III Domenica di Pasqua La Pedagogia della Speranza

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III Domenica di Pasqua La Pedagogia della Speranza
Diocesi di Cassano all’Jonio
Piazza S. Eusebio, 1
87011 Cassano all’Ionio (CS)
tel. 0981.71048 - fax 0981.782250
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sito internet: www.diocesicassanoalloionio.it
per l’Omelia domenicale a cura del Vescovo Mons. Vincenzo Bertolone
III Domenica di Pasqua
8 maggio 2011
La Pedagogia della Speranza
Introduzione
La liturgia della Parola di oggi, III Domenica di Pasqua, ci viene incontro con
una delle pagine più affascinanti del vangelo di Luca: i discepoli di Emmaus (24,1325).
Uno dei racconti del ciclo delle apparizioni del Risorto, che ha ispirato di più la
penna degli scrittori, la musica dei compositori, e la tavolozza dei pittori. Solo per
citarne alcuni, come non pensare alla pagina che vi ha dedicato F. Mauriac nella sua
Vita di Gesù; o ai versi del poeta inglese Thomas S. Eliot.
Ma al di là del suo valore artistico, l’episodio dei discepoli di Emmaus vale per
ciò che suggerisce ai nostri cuori. Esso, infatti, è l’episodio che sicuramente ci
cuciamo più addosso, giacché lo sentiamo molto familiare e vicino. Di fatto,
l’incredulità iniziale che rende i due discepoli di Emmaus fermi, attoniti, spaventati e
in fuga di fronte al cadere delle certezze, ci accomuna ad essi.
Infatti, anche noi nell’esperienza della perdita e della delusione, diventiamo
incerti, sospettosi, anche quando percorriamo il sentiero della vita di fede, e ciò
accade soprattutto quando ci lasciamo alle spalle la porta della Chiesa.
Ma oggi la pagina del vangelo di Luca ci ricorda che la vita di fede non è riservata
soltanto ai giorni di festa, quando il cammino si snoda su sentieri pianeggianti; essa è
in realtà la nostra vocazione, ovvero contrappunta anche i giorni feriali, quando il
cammino è più arduo.
Allora valgono ancora di più gli incoraggiamenti che San Pietro moltiplica
nella sua lettera: non dimenticare che siamo sempre figli di Dio; ritrovare la gioia di
essere liberi nel percorre la strada che ci porta alla meta finale, la santità; valutare
sempre a quale prezzo Dio ha voluto la nostra santità; e, infine, approfittare al
massimo del tempo che ci è dato per condividere la gloria del Risorto.
Perciò, ripetiamo, facciamo nostra l’invocazione del Salmista: Mi indicherai il
sentiero della vita; se Tu stai alla mia destra, non posso vacillare. Perché, questa
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Presenza, che si fa compagna di strada e sostegno nei momenti di angoscia e dubbio,
è il vero centro della nostra vita di fede.
Pascal diceva: “Unus christianus, nullus christianus”. Il Cristiano che si fa da
sé, chiuso in se stesso e difensore del proprio “particolare”, non è cristiano. Invece,
camminare uniti a Cristo, Divino Viandante, significa respirare già l’amore di Dio
Padre, la libertà di essere figli e la bellezza di essere salvati.
Il Paradiso è questo.
Dalla nostalgia alla fede
A quindici giorni dalla festa di Pasqua, dopo il rinnovamento cui la Chiesa ci
ha guidato, è facile lasciarsi riprendere dalla monotonia dei giorni e delle nostre
cadute. Ma finché continuiamo a restare chiusi nell’orizzonte di noi stessi, delle
nostre attese e dei nostri sogni, non capiremo ancora il valore della Pasqua,
archiviandola come le altre quando la festa ormai è passata. Così le delusioni sono
sempre in agguato e i nostro occhi restano incapaci di vedere nella nostra vita e nella
storia del mondo il compimento del progetto di Dio.
Per questo ci troviamo a camminare lungo i sentieri della vita avendo gli stessi
sentimenti dei due discepoli di Emmaus: “In cammino, discutono tra loro, col volto
triste”. È il ritratto attualissimo della crisi di fede, di valori e di verità che oggi
viviamo. Il ritratto della delusione che pesa sui nostri sogni infranti e i nostri progetti
falliti; il ritratto di noi che pronunciamo vane parole per colmare vuoti che diventano
sempre più angoscianti.
Infatti, quando si soffre troppo è inutile affaticarsi nel vano tentativo di trovare
motivi di speranza. Meglio tentare di dimenticare, fuggendo lontano dai luoghi della
delusione e ubriacandosi di cose e parole vuote. Ancor più triste convincersi che
neppure sulla fede, un tempo creduta sostegno sicuro, ora si può contare.
C’è una risposta a tutta questa tristezza? C’è una piccola, insperata luce che possa
rischiarare un cielo pieno di nuvole?
La risposta e la luce c’è, è il Signore che con estrema naturalezza si rende
presente, come un viandante qualsiasi, che s’incontra per caso, scivola dentro
l’esistenza senza far rumore, attraverso gesti elementari, come camminare, parlare,
condividere un pezzo di pane.
Allora il cammino riprende con spirito diverso: la silenziosa Presenza, che ci affianca
lungo la via, ha il potere di riscaldarci il cuore. Forse non si tratta ancora di fede, ma
di nostalgia di un qualcosa di bello posseduto e perso. Nostalgia di Chi non si sente
più vicino come un tempo. Il Signore viene, fa un tratto di strada con noi, si mette in
ascolto, ci dischiude, come il più straordinario esegeta, la comprensione dell’amore e
della prossimità di Dio.
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La liturgia della strada apre alla liturgia della speranza: non più solo sospetto e
sfiducia, delusione e tristezza, ma fiducia e affidamento, certezza, gioia e amore.
perché ci si accorge che la mano di Dio si è posata anche là dove sembrava
impossibile, sulla croce.
Ecco la speranza che rianima il cuore incredulo e triste: la mano di Dio, così nascosta
da sembrare inesistente, non smette mai di ricamare con il filo d’oro la tela del
mondo e della nostra vita. Solo che noi troppo spesso dimentichiamo qualcosa: più la
mano di Dio è nascosta, più è potente, più è silenziosa, più è efficace.
Nel momento in cui riconosciamo questa Mano passiamo (o dovremmo farlo)
dalla nostalgia alla fede, e dalla fede alla testimonianza.
Il Paradiso vicino
Se volessimo tradurre in parole tutta la pedagogia che il Maestro risorto ha
tenuto con i suoi discepoli, e che ora vorrebbe seguire con noi, potremmo
sintetizzarla in poche battute: una esortazione dettata da una affettuosa speranza.
La speranza di non cercarlo nei fatti straordinari,ma piuttosto lungo i percorsi
della quotidianità, nei fatti minimali, nei gesti elementari. La speranza di non
permettere che la Parola ci trovi distratti e impreparati, lasciando che passi dalle
orecchie alla mente senza aver attecchito nel cuore. È vero: talvolta non accade nulla,
ma altre volte si avverte un turbamento interiore e profondo che fa ardere il cuore,
risveglia l’intelligenza. E perciò riconosciamo in quelle parole il Dio presente, e
incontriamo il Suo Cristo, la Sua Presenza vivificante, che ha preso dimora nel cuore
di ogni uomo.
Ecco come ci vuole educare il Divino Maestro: non ad affidare la nostra fede
allo stupore dei miracoli, ma al fascino che nasce da ogni parola e da ogni gesto che
trasmette un messaggio d’amore.
Allora, chi fa esperienza del Risorto non può continuare a camminare col volto triste,
attardandosi a fare l’inventario delle cose che avrebbero potuto essere e non sono.
Non si può neppure essere testimoni credibili del Risorto se ci si abbandona ai
rimpianti.
I suoi testimoni veri, infatti, non perdono tempo con una storia passata, ma
annunciano e anticipano una storia nuova, già presente, operante, nonostante tutti gli
ostacoli, i rifiuti, e gli apparenti insuccessi.
La Resurrezione è una forza che sconvolge, trasforma, sia pure in maniera
nascosta, non clamorosa, anche la realtà più mortificante. Perché il cammino, in cui ci
guida il Signore, non è verso un oltre che sta al di là del nostro tempo e del nostro
spazio, ma è verso un oltre di amore, di conoscenza, di libertà, in una sola
espressione, di esperienza di Dio.
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È un cammino nelle dimensioni più intime dell’esperienza umana che porta ad
entrare sempre più nello Spirito del Padre, e perciò, a sentire, vedere, amare e
perdonare come Lui.
È questa la strada che porta al raggiungimento della vera, unica meta: vivere
uniti a Cristo per entrare con Lui nell’amore infinito del Padre. Il nostro Paradiso.
Conclusioni
C’è una strada, una speranza che si accende e c’è Qualcuno che ci conduce là:
Non ci ardeva forse il cuore mentre lungo la strada ci spiegava il senso delle
Scritture e il senso della vita? Il dono dello Spirito, ancora oggi, è questo ardore del
cuore, questa incandescenza dell’anima che la Parola di Dio, la voce di un figlio, il
gemito e il giubilo del creato, un amore, un profeta riaccendono dentro di noi.
Perciò l’augurio che posso farvi, e farmi, è il dono di Emmaus, il dono
favoloso e intermittente del cuore acceso, anche se solo di tanto in tanto, e raramente;
è di trovare sempre in Dio qualcosa capace di rubare il cuore; e qualcuno, lungo la
strada, che ci parli di Dio in modo che ascoltandolo ci possa sussultare il cuore per la
nostalgia. E sarà sufficiente a ripartire, anche se è notte attorno; e sarà, soprattutto,
sufficiente per riconoscere Cristo, se riusciremo a spezzarci per gli altri, perchè
spezzare qualcosa di nostro per gli altri è il cuore del Vangelo.
Auguri a tutte le mamme, tenera presenza di Dio sulla terra.
Serena domenica.
 Vincenzo Bertolone
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