Fattore terroir

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Fattore terroir
WINE TERRITORIO ‡ testo di Mirta Oregna
Fattore
terroir
Vitigni internazionali o autoctoni?
La risposta a Capalbio, da Georg Weber
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egame indissolubile tra
le caratteristiche oraganolettiche di un vino e
il territorio in cui cresce,
il terroir viene interpretato diversamente dai
produttori. Il giovane imprenditore
Georg Weber a Monteverro ha
scelto, con successo, di valorizzare
la sua Capalbio con vitigni internazionali; altri invece hanno preferito
riscoprire i vitigni autoctoni.
L
E’ l’X-factor del vino, l’anello
determinante nella catena del DNA
di ogni etichetta, perché il terroir,
parola francese che non ha equivalenti nelle altre lingue, traduce il
legame che si crea tra un alimento
e il suo territorio di produzione,
mettendo in relazione caratteristiche
organolettiche del vino con quelle
climatiche, geologiche, topografiche
e culturali di un determinato luogo.
Da qui l’annoso dilemma per cui ci
si chiede se sfruttare al meglio le
qualità del terroir trovando i vitigni
più adatti, o se riscoprire e valorizzare antichi vitigni autoctoni magari
dimenticati, ovviamente sempre in
nome del gusto.
Nel porsi questa domanda non ha
avuto dubbi Georg Weber, noto
imprenditore tedesco e viticoltore
folgorato sulla via di Capalbio che,
dopo innumerevoli studi e consulti,
ha dato vita all’Azienda Monteverro (www.monteverro.com) in cui,
con un team di esperti, ha scelto di
privilegiare vitigni eclettici, per dare
corpo al suo sogno, ovvero creare
in Toscana un Premièr Gran Crus
come il primo Classé di Bordoux
che bevve e lo ammaliò ai tempi
dell’Università.
“Mi sono innamorato subito di
questa terra - ci racconta Weber, che
era indeciso anche su Bolgheri, la
Napa Valley e Bordeaux – la costa
è una delle più belle e promettenti
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WINE
WINE
Legame indissolubile tra le caratteristiche
oraganolettiche di un vino e il territorio
in cui cresce, il terroir viene interpretato
diversamente dai produttori.
d’Italia, e con un potenziale enorme
per vini eccezionali. Soprattutto il
sud con Capalbio, che vanta caratteristiche uniche”.
“Se poi – prosegue – abbiamo
scelto vitigni internazionali invece
che autoctoni, è perché credo che
un sangiovese raggiunga risultati migliori da altre parti, come
a Montalcino. A Monteverro la
tipologia di terreno e le fredde notti
determinate dalla vicinanza del
mare creano condizioni perfette per
le varietà internazionali” .
Così’nel 2003 è nata l’azienda
Monteverro, un piccolo gioiello
le cui preziose perle, declinate in
quattro etichette e risultato della
prima vendemmia 2008, sono arrivare ora, nel 2011, sul mercato.
Su un terreno fortemente minerale, argilloso, ricco di ferro e sassi,
lambito dal vento che regala sollievo
alle vigne anche nei caldi giorni
d’agosto, sono così state messe
a dimora barbatelle di Cabernet
Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot,
Petit Verdot, Syrah e Grenache, tutti
vitigni “del cuore” che stanno a 5
chilometri dal mare, immersi tra
olivi, seminativi e macchia mediterranea, dove scorrazzano liberi i
cinghiali (in toscano appunto verri).
Sono tutte vigne esposte a sudovest, tenute con cura come fossero
giardini da un team di esperti
eclettico come i vitigni scelti, perché
la sfida di valorizzare un terroir così
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“scoppietta” in bocca), il Pignolo,
il Refosco dal Peduncolo Rosso e il
Tazzelenghe (“taglia-­lingua” per la
sua asprezza e durezza).
complesso esige che non si abbassi
mai la guardia.
Tutte vigne ancora giovani perché
possano esprimere a pieno il sogno
di Weber di “quel” grande vino, ma
i primi risultati sono già soddisfacenti: il Monteverro, il più importante, il fuoriclasse della gamma, da
uve Cabernet Sauvignon e Franc,
Merlot e Petit Verdot; il fratello
minore Terra di Monteverro; il
Tinata, a base di Syrah e Grenache e
dedicato alla madre, infine lo Chardonnay in purezza, vino importante,
di grande concentrazione, ampio ma
di grande eleganza, che matura in
barrique per quindici mesi.
Un poker vincente di vini che
esprime appieno il meraviglioso
terroir di Capalbio.
Georg Weber, noto imprenditore
tedesco e viticoltore
folgorato sulla via di Capalbio,
dopo innumerevoli studi e consulti,
ha dato vita all’Azienda Monteverro
(www.monteverro.com) in cui,
con un team di esperti, ha scelto di
privilegiare vitigni eclettici, per dare
corpo al suo sogno: creare in
Toscana un Premièr Gran Crus.
TERROIR E LA RISCOPERTA
DELL’ANTICO
Diversa la scelta di alcune aziende
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altamente caratterizzati, hanno
preferito scommettere su quei viti-­
gni lì abituati a crescere e svilup-­
parsi da tempo, magari dimenticati
o caduti in disuso, e quindi ripor-­
tati a nuova vita grazie a tecnica
e tecnologia contemporanee, di
cui proprio il gusto del vino gode i
risultati.
E’ il caso di Bisol (www.bisol.it)
che a Mazzorbo, nel parco Nord
della Laguna di Venezia ha ripor-­
tato in vita una varietà vitivinicola
a bacca bianca che si credeva
estinta “l’Uva Dorona di Venezia”,
detta anche “Uva d’Oro”, un
tempo prodotta in tutta la laguna
e conservata miracolosamente
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vazioni dell’isola di Sant’Erasmo.
Dopo un’attenta ricerca storica ha
recuperato la vigna murata, da cui,
nel settembre 2010 ha vendem-­
miato i primi grappoli: dal febbraio
2012 saranno così disponibili 4880
bottiglie di questo antico, prezioso
vino.
Sempre nelle Venezie, i Conti
d’Attimis-­Maniago (www.conte-­
dattimismaniago.it ) coltivano sino
dal 1585 antichissimi vitigni au-­
toctoni: a bacca bianca, la Ribolla
Gialla (di cui l’azienda produce
anche un’interessante versione
spumante con fermentazione
in autoclave metodo Charmat),
il Tocai, la Malvasia, il Verduzzo
Friulano e l’immancabile Picolit;;
mentre a bacca rossa coltiva lo
Schioppettino (il cui nome sec-­
ondo antiche tradizioni locali
deriverebbe dalla buccia sottile e
tesa dell’uva che a maturazione
Ancora nord est, in questo caso
Alto Adige: qui un vitigno come il
Pinot Bianco, importato oltre 150
anni fa, è diventato a tutti gli effet-­
ti espressione autentica del terri-­
torio. A dimostrarlo il Pinot Bianco
Vorberg della Cantina di Terlano
(www.cantina-­terlano.com ), vino
pieno e longevo, nato da terreni di
origine vulcanica, ricchi di minerali
. Nel Campaner della Cantina Cal-­
daro (www.kellereikaltern.com) si
ritrova invece la Schiava, il vitigno
autoctono più antico della regione,
che con le sue vigne “a pergola”
caratterizza il paesaggio della
provincia bolzanina.
Scendendo in centro-­Italia, in
Abruzzo, Feudo Antico (www.
feudoantico.it) , più che un
consorzio un progetto volto a
valorizzare l’enologia abruzzese,
utilizza solo vitigni autoctoni, solo
i vigneti migliori, solo rese basse
e tecniche di viticoltura a basso
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della cuvèe. L’azienda conta 15 et-­
tari in produzione, composti dalle
varietà del territorio ed un ruolo di
particolare importanza viene dato
a Pecorino e Passerina, autoctoni
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invece ritenuti interessanti risorse
del territorio. Così è nata la doc
Tullum, prima doc territoriale dopo
decine di anni in cui la regione è
stata dominata da due sole grandi
doc: Trebbiano d’Abruzzo e Mon-­
tepulciano d’Abruzzo.
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