Santa Messa In occasione del 150° anniversario dell`Unità d`Italia

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Santa Messa In occasione del 150° anniversario dell`Unità d`Italia
Diocesi di Cassano all’Jonio
Piazza S. Eusebio, 1
87011 Cassano all’Ionio (CS)
tel. 0981.71048 - fax 0981.782250
e-mail:[email protected]
sito internet: www.diocesicassanoalloionio.it
Santa Messa
In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia
Cattedrale di Cassano all’Jonio 9 aprile 2011
Diletti confratelli, carissimi sindaci, fedeli tutti,
vi
ringrazio,
anzitutto,
per
aver
accolto il mio invito a voler prendere parte a questo momento di preghiera, ispirato
dall’analoga iniziativa promossa il 17 marzo scorso a Roma dal Presidente della Cei,
cardinale Angelo Bagnasco, in occasione dei festeggiamenti del centocinquantesimo
anniversario dell’Unità d’Italia.
Anche noi, oggi, siamo qui per invocare l’aiuto dal Signore nostro Gesù Cristo
per tutti i cittadini italiani che pure nella nostra amata diocesi vivono tra innumerevoli
contraddizioni e contrapposizioni, soffrendone le ripercussioni ed il peso.
Inquadrare in quest’ottica territoriale, per estenderlo poi ad una dimensione
nazionale, il contributo dei cattolici al processo di unificazione del nostro Stato,
richiede una lettura della storia scevra da pregiudizi e seriamente documentata,
lontana dunque sia da conformismi, sia da revisionismi, tenendo ben presente la
rilevanza del ruolo del cristianesimo nella definizione dei valori portanti delle
vicende italiche.
In effetti, già prima del 1861, la realtà italiana – benché frammentata in vario
modo – si era ritrovata in una sintonia di fatto in virtù dell’eredità cristiana. Bastino
due nomi: Francesco d’Assisi e Dante Alighieri. Grazie al primo ed all’irradiazione
della sua testimonianza, cominciò a sustanziarsi il concetto di italianità (peraltro
intrecciato all’universalità) che avrà bisogno ancora di secoli per essere infine
condiviso da tutti. Grazie al secondo, ogni borgo, ogni piazza, ogni clan trova la
strada per pacificare i propri irriducibili contrasti nel nome di una trascendenza che
riesce – operazione davvero di genialità poetica, e in qualche modo politica - a
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manifestarsi attraverso un capolavoro che va oltre il tempo e ogni contingenza,
costruito su una nuova lingua, aristocraticamente volgare.
I due grandi figli dell’Italia sono nostri progenitori e nostri padri. In essi, in
quanto hanno creduto fermamente, troviamo un depositum fidei atque conscientiae
che non può non unirci: chi crede di non dover condividere un tale sentire non solo,
in buona fede o inconsapevolmente, ignora che esso è alimentato anche dalla Chiesa,
ma fa opera di autolesionismo in nome di interessi di poco conto, che certamente non
hanno l’afflato né della sublimità né dell’eternità.
Seguendo questo sentiero ideale, l’’anniversario che stiamo celebrando pure tra
le navate di questa nobile ed antica Cattedrale diventa allora non tanto un computo di
giri di clessidre, quanto l’occasione per riuscire a cogliere il perfezionamento di un
cammino compiuto da un’entità nazionale verso l’ufficialità del consesso europeo e
mondiale, partendo dal dato di fatto di un popolo che già prima del 1861 esisteva
grazie proprio a determinati valori e ideali, tra i quali non certo secondari quelli di
una lingua e da una fede cristiana comune e nobilitata da tanti artisti ed anche dal
sacrificio e dal sangue di tanti martiri, civili e religiosi. «La costruzione politico–
istituzionale dello Stato unitario – è scritto non a caso nel messaggio inviato dal Papa
al Presidente Napolitano lo scorso 16 marzo – coinvolse diverse personalità del
mondo politico, diplomatico e militare, tra cui anche esponenti del mondo cattolico
[…]. Se vi fu conflitto tra Stato e Chiesa, nessun conflitto si verificò nel corpo
sociale, segnato da profonda amicizia tra comunità civile e comunità ecclesiale». E
Benedetto XVI faceva a volo d’angelo alcuni esempi: il senso di responsabilità e di
giustizia del popolo italiano, che alla fine viene sempre fuori; i Patti Lateranensi del
1929; la funzione di maestra di vita e di testimonianza del Vangelo svolte dalla Santa
Sede; il contributo fornito dai cattolici italiani prima alla Lotta di Liberazione e subito
dopo all’elaborazione del testo della Costituzione del 1947-48. Nè può essere
sottovalutata l’importanza della presenza di tante forme di solidarietà o della rete di
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iniziative sociali e politiche del cattolicesimo italiano per affrontare squilibri
economici e disuguaglianze sociali, come le cooperative, le associazioni cattolicooperaie, le casse rurali ed artigiane tra le quali, per rimanere ad una testimonianza a
noi familiare e prossima, quelle fondate dal sacerdote moranese don Carlo De
Cardona.
Il Santo Padre concludeva il messaggio con questa pragmatica e al tempo
stesso alata riflessione: «La Chiesa è consapevole non solo del contributo che essa
offre alla società civile per il bene comune, ma anche di ciò che riceve dalla società
civile». È per questo che uno dei compiti primari della Chiesa è educare il popolo ai
valori civili, tanto che Essa è accanto alla famiglia, incomparabile matrice, cattedra e
palestra delle giovani generazioni. E quando il processo dà sintomi di stanchezza o,
addirittura di crisi, ecco l’educazione diventare la prima delle emergenze.
È evidente come tutto ciò abbia un peso considerevole non soltanto nello
specifico di questa ricorrenza epocale, ma anche – ed è ciò che più conta - nel
rafforzamento dell’identità nazionale, frutto sia della lunga stagione risorgimentale,
sia dei segni incancellabili della spiritualità e della visione cristiane che hanno
contraddistinto il comportamento di milioni e milioni di italiani da tanti secoli.
La Chiesa, in questo frangente, ha una responsabilità ancora più grande:
ritrovare la sua capacità educativa affinché il vero dialogo veda confrontarsi posizioni
diverse, ma consapevoli della loro identità. Obbligata, dunque, la strada da
percorrere: alimentare la cultura dell’unità nazionale, con l’obiettivo, ambizioso ma
irrinunciabile, di superare incomprensioni e diffidenze. Ci si riuscirà se, come dice
sempre il Santo Padre, «mai verrà dimenticato che tutte le componenti della società
devono impegnarsi, con rispetto reciproco, a conseguire nella comunità quel vero
bene dell’uomo di cui i cuori e le menti della gente italiana, nutriti da venti secoli di
cultura impregnata di Cristianesimo, sono ben consapevoli».
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In questa giornata particolare, allora, preghiamo per questa Italia che era
un’unica realtà molto prima di essere Stato. Ringraziamo Dio per la nostra lingua
comune e per i cristiani eminenti che hanno alimentato la crescita spirituale e umana
dell’Italia. Ricordiamo il popolo del Sud che nel dopoguerra è salito al Nord a
costruire strade, case e fabbriche. Dedichiamo un pensiero affettuoso alla gente
comune, che si è mossa tante volte per soccorrere il Paese ferito. Ascoltiamo i maestri
di unione, don Puglisi, don Diana, il giudice Livatino e tanti altri testimoni di verità
fino al dono della vita, come il commissario Giovanni Palatucci, che ha unito Nord e
Sud nell’impresa di strappare i perseguitati ebrei alla barbarie nazifascista. Ancora:
ringraziamo Dio per la Costituzione repubblicana, per i Padri fondatori che 64 anni fa
– superando divisioni e contrapposizioni – ce l’hanno preparata, per i maestri cristiani
che l’hanno fatta amare, da Alcide De Gasperi a Giuseppe Dossetti e a Lorenzo
Milani. Preghiamo per chi ha il potere e il dovere di servire il Paese tutto. E per gli
anziani, che hanno faticato per costruire il presente, oltre che per i giovani che
rifiutano sballo e disimpegno e si preparano a servire il bene comune intendendo
difendere l’eredità di una grande memoria condivisa.
In conclusione, carissimi, nonostante le oziose polemiche, teniamoci stretti gli
elementi, i fattori, i valori che ci uniscono e non perdiamoci tra i fantasmi del passato:
sarà il modo migliore per fare memoria di questa grande ricorrenza che stiamo
vivendo.
Il Signore ascolti le nostre preghiere, i credenti s’impegnino a vivere
evangelicamente, testimoniando con la vita la fede che professano. A questa nostra
giovane Patria, come nei tempi passati, riserviamo tutto il nostro amore e la nostre
più premurose attenzioni: ne ha bisogno lei, ne hanno bisogno i suoi e nostri figli.
Amen
 Vincenzo Bertolone
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