un film per raccontare la storia del marzemino
Transcript
un film per raccontare la storia del marzemino
Una proposta per gli organizzatori del concorso “La vigna eccellente” proposta UN FILM PER RACCONTARE LA STORIA DEL MARZEMINO Terra Trentina dal volume “La Vigna eccellente” 10 Il conferimento di un premio non è solo il riconoscimento delle capacità di un viticoltore e la condivisione di un comune senso estetico, ma anche un’occasione per considerare alcune linee di tendenza, un margine tra il passato ed il futuro delle nostre comunità agricole per ripensarne lo sviluppo. Il regista Wim Wenders circa 15 anni fa rilasciò un’intervista dove gli venne richiesto un parere sull’espressione una bella immagine. Il suo giudizio lasciò l’intervistatore un po’ perplesso: Per Wenders questa espressione aveva cambiato significato: – un’immagine bellissima non significa più nulla – perche tutte le immagini che ci circondano cercano di essere belle – e la bellezza non costituisce piu’una qualità dell’immagine “credo che la qualità” specificava Wenders “sia sempre più legata a qualche forma di verità, piuttosto che alla bellezza” Se, come capita spesso, gli artisti anticipano i tempi e l’arte contiene la metafora della vita, nelle parole di Wenders è possibile ritrovare quello che sta accadendo nel mondo del vino, nel modo di immaginarlo, di produrlo, di berlo, di degustarlo. Fino a qualche tempo fa la sola qualità sensoriale di un vino era considerata un valore assoluto, l’unico modo per decodificare le modalità delle L’idea nasce a corollario di un ragionamento assolutamente innovativo sul modo di valorizzare e proporre al consumatore un vino profondamente legato al territorio e alla sua gente Attilio Scienza Università di Milano/Presidente della Commissione Giudicatrice sua origine, della sua produzione, in definitiva la sua rintracciabilità. dal volume “La Vigna eccellente” vini hanno perso personalità, li abbiamo tutti resi simili e “banalmente piacevoli”. Il consumatore non vuole più vini perfetti ma vini diversi, originali, emozionali. Non vi siete mai chiesto perche’ hanno successo crescente i produttori di vini biodinamici o prodotti nelle anfore? Non certamente per un principio olistico, ma per soddisfare una nicchia di mercato che diviene via via piu’importante. Bisogna ritornare prima di tutto alla terra, dentro la terra, per comprendere che il vino è prima di tutto un “atto agricolo”, non è un prodotto industriale, non è come giocare in borsa come in questi anni molti investitori provenienti da altri settori economici hanno fatto. Non bastano più ne’ gli appelli dei guru della comunicazione, ne’ il turismo enogastronomico o dei prodotti tipici. È necessario costruire una rete dove ogni operatore ha una formazione specifica. I nostri viticoltori sono in questi anni diventati monocompetenti È necessario pensare ad una poli-competenza ma non come nel passato fatta solo di esperienza acritica e tramandata, viticoltori capaci di confrontarsi con saperi e realtà diverse, che non professino ricette universali, in grado di scegliere le tecnologie più utili per la loro realtà produttiva quindi più formazione e ricerca. Il vino che ci aspettiamo non sarà allora solo buono per bere ma anche buono per pensare. Un ultimo piccolo stimolo coerente con la necessità di una tracciabilità culturale dei nostri territori: Il film Sideways ha incrementato negli usa il consumo di Pinot nero del 500% (71 milioni di dollari al box office solo in America) ed in questo momento sono in uscita o in fase di ultimazione in usa più di una decina di films con attori del calibro di Zeta Jones, Russel Crowe, che trattano storie di vino e di cibo. Perché non pensare alla storia del Marzemino e della sua origine dalla terra dei paflagoni? Terra Trentina Ora questo aspetto “estetico” del vino non è più sufficiente per la sua interpretazione. C’e’ qualcosa oggi da scoprire, di più complesso, di più affascinante del semplice concetto di piacevolezza del liquido che sta dentro il bicchiere. Qualcosa che è fuori del bicchiere e che, oltre al gusto, è in grado di riportarci con soddisfazione e con gioia, alle origini del vino, al suo rapporto stretto con la terra, con i viticoltori che ci hanno dato questo vitigno e scelto questo luogo. Qualcosa però che và al di là dei contenuti del terroir alla francese fatto di clima, profilo del suolo, ai rapporti tra radici della vite ed orizzonti pedologici. Il terroir inteso allora come geografia delle emozioni, come narrazione di un’immagine, di una visione che prende corpo nel vino che gli dà anima, personalità. Un terroir fatto di storie del vino e di storie di personaggi del vino, che si nutre e si arricchisce di narrazioni e di diversita’, che sa interagire con le storie dei commerci, con la cultura della ruralità e della identità territoriale. Quella che potremmo dire una rintracciabilità culturale alla quale nessuno pensa o se ci si pensa è solo in chiave emotiva, turistica, trasformando i nostri paesi un po’ alla volta in tante piccole disney land. Bisogna ritrovare quella dimensione agricola che sta scomparendo per lasciare il posto a quella delle cartoline della viticoltura italiana. In questi anni abbiamo confuso le caratteristiche organolettiche del vino (una bella immagine per dirla come Wenders) con l’anima di un vino come se per far musica bastasse uno stradivario per essere un grande violinista, i nostri 11