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Ravenna, giugno 2004
Comunicato stampa 2
Mostra:
Alberto Giacometti
Curatori:
Jean-Louis Prat, Claudio Spadoni
Sede:
Museo d’Arte della città di Ravenna – Loggetta Lombardesca
Via di Roma 13 – Ravenna
Enti organizzatori: Museo d’Arte della città di Ravenna, Fondation Maeght, Saint-Paul
de Vence, Fondazione Mazzotta, Milano
Inaugurazione:
Periodo:
sabato 9 ottobre ore 18.00
10 ottobre 2004 - 20 febbraio 2005
Il Museo d’Arte della città di Ravenna organizza in collaborazione con la Fondation
Maeght di Saint-Paul de Vence e la Fondazione Mazzotta di Milano una grande
mostra dedicata ad Alberto Giacometti. Il progetto espositivo, ampio e articolato, darà
conto di Giacometti, assoluto protagonista della scultura contemporanea, ma anche
straordinario pittore così come fine disegnatore e incisore di rara sensibilità. Si tratta della
più vasta mostra mai realizzata prima in Italia dedicata all’artista svizzero, grazie ai
numerosi prestiti eccellenti, a partire dal nucleo centrale delle opere della Fondation
Maeght, dalla Kunsthaus di Zurigo e a numerosi lavori provenienti da collezioni private. Le
oltre cento opere scelte dai curatori permettono di ricostruire il percorso di Giacometti
attraverso sculture, dipinti, disegni fornendo un completo quadro della complessa
personalità espressiva di un artista che come pochi altri ha suscitato l’interesse di filosofi e
scrittori quali Jean-Paul Sarte, Simone de Beavouir, Samuel Beckett.
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La mostra si apre con un dipinto giovanile –- Portrait de jenune fille, 1921 - testimonianza di
una fase di apprendistato nella quale si leggono fin da subito, i tratti geniali del suo lavoro.
Gli studi all’accademia a Parigi e l’interesse per l’arte africana si leggono nella sua prima
scultura monumentale, la Femme cuillère del 1926, ma la Parigi negli anni Venti lo mette in
contatto con la cerchia di intellettuali della città che lo porta a conoscere il gruppo
surrealista; inizia a lavorare a stretto contatto con André Breton e Salvador Dalì, partecipa
alle riunioni e alle attività del gruppo. Opera fondamentale è L’Objet invisibile di questa fase
del suo lavoro. La rottura con il movimento surrealista, avvenuta nel 1934, lo porta a
ricominciare da zero, annullando ogni esperienza accademica di formazione, per
intraprendere con determinazione una strada del tutto personale. Il ritratto è il campo sul
quale si misura il conflitto creativo dell’artista, lo stesso che aveva determinato la rottura
con il surrealismo. Una dialettica ossessiva tra realtà e rappresentazione che misura la
distanza tra la sua interpretazione e quella degli artisti a lui contemporanei. Giacometti ha
quella di avere dedicato ogni istante della propria vita alla ricerca: una ricerca che inizia con
l’attenzione verso pietre, alberi, immagini di quando era bambino: gli alberi e le pietre
vengono trasformati, attraverso la scultura, in uomini e cose, instaurando un legame con la
natura che supera i limiti dello spazio e del tempo (La Forêt, 1950; Etudes de pommes, 1956),
affidando proprio all’istinto primo del bambino, tipico, quello del creare attraverso
un’azione che richiama incessantemente la distruzione, il motore di tutta la sua arte. In circa
un decennio di isolamento artistico, che segue la morte del padre e la rottura con i
Surrealisti, Giacometti realizza sculture concentrandosi su un’analisi introspettiva che lascia
emergere profonde riflessioni sulla morte unita alla continuità della vita, creando figure che
nel corso del lavoro si assottigliano fino quasi a scomparire, aiutato dal disegno che lo
indirizza verso le esili forme allungate che si concretizzano nel lavoro del Groupe de trois
hommes, 1943-49.
Negli olii, cosi come nei disegni, ai quali attribuisce un’importanza fondamentale,
dedicandovisi a più riprese in questi anni, ritrae se stesso, il fratello, la moglie, alimentando
un processo di costruzione e distruzione, perseguitato da un’ossessione di inadeguatezza
continua nella rappresentazione del reale che lo porta a distruggere un numero
impressionante di opere. Il ritratto, assillo di Giacometti, (Diego, 1949– Annette, 1956) si
traduce in un groviglio di linee curve, cerchi, virgole in cui il contorno del corpo spesso si
perde.
E’ negli anni dopo il 1950 che si realizza il periodo più fecondo, in cui le figure si alzano
ergendosi filiformi e apparentemente immateriali come la serie delle Femme de Venise
realizzata per la Biennale del 1956 o l’Homme qui marche I del 1960, dove trovano
compimento le angosce ed i tormenti esistenziali così come la ricerca formale ed estetica.
Nella mostra saranno esposte inoltre le litografie del libro Paris sans fin, frutto della
collaborazione tra l’artista e l’editore Tériade che, nel 1959, decidono di realizzare un libro
su Parigi. Filo conduttore del libro è l’esistenza di Giacometti nella capitale francese; egli
sceglie di descrivere i luoghi e le persone a lui più care, componendo una sorta di diario,
che, con l’uso della litografia risponde all’esigenza di un “…mezzo per fare in fretta,
impossibile tornare sul già fatto, lavorare di gomma, ricominciare tutto di nuovo”, un
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progetto che, procedendo a fasi alterne, sarà portato a termine solo nel 1969, dopo la sua
morte.
Arricchiscono il percorso una cinquantina di suggestivi ritratti fotografici dell’artista
scattati da Ernst Scheidegger nel corso della loro lunga amicizia e un’intervista realizzata
per la televisione Svizzera nel 1963: Alberto Giacometti > “sono uno scultore
mancato”.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo delle Edizioni Mazzotta con ampia
documentazione iconografica e i contributi critici di Fred Licht, Casimiro Di Crescenzo,
Pietro Bellasi e Claudio Spadoni.
In occasione della mostra, nel mese di dicembre 2004, sarà presentato, presso il Teatro
Rasi di Ravenna lo spettacolo “Ritratto Frontale – Un dialogo tra Giacometti e James
Lord” un progetto teatrale di Alessandro Fabrizi che prende spunto dal testo del critico
d’arte e scrittore grande amico di Giacometti, James Lord, Un ritratto di Giacometti
Marcella Manni – Ufficio stampa – Museo d’Arte della città di Ravenna
tel 0544 482775
[email protected]
Alessandra Pozzi – Ufficio stampa – Edizioni Mazzotta
tel 02 8055803
[email protected]
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Nota biografica
Alberto Giacometti nasce nel 1901 a Borgonovo presso Stampa (Svizzera). Cresciuto in
una famiglia di artisti – il padre e il nonno sono entrambi pittori - inizia a dipingere e a
cimentarsi con la scultura in età giovanissima. Nel 1919 si iscrive all’Accademia di Belle Arti
di Ginevra e nel 1922 si trasferisce a Parigi dove frequenta per cinque anni, a fasi alterne, il
corso di scultura di Antoine Bourdelle alla Académie de la Grand Chaumiere. Nel 1927 si
trasferisce nello studio di Rue Hippolyte-Maindron. E’ alla fine degli anni Venti che
Giacometti esegue le prime opere surrealiste secondo l’idea degli oggetti-scultura a
“funzionamento simbolico” (Salvador Dalì) e nel 1932 gli viene dedicata la prima personale
presso la Galleria parigina Pierre Colle. Negli anni tra le due guerre, sebbene già famoso a
livello internazionale, è costretto a guadagnarsi da vivere realizzando, assieme al fratello
Diego, oggetti di arte applicata come mobili e lampade ed è a metà degli anni Trenta che
distaccandosi dal surrealismo inizia un percorso di ricerca di una nuova relazione della
figura con lo spazio. Nel corso degli anni Quaranta si approfondisce l’amicizia con Jean
Paul Sarte e Picasso; lascia Parigi occupata alla volta di Ginevra nel 1942 e rientra nella
capitale francese solo nel 1945. La Pierre Matisse Gallery di New York allestisce nel 1948
una sua personale, nel 1950 il Kunstmuseum di Basilea organizza la prima retrospettiva a
lui dedicata e la Galerie Maeght presenta nel 1951 la sua prima mostra dopo la Guerra. Da
allora si susseguono le mostre a lui dedicate sia in Europa che negli Stati Uniti; la Biennale
di Venezia del 1956 lo vede presente nel padiglione francese e, alla sua seconda
partecipazione nel 1962, riceve il Gran Premio di Scultura. Già nel 1961 il Carnegie
Institute di Pittsburgh gli aveva conferito il Gran Premio di Scultura (1961) e dal
Guggenheim di New York ottiene il Premio di Pittura nel 1964. L’università di Berna lo
nomina dottore honoris causa nel 1965. Giacometti muore a Chur (Svizzera) all’inizio del
1966.
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