corriere_naz._web 2016_04_28
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TERZA PAGINA Corriere della Sera Giovedì 28 Aprile 2016 41 # In pagina Palla ovale, fango e lezioni di vita di Marco Del Corona L’antiretorica del rugby è forse già diventata retorica. La mistica dello sport duro ma leale, al riparo dagli eccessi anche commerciali del calcio, sembra ormai abusata. Un’altra partita gioca invece chi tratta la palla ovale come una mappa sentimentale e ingaggia così un match con la più ruvida delle squadre avversarie: se stessi. Nella mischia si getta Pierfrancesco Della Porta che ha messo insieme H. Manuale emotivo di rugby (introduzione di Giancarlo Volpato, Ultra Sport, pp. 189, e 15), diario per frammenti di un ex non professionista e appassionata celebrazione di un amore. L’assunto è che il rugby sia un distillato plurale di vita e che sappia raccontare, attraverso se stesso, proprio la vita. Perché «allenamento dopo allenamento, silenzio dopo silenzio» si arriva «al nocciolo: nessuno ha bisogno di te, fino a che non gli dimostri il contrario». Toccano sfide inedite: «Il gioco del rugby, come accade per l’improvvisazione jazz, non è codificato», e infatti «ogni azione è diversa dall’altra». E parlando di placcaggio: lì «si insinua a meraviglia anche l’antigioco, che nel rugby come nella vita è il Caino del gioco. Nel rugby l’antigioco è la slealtà e la violenza». Come nella vita, appunto. Giocando si impara. Ed è subito meta. © RIPRODUZIONE RISERVATA Elzeviro / L’anniversario in Svizzera Il Festival della cultura creativa promosso dall’Abi GIACOMETTI TORNA A CASA: OPERE E FOTO Visioni che diventano progetti I bambini si prendono le città di Sebastiano Grasso Rassegna A nche se viveva a Parigi, Alberto Giacometti (1901-1966) tornava spesso in val Bregaglia, nel Cantone dei Grigioni. Rivedere le Alpi, i passi di Settimo, l’Engadina, la Valtellina, le montagne dello Sciora, dell’Albigna e del Forno, i villaggi di Stampa (dov’era nato), Maloja, Casaccia, Borgonovo (dov’è sepolto nel cimitero di San Giorgio), il fiume Mera che sfocia nel lago di Como. Così, per i cinquant’anni dalla morte dell’artista, sin da gennaio, la val Bregaglia ha programmato una serie di eventi per ricordare il figlio più illustre: spettacoli teatrali, recital di testi (di e sullo scultore); Camminare con Giacometti (da Coltura a San Giorgio). Dal 5 giugno mostre all’Atelier Giacometti e al Museo Ciäsa Granda di Stampa, con lavori inediti, a cura di Beat Stutzer. Sugli ultimi soggiorni dell’artista nei luoghi dell’infanzia ci sono decine di fotografie. Per l’occasione, 44 sono state raccolte in volume da Marco Giacometti e Claudia Demel: Non capisco né la vita né la morte (Salm Verlag, pp. 56, e 30). Fanno da pendant a quelle di Ernst Scheidegger — esposte al Museo cittadino — che ritraggono l’artista svizzero nel suo atelier parigino, al tempo di Paris sans fin (150 lastre ultimate nel 1962, anno del Gran Premio per la Scultura alla Biennale di Venezia). Aimé Maeght era il gallerista di Alberto Giacometti; così come Kahnweiler lo era di Picasso. Gallerista e amico. Quando il figlio di Maeght, Adrien, si sposa, l’artista svizzero presenzia al matrimonio, assieme ad altri pittori, scultori e letterati. Fra quest’ultimi, il poeta Pierre Reverdy. Per alcuni, la serata si chiude da Chez Dupont, in Place des Giacometti (Fotogramma) Ternes. Dopo alcuni bicchieri di troppo, Giacometti e Reverdy discutono con veemenza sino a venire alle mani e il padrone del locale chiama la polizia. Tutti in commissariato, sino alle due del mattino. Reverdy, ricorda Maeght, ha un carattere piuttosto bellicoso: una volta, durante un diverbio, ha persino sparato a Maurice Utrillo, che, a Montmartre, abitava sopra di lui. Le incisioni di Paris sans fin usciranno raccolte in un cartella omonima da Tériade nel ’69. I soggetti? Strade coi negozi, chiese coi grandi orologi incastrati nei campanili, ponti seminascosti dagli alberi, atelier con modelle in posa, entraîneuse fasciate dal fumo delle sigarette, tavolini di ristoranti con sedie di ferro battuto, donne coi seni frullati dal vento: immagini di una Parigi vorticosa, dolcissima e drammatica, romantica e bohemienne, opulenta e povera, viva e agonizzante. Nonostante le proprie contraddizioni, la città non grida. I personaggi filiformi vivono, respirano con la città. Il segno ha una grande forza narrativa e poetica. Giacometti insegue la vita e, come uno schermidore di classe, incide il foglio a colpi di fioretto (un po’ come, per altri versi, faceva il marchese Filippo de Pisis). Lo scultore svizzero pensa che l’opera d’arte sia legata alla vita. Ecco perché la considera una sorta di «doppio» della realtà. Per percepirla, guarda all’arte primitiva ed egizia, africana, oceanica, cicladica e sumera (più o meno come Brancusi, Picasso, Laurens, Lipchitz) e mira anche all’efficacia della scena. Sempre alla ricerca di legami fra la sua opera e il mondo, quando non riesce a trovarli, li inventa. Da qui il senso della metafora insita in tutta la sua produzione e la semplicità dei suoi personaggi scolpiti, dipinti e disegnati; personaggi simili alla sua vita, «un fragile palazzo, costruito e sempre ricostruito, coi fiammiferi». Alla fine, «l’età delle cose non aveva per Giacometti un’età reale, era sempre in disfacimento. Anticipava quello che il tempo avrebbe provocato su oggetti e persone». Parola di Giorgio Soavi. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA di Lauretta Colonnelli «L Si terrà dal 2 all’8 maggio in 50 città italiane la terza edizione del Festival della cultura creativa. Sopra: il logo della rassegna realizzato da Valeria Petrone La manifestazione, rivolta agli under 14, è promossa dall’Associazione bancaria italiana (Abi) con la partnership della Rai e del Tgr Tema di quest’anno, «Abitare sottosopra»: oltre 80 eventi in programma. Info: www. festivalcultura creativa.it e descrizioni di città visitate da Marco Polo avevano questa dote: ci si poteva girare in mezzo col pensiero, perdercisi, fermarsi a prendere il fresco, o scappare via di corsa». Sono le Città invisibili create dalla fantasia di Italo Calvino, che le fa vivere nei racconti di Marco Polo all’imperatore dei tartari Kublai Kan. Città piene di guglie, di dirigibili che volano all’altezza delle finestre, di pozzi scavati nella terra fino all’acqua di un lago segreto, di languori che pian piano le disfanno, di vie fatte a scale, di cupole d’argento. Chissà come riusciranno i bambini di Modena a ricostruire queste città letterarie e impossibili nel laboratorio di progettazione architettonica organizzato durante la settimana dedicata al Festival della cultura creativa, dal 2 all’8 maggio. La manifestazione, promossa dall’Abi e dalle banche per avvicinare alla cultura i ragazzi tra i sei e i tredici anni, «punta a valorizzare la creatività e il talento delle giovani generazioni per aiutarle a mettere a frutto capacità, potenzialità e visioni innovative, strumenti indispensabili per costruire un futuro di crescita per loro stessi e l’Italia», come sostiene il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. Giunto alla terza edizione, il Festival si sviluppa intorno al tema «Abitare sottosopra. Scoprire e sperimentare come si sta dentro i luoghi, l’arte e le emozioni» e prevede più di ottanta eventi in cinquanta città diverse. L’obiettivo, secondo gli organizzatori, è di invitare bambini e ragazzi ad Uno dei lavori realizzati dai giovani della comunità di Manitoba (Canada) nell’ambito del progetto Better City Better Life (2010) ampliare il concetto di «casa», per scoprire, con l’aiuto di operatori culturali specializzati, in che modo ogni persona vive, abita e si relaziona con il mondo circostante. Ogni città ha scelto una propria ispirazione: a Sassari si costruiranno piccole scenografie portatili con carta e cartoncino per mettere in scena storie, fiabe e vecchie leggende; a Torino verranno realizzati giochi didattici con domande e risposte che aiuteranno i bambini a raggiungere l’asteroide abitato dal Piccolo Principe. A Palermo si entrerà con l’immaginazione dentro l’universo del mare per giocare con le sue creature reali e fantastiche. A Genova un laboratorio teatrale condurrà alla scoperta del proprio corpo e delle emozioni racchiuse all’interno. A Vicenza gli studenti entreranno a Palazzo Thiene vestiti come uomini e donne del Cinquecento per rivivere storie e intrighi dell’epoca. A Milano, visitando i quartieri più antichi, potranno immaginare la ricostruzione di una città ideale. Ogni laboratorio sarà sostenuto dai rappresentanti delle La manifestazione Oltre ottanta eventi in cinquanta centri urbani. Il tema: «Abitare sottosopra» banche e dalla collaborazione di scuole e musei, biblioteche e associazioni culturali, a cui si aggiunge quest’anno anche la Main Media Partnership della Rai e la Media Partnership del Tgr. Per Antonio Campo Dall’Orto, direttore generale della Rai, che ieri è intervenuto alla presentazione del Festival, la partecipazione della Rai al progetto «risponde in pieno alla nostra missione di servizio pubblico universale che vuole parlare e arrivare a tutti gli italiani. Da questo punto di vista l’attenzione per i più giovani rappresenta per la Rai una priorità assoluta come dimostra anche la decisone di togliere la pubblicità dal canale Rai yo yo a partire dal primo maggio». Altra novità di quest’anno, la ricerca scientifica condotta da Guido Guerzoni, dell’Università Bocconi, sul ruolo dei festival nell’offerta culturale per i bambini al di sotto dei quattordici anni in Europa. Verranno approfonditi i dati sui partecipanti, i loro giudizi, le loro aspettative. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Il primo romanzo di Gianna Schelotto (Rizzoli) I normalissimi immaturi di oggi di Isabella Bossi Fedrigotti L a normalità vista da vicino può rivelarsi meno normale di quanto si creda. Ed è lungo questo spartiacque — tra regolare, ordinata vita quotidiana e sorprendente irregolarità — che si muove il romanzo di Gianna Schelotto, psicologa specializzata in terapia della coppia, autrice di un gran numero di saggi e di opere teatrali, oltre che giornalista e animatrice di eventi culturali. È il suo primo romanzo, intitolato Chi ama non sa (edito da Rizzoli), ed è inevitabilmente segnato dalla lunga esperienza di chi l’ha scritto: dallo sguardo attento a cogliere modi del carattere e moti dell’animo, dalla profonda, intelligente comprensione che non condanna ma spiega, dalla sapienza con la quale legge i comportamenti umani come dentro un libro del quale conosce perfettamente ogni capitolo. A tutto questo aggiunge una dimestichezza dei luoghi in cui si svolge l’azione che mette voglia di andare a visitarli usando il romanzo quasi come guida turistica per scoprire la città di Genova, i suoi caruggi, i suoi dintorni, i suoi quartieri, compresi i negozi sotto casa (dell’autrice), come la farmacia, la pasticceria oppure la panetteria dove la focaccia mattutina sembra essere la migliore della città. In primo piano i personaggi nella loro totale normalità contemporanea: un uomo e una donna che vanno verso i quaranta, cioè «ragazzi», come ormai vengono definiti oggi i quarantenni, cui si aggiungono dei genitori variamente vedovi o separati più delle figure di ex corteggiatori o di possibili future fidanzate. E in mezzo ecco un bambino che nasce del tutto per caso, figlio di due che sono al massimo amici, ma che comunque, pur appena neonato, i suoi piccoli — ma notevoli — miracoli riesce a farli. Come già detto, in questa odierna normalità, che un tempo si sarebbe probabilmente definito disordine, l’autrice si muove con grande disinvoltura, attribuendo a ciascuno la sua verissima verità. Anche quando si affacciano le L’autrice Gianna Schelotto (1939) è psicologa specializzata in terapia della coppia e in psicosomatica. È giornalista, saggista e autrice teatrale. Durante la sua carriera ha pubblicato numerosi saggi nevrosi che rischiano di mettere in crisi, di confondere e inquinare i rapporti che fino allora erano apparsi appunto del tutto normali. Così per la fuga improvvisa del protagonista che, pur di età ampiamente adulta, pur senza legami famigliari, pur con lavoro ed entrate largamente sufficienti, non regge all’idea di diventare padre. E così anche per gli inattesi zig zag della coprotagonista che, altrettanto adulta, altrettanto capace professionalmente, si ritrova con un bambino senza quasi sapere di chi sia. Sono i normalissimi immaturi di oggi, uomini e donne che probabilmente affollano ansiosi lo studio della dottoressa Schelotto nel momento in cui devono affrontare delle responsabilità che non avevano minimamente cercato: ma poiché la dottoressa è anche scrittrice di lungo corso, si capisce che la tentazione di farne romanzo sia stata irresistibile. © RIPRODUZIONE RISERVATA R Il libro: Gianna Schelotto, Chi ama non sa, Rizzoli, pagine 210, e 17,50 Codice cliente: 5481740