Schindler`s list

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Schindler`s list
Schindler’s list - Il Film
Raffaello Castellano (74)
Una bambina con un cappotto rosso cammina
insieme ad una folla confusa che pare procedere in
tutte le direzioni, udiamo sirene,qualche colpo di
fucile, parole urlate che gracchiano attraverso
megafoni, una musica di pianoforte in sottofondo.
Ad osservare la scena da un’altura là vicino c’è un distinto signore a cavallo, sulla quarantina,
accompagnato da una bella signora. Si tratta del protagonista del film, l’imprenditore tedesco Oskar
Schindler (l’attore Liam Neeson).
Ma c’è qualcosa che non va in questa scena: perché l’attenzione è calamitata da questa bambina con
il cappotto rosso?
In fondo c’è tutta una moltitudine di persone che scappa in tutte le direzioni, perché la bambina con
il cappotto rosso attrae la nostra attenzione?
La scena che vediamo è quella del rastrellamento del ghetto degli ebrei a Cracovia, una città
polacca, nel 1939; la scena e tutto il film sono in bianco e nero, non un bianco e nero qualunque, ma
quello dei documentari d’epoca. Ecco cosa non va! La bambina è l’unico soggetto che vediamo a
colori!
In questo elemento c’è forse un anticipo del messaggio profondo del film Schindler’s list di Steven
Spielberg: la speranza, ossia la bambina vestita di rosso, si staglia come un’alba radiosa contro uno
sfondo in bianco e nero che ricorda le tenebre e la notte più buia della nostra storia di esseri umani.
Spielberg con questo film del 1993 confeziona l’opera cinematografica perfetta, ci presenta una
storia vera perfettamente sceneggiata da Steven Zaillian (Premio Oscar 1994 per la Miglior
Sceneggiatura non originale).
Ci consegna una fotografia in bianco e nero sublime, che vede chiari riferimenti, come si è detto, ai
documentari d’epoca per le scene corali e all’aperto ed un bianco e nero estremamente
espressionista, con ombre allungate per le scene d’interno (Premio Oscar 1994 per la Migliore
fotografia a Janusz Kaminski).
E la musica, poi, incredibile (è l’unico termine che viene in mente): una musica struggente,
melodiosa, maestosa, così compiuta che diverrà una delle musiche più utilizzate per i documentari
sulla shoah. L’autore è John Williams, che per la colonna sonora di questo film farà incetta di premi:
un Oscar, un BAFTA e un BMI Film Music Award, oltre ad un Grammy Award per la migliore
composizione strumentale per musica per film.
Ma fino a qui abbiamo parlato di tecnica cinematografica, ora parliamo della trama. Il film narra la
storia vera di Oskar Schindler, imprenditore iscritto al partito nazista, che nelle prime scene del film
vediamo costruirsi una solida base di relazioni, attraverso regali e bustarelle, con i vertici delle SS
che occupano il territorio. Il suo scopo è quello di approfittare dell’enorme afflusso di ebrei per
raccattare manodopera da utilizzare in una fabbrica di pentole e tegami che lui vuole impiantare
proprio lì.
Con l’aiuto di un contabile ebreo, Itzhak Stern (interpretato daBen Kingsley), che diverrà il suo
braccio destro, e grazie alle pratiche burocratiche “semplificate” dai suoi contatti nelle SS, la
Deutsche Emaillewarenfabrik (DEF) viene inaugurata in tempo di record. Una fabbrica dove
quotidianamente lavoreranno più di mille ebrei sottratti ai campi di sterminio. Fra i lavoratori della
fabbrica ci sono molti artisti ed intellettuali ebrei che il contabile Itzhak Stern ha salvato da morte
certa. L’azienda va a gonfie vele, Schindler, guadagna somme ingenti e la vita dei suoi operai ebrei è
salva, ma ad un certo punto la situazione si complica quando giunge in città l’untersturmführer
(sottotenente) Amon Göth.
Sadico e psicopatico, l’ufficiale delle SS ha avuto
l’incarico di costruire un nuovo campo di
concentramento, quello di Kraków-Plaszów, nel
quadro dell’Operazione Reinhard, e di “eliminare”
l’eccedenza di persone presenti nel ghetto di
Cracovia. Amon Göth ha modi bruschi e spicci e
comincia ad effettuare esecuzioni sommarie pure fra
gli operai di Schindler, che assiste impotente al
massacro che si svolge sotto i suoi occhi, ma anche
all’arresto della sua attività, non potendo più utilizzare la manodopera che gli era stata concessa fino
a quel momento.
A questo punto l’idea imprenditoriale del nostro beniamino è quella di trasformare la sua attività per
tornare non solo a produrre, ma pure a salvare dalle mani del sadico comandante Göth i suoi operai,
ai quali si è sinceramente affezionato. La sua fabbrica di pentole e tegami diventa da civile a
militare, cominciando a produrre armamenti quali munizioni e granate, armi quanto mai utili, visto il
portarsi della guerra su vari fronti.
Qui assistiamo alla definitiva conversione dell’imprenditore tedesco Oskar Schindler, che si prodiga
anima e copro per poter salvare non solo i suoi operai ma pure i figli degli stessi dalle deportazioni
di massa che il precipitare della guerra e della Germania stessa stanno incrementando ed
accelerando (saranno circa 1.100 gli ebrei salvati dallo sterminio).
L’adesione di Schindler al partito nazista era stata solo di convenienza: un imprenditore deve sapere
che aria tira e, se possibile, anticipare gli eventi piuttosto che subirli, ma la presa di coscienza
avviene proprio dalla contrapposizione di Schindler con il comandante Göth. Siamo agli antipodi,
due personaggi diversissimi che nei numerosi dialoghi del film mettono in scena non due maschere
ma due archetipi di bene e male.
Amon Göth è fanatico, facile all’ira, assassino, apatico e totalmente insensibile ed incapace di
empatia, una vera e propria “figurina” del Male.
Oskar Schindler, dal canto suo, è tormentato fin dall’inizio dalle atrocità a cui assiste, e sì un
risoluto, scaltro e cinico imprenditore, ma è soprattutto un uomo che attraverso le barbarie della
guerra e della shoah riscopre la sua appartenenza, la sua solidarietà e il suo amore per gli altri
esseri umani, a qualunque etnia, razza o categoria sociale e politica appartengano.
Schindler, a pensarci, non è affatto la “figurina” del Bene: no, egli è quanto di più simile ci sia,
direbbe William Shakespeare, ad un autentico essere umano, con tutte le sue miserie ma pure i suoi
slanci e la sua grandezza. Il monologo con cui si rivolge, alla fine del film, ai suoi operai assomiglia
davvero a quelli dei protagonisti shakespeariani, ed è il vero punto nevralgico della pellicola.
I russi sono alle porte, egli deve scappare e i suoi operai gli consegnano una lettera da esibire nel
caso venisse catturato ed un anello realizzato con dell’oro trafugato, su cui è incisa una citazione del
Talmud, “Chi salva una vita salva il mondo intero”. Il suo discorso di commiato è uno dei più
commoventi di tutta la storia del cinema.
Cosa altro dire senza svelarvi altro di questo film che dovete assolutamente vedere? Poco o nulla, se
non qualche nota sulla produzione di questo capolavoro, che nel 1994 vinse ben 7 Premi Oscar, tra
cui i due maggiori, quello alla regia e quello per il miglior film.
Si dice che Steven Spielberg dovesse solo essere il produttore del film. Alla regia dovevano esserci o
Martin Scorsese, o Billy Wilder, o Roman Polanski che però, per motivi diversi, declinarono l’offerta.
Il ruolo di Oskar Schindler, magistralmente interpretato da Liam Neeson, doveva essere
interpretato da Stellan Skarsgård, ma fu proposto pure a Harrison Ford e Bruno Ganz, che
rifiutarono. La parte del comandante Amon Goth doveva essere dell’attore Tim Roth, che rifiutò.
Allora Spielberg scelse l’attore, all’epoca emergente, Ralph Fiennes, che per interpretare il ruolo
ingrassò di tredici chili.
Dopo aver visto il film, Stanley Kubrick, che pure stava lavorando ad un progetto sulla shoah, decise
di lasciar perdere, in quanto riteneva il film del suo amico Spielberg perfetto.
Il film, che dura 3 ore e 25 minuti, ci pone, dall’inizio alla fine, innumerevoli domande sulla storia,
sulla shoah, sulla guerra, sul bene, sul male, sul nostro destino di uomini, domande alle quali
dovremmo, come ha fatto Oskar Schindler , rispondere affinché il mondo non abbia mai più bisogno
di eroi.