Il falsario italiano di Schindler. I segreti dell`ultimo

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Il falsario italiano di Schindler. I segreti dell`ultimo
“Il falsario italiano di Schindler. I segreti dell'ultimo archivio nazista"
Scritto da Riceviamo e pubblichiamo
Giovedì 07 Febbraio 2013 10:52
Mattoni, filo spinato, letti di legno, fiaccole, disegni dgli internati, la scritta “Arbeit macht freicht”
sfondo suggestivo per la presentazione, a cura del Presidio del libro di Noicattaro, del libro di
Marco Ansaldo, scrittore e giornalista, “Il falsario italiano di Schindler. I segreti dell'ultimo
archivio nazista"
il 31 gennaio al Palazzo della Cultura.
L'incontro si iscrive nell'ambito delle celebrazioni del Mese della Memoria, promosse dalla
Regione Puglia e dall'Associazione Nazionale dei Presìdi del Libro, quest'anno intitolato “Il
disagio della memoria”. Proprio da questa definizione Marilena Lucente, insegnante, brillante
scrittrice, è partita a condurre la serata: è una formula che rievoca il Leopardi de “Le ricordanze”
del “rimembrar dolce per sé”...
Quei mattoni e il libro di Ansaldo “mattone della memoria” ribadiscono la forte scelta etica di
non dimenticare, di non far piombare la società civile in quell'oblio che prende il nome di
negazionismo, ora che il pericolo è alto e concreto, dal momento che stanno scomparendo i
testimoni diretti. Scrittura, lingua e narrazione sono in sintesi i tre capisaldi su cui si regge il
libro. Scaturito dalla consultazione di un “inferno di carta”, l’archivio lungo 26 km di Bad Arolsen
dissigillato nel 2007 cui Marco Ansaldo ha avuto accesso come primo giornalista italiano, “Il
falsario italiano di Schindler” registra per prima cosa la maniacale cura dei tedeschi
nell’annotare ogni più piccolo particolare dei deportati, dalle carie al numero di nei, ai pidocchi,
alla precisissima età della morte, (un caso assurdo, emblematico e tragicomico per tutti: per una
bambina morta a 6 mesi compare il commento “la deceduta non era sposata”). La descrizione
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di ogni dettaglio rappresentava il frutto di un folle disegno, lucido nella sua attuazione.
Emergono dal libro tanti frammenti di storie illustri ed anonime. E così veniamo a sapere che
nella famosa lista di Schindler, tra i 1117 nomi figurava al n. 339 “Ju.Ital” un italiano, Shulim
Vogelmann, maestro tipografo impiegato come falsario, che, salvatosi, divenne il fondatore
della casa editrice La Giuntina, specializzata in testi ebraici. Altri tasselli di questo grande
romanzo corale: la vera storia della famiglia Finzi-Contini. La vita di Anna Frank è condensata in
un’arida paginetta. Ci ha commosso la vicenda della principessa Mafalda di Savoia, deportata
con l’inganno, rinchiusa a Buchenwald e fatta colpevolmente morire per un’operazione
chirurgica condotta con negligenza. La sua tomba anonima, in una fossa comune finchè la pietà
di qualcuno fece incidere il suo nome, ridandole l’identità: la scrittura come salvezza. Ma anche
la scrittura come necessità, come nel caso di Primo Levi o di Boris Pahor. E, in ultimo, affiorano
le colpe della Chiesa: il rito del ribattesimo che ridava una nuova identità ai gerarchi nazisti in
fuga.
Come è stata possibile una tale atrocità? Dato agghiacciante: dalle stime attuali è stato
accertato che da un terzo alla metà della popolazione tedesca era consapevole dello sterminio
in atto. E quindi Dio, l’uomo dove erano? Ma soprattutto, abbiamo imparato la lezione di
Auschwitz? Se pensiamo a realtà come Bosnia, Ruanda, Cambogia, Iran, Iraq, Turchia, ai
massacri perpetrati in questi teatri di guerra dobbiamo risponderci di no. Ma un merito va
riconosciuto alla Germania, sa fare i conti col suo passato: tutti abbiamo in mente la figura del
cancelliere tedesco Willy Brandt nel 1970 in ginocchio al ghetto di Varsavia o la recente
dichiarazione di Angela Merkel. La cancelliera ha ricordato le responsabilità che la Germania
intera ha avuto nell'attuazione dello sterminio degli ebrei: "Abbiamo una responsabilità
permanente per i crimini del nazionalsocialismo, per le vittime della seconda guerra mondiale e,
soprattutto, per quelle dell'Olocausto". La lettura intensa di Silvana Kuhtz (il pezzo della testimonianza di Edith Bruck) e la musica
dolce del flauto traverso di Ylenia Carbonara hanno contribuito a far immergere il foltissimo
pubblico nell’atmosfera di ricordo commosso dell’Olocausto. Un grazie particolare al Parnaso,
nelle persone di Vito Santamaria, Michele Dipinto, Vittorio Laudadio per la scenografia
veramente geniale e toccante. Grazie a Marilena, per la squisita sensibilità, per le emozioni e le
preziose suggestioni che ha saputo regalare a tutti e grazie a Marco Ansaldo, che ci ha rivelato,
in modo accorato, partecipe e lucido molti lati oscuri di quelle storie di vita che conoscevamo in
parte.
Rossana De Perte
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