Nuovo test per scoprire le carenze alimentar

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Nuovo test per scoprire le carenze alimentar
Nuova scoperta che
potrebbe prevenire la
depressione in gravidanza
Da uno studio dell’Ohio State University Wexner Medical
Center, pubblicato su Psychoneuroendocrinology è emerso
che il livello di una proteina del cervello, il fattore
neutrofico cerebrale (Bdnf), potrebbe essere una spia
importante per la depressione durante la gravidanza.
Il livello di tale proteina durante la gestazione
cambia, ma se cala rapidamente, specialmente in momenti
specifici, potrebbe aumentare il rischio, portando
problemi relativi anche allo sviluppo del bambino.
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I ricercatori hanno prelevato campioni di sangue da 139
donne durante e dopo la gravidanza e hanno osservato che
i livelli della proteina diminuivano notevolmente dal
primo fino al terzo trimestre, e successivamente
aumentavano dopo il parto.
“Le donne che hanno avuto cali più ripidi nei livelli di
questa proteina avevano un rischio maggiore di
depressione più in la’ durante la gravidanza e anche di
dare alla luce bambini di basso peso alla nascita”spiega
Lisa M. Christian, autrice principale della ricerca.
Livelli più bassi del normale nel secondo e terzo
trimestre predicevano maggiori sintomi depressivi
proprio nel terzo trimestre. Secondo i ricercatori, una
volta individuato il problema è possibile agire, con gli
antidepressivi ad esempio, che possono però avere
effetti collaterali importanti, ma soprattutto con
l’esercizio fisico.
“Con l’approvazione del proprio medico – spiega –
rimanere fisicamente attive durante la gravidanza può
aiutare a mantenere i livelli di Bdnf, con benefici per
l’umore e per lo sviluppo del bambino”.
Fonte: Ansa
Pasta: sì o no?
Un’ indagine condotta dalla Nutritional Strategies, Inc.
ha svelato che, coloro che mangiano regolarmente la
pasta tendono ad avere una dieta complessivamente più
sana.
Lo studio è stato presentato al meeting annuale della
Obesity Society tenutosi di recente a New Orleans.
Gli esperti hanno raccolto informazioni sul consumo di
pasta su un ampio campione di individui e le hanno
confrontate con i dati riguardanti il quanto fosse sana
l’alimentazione di ciascun volontario.
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Per effettuare questa misura gli esperti hanno usato un
indice apposito chiamato USDA’s Healthy Eating
Index-2010.
Hanno osservato che coloro che consumavano pasta
abitualmente tendono ad assumere maggiormente
i nutrienti critici che sono carenti nell’alimentazione
di quasi tutte le persone (folato, magnesio, fibre,
ferro), ad assumere più vitamine e minerali e a
consumare meno zuccheri aggiunti, grassi saturi.
Fonte: Ansa
Nuovo test per scoprire le
carenze alimentari dei
neonati
Un gruppo di ricercatori americani sta studiando un test
che permetterebbe di scoprire se il neonato ha carenze
alimentari alimentando le sue lacrime.
La ricerca, pubblicata su ‘Experimental Eye Research’ e
diretta da Maryam Khaksari, è stata avviata al momento
su 15 bebè di 4 mesi alimentati con latte materno.
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Gli studiosi hanno comparato la composizione delle
lacrime dei neonati con quella dei genitori e il
risultato è che le vitamine solubili in acqua (C e
gruppo B) sono presenti in grandi quantità sia nei
piccoli che nei grandi, mentre quelle liposolubili (A,
D, E, K) sono più presenti negli adulti.
I lavori, ancora allo stadio preliminare, rappresentano
la prima tappa per la messa a punto di un test che
dovrebbe essere semplice e a basso costo
e che consentirebbe di migliorare la prevenzione di
carenze nutrizionali che possono avere un impatto
importante sulla salute futura dei bambini.
Cosa succederebbe se
riducessimo del 10% il
consumo del sale per 10
anni?
Uno studio pubblicato sul British Medical Journal ha
dimostrato che ridurre del 10% il consumo di sale per un
decennio permetterebbe di risparmiare annualmente, nel
mondo, circa 6 milioni di vita a causa di malattie
cardiovascolari e per ogni anno di vita salvato il
risparmio medio è di 204 dollari.
I ricercatori hanno analizzato l’apporto di sodio, i
livelli di pressione sanguigna e gli effetti sulle
malattie cardiovascolari in 183 Paesi che sono poi stati
messi in relazione ai costi derivanti da programmi di
riduzione del sodio.
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Il Regno Unito e
la Turchia hanno aiutato a dimostrare
che un tale programma sostenuto dal governo può ridurre
il consumo di sale di almeno il 10 % in 10 anni. La
riduzione del consumo di sale potrebbe salvare ogni anno
una media di 5,8 milioni di anni di vita persi il il 40%
sono attribuibili a ictus, il 42% a malattia coronarica
e il 18% ad altre malattie cardiovascolari.
I ricercatori hanno inoltre valutato i risparmi per ogni
regione del mondo. Ad esempio in Europa Occidentale gli
anni di disabilità evitati sarebbero 282.541 con un
rapporto costo-beneficio di 477 dollari ciascuno.
“Abbiamo scoperto che un piano nazionale supportato dal
governo per ridurre il consumo di sale nei cibi sarebbe
costo-efficace in quasi tutti i Paesi del mondo”, ha
detto Michael Webb, primo autore dello studio e
ricercatore in Economia presso l’Università di Stanford.
Fonte: Ansa