Il «figlio

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Il «figlio
memoria
Il «figlio»
di Schindler
Marco Giorgetti
U
n distinto signore sulla sessantina ci accoglie nello studio della sua casa editrice.
Ha un volto simpatico con un sorriso
affabile e con molta cordialità ci fa
accomodare. Sulla scrivania una serie
di fotografie, alcune in bianco e nero.
In una di queste spicca la dolcezza e la
tenerezza di una bambina, con gli occhi chiari, i capelli biondi e un sorriso
bellissimo. Mentre la guardiamo, ci
dice: «Si chiamava Sissel, a otto anni
le hanno fatto varcare la soglia di una
camera a gas: era la mia sorellina».
Il sorriso cordiale di Daniel Vogelmann, figlio dell’unico ebreo italiano
della «Schindler’s List» si dissolve in
un attimo e il suo sguardo fattosi serio ci prende mentalmente per mano
per condurci a ritroso nel tempo, in
anni e luoghi che facciamo fatica a
immaginare.
Un solo ebreo italiano si salvò dall’Olocausto grazie
alla famosa lista dell’imprenditore tedesco
Oskar Schindler. In occasione della Giornata
della memoria del 27 gennaio, che celebra le
vittime dello sterminio nazista, il figlio, editore
fiorentino, ricorda la tragedia vissuta dal padre
Come è emersa l’appartenenza di suo
padre Schulim alla lista di Oskar
Schindler?
colpito molto e che mi ha spinto a
Lui non mi ha mai raccontato niente. eseguire ricerche direttamente presso
Dopo l’uscita nel 1993 del famoso e l’archivio dello Yad Vashem a Gerupremiato film (vinse sette Oscar e tre salemme, dove ho avuto la conferma
Golden Globe) di Steven Spielberg, ufficiale di ciò che stavo cercando.
furono prodotti anche alcuni corto- Successivamente anche a Bad Arolsen
metraggi di approfondimento sulla in Assia, dagli archivi contenenti vari
famosa lista. In una scena di uno di dossier segreti sui crimini del Terzo
questi vengono inquadrati in primo Reich, è emersa una lista originale
piano i fogli originali
di Schindler con 1.117
della «Schindler’s List». «Mio padre
nominativi, uno solo è
Un mio conoscente lesse non mi raccontò
italiano. La riga riporta:
il nome di mio padre, mai nulla
«39.Ju.Ital.69L77 VogelSchulim Vogelmann, della lista di
mann Szulim 28.4.O3
e me lo riferì. Come si Schindler.
Buc hd r uc ke r Me i s te r
può immaginare è stata Scoprii che
(maestro
tipografo,
una scoperta che mi ha era su quella
ndr)».
lista solo dopo
l’uscita del
film di Steven
Spielberg»
Suo padre non aveva origini italiane.
Dov’era nato?
Mio padre è nato vicino a Leopoli (al
tempo in Polonia, ora in Ucraina) nel
1903. Poco dopo l’inizio della prima
guerra mondiale si trasferì insieme
alla famiglia a Vienna. In lui era
forte l’ideale di raggiungere la terra
dei padri: la Palestina. Quando compì
15 anni, senza indugiare, decise di
andare in Medio Oriente. Nachum,
mio nonno, non si oppose. Lo accompagnò alla stazione e lo salutò
dicendogli: «Cosa vuoi che ti dica?
Di mangiare con coltello e forchetta?
Sii sempre onesto!». Non si videro
mai più.
gennaio 2012 Popoli 25
memoria
Nella pagina precedente, il lager
di Auschwitz, nel quale furono
deportati Schulim, la moglie e la figlia.
Come viveva a soli 15 anni in Palestina?
Appena arrivato a Gerusalemme andò ad arruolarsi nell’esercito britannico che allora controllava la
Palestina, ma non fu un’esperienza
che lo entusiasmò. Dopo appena tre
anni, trascorsi in quello che diverrà
nel 1948 lo Stato di Israele, si trasferì in Italia. Mio padre era un ebreo
osservante, era stato educato in una
famiglia di ebrei ortodossi e suo
fratello Mordechai era uno stimato
rabbino che fu chiamato a Firenze
a insegnare Talmud nel prestigioso
Collegio rabbinico.
Mordechai chiamò quindi Schulim
nel capoluogo fiorentino e gli procurò un lavoro che gli permettesse di
rispettare la festività del sabato. Lo
assunse, con la mansione di compositore a mano, l’editore e libraio ebreo
Samuel Olschki, proprietario della
Tipografia Giuntina. Successivamente si sposò con Annetta Disegni,
figlia del rabbino capo di Torino (e,
grazie al matrimonio, acquisì anche
la cittadinanza italiana). Nel 1935,
dalla loro unione nacque Sissel.
ancora arrivare. I tedeschi invasero
l’Italia l’8 settembre 1943. Mio padre,
con Annetta e la piccola Sissel, tentò di fuggire verso la Svizzera, ma
vicino a Sondrio vennero arrestati
dalle milizie fasciste. Riportati a Firenze, li internarono in un campo di
concentramento nei pressi di Bagno
a Ripoli e da lì, poco tempo dopo,
DALLA FELICITÀ ALLA TRAGEDIA
Un buon lavoro, una bel matrimonio,
una bellissima bambina, ci sono tutti
gli ingredienti per progettare con ottimismo il futuro...
C’è un proverbio che recita: «Quando
sei felice non urlare troppo forte, il
dolore ha il sonno leggero». Nel 1938
con la promulgazione in Italia delle
leggi razziali iniziò la grande tragedia. La moglie di mio padre venne
licenziata dalla sua cattedra d’insegnamento all’Istituto Duca D’Aosta di
Firenze, Sissel dovette lasciare l’asilo
pubblico per quello ebraico e a mio
padre venne revocata la cittadinanza
(che riacquisterà solo dopo la fine
del conflitto). Oltre a tutti i divieti
per gli ebrei che rendevano la vita
delle comunità italiane veramente
difficile, nel 1940 Mussolini entrò in
guerra a fianco della Germania. Ma
il peggio per la mia famiglia doveva
furono trasferiti nel carcere milanese
di San Vittore.
26 Popoli gennaio 2012
Oskar Schindler
Il falsario-Operazione Bernhard) per
mettere in grave crisi le banche centrali inglese e americana. Fu trasferito, per le sue capacità e peculiarità
professionali, a Plaszow. È proprio
nel campo di lavoro del famigerato
comandante Amon Göth che deve
essere entrato in contatto con coloro
che lavoravano per Oskar Schindler.
Ricordandosi ancora qualcosa della
lingua madre polacca riuscì a familiarizzare con gli altri prigionieri
provenienti dal ghetto di Cracovia e
a farsi inserire nella «lista dei salvati», che furono trasferiti nella fabbrica di Schindler a Brünnlitz (Brnenec)
passando per Gross-Rosen.
Fu liberato alla fine di aprile 1945
dall’Armata Rossa, rientrò a casa a
piedi e con mezzi di fortuna, una
volta arrivato a Firenze tornò a
lavorare alla Tipografia Giuntina.
Successivamente la acquisì divenendone l’u­nico proprietario e riuscì a
ricostruirsi una famiglia: si sposò
con Albana Mondolfi Passigli, madre
di Guidobaldo, e nel 1948 nacqui io.
Ha condiviso con lei qualche ricordo
di quei tragici anni?
Pochissimo, quasi niente. Ricordo
la sua visibile amarezza, quando mi
raccontava dell’indifferenza e dell’incredulità manifestata dalle persone,
quando tentava di raccontare cosa
aveva visto e vissuto. Credo che con
grande amore paterno abbia voluto
tenermi distante dalla violenza e
dall’orrore che certi ricordi tragici
hanno il potere di emanare anche a
distanza di tempo.
E dopo cosa accadde?
Il 30 gennaio 1944, con altre 607
persone, vennero condotti alla Stazione Centrale dove, al tristemente
noto Binario 21, li attendeva un treno con destinazione Auschwitz.
Il viaggio durò una settimana: arrivarono in 610 ad Auschwitz, tornarono a casa in 20, tra questi anche
mio padre. Sua moglie Annetta e Auschwitz come ha influenzato la
la piccola Sissel non sopravvissero. fede di una persona osservante come
Lui ce la fece con molta probabilità suo padre?
In modo determinante.
grazie alla sua profesNoi abbiamo una visione
sione di tipografo, che «Ricordo la sua
si rivelò molto utile per amarezza quando precisa del Dio dei nostri
Padri che si è manifestai nazisti. Questi ultimi mi raccontava
to a noi con connotavolevano stampare do- dell’indifferenza
zioni chiare. Questo Dio
cumenti bancari, sterline e dell’incredulità
potente, il nostro «Dio
e dollari falsi (come nar- manifestata
degli eserciti» sembra
ra un altro celebre film: dalle persone
quando tentava
di raccontare
cosa aveva visto
e vissuto»
Sotto, da sinistra, Schulim Vogelmann,
la figlia Sissel (morta ad Auschwitz)
e il figlio Daniel, editore fiorentino.
aver fermato i propri passi alle soglie
d’ingresso dei campi, dove invece è
entrato il suo popolo. È difficile avere
una grande e incondizionata fede nel
Dio di Israele dopo Auschwitz. Quando gli chiedevo se credesse ancora
in Dio lui mi rispondeva: «Un essere
superiore ci sarà...».
La Giuntina può considerarsi un modo per riappropriarsi della sua storia
familiare?
Sicuramente. Dal 1980 a oggi abbiamo pubblicato 520 opere divise
in cinque collane. Le nostre pubblicazioni si rivolgono soprattutto
ai non ebrei affinché conoscano la
cultura ebraica in tutte le sue forme.
Il primo libro pubblicato, nella collana «Schulim Vogelmann» dedicata
a mio padre, è stato La notte di Elie
Wiesel, quando ancora era scono-
la pace. I nostri libri sono tradotti in
varie lingue, ma la cosa a cui teniamo di più è il rapporto diretto con i
nostri lettori che manteniamo anche
attraverso il nostro sito (www.giuntina.it). La nostra storia continua,
nonostante la tragedia che ha colpito
mio padre.
È mai stato ad Auschwitz?
Ci sono andato qualche anno fa, sono partito dal Binario 16 di Firenze
Santa Maria Novella, lo stesso binario
dal quale partivano i convogli diretti
verso la Germania. È inutile dire che
le emozioni forti e i pensieri ti assalgono già mentre sei lì che attendi il
treno. Una volta arrivati al campo il
M. Giorgetti
IL DOVERE DI NON DIMENTICARE
Com’è nata l’idea della casa editrice?
Negli anni Settanta iniziai a lavorare
nella tipografia di famiglia. Mio padre è morto nel 1974, lo stesso anno
di Oskar Schindler. Per me è stato un
colpo devastante. Sulla lapide della
sua tomba è riportato il numero di
matricola che aveva sul braccio, per-
renza dovuta alla sua perdita è stata
feconda per maturare la decisione di
fondare una casa editrice e, nel 1980,
il progetto ha preso forma.
ché coloro che la visitano facciano sciuto ai molti, appena qualche anno
memoria di ciò che è accaduto. Oltre prima che gli conferissero il Premio
al numero di matricola è incisa una Nobel per la Pace. La Giuntina fece
frase in ebraico tratta da Qohelet (7,1) uscire in Italia anche alcune opetradotta significa: «Un buon nome è re di un certo Abraham Yehoshua,
preferibile all’unguento profumato quando era sconosciuto nel nostro
(inteso come grande ricchezza, ndr)». Paese. Oggi mio figlio Shulim ed io
È una frase che mio padre ripeteva portiamo avanti questa proposta edispesso nei tempi delle decisioni im- toriale unica in Italia, è importante
portanti e che ha onorato tutta la produrre una cultura della memoria
sua vita. Risuona in me al pari del e dell’incontro tra popoli. Credo che,
nonostante il trascorrere
«Sii sempre onesto» che
gli disse un giorno suo «Partirono in 610 dei secoli, culture e religioni diverse abbiano
padre. Il valore di certe per Auschwitz,
molte cose ancora da raccose le comprendi solo tornarono
contarsi e condividere. È
con il tempo. La per- a casa in 20,
un lungo cammino che
cezione della sua man- tra questi anche
fa bene reciprocamente e
canza è inalterata negli mio padre.
fortifica i percorsi verso
anni. La grande soffe- Sua moglie
Annetta
e la piccola
figlia Sissel non
sopravvissero»
ricordo di Sissel mi ha rapito. Anche
se sappiamo che la sua permanenza è
stata breve, cercavo di immaginarla
in quei terribili luoghi, con gli altri
bambini o magari con sua madre.
Spero solamente che non si sia mai
sentita sola».
C’è una foto a colori sulla scrivania
di Daniel Vogelmann, è una tenerissima piccola bambina, con gli
occhi chiari, i capelli biondi e un
bellissimo sorriso. Si chiama Alma,
è la nipotina (figlia di suo figlio
Shulim) e assomiglia molto a Sissel.
È la migliore testimonianza di come
la speranza dell’uomo nell’amore e
la fiducia nell’efficacia delle sue dinamiche, rappresenti l’unica risposta
vincente alla logica del male.
gennaio 2012 Popoli 27