41). Le quattro prospettive presentate dai due
autori statunitensi sono le seguenti:
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– la prospettiva economico-finanziaria è finalizzata a monitorare il rapporto
tra impresa ed azionisti o, più in generale, è indirizzata al pubblico degli
utilizzatori del bilancio, trattandosi di uno strumento che, dopo le prime
formulazioni destinate alle imprese private, ha trovato applicazione anche
nel settore pubblico e non profit;
– la prospettiva del cliente riguarda la misurazione del rapporto con il
mercato. Rappresenta la strategia dal punto di vista dei clienti, in modo
da evidenziare quanto l’azienda intende realizzare nell’intento di massimizzare la soddisfazione dei suoi clienti, affinché questi diventino o
rimangano fedeli;
– la prospettiva dei processi interni individua i processi operativi chiave,
in cui l’azienda deve eccellere. È interessante notare che per Norton e
Kaplan non si deve perdere di vista il mercato: «le misure interne per il
“balanced scorecard” dovrebbero derivare da quei processi di business
che hanno il più consistente impatto sul cliente» (Kaplan, Norton, 1994b:
p. 37);
– la prospettiva dell’apprendimento e della crescita. Gli obiettivi per il successo si devono adattare dinamicamente al contesto di mercato, bilanciando
gli obiettivi di lungo termine con quelli di breve. Questo angolo visuale,
dunque, vuole evidenziare obiettivi e misure di innovazione, di crescita
e di acquisizione di nuove competenze, nell’ottica di adattamento a un
percorso di miglioramento continuo.
La BSC ha subìto un’evoluzione nel pensiero dei suoi ideatori: si è infatti
dapprima imposta come strumento di misurazione e valutazione della performance, per poi trasformarsi in un metodo capace di saldare il quotidiano
agli obiettivi strategici di lungo periodo, in particolare nello strumento di
controllo strategico per eccellenza. In pochi anni, si è dunque perfezionata
e diffusa non solo nel campo della misurazione della performance, ma è
anche risultata un efficace mezzo per orientare la strategia aziendale.
L’implementazione di una BSC chiarifica dunque il collegamento fra la
strategia e gli indicatori; infatti questi ultimi devono essere adeguatamente
rappresentativi degli obiettivi strategici dell’azienda.
Si deve tenere conto, peraltro, che la scelta degli indicatori di performance può avere un effetto significativo anche sulla struttura stessa dell’azienda,
dal momento che essi rivestono un ruolo di collegamento tra strategia e
organizzazione.
Se correttamente impostata, pertanto, la BSC può essere utilizzata per:
• «chiarire ed aggiornare la strategia aziendale;
• comunicare la strategia all’intera organizzazione;
• allineare gli obiettivi personali e divisionali alla strategia aziendale;
• stabilire delle relazioni tra gli obiettivi strategici, i target a lungo termine
e i budget annuali;
• identificare ed allineare le iniziative strategiche;
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• condurre verifiche periodiche della performance per migliorare la strategia
e continuare l’attività di apprendimento» (Kaplan, Norton 1996: p. 53).
La BSC è infatti uno strumento che non si limita a misurare e quantificare i
dati relativi alla gestione passata, ma assume un ruolo di guida strategica,
indirizzata alla performance futura, utilizzando anche le informazioni consuntive, ma sempre secondo un orientamento strategico.
In particolare, le strategie devono essere tradotte prima in obiettivi e
successivamente in indicatori. A questi poi vengono associati i target o
parametri-obiettivo, intesi come i risultati ai quali si vuole pervenire: «You
can’t manage what you can’t measure. You can’t measure what you can’t
describe» (Kaplan, Norton, 2004: p. 7).
L’utilizzazione della BSC permette di costruire una sorta di mappa
informativa riguardante diverse variabili, determinanti per l’andamento
dell’azienda, fra di loro bilanciate, tali quindi da consentire di arricchire le
conoscenze ai fini della gestione intesa in senso strategico.
Lo strumento per ricostruire le molteplici relazioni di causa-effetto tra
le diverse determinanti delle prospettive individuate è rappresentato dalla “mappa strategica”, che «abbinata ad una balanced scorecard non
fa che rendere esplicite le ipotesi implicite nella strategia. Ogni misura
della balanced scorecard viene inserita in una catena logica di rapporti
causa-effetto che collega i risultati previsti dalla strategia con i driver che
porteranno ai risultati strategici. La mappa strategica descrive il processo
di trasformazione dei beni immateriali in risultati materiali nella prospettiva
economico-finanziaria e del cliente, e fornisce così all’executive uno schema
utile per descrivere e gestire la strategia nell’economia dell’era dell’informazione» (Kaplan, Norton, 2002: p. 75).
Chiarito cosa sia la BSC e quali possano essere le sue potenzialità di
applicazione, è ora opportuno porsi un quesito: si tratta di uno strumento
adatto alla realtà delle università? E, se sì, le prospettive proposte dai suoi
ideatori possono essere meccanicamente riproposte per questo particolare
contesto o si devono adattare sul piano degli angoli visuali individuati?
Per rispondere a questi quesiti si ritiene opportuno, nel prosieguo, seguire
un duplice percorso:
– analizzare la multidimensionalità della performance d’ateneo e le specificità in cui si trovano ad operare tali tipologie di aziende (§ 3);
– verificare il grado e le modalità di applicazione della BSC negli atenei,
cercando di individuarne esempi pratici, attraverso l’illustrazione di esperienze internazionali di università che l’hanno adottata (§ 4 ).
3. La multidimensionalità della performance d’ateneo. La BSC:
un possibile report per il rettore?
Governare un’azienda in modo strategico presuppone dominare la multidiAzienda Pubblica 4.2007
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mensionalità della sua performance. La sola dimensione economico-finanziaria, come è già stato introdotto, spesso non è adeguata a un contesto
ambientale che tende a essere complesso e a presentare dinamiche sempre
meno prevedibili.
Un approccio economico-finanziario e, ancora di più, uno esclusivamente finanziario, asseconda una tendenza alla miopia manageriale (Bruns,
Merchant, 1989: p. 353 e ss.; Donna, 2000: p. 28), che può privilegiare
gli obiettivi di breve termine rispetto a quelli di lungo periodo.
In sostanza, le tradizionali misurazioni economico-finanziarie presentano
forti limiti (Lynch, Cross, 1992: p. 71) nel rispecchiare le capacità competitive
di un’azienda per due ordini di motivi:
• non offrono una visione d’insieme sullo “stato di salute” complessivo
dell’azienda, principalmente per il fatto che non riescono a valutare il
contributo che le risorse intangibili (come per esempio le competenze professionali, l’efficacia dei processi operativi, la motivazione dei dipendenti,
la fedeltà dei clienti, ecc.) offrono nella creazione di valore all’interno
della struttura aziendale;
• trascurano l’orientamento strategico di lungo termine. Infatti, i parametri
economico-finanziari sono relativi alla gestione passata mentre, per guidare
le dinamiche aziendali, occorre integrare le misure storiche con i driver
(indicatori lead) delle performance future (Goold, Quinn, 1993: p. 38).
Tale orientamento al breve termine risulta quanto mai pericoloso in un contesto, quello accademico, dove l’approccio strategico dovrebbe essere una
caratteristica distintiva del modo d’essere del sistema. Da qui la necessità
di indicare parametri che misurino il grado di realizzazione dei target di
piano, non solo con riferimento al primo anno.
Per queste motivazioni, con riferimento ai sistemi di misurazione delle
performance, si cerca sempre più di affiancare alle tradizionali misure di
carattere economico-finanziario, anche indicatori-parametri qualitativi e
quantitativi, finalizzati appunto a cogliere la performance nella molteplicità
dei suoi aspetti anche in senso predittivo e sintomatico (Newman, 1985).
In altre parole, per multidimensionalità si può intendere «un processo di
programmazione e controllo che, a ogni livello organizzativo e logico, sia
strutturato in modo da perseguire simultaneamente sia l’efficacia e la qualità, le quali richiedono la definizione di indicatori specifici non misurabili
attraverso gli ordinari strumenti contabili, sia l’efficienza e la produttività,
per le quali le metodologie utilizzate sono mutuabili da quelle applicate
alle aziende for profit» (Santi, 2002: p. 44).
Essendo «le università (…) equiparabili ad aziende multi-prodotto che
operano in campi di attività diversificati ed integrati il cui comune denominatore è la gestione di conoscenza» (Paletta, 2004: p. 254), gli strumenti
di misurazione economico-finanziaria, ancorati a convenzioni contabili di
breve termine, rischiano di dare una visione incompleta e fuorviante.
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Il motivo di tale inadeguatezza risiede anche nell’incapacità di cogliere le risorse intangibili che vengono utilizzate e di misurare l’efficacia
dell’operato strategico. Il prestigio scientifico del corpo docente, la fiducia
e il gradimento da parte degli studenti dell’offerta didattica proposta, il
riconoscimento da parte delle imprese della qualità formativa erogata dall’università – con ciò che ne consegue in termini di facilità di ingresso dei
neolaureati nel mondo del lavoro – sono tutti esempi di elementi distintivi di
un ateneo, che richiedono investimenti e impegno per la loro maturazione,
producendo benefici solo nel lungo termine, ma sono comunque gli unici
veri “capitali” essenziali in un’azienda il cui “core business” è la creazione
e il trasferimento della conoscenza.
Sicuramente, la non (o scarsa) considerazione, e quindi la non misurazione, di questi aspetti intangibili è indubbiamente un limite nel contesto
universitario, molto di più che in quello delle aziende private. «Molte aziende
e amministrazioni pubbliche non conoscono la disponibilità di risorse di
tipo intangibile, come la proprietà e il capitale intellettuale. (…) I diritti sulla
proprietà intellettuale sono considerati, a livello internazionale, tra i più
importanti, che richiedono protezione legale» (Vagnoni, 2004: p. 15).
Ne deriva, appunto, l’esigenza di individuare un sistema di reporting
che rappresenti anche le risorse immateriali, consentendo così di disporre
di una base informativa, in materia di creazione della conoscenza, tale da
assegnare ad essa il giusto rilievo strategico.
Con riferimento a questo ultimo aspetto, è particolarmente significativo
che nel corso del 2002 il Ministro dell’educazione e della scienza austriaco
abbia imposto (IC Reporting according to the University Act, UG 2002; Leitner, 2004: pp. 129-140) alle università la redazione, a partire dal 2006,
di un report del capitale intellettuale, che rappresenti e che sia in grado di
comunicare anche agli stakeholder esterni le attività universitarie (lo sviluppo
della ricerca, dell’insegnamento, dell’innovazione, quindi l’impiego del capitale intellettuale). In tal senso possono essere anche evidenziati gli obiettivi
sociali e la strategia di fondo delle università. In questa rilevazione il capitale
intellettuale è stato suddiviso in umano, relazionale e strutturale, seguendo
una delle articolazioni dell’analisi del capitale intellettuale suggerita dalla
letteratura (Petty, Guthrie, 2000: pp. 155-176).
L’implementazione della BSC in un’università ha pertanto un ulteriore
elemento di utilità, ossia il fatto che, non concentrandosi sulle tradizionali
misurazioni economico-finanziarie, permette di catturare aspetti multidimensionali della misurazione, quali il capitale relazionale ed intellettuale, la
capacità di produrre e trasmettere conoscenza, ecc., che nelle università,
aziende di servizi knowledge intensive, assumono a maggior ragione una
importanza fondamentale.
L’applicabilità dello strumento della BSC al contesto universitario è testimoniata dall’elevato numero di atenei che nel mondo la adottano (cfr. §
4) e più in generale dal tentativo di dar spazio a misurazioni non economico-finanziarie: ci si riferisce ad esempio al fatto che recentemente alcuni
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atenei italiani, come l’Università degli studi di Firenze, di Bari (Romanazzi,
Carrassi, Perugine, 2006) e di Venezia (Parolin, Marigonda, 2006), hanno
sviluppato progetti di rendicontazione sociale.
Il rettore, con ogni probabilità, può trarre scarsa utilità dall’utilizzare
come strumento di governo il bilancio d’ateneo o i report predisposti per
i centri di responsabilità, in quanto necessita di uno schema coerente con
la propria linea programmatica, capace di esprimere una visione globale,
ma sintetica, del grado di realizzazione della strategia. Infatti, la critica
principale sviluppata verso gli strumenti economico-finanziari risiede proprio
nell’impossibilità di spiegare e di dare sufficienti informazioni esclusivamente
tramite dati economico-finanziari. Da qui deriva l’esigenza di considerare,
parallelamente a questi, ulteriori informazioni, in grado di integrare i dati
economico-finanziari con altri, di natura qualitativa, capaci di considerare e
di spiegare lo sviluppo del capitale intellettuale, così come lo sviluppo delle
strategie all’interno dell’università. Al rettore serve dunque uno strumento
direzionale che gli consenta di:
• riflettere e successivamente esplicitare le proprie scelte di indirizzo strategico;
• diffondere e far condividere tali obiettivi strategici all’intera struttura accademica;
• tradurre la strategia in azioni operative da mettere in atto;
• verificare il rispetto delle priorità stabilite in sede di definizione delle
linee programmatiche ed enunciate all’interno della relazione illustrativa
al bilancio preventivo;
• spiegare l’utilizzo e lo sviluppo del capitale intellettuale.
In sostanza, il rettore e in generale gli organi di governo istituzionale (senato
accademico e consiglio di amministrazione, ma anche i presidi di facoltà
e i direttori di dipartimento) necessitano di monitorare il grado di realizzazione degli obiettivi istituzionali ritenuti prioritari, disponendo al contempo
di una visione d’insieme, sintetica, di immediata lettura circa l’andamento
globale dell’ateneo e il suo posizionamento strategico all’interno del contesto
accademico, sempre più competitivo.
Ne deriva quindi la scelta di un sistema di reporting capace di offrire
un set di indicatori limitati nel numero (selettività massima), personalizzati
in base alle strategie dell’ateneo, collegati da una logica sistemica e sostanzialmente in grado di esprimere aspetti qualitativi.
La logica che presiede alla BSC d’altra parte è particolarmente adatta
alla pubblica amministrazione e dunque alle università statali, in conseguenza dell’assenza di condizioni di mercato nell’erogazione dei servizi
offerti. Da ciò discende che, rispetto alle imprese, i risultati economico-finanziari hanno un minore significato sotto il profilo della loro capacità di
dare dimostrazione delle finalità aziendali, come si evince dall’analisi della
letteratura sia internazionale che nazionale (Farneti, 2006; Greatbanks,
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Tapp, 2007; Johanson et al., 2006; Kaplan, 2000; Kaplan, 1999a; Kaplan,
1999b; Mazzara, 2003: pp. 340-352; Moresi, Tedesco, 2005; Mouritsen
et al., 2005: 9; Niven, 2003: pp. 27-30; Pozzoli, 2001: pp. 216-227;
Whittaker, 2000).
4. Il modello della BSC applicato alle università: le esperienze
internazionali
Nell’ambito del contesto internazionale la BSC è utilizzata da un elevato
numero di università, proprio per la sua virtù di essere uno strumento capace
di rappresentare la strategia in termini quantitativi e qualitativi; tra queste
esperienze si distinguono quelle relative all’Università di Edimburgo (2), San
Diego (3), Bond University (4), ecc.
Per quanto riguarda l’Università di Edimburgo, le prospettive della
BSC utilizzate sono state quelle degli stakeholder, dei processi interni,
dello sviluppo organizzativo e finanziario. Per ciascuna prospettiva sono
stati identificati i relativi obiettivi strategici e indicatori, ottenendone circa
30. Inoltre, altre università inglesi hanno adottato tale struttura, e questo
rappresenta uno degli aspetti più interessanti, permettendo in tal senso un
raffronto tra di loro.
La BSC è stata utilizzata dall’Università di San Diego per migliorare l’intera attività (Bailey et al., 1999: 166) e per dare al decano dell’università
un quadro generale. Anche in questo caso sono state rispettate le tradizionali quattro prospettive: quella dei clienti (articolati in studenti, personale
universitario, la facoltà, i vecchi studenti e i genitori degli studenti), quella
dei processi interni che si concentra su come le attività universitarie sono
sviluppate nell’ottenere il soddisfacimento dei clienti, quella dell’innovazione
che fa anch’essa riferimento all’abilità di migliorare il soddisfacimento dei
clienti, ed infine quella finanziaria che si riferisce alle varie fonti di finanziamento e all’investimento del capitale intellettuale.
L’ultimo caso analizzato, la “Bond University”, individua, per ognuna
delle quattro prospettive scelte, obiettivi, misure e target; ad esempio, con
riferimento alla prospettiva della clientela, un obiettivo è migliorarne la soddisfazione, una possibile modalità di misurazione è effettuare delle indagini
di customer satisfaction, attraverso box per suggerimenti o effettuazione di
focus group. Il target da raggiungere è stato rilevato in “monitoraggio e
miglioramento”.
Per la prospettiva dei processi interni, uno degli obiettivi invece è “il
miglioramento del prodotto e lo sviluppo del servizio”, una misura è il numero di nuovi prodotti, pubblicazioni e servizi e il target da raggiungere è
l’aumento di tale numero.
2 Cfr. www.planning.ed.ac.uk/BSC.htm.
3 Cfr. www-vcba.ucsd.edu/performance/2005.
4 Cfr. www.bond.edu.au/quality/scorcard.htm.
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Per la prospettiva dell’innovazione e dell’apprendimento, un obiettivo è
motivare e creare uno staff amministrativo altamente qualificato, una misura
è la percentuale di budget investita in spese per la formazione e il target è
aumentare tale rapporto.
Per la prospettiva finanziaria, uno degli obiettivi invece è massimizzare le
entrate che non abbiano la natura di finanziamento statale, una misura è la
percentuale di composizione delle entrate e anche qui il target è aumentare
tale tipologia di entrate.
Alcuni tratti che accomunano questi tre esempi di BSC sono:
– le prospettive scelte sono quelle originarie di Norton e Kaplan, l’adattamento al contesto universitario avviene con riferimento agli obiettivi specifici.
Questo se da una parte semplifica la realizzazione del modello, dall’altra
ne riduce la significatività derivante dall’adattamento al particolare contesto;
– tale scelta è probabilmente dovuta al fatto che, sulla scia di quanto tende ormai ad avvenire nel privato, la BSC viene resa pubblica e quindi
utilizzata anche ai fini di una informativa esterna. In questa ottica anche
una parziale modifica delle prospettive la renderebbe forse di più difficile
comprensione per i terzi;
– la prospettiva che cambia ottica in modo radicale è quella finanziaria.
Infatti, trattandosi di un settore pubblico non si sottolineano mai gli aspetti
di performance economica quanto piuttosto quelli di razionale utilizzo delle
risorse. Sul piano delle entrate l’attenzione viene posta sulle modalità di
reperimento delle fonti finanziarie non statali, ad esempio, il fund raising.
Il fatto di essere quanto più possibile indipendenti finanziariamente da
enti sovraordinati sembra essere un obiettivo strategico assai più rilevante
di quanto non lo sia in Italia.
In sintesi, in tutti i casi esaminati, si è mantenuta la struttura della BSC delineata da Kaplan e Norton, basata sulle tradizionali quattro prospettive,
andando poi a modificare direttamente gli obiettivi contenuti all’interno della
BSC stessa. Questo approccio, se da una parte permette una maggiore
intelligibilità della BSC, non discostandosi da quella individuata dai suoi
ideatori e permettendo inoltre una potenziale comparabilità tra le diverse
università, d’altra parte non permette di evidenziare e cogliere le peculiarità
di tali tipologie di aziende.
Infatti, i principali interlocutori di tali strutture possono certamente essere
individuati come customer ma, all’interno di questa macro-categoria, si
potranno individuare due principali interlocutori e due specifiche attività:
queste ultime sono rappresentate dalla ricerca e dalla didattica. La prima
riguarda l’attività posta in essere dal personale docente (scholar) all’interno
dell’università nei confronti della comunità, mentre la seconda riguarda
l’offerta formativa offerta agli studenti.
Un’ulteriore modifica che si ritiene opportuna è quella di considerare la
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prospettiva financial, non come prima prospettiva, ma come seconda, in
quanto il fine delle università non è certamente come nelle imprese quello di
ottenere un risultato economico positivo, ma quello di offrire le due principali
tipologie di servizi evidenziati, tramite un razionale utilizzo delle risorse.
L’aspetto economico-finanziario inoltre, fin dalla legge finanziaria del 1994,
è sempre più legato alle performance realizzate dall’università, quindi il
monitoraggio dei risultati raggiunti esprime un aspetto fondamentale, al fine
di poter ottenere maggiori risorse rispetto ad altri atenei.
Alla luce di queste principali modifiche, il paragrafo successivo propone
una impostazione della BSC per il contesto universitario italiano, cercando di
comprendere se la BSC possa essere utilizzabile come sistema di reporting
per il contesto universitario italiano, in modo da considerare sia le strategie
che il capitale intellettuale; inoltre la BSC può risultare essere anche uno
strumento di comunicazione esterna. Il prossimo paragrafo analizzerà inoltre se siano necessarie modifiche a tale strumento, per adattarlo a queste
specifiche tipologie di aziende.
5. Un possibile modello di BSC per un ateneo italiano
Seguendo lo schema della BSC sviluppato da Kaplan e Norton (1992),
è necessario individuare la mission e la vision della specifica università
dalla quale sviluppare i relativi temi strategici, da articolare nelle quattro
prospettive.
In linea generale si può affermare che la missione di un’università sia
quella di realizzare un’offerta formativa adeguata alla domanda degli studenti e contribuire allo sviluppo della conoscenza sia in termini di ricerca,
che grazie all’applicazione di questa ultima. Pertanto la generazione e la
trasmissione della conoscenza sono aspetti da monitorare.
Vi è però da rilevare che per una impresa l’esplicitazione della missione
costituisce la prima fase del processo di costruzione del modello, ed è di per
sé un momento chiave dell’implementazione della BSC. Nelle amministrazioni pubbliche, al contrario, la missione è un aspetto che, almeno parzialmente, non si pone, in quanto trova già una risposta nelle fonti normative
e, nel caso dell’università, nella Costituzione stessa (Cost., art. 33). Infatti,
analizzando le varie mission enunciate negli statuti degli atenei italiani, si
nota come siano tutte fortemente caratterizzate da tratti comuni.
Fermi restando la specifica missione, visione e temi strategici che ciascuna
università adotta, la struttura tradizionale della BSC può essere parzialmente
modificata, in modo da andare a rilevare/evidenziare i soggetti ai quali
principalmente si rivolge, individuati in due gruppi principali: studenti e
comunità. In particolare il primo gruppo è rappresentato unicamente da
quei soggetti ai quali è rivolta l’offerta didattica. Il secondo gruppo raccoglie invece tutti quei soggetti verso i quali l’azione di ricerca, sviluppata
nell’ambito dell’università, andrà a riflettersi.
In tal senso, la prospettiva customer, originale della BSC, viene sostituita
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da quella sdoppiata in studenti e comunità. Le altre tre prospettive rimangono
invece invariate, come mostra la figura 1.
La struttura della BSC per l’università tende a evidenziare, tra i principali
interlocutori, l’insieme degli studenti (in termini di offerta formativa) e la comunità come utente finale dell’attività posta in essere dal corpo docente.
A queste principali categorie (studenti e comunità) se ne potranno poi
aggiungere altre, come la comunità che riceve nuovi laureati da impiegare
nel mondo del lavoro e che quindi ha particolari necessità (dipende dal
territorio di riferimento), i genitori degli studenti, i quali contribuiscono alla
scelta della facoltà dei figli in base all’immagine offerta da quel determinato
ateneo, ecc. Questi possono essere considerati utenti, seppure i principali
destinatari di un ateneo sono gli studenti e la comunità. Per questa ragione
si è sdoppiata la prima prospettiva della BSC, al fine di facilitare la comprensione della delineazione delle strategie. In tal senso, si potrebbe iniziare
un’attività sistematica di reporting e di benchmarking con altri atenei.
Figura 1 – La BSC per l’università
Nell’ambito dell’articolazione delle cinque prospettive, si è inoltre provato
a delineare indicatori particolarmente rilevanti. Questi possono costituire
una traccia per quelle università che vorranno applicare la BSC. Certamente
questi indicatori non sono esaustivi. Infatti dipendono sia dalle specifiche
strategie dell’università alla quale saranno applicati che dalle caratteristiche
della stessa struttura universitaria. L’obiettivo della ricerca, in tal senso, è
limitato a delineare una possibile struttura di BSC per un ateneo, individuando al suo interno indicatori che potrebbero costituirne la base dalla quale
poi svilupparne altri specifici (Bailey et al., 1999; Karathano D., Karathano
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BSC e performance d’ateneo
P., 2005; O’Neil et al., 1999). La fase successiva della ricerca è quella di
realizzare una sperimentazione con atenei che si prestino volontariamente a
tale analisi. In questo senso sarebbe auspicabile delineare almeno due casi
in modo da poter poi sviluppare non solo uno strumento di pianificazione e
controllo-reporting, ma anche di benchmarking. Affinché la sperimentazione
sia funzionale a tali finalità, si dovrebbe sviluppare una seria attività di
rilevazione e di utilizzo dei dati.
Tra gli elementi da considerare, in questa prospettiva della BSC, vi
possono essere l’impegno e il valore che devono guidare i docenti, sia
singolarmente, che all’interno di network, come elementi strategici capaci
di contribuire, tramite le future ricerche, alla comunità. Considerando inoltre
che, in futuro, l’università sarà sempre più market driver, cercando fondi
in misura crescente dal settore privato, profit e non profit, e d’altra parte
con un più attento monitoraggio dei costi, diventerà sempre più necessario
operare in termini accountable, offrendo cioè la possibilità di avere report
di natura anche qualitativa, capaci di spiegare e di dare informazioni
sull’attività di ricerca sviluppata.
La competitività delle università si esprime anche in termini di maggiori
fondi che si riescono ad ottenere e che, fin dal 1994, risultano sempre di
più collegati alle performance realizzate dagli atenei. Quindi appare sempre più opportuno rilevare la misurazione delle performance della ricerca
di un’università anche in termini di numero di paper pubblicati nelle più
importanti riviste internazionali, oppure in termini di borse o sovvenzioni/
fondi ottenuti per sviluppare le ricerche e progetti, di carattere sia nazionale
che internazionale (come sarà indicato anche dalle successive schede di
obiettivi-indicatori-iniziative).
La prospettiva economico-finanziaria assume, anche all’interno delle
università, un ruolo fondamentale, in quanto le risorse costituiscono il volano
per poter attuare la ricerca e la didattica. Le conoscenze fondamentali da
considerare in tale dimensione sono da ricercarsi nel sistema informativo
contabile. Particolarmente importante risultano anche le nuove tecniche di
ottenimento di risorse finanziarie da soggetti privati e non profit.
Per quanto riguarda la prospettiva dei processi interni, questa si riferisce
alla capacità del personale (tecnico-amministrativo-docente) di coordinarsi e
di collaborare, al fine di operare in termini efficienti ed efficaci, utilizzando
le risorse economicamente a disposizione.
Infine, la prospettiva apprendimento e crescita concerne il miglioramento
sia dell’attività della didattica che quello della ricerca.
Il paragrafo successivo approfondisce gli indicatori che si possono
individuare nella strutturazione delle schede di BSC.
6. Gli indicatori della BSC per un ateneo italiano
Tra gli aspetti più rilevanti della strutturazione del modello di BSC per gli
atenei, si rileva l’individuazione degli indicatori che contribuiscono a espliAzienda Pubblica 4.2007
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citare/costituire le prospettive ora delineate, con riferimento all’università.
Per ciascuna prospettiva occorre indicare sub-obiettivi, misure, target
e iniziative. Tuttavia, mentre rispetto a sub-obiettivi, misure e iniziative, è
coerente specificare tali indicazioni, anche se in assenza di uno specifico
ateneo a cui applicare in concreto tale strumento, per quanto concerne la
sezione Target, il ragionamento di fondo è differente.
Infatti, se si considera, ad esempio, il primo sub-obiettivo proposto
nella prospettiva studenti, ossia Minimizzare i tassi di abbandono dovuti a
disinformazione o scarsa assistenza durante il percorso formativo, appare
condivisibile l’idea che tutti gli atenei perseguano tale obiettivo.
La misura che indica tale variazione può a buon diritto essere considerata
n. immatricolati/n. laureati e le iniziative consigliate (come ad esempio:
– attivare o potenziare la rete di diffusione dell’offerta didattica, – attivare
o potenziare servizi di tutoring, – assicurare un rapido accesso alle strutture
informative e didattiche; – aumentare le informazioni grazie ai supporti
informatici [web ed email] che coinvolgano gli studenti) possono essere
a ragion veduta attivate per raggiungere un determinato livello obiettivo
(target). Tuttavia tale livello difficilmente può essere fissato in questa sede di
meta-elaborazione, in quanto ciascun ateneo partirà da un proprio livello
iniziale e definirà un proprio target di riferimento rispetto ad esso, in coerenza con le iniziative più adeguate allo scopo.
Per tale ragione in questa sede si è preferito lasciare la colonna relativa
al target priva di indicazioni specifiche, indicazioni che apparirebbero
invece essenziali se ci si trovasse ad operare nella costruzione di una BSC
operativamente calata in uno specifico ateneo italiano.
Nelle cinque figure seguenti sono sviluppate le quattro prospettive:
Studenti (1a) e Comunità (1b), Economico-finanziaria (2), Processi interni
aziendali (3) e Apprendimento e crescita (4).
Con riferimento alla prospettiva Economico-finanziaria (2), occorre
valutare l’apporto che la contabilità economico-patrimoniale può dare
nella costruzione di indicatori efficaci. Infatti l’ordinamento contabile delle
università statali a livello obbligatorio è costituito dalla sola contabilità
finanziaria (cfr. § 1); anche se a tali università è lasciata piena autonomia
circa il sistema contabile ed i modelli di bilancio da adottare.
Il passaggio ad una contabilità economico-patrimoniale obbligatoria,
e ancor più l’introduzione di una contabilità economica di tipo analitico,
comporterebbe l’acquisizione di vantaggi competitivi, in futuro sempre più
subordinati alla disponibilità di informazioni a supporto delle attività di
programmazione-controllo.
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Figura 2 – La prospettiva “Studenti” (1a)
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Figura 3 – La prospettiva “Comunità” (1b)
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Figura 4 – La prospettiva “Economico-finanziaria” (2)
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Figura 5 – La prospettiva “Processi interni aziendali” (3)
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Figura 6 – La prospettiva “Apprendimento e crescita” (4)
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7. Conclusioni
Data la multidimensionalità delle performance d’ateneo, nel presente lavoro, si
propone l’utilizzo della BSC come strumento di reporting per il rettore, per gli
organi accademici, ma anche per altri stakeholder. In tal senso si è elaborato
un primo modello di BSC che possa essere utilizzato, seppure con i necessari
adattamenti alle esigenze dei singoli atenei, come guida nell’attività di governo
di una università del nostro Paese. La BSC per le università, così come proposta
nel modello qui presentato, è uno strumento che può permettere:
• di offrire una visione strategica per sistematizzare le informazioni che il
rettore e gli organi accademici dovranno utilizzare, costituendo sia una
guida che un sistema di reporting strategico;
• di comunicare all’esterno gli obiettivi strategici raggiunti a fronte di una
maggiore competizione tra le università;
• di fornire uno strumento che, se utilizzato da più atenei, possa permettere
un’analisi di benchmarking.
Il passo successivo della ricerca è rappresentato dall’applicazione del metamodello proposto ad almeno due atenei italiani. Tale sviluppo richiederà il
coinvolgimento delle università, per un lasso di tempo piuttosto lungo; infatti
per una corretta applicazione del modello di BSC occorrerà iniziare con la
delineazione della mission, fino alla definizione dei target e degli indicatori, il
tutto per un periodo non inferiore ai 12 mesi nella fase di pianificazione, ovvero
dal momento in cui si decide di realizzarlo. La fase successiva sarà rappresentata quindi dalla verifica, data dall’evidenza, di come lo strumento della BSC
possa veramente essere uno strumento di pianificazione strategica, un sistema
di reporting strategico, uno strumento di comunicazione esterno per soddisfare
la richiesta di accountability e, infine, funzionale al miglioramento dei servizi
offerti dall’ateneo, secondo un circuito evidenziato nella figura 7.
Figura 7 – La BSC in un ateneo
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