federalismo, decentramento, autonomia

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LEZIONE:
“FEDERALISMO, DECENTRAMENTO, AUTONOMIA”
PROF.SSA ADELE VAIRO
Federalismo, decentramento, autonomia
Indice
1 LA EVOLUZIONE DEL CONTESTO NORMATIVO ---------------------------------------------------------------- 3 2 DECENTRAMENTO, AUTONOMIA, GOVERNANCE, FEDERALISMO: LE RELAZIONI --------------- 6 3 LE ISTITUZIONI SCOLASTICHE NEL NUOVO ASSETTO COSTITUZIONALE --------------------------- 8 4 IL NUOVO MODELLO: LA COOPERAZIONE INTERISTITUZIONALE ------------------------------------ 10 5 LA CONFERENZA UNIFICATA, IL MASTER PLAN, LE FORME GIURIDICHE DI
COINVOLGIMENTO --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 6 LE CRITICITÀ DEL SISTEMA ------------------------------------------------------------------------------------------- 14 7 LE COMPETENZE DELLE REGIONI ---------------------------------------------------------------------------------- 15 8 IL FEDERALISMO FISCALE --------------------------------------------------------------------------------------------- 16 9 AUTONOMIA E GOVERNANCE NEL SISTEMA DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE-------------------- 17 BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 18 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 La evoluzione del contesto normativo
Il profondo e vasto processo di rinnovamento amministrativo che ha interessato il nostro
Paese, nella scia di quanto era già accaduto nelle più avanzate democrazie occidentali, parte dagli
anni ’90 e coinvolge l’intero assetto istituzionale e normativo dei rapporti tra Pubbliche
Amministrazioni e cittadinanza, fondandolo sui principi di trasparenza, responsabilità,
decentramento, sussidiarietà, autonomia, …..
Nella scuola, almeno in forma embrionale, la legittimazione di una più innovativa e
democratica
modalità di partecipazione dell’utenza, a vario titolo coinvolta, nasce con la
Decretazione Delegata del 1974, ma
la tendenza di attribuire, in maniera progressiva e crescente,
competenze e, quindi, responsabilità dal centro alla periferia in tutti, o quasi, i settori del sociale,
(tripartizione di poteri tra Stato, Enti Locali ed Autonomie Scolastiche) è formalizzata dalla legge
59/97, comunemente indicata quale legge di introduzione del “federalismo a costituzione Invariata”.
È da precisare che questa, infatti, inserisce la “Autonomia delle Istituzioni Scolastiche”entro
una delega al governo più vasta, relativa al “conferimento di funzioni e compiti a Regioni ed Enti
Locali per la riforma delle PA e la successiva semplificazione amministrativa”, ed esplicita i diversi
livelli istituzionali di rappresentatività attribuiti a Comuni, Città Metropolitane, Province, Regioni,
Stato, conferendo loro le funzioni ed i compiti amministrativi che concretizzassero la cura e la
tutela degli interessi dei cittadini, nonchè la promozione della vita delle comunità locali, secondo i
principi di viciniorità e sussidiarietà.
Fa eccezione a tale trasferimento di competenze quanto sia attinente a materie di rilievo
nazionale, elencate tassativamente (difesa, affari esteri, giustizia, moneta….), nonché la istruzione
universitaria, gli ordinamenti, i programmi, la organizzazione generale delle Istituzioni scolastiche e
lo stato giuridico del relativo personale.
Tale approccio normativo trova fondamento giuridico nell’art. 33 della Costituzione (….La
Repubblica detta le norme generali sull’istruzione……..), infatti tale competenza generale di fondo
è mantenuta dalla 59/97, pur nel diverso riparto tra le funzioni specifiche delegate alle diverse
articolazioni della Repubblica.
In sintesi la 59/97:
a) pone la autonomia “funzionale” delle Istituzioni Scolastiche in posizione rilevante al
centro del nuovo modello di governo;
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b) distribuisce competenze e responsabilità in maniera proporzionale, funzionale, sussidiaria
alle diverse articolazioni amministrative della Repubblica;
c) disegna un modello di governo scolastico non più centralistico, gerarchico, verticale e
burocratico, ma policentrico e decentrato ove:
•
al centro ci sono le Istituzioni Scolastiche che, attraverso il riconoscimento
della Autonomia, il dimensionamento, il riconoscimento della dirigenza ai
Capi di Istituto, diventano soggetto autorevole e forte rispetto agli altri
interlocutori istituzionali del contesto territoriale;
•
intorno si legge un nuovo disegno della Amministrazione Scolastica centrale
e periferica con funzioni di governo, di supporto e sostegno alla stessa
autonomia scolastica, nonché interfaccia delle Regioni e degli Enti locali in
genere;
•
parallelamente si trovano Regioni, Province, Comuni, con compiti di
programmazione e coordinamento territoriali, di supporto alle autonomie
scolastiche.
A seguire, poi, una serie di provvedimenti che hanno completato il nuovo quadro normativo
in materia di istruzione, tra cui:
•
il Decreto Legislativo 112/98 che, in attuazione della Legge delega 59/97 ha
trasferito altri compiti e funzioni amministrative dello Stato a Regioni ed Enti
locali.
In particolare il Capo III del decreto, agli articoli 137 – 138 n- 139, disciplina
la
programmazione e la gestione amministrativa del servizio scolastico, fatto salvo il trasferimento di
compiti e funzioni alle Scuole Autonome di cui all’art.21 della 59/97: intese, accordi di programma,
patti territoriali, sono gli strumenti giuridici di concreta attuazione di tali provvedimenti e di cui il
Dirigente scolastico deve necessariamente “impadronirsi”;
•
il dimensionamento delle scuole (d.P.R. 233/98) che riconosce loro la
autonomia, ove raggiungano parametri dimensionali ottimali rispetto sia la
domanda di istruzione che la necessaria organizzazione dell’offerta formativa
e che prevede azioni di concerto con gli Enti locali;
•
il decreto legislativo 59/98 che riconosce al Capo di Istituto delle Istituzioni
Scolastiche Autonome la qualifica Dirigenziale, e che verrà, poi, assunto nel
ben più “consistente” Decreto legislativo 165/2001;
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•
il d.P.R. 275/99 (Regolamento dell’Autonomia), testo fondamentale ed incipit
di quanto competa alle Istituzioni Scolastiche Autonome.
Le linee guida della scuola Autonoma, infatti, sono scandite dal questo Regolamento
attuativo, che traccia un identikit normativo in basse a cui ogni scuola diventi “centro di
promozione culturale” del territorio, che agendo in sinergia ed in maniera cooperativa con enti,
istituzioni, associazioni, agenzie ivi operanti, governi, gestisca, organizzi quanto abbia in
dotazione come “risorsa” per rispondere in maniera “efficace, efficiente, economica” alle
istanze formative insorgenti per l’utenza collocata in contesto e situazione;
•
il decreto Legislativo 300/1999, di riorganizzazione del Governo e, di seguito,
il d.P.R. 347/200, (regolamento recante norme di organizzazione del
Ministero della Pubblica Istruzione;
•
il D.I. 44/2001, che completa il quadro normativo di riferimento quale nuovo
“regolamento Amministrativo Contabile”, costituente
la interfaccia
economico – finanziaria del d.P.r. 275/99.
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2 Decentramento, autonomia, governance,
federalismo: le relazioni
Se il decentramento è il modello organizzativo delle Amministrazioni Pubbliche che
vogliono avvicinare all’utenza i centri decisionali e programmatori, l’Autonomia è il potere di
regolare tali funzioni amministrative ed organizzative decentrate: il nesso reciproco di collegamento
deriva dall’essere il primo fondamento giuridico del secondo che, però, a sua volta ne costituisce la
condizione amministrativa di fattibilità.
Ci si rende conto, allora, quanto questa evoluzione normativa che ha interessato l’intero
scenario nazionale, anche a traino di quello Europeo, abbia modificato in un circolare rapporto di
causa – effetto, il rapporto tra Pubblica Amministrazione (e quindi Scuola) e cittadini.
Tale processo viene confermato ed avvalorato dalla modifica del titolo V della Costituzione(
L.C.3/2001).
Si passa, infatti, come già accennato,da una idea di amministrazione burocratica e
centralista, fondata su di una programmazione istituzionale predefinita e governata dal centro, ad
una “governance” leggera, strutturata su livelli paralleli e convergenti di autonomie che si muovono
nell’ottica del decentramento di competenze, funzioni, responsabilità e che tendono sempre più al
federalismo.
La differenza concettuale tra federalismo e decentramento si fonda sulla diversa ripartizione
delle competenze tra gli apparati amministrativi dello Stato.
Il decentramento, infatti, comporta la distribuzione di funzioni, competenze, responsabilità
agli organi periferici dello stato, alle Regioni ed agli Enti Locali, per rafforzarne progressivamente
la capacità di governo; ciò in base ad un atto di parziale trasferimento della sovranità statuale agli
apparati locali.
La nozione di federalismo, invece, può assumere significati diversi: il federalismo “duale”
se si mantiene la prevalenza dei poteri di governo dello Stato Centrale rispetto altri Stati membri
della federazione, ed un federalismo “cooperativo” in cui a tutti i membri viene riconosciuta una
sostanziale parità.
Tale ripartizione di poteri e prerogative, con una erogazione di servizi per il cittadino che si
originano dalla periferia e non più dal centro, in questo caso, viene ispirata dal principio di
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sussidiarietà, che diviene concetto politico integrante del “sistema” e favorisce uno sviluppo del
contesto pianificato a livello territoriale.
La cultura istituzionale di stampo federalista si propone quali obiettivi:
•
La trasformazione della gerarchizzazione istituzionale verticale in una sorta di
cooperazione interistituzionale, per garantire la ottimale erogazione dei servizi utili a
soddisfare le molteplici istanze dei cittadini;
•
il superamento delle rigidità burocratico – formali tipiche del centralismo statuale,
attraverso la promozione delle autonomie e del decentramento;
•
la promozione dello sviluppo locale e delle culture territoriali, pur nella conservazione
di un assetto unitario di fondo.
Questa è la prospettiva entro cui si muove la L.C. 3/2001, che tende a determinare un assetto
decentrato a livello istituzionale, politico, amministrativo, fiscale che alleggerisca il
tradizionalmente “pachidermico” Stato – Apparato italiano.
La fondamentale premessa del decentramento e, quindi, del federalismo, è contenuta nel
testo del novellato art.114 Cost.in cui:
•
si elencano gli “enti costitutivi “ della Repubblica ( Comuni, Province; Città
Metropolitane, Regioni, Stato), a fronte del tradizionale “riparto” tra Enti Territoriali;
•
l’elencazione comincia dal Comune, per sottolineare la volontà del Legislatore di tenere
in somma considerazione la vicinanza al cittadino;
•
viene introdotto il termine “Città Metropolitana” a livello Costituzionale, legittimando
quanto prima considerato a solo livello legislativo ordinario.
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3 Le istituzioni scolastiche nel nuovo assetto
costituzionale
Tra i protagonisti di tale mutamento senza dubbio la scuola ed il sistema Formativo nel suo
complesso.
A seguito della riforma del titolo V della Costituzione (L.C.3/2001), il tradizionale riparto
delle competenze legislative e, quindi, amministrative , ora mutato, necessita di una attenta analisi
della norma e di una meticolosa costruzione di criteri utili ad individuare i confini tra le concorrenti
competenze e responsabilità in capo a Stato e Regioni, il cui spazio di interazione è scandito da
elenchi di materie attribuite all’uno o alle altre e che può leggersi sia in senso orizzontale (
scansione per materie) che in senso verticale ( scansione per livelli di intervento).
L’art. 117 della novellata Costituzione, infatti, riconosce alle Regioni la potestà legislativa,
eccezion fatta per le materie espressamente attribuite alla competenza esclusiva dello Stato o a
quella concorrente tra Stato e Regioni.
Più nello specifico, spetta allo Stato la competenza esclusiva
•
sulle “norme generali dell’istruzione”;
•
sulla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni ( LEP) concernenti i diritti
sociali e politici da garantire sull’intero territorio nazionale”;
•
la determinazione dei “principi fondamentali” nelle materie di legislazione concorrente;
ed ancora, rimangono nella competenza esclusiva dello Stato:
•
i principi generali dell’ordinamento scolastico;
•
gli obiettivi formativi e gli standard da conseguire per la spendibilità dei titoli di studio;
•
il sistema di la certificazione;
•
la valutazione di sistema;
•
il diritto di accesso al sistema di istruzione;
•
l’obbligo scolastico;
•
lo stato giuridico del personale;
•
la disciplina degli organi di governo delle istituzioni scolastiche;
•
la disciplina degli organi collegiali territoriali.
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Alle Regioni, di contro, viene riconosciuta potestà legislativa esclusiva sull’ istruzione e
formazione professionale e
potestà legislativa concorrente sull’istruzione, da esercitarsi nel
rispetto dei Principi Fondamentali posti dallo Stato.
Inoltre, spettano alle regioni: :
•
la organizzazione del servizio scolastico e della formazione;
•
il diritto allo studio;
•
l’edilizia scolastica;
•
l’orientamento;
•
la formazione continua e permanente;
•
la funzione di indirizzo verso gli Enti Locali per quanto di loro competenza.
Si evince, allora, così come confermato da varie pronunce della Corte Costituzionale, quanto
si sia espanso il ruolo della politica regionale alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione:
il previgente dettato costituzionale, infatti, non poneva limite alla potestà legislativa statuale, mentre
limitava la potestà legislativa concorrente delle Regioni; il nuovo testo, inoltre, sancisce il rispetto
dell’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali.
Per facilitare tale processo di innovazione normativa, poi, la l.131/2003 ha dettato
disposizioni per l‘adeguamento dell’ordinamento Statuale alla L.C.3/2001, mirando al
perseguimento, tra gli altri, dell’obiettivo di regolare i rapporti tra la legislazione statuale e quella
regionale, individuandone vincoli e limiti, ad evitare fraintendimenti e discrasie applicative, che,
tuttavia, persistono ad un decennio quasi dalla approvazione della Riforma, rendendola solo
parzialmente attuata.
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Il nuovo modello: la cooperazione
interistituzionale
Il tratto innovativo più saliente di tale riforma è la trasformazione dell’assetto organizzativo
delle P.A., attraverso il superamento del rapporto centralistico, gerarchico, burocratico tra Stato ed
apparati periferici, che ha spostato il potere legislativo e regolamentare a livello regionale e locale,
in ottica fortemente autonomista .
In pratica il sistema politico, ed amministrativo vede potenziate le possibilità di scelta e la
libertà di azione delle Autonomie Locali, a fronte di una incrementata attribuzione di funzioni,
competenze, responsabilità.
Da ciò dipende un modello orizzontale di governo che si sostituisce a quello previgente, in
cui le decisionalità amministrative, tanto centrali che periferiche che funzionali, devono lavorare su
obiettivi comuni, sfruttando sinergicamente risorse, mezzi, strumenti, per superare limiti e vincoli
che possano rallentare l’azione di buon governo.
La realizzazione del decentramento e del federalismo in chiave autonomistica, perciò, passa
attraverso la utilizzazione della “cooperazione interistituzionale”come strategia, che nell’ottica di
una governance flessibile assicuri coerenza e continuità ai processi decisionali di progettazione e
pianificazione capaci di garantire al cittadino la stessa fruibilità dei servizi essenziali sull’intero
territorio nazionale.
Si tratta, cioè, di orientare l’azione dei diversi soggetti istituzionali in maniera sinergica e
convergente poiché gli stessi non si muovono più in assetto gerarchico ma devono tendere alla
realizzazione di progettualità comuni.
Tale strategia metodologica tende a realizzare azioni congiunte di innovazione in forma
reticolare, orizzontale o verticale, in base al reciproco rapporto tra gli Enti partecipanti ed è
prospettiva sopranazionale ed Europea, dal momento che a Lisbona (marzo 2005), si è posto il 2010
quale limite temporale per fare del “Sistema Europa” l’economia più competitiva e dinamica nel
mondo, in quanto basata sulla Conoscenza.
Nel settore educativo la concreta attuazione di quanto postulato nel novellato Titolo V,
comporta la necessaria realizzazione in tempi quanto più brevi di un sistema di governance
cooperativa tra Stato e regioni, entro cui il Ministero della PI assumano decisioni di sistema ed
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assetto, e le Regioni, dal canto loro, possano concorrere dialogicamente alla costruzione d un
assetto condiviso relativamente ai contenuti dei processi decisionali di settore.
Resta da precisare, peraltro, che il riconoscimento costituzionale dell’autonomia scolastica
in senso “funzionale”, è stato avvalorato da una serie di pronunce della Corte Costituzionale (n.13
del 2004, n. 37 del 2005, n. 279 del 2005), che ne ha sancito la “non comprimibilità”, nonché il
dovuto rispetto da parte del legislatore statale e di quello regionale.
Tali spunti giurisprudenziali facilitano la costruzione di questo nuovo aassetto normativo ed
istituzionale.
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La conferenza unificata, il master plan, le forme
giuridiche di coinvolgimento
La metabolizzazione del processo esposto per sommi capi, però, non è facile come sembra.
A tutt’oggi permangono incertezze interpretative e sconfinamenti di campo che hanno
favorito una pletora di pronunce della Corte Costituzionale sul tema, ed infatti non si è giunti ancora
ad una relazionalità lineare e compiuta tra Stato, Regioni, Istituzioni scolastiche Autonome.
Deve esser implementata, a partire dalla Dirigenza Scolastica, allora, perché ci si possa
porre nel novero dei soggetti istituzionali quali
interlocutori forti e consapevoli, una cultura
dell’Autonomia tale da essere padroni del mezzo normativo, che non appaia vincolo ma risorsa che
il DS possa annoverare nel suo know – how professionale.
A tal fine va compreso il ruolo fondamentale che taluni organi istituzionali hanno nel
contesto decentrato e tendenzialmente federalista in cui le Istituzioni scolastiche Autonome si
muovono oggi: la Conferenza Unificata.
Essa costituisce la sede istituzionale di garanzia della partecipazione, del confronto, del
raccordo, della collaborazione, dell’ indirizzo, della verifica e della valutazione dei processi
decisionali, politici ed amministrativi di comune interesse e competenza, nonché dell’esercizio dei
relativi poteri ed attività legislative, amministrative e di governo di Stato e Regioni .
La fonte normativa di tale coinvolgimento istituzionale è l’art.114 della costituzione che
equiordina i diversi Enti Territoriali.
Allo scopo di manifestare in maniera formale ed efficace la volontà dei soggetti istituzionali
a vario titolo coinvolti in tale Cooperazione, si utilizzano i seguenti strumenti giuridici:
•
il parere, da utilizzare in via preventiva rispetto ad una determinazione / decisione, ove non
si debba precedere una concertazione/condivisione del contenuto dell’atto da assumere a
livello di Conferenza Stato – Regioni;
•
l’intesa, che interviene, invece, in caso di co – determinazione paritetica, sostanziale e
formale, dell’atto da assumere in sede di Conferenza.
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Se l’intesa interistituzionale è necessaria alla perfetta adozione dell’Atto, si dice “forte”, ove
il raggiungimento della stessa sia solo uno dei criteri di legittimità costituzionale dell’atto stesso, si
dice “debole”;
•
l’accordo, si pone come premessa e fondamento di provvedimenti di rilevante interesse che,
però, sono esterni all’iter legislativo, a differenza delle intese.
Attraverso gli accordi è possibile, ove non sia consentito oltre un esercizio Statuale
totalmente autonomo nel merito, fornire alle regioni indirizzo e coordinamento nonché la
formalizzazione di impegni da assumere a livello politico.
Particolarmente di rilievo tra gli accordi il documento approvato dalla Conferenza Stato –
Regioni il 12 luglio 2006 che affronta l’impostazione di una strategia volta a realizzare una nuova
governance del Sistema Istruzione e Formazione, per concretizzare l’attuazione del titolo V,
relativamente ad Istruzione e Formazione , implementazione dell’autonomia Scolastica e riassetto
organizzativo del MPI.
Ancora, il Master Plan delle azioni da compiere per portare a compimento il citato processo
normativo nel
settore Istruzione , che fissa la data dell’1/9/09 per la formalizzazione del
trasferimento delle competenze di settore alle Regioni,ex titolo V (conf.St.reg. 14/12/2006); in
successione, il documento redatto alle stesse condizioni il 9 ottobre 2008, che focalizza di nuovo,
dopo due anni di inerzia, l’attenzione sul decentramento regionale del sistema scolastico ex
L.C.3/2001.
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Le criticità del sistema
La incompleta attuazione del sistema normativo fin qui esposto, ad un decennio circa dalla
sua introduzione, deriva da una serie di concause, tra cui, prima di tutte, una incerta lettura del
riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, per cui è indispensabile individuare i confini
tra le competenze legislative degli Enti e delle Istituzioni coinvolte, dal momento che coesistono:
•
Norme generali e non: il primo ambito da definire è quello entro cui distinguere il
significato di norma generale (competenza esclusiva dello stato) e norma non generale.
È da rilevarsi che il settore “istruzione” è stato il primo a definire una regolamentazione
giuridica attinente con la Legge Delega 53/03 e la successiva decretazione.
•
Principi fondamentali della legislazione concorrente, in base a cui lo Stato interviene,
lasciando alla competenza delle Regioni la regolamentazione di dettaglio.
La Corte Costituzionale, con orientamento confermato dalla L. La Loggia (131/2003), ha
disposto che tali principi possano essere desunti dalla normativa vigente.
•
Livelli Essenziali Delle Prestazioni, concernenti i diritti civili e sociali che lo Stato
(competenza esclusiva) deve garantire sull’intero territorio nazionale.
I LEP influiscono anche sulla competenza esclusiva delle Regioni, per cui vanno definiti con
oculatezza allo scopo, anche, di evitare illegittime limitazioni di tale prerogativa regionale.
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7 Le competenze delle regioni
In tale quadro le Regioni assurgono sempre più a soggetto politico di prim’ordine, perché in
grado di tradurre in concreto le istanze poste dalle comunità regionali, ma anche perché diventano
co – costruttrici del quadro giuridico nazionale, nel rispetto della unità e della indivisibilità della
repubblica.
Una più completa e precisa disanima delle attribuzioni di Regioni, Province, Comuni, ed il
trasferimento definitivo delle competenze in materia di istruzione alle Regioni, consente una più
definita connotazione dell’Autonomia Scolastica, al riparo da duplicazioni, conflitti, interferenze,
sovrapposizioni di funzioni e competenze.
Nel chiarire il ruolo delle Regioni entro il Settore Istruzione, possono definirsi le seguenti
aree di intervento:
•
Programmazione dell’offerta formativa;
•
Valutazione e controllo dell’offerta formativa, degli standard programmati, dell’attuazione
delle norme generali;
•
Organizzazione e gestione delle risorse;
•
Sostegno e supporto alla autonomia delle istituzioni scolastiche.
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Il federalismo fiscale
Il principio di Autonomia finanziaria degli Enti Territoriali è sancito dal novellato art. 119
Cost., ed, infatti, è in corso anche un processo di decentramento della spesa pubblica: non appare
ancora chiaro come tale federalismo fiscale sarà contemplato, in ordine al settore dell’Istruzione e
della Formazione in genere.
Di fatto, però, la L.42 del maggio 2009 definisce un modello di finanziamento dell’attività
delle Regioni che tenga conto dei LEP ed in cui è considerata anche l’Istruzione, per cui resta da
attendere la concreta definizione di quanto anticipato.
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Autonomia e governance nel sistema di
istruzione e formazione
Quanto fin qui discusso mostra con chiarezza quanto sia necessario procedere a costruire
non solo una idea ma, soprattutto, una concretezza di “governance” attraverso una progettazione
partecipata e condivisa tra i vari attori istituzionali in gioco, e realizzata attraverso una fattiva
cooperazione sinergica che riconosca nella diversità di ruoli, funzioni, competenze un reale
arricchimento del panorama amministrativo , perché realmente si possano costruire dei “service”
vicini all’utenza e migliorare le performance di quanti operino in tale direzione.
La modernizzazione del sistema educativo può contribuire a favorire la costruzione di una
nuova cultura della gestione amministrativa che migliori la qualità dei servizi resi all’utenza con
prestazioni di livello superiore, perché in ascolto attivo delle istanze da raccogliere in contesto e
situazione.
Nessun processo riformatore può nascere, crescere, attecchire se non è partecipato dai
decisori, dall’utenza, dagli stakeholders in maniera attiva, consapevole, responsabile; La pluralità
dei centri decisionali, allora, postula una progettazione partecipata degli stessi ed una condivisione
strategica delle pianificazioni, delle concretizzazioni, delle modalità di verifica e valutazione dei
processi allo scopo messi in atto.
Essendo la Scuola centro nevralgico in questo processo innovativo, il DS deve essere
sempre più protagonista di tale trama istituzionale padroneggiandone codici, strumenti, strategie,
metodologie di intervento.
Confronto, dialogo, ascolto attivo, condivisione di regole, procedure e codici, sono gli
strumenti utili a far sì che tale sinergia diventi un circolo virtuoso e coerente, capace di svincolare
amministrazioni ed Enti dai luoghi comuni delle prassi politiche di gestione che, per essere davvero
efficaci, efficienti devono uscuire definitivamente dalle logiche utilitaristiche e emergenziali ed
estemporanee,
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Bibliografia
• Auriemma S. – Istruzione e scuola nell’assetto costituzionale delle competenze – Tecnodid –
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• Carloni E. – Lo stato differenziato. Contributo allo studio dei principi di unità e
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• Cerulli Irelli – Pinelli – Verso il federalismo – Il Mulino – Bologna 2003
• Cerulli Irelli – La nuova disciplina generale dell’azione amministrativa – Novene – Napoli
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• Franchi – Barberio – Governare la scuola – La nuova Italia – Firenze – 2000
• Sandulli A. – Il sistema nazionale di Istruzione – Il mulino – Bologna - 2003
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