chiesa cardine della pace
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PULITZERCENTER Sud Sudan / Cristiani in prima fila CHIESA CARDINE DELLA PACE Per uscire dal conflitto che dura da tre anni, la Chiesa cattolica, in accordo con le principali denominazioni cristiane, sta mettendo in atto un piano incentrato su dialogo, riconciliazione e sostegno di iniziative sociali. I leader religiosi godono della fiducia della popolazione. di JOHN ASHWORTH, l’articolo è tratto dal settimanale The Tablet (14-1-2017). L’autore ha lavorato al servizio della Chiesa in Sudan e Sud Sudan per 34 anni. 64 59-77 MARZO 2017-OK.indd 64 22/02/17 12:56 LACROIX J Pur in una situazione difficile, la Chiesa riesce a garantire il funzionamento di numerose scuole. A sinistra: Jalle (Sud Sudan). Le donne cattoliche promuovono la riconciliazione delle comunità. WORDPRESS uba, capitale del Sud Sudan. Metà dei negozi sono chiusi. L’inflazione è alle stelle. L’economia è al collasso. Calma apparente in città, ma la tensione è tangibile. La gente ha fame. Molti sono fuggiti nella foresta. Molti altri hanno attraversato il confine verso i paesi vicini. O se ne stanno rintanati in campi per sfollati sotto l’insicura protezione delle forze di pace delle Nazioni Unite. Il ricordo della violenza di pochi mesi prima è ancora fresco nella mente di tutti. Fuori della capitale, le strade sono insicure. In molte parti del paese continuano gli scontri armati tra le forze governative e quelle ribelli. “Gente armata non meglio precisata” è diventato l’eufemismo per “soldati armati”, spesso in uniforme, sempre al di sopra della legge e pronti a uccidere, stuprare, saccheggiare e razziare nella più odiosa impunità. Poco prima di Natale, il presidente Salva Kiir Mayardit aveva annunciato l’inizio di un dialogo nazionale, ma già durante il mese di gennaio è parsa evidente l’ambiguità e la scarsa inclusività dell’iniziativa. Così, molti gruppi dell’opposizione l’hanno rigettata. Non c’è stata, nella cattedrale di Juba, la tradizionale messa solenne di mezzanotte della notte santa di Natale. L’arcivescovo, il comboniano Paulino Loro Lukudu, tuttavia, ha lanciato un forte appello all’autocontrollo e a evitare uccisioni, furti e razzie, in un momento in cui la popolazione stava facendo del suo meglio per celebrare la ricorrenza. Nel dicembre 2013, a due anni e mezzo dalle grandi celebrazioni per l’indipendenza, ottenuta al termine di una guerra di liberazione da Khartoum durata 50 anni, la violenza è tornata padrona in Sud Sudan. Iniziata come una mera lotta di potere tra due dei leader politici del nuovo stato – il presidente Kiir e il suo vice Rieck Machar – e tra le loro rispettive fazioni, è degenerata rapidamente in una vera e propria guerra, abbrutita dalla contrapposizione etnica, specie tra denka e nuer. Stupri sistematici diventano l’arma di routine, come in ogni guerra del resto, da usare contro l’etnia nemica. Il nuovo conflitto è alimentato da un pesante bagaglio di ferite del passato, di risentimenti e pregiudizi. Decenni trascorsi in un clima di guerra hanno lasciato un triste retaggio di traumi, corruzione, tribali- smo, nepotismo, autoritarismo e militarismo. Sono state dimenticate questioni fondamentali: la riconciliazione, la creazione di una Costituzione sentita come propria dalla gente, lo sviluppo di una identità nazionale, lo stato di diritto, la transizione da un movimento armato di liberazione a una democrazia multipartitica, l’integrazione dei vari gruppi armati in un esercito nazionale, lo sviluppo dei più elementari servizi sociali (sanità ed educazione, in primis). In Sud Sudan, né il governo né i ribelli sono entità ben definite. Entrambi costituiscono un guazzabuglio di fazioni diverse, di milizie rivali, di etnie, clan e lobby i cui leader – spesso più di nome che di fatto – trascorrono il tempo a cercare impossibili compromessi nel tentativo di bilanciare opportunismi e Dall’ottobre scorso è in funzione a Kit, diocesi di Juba, il Centro della pace del Buon Pastore, un nuovo centro di formazione umana, spirituale e pastorale, con un’attenzione particolare alla cura dei traumi provocati dalla guerra. Nigrizia marzo 2017 65 59-77 MARZO 2017-OK.indd 65 22/02/17 12:56