DAILY NEWSn.3 11.01.2016 - Studio Professionale Lorena Mori

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DAILY NEWSn.3 11.01.2016 - Studio Professionale Lorena Mori
N.3
del 11.01.2016
Le Daily News
A cura di Ennio Vial e Vita Pozzi
Lo studio del MEF sui frontalieri
In data 12 ottobre 2015 il MEF ha pubblicato un documento intitolato “I lavoratori frontalieri
italiani in Svizzera, Carburante di qualità nel motore dell’economia elvetica, in particolare
ticinese”. Il documento, che sarà oggetto della presente analisi, oltre a fornire interessanti dati
statistici, permette di fare il punto sul regime fiscale dei frontalieri attuale e sulle evoluzioni future.
Sono numerosi i fattori di natura geografica e storica che hanno favorito l’intensificarsi del fenomeno
dei frontalieri. Non va trascurata la continuità geografica e l’uguaglianza della lingua. La Svizzera ha
avuto, attraverso i lavoratori frontalieri, l’opportunità di acquisire competitività internazionale
attraverso una riduzione del costo del lavoro. Si tratta di un aspetto particolarmente importante in
considerazione della forte rivalutazione del franco Svizzero intervenuta negli ultimi anni. I vantaggi,
tuttavia, non mancano anche per i paesi di provenienza. Infatti, per le regioni italiane di partenza, il
frontalierato permette di acquisire redditi (salari e ristorni sulle imposte prelevate in Svizzera) grazie
all’offerta di manodopera nei confinanti Cantoni, con una produttività in linea con quella svizzera nei
ruoli lavorativi svolti. Il fenomeno, peraltro, ha comportato un certo sovraccarico della rete viaria. Il
documento di recente emanazione affronta le seguenti aree tematiche: l’entità e la geografia dei flussi;
il quadro giuridico del trattamento fiscale dei lavoratori frontalieri italiani; analisi del mercato del lavoro
nel Canton Ticino, verso il quale si dirige la quota prevalente dei frontalieri italiani; analisi dei fattori
che favoriscono la mobilità dei frontalieri verso il cantone (differenziali salariali e ciclo economico
asincrono).
L’entità e la
geografia dei
flussi
Le statistiche sui frontalieri sono particolarmente accurate in quanto, mentre in ambito
europeo vige il principio di libera circolazione delle persone, la Confederazione elvetica
prevede un regime peculiare di soggiorno e di occupazione fondato sul permesso di
1
lavoro. L’unità di analisi riguarda tutti i frontalieri stranieri, ossia i lavoratori di
nazionalità straniera in possesso di un’autorizzazione specifica per frontalieri (cosiddetto
“permesso G”) e che esercitano un’attività lucrativa in Svizzera. Il permesso G è
concesso ai frontalieri soltanto sulla base di un contratto di lavoro sottoscritto con un
datore di lavoro svizzero.
Anche per esercitare un’attività come lavoratore indipendente è previsto il rilascio del
permesso, con modalità lievemente differenti. Si possono presentare i seguenti tre casi,
che si differenziano a seconda della durata:
1. se l’impegno lavorativo è inferiore a tre mesi per anno, non è necessario il
permesso, ma vige comunque l’obbligo di completare una dichiarazione di notifica;
2. se l’impegno lavorativo è compreso tra tre mesi e un anno, è previsto un permesso
“breve”, concesso a chi detiene contratti a tempo determinato e della stessa durata
del contratto in questione;
3. se il contratto prevede un impegno lavorativo di durata superiore a un anno o a
tempo indeterminato, è prevista la concessione di un permesso “lungo”, della durata
di cinque anni, chiamato “Permesso G”.
La grande maggioranza dei frontalieri ha il Permesso G, in quanto i datori di lavoro
svizzeri tendono a assumere a tempo indeterminato, molto più che in Italia, perché
comunque mantengono libertà di licenziare con relativa facilità.
Il numero dei frontalieri italiani che nel secondo trimestre del 2015 hanno lavorato in
Svizzera è risultato pari a circa 69 mila unità1.
Il 90% dei frontalieri italiani opera in Ticino. Il numero è cresciuto nel tempo ma ha
subito una decelerazione nelle ultime annualità.
Le province italiane di provenienza più significative sono Varese e Como.
Poi si colloca quella di Verbano-Cusio-Ossola (oltre 5 mila). Più contenuti risultano
invece i flussi dalle altre province confinanti (Sondrio, Lecco, Aosta, Bolzano).
Il lavoratore
dipendente
all’estero
Il tema dei redditi di lavoro dipendente è disciplinato all’art. 15 del modello Ocse. Il
paragrafo 1 prevede la scontata regola generale secondo cui il reddito è imponibile nello
Stato in cui viene svolta l’attività lavorativa se questo coincide con il paese di residenza
del lavoratore. Se, tuttavia, il lavoro viene svolto nell’altro Stato contraente, le
remunerazioni percepite a tale titolo sono imponibili in quest’altro Stato. Il mancato
utilizzo dell’espressione “soltanto” non esclude la tassazione nel paese di residenza del
contribuente. Ciò significa che il reddito sarà tassato in entrambi i paesi, con la
concessione di un credito d’imposta da parte del paese di residenza. In sostanza, non si
contempla una disciplina più favorevole rispetto a quella prevista dalla normativa
interna.
1 La maggior parte dei frontalieri provengono dalla Francia.
2
Una disposizione di questo tipo avrebbe potuto creare degli appesantimenti non
giustificati da un distacco di breve durata. Il Modello di Convenzione ha quindi introdotto
un
temperamento
a
tale
regola,
prevedendo
una
più
agevole
imposizione
esclusivamente nel paese di residenza del lavoratore se risultano soddisfatte
contemporaneamente le seguenti condizioni:
 il beneficiario della remunerazione soggiorna nell’altro Stato per non più di 183
giorni nel corso di un periodo di dodici mesi che inizia o finisce nell’anno fiscale
considerato;
 le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è
residente nello Stato in cui si svolge l’attività. Potrebbe essere il suo vecchio datore
di lavoro italiano che lo ha distaccato;
 l’onere della remunerazione non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una
base fissa che il datore di lavoro ha nello Stato in cui si svolge l’attività di
dipendente.
Da ciò si può agevolmente intuire come la ratio della disposizione sia quella di impedire
che sugli impieghi di personale all’estero di breve durata si esercitino effetti fiscali
penalizzanti, quanto meno sotto il profilo burocratico degli adempi-menti dichiarativi.
Ovviamente, il Modello OCSE deve essere valutato quando si fanno discorsi di carattere
generale. Quando si approccia il caso concreto, bisogna esaminare la convenzione
specifica di riferimento.
La convenzione tra Italia e Svizzera non deroga rispetto alle indicazioni appena fornite.
Vedremo, tuttavia, come sia prevista una disciplina particolare per i frontalieri.
Il quadro
giuridico del
trattamento
fiscale dei
lavoratori
frontalieri
italiani
In base all’Accordo del 3 ottobre 1974 (ratificato dall’Italia con la legge 26 luglio 1975,
n. 386), a differenza di quanto accade in via generale, le remunerazioni dei lavoratori
frontalieri italiani sono imponibili solo in Svizzera.
L’accordo prevede poi le modalità per la compensazione finanziaria (ristorni) operata dai
Cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese a beneficio dei comuni italiani di confine. In
sostanza, il 40 per cento del gettito fiscale prelevato sui salari dei frontalieri viene
trasferita tramite un versamento unico, effettuato nel corso del primo semestre
dell’anno successivo a quello cui la compensazione finanziaria si riferisce, su un conto
aperto presso il Ministero dell’economia e delle finanze italiano.
Un apposito decreto ministeriale stabilisce i criteri di ripartizione delle somme affluite per
compensazione finanziaria a favore dei Comuni, formalmente individuati come di
confine, il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, nella fascia di 20 Km dalla linea
di confine.
Attualmente la Svizzera ha in vigore accordi bilaterali sui frontalieri con Austria, Francia,
Germania, Italia e Leichtenstein. L’Italia ha stipulato accordi sui frontalieri con Austria,
Francia, San Marino e Svizzera.
Negli accordi esistenti, i criteri impositivi variano ma prevale la tassazione nel Paese di
residenza del lavoratore.
3
La successiva tabella propone il regime fiscale dei frontalieri secondo le regole
svizzere.
Tabella n. 1 - I frontalieri negli accordi con la Svizzera
Germania
Tassazione concorrente, ma il prelievo sul lavoratore tedesco in
svizzera è “plafonato” a un massimo del 4,5 percento del salario
Austria
Tassazione
concorrente,
ma
l’austria
riceve
una
parziale
compensazione delle imposte prelevate in svizzera sui frontalieri
austriaci
Francia
Cantone di ginevra la tassazione concorrente
Per i cantoni francofoni escluso ginevra la tassazione esclusiva in
francia, con parziale compensazione ai cantoni delle imposte
prelevate in francia
Italia
Tassazione esclusiva in svizzera, con parziale compensazione a
favore dell’italia del gettito prelevato in svizzera
Leichtenstein
Tassazione esclusiva nel paese di residenza (leichteinstein), senza
compensazioni
Come emerge dalla tabella precedente, nel caso della Germania la tassazione dei
frontalieri è plafonata.
Nel caso dell’Italia e dell’Austria, invece, vi sono dei rimborsi compensativi.
Nel caso dei cantoni francofoni, dove non c’è la tassazione, i rimborsi compensativi
giungono dalla Francia, ossia dal Paese di residenza del lavoratore.
L’accordo tra Svizzera e Italia è “anomalo” rispetto agli altri accordi sopra esaminati, nel
senso che è l’unico a non prevedere la tassazione nel paese di residenza, almeno come
tassazione concorrente. La tassazione esclusiva in Svizzera comporta una differenza di
trattamento fiscale rispetto ai residenti italiani che lavorano in Italia, o in altro paese
confinante con l’Italia: dato che l’imposizione sui redditi in Svizzera è notevolmente più
bassa di quella vigente in Italia (il divario si è ampliato dagli anni settanta ad oggi), i
salari dei frontalieri italiani che lavorano in Svizzera subiscono un carico impositivo
notevolmente più basso di quello cui sono assoggettati gli altri lavoratori residenti in
Italia2.
In materia di sicurezza sociale, si segnala l’Accordo del 21 giugno 1999 sulla libera
circolazione delle persone tra la Svizzera e la UE (ALCP), entrato in vigore il 1°giugno
2002, che introduce nei rapporti tra la Svizzera e l’Unione Europea (quindi anche l’Italia)
le norme di libera circolazione applicate in seno alla UE.
2 Vedremo che il salario elvetico è sensibilmente superiore a quello italiano ed il divario aumenta se si valuta
il netto anziché il lordo.
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L’Articolo 9 sancisce il divieto di disparità di trattamento dei lavoratori a motivo della
propria cittadinanza per quanto riguarda, in particolare: condizioni di impiego e di
lavoro, retribuzione, vantaggi fiscali e sociali.
referendum,
il
Popolo
svizzero
si
è
Tuttavia, il 9 febbraio 2014, con
espresso
a
favore
di
una
limitazione
dell’immigrazione.
Italia e Svizzera hanno convenuto di rivedere l’accordo sui lavoratori frontalieri.
Questi sono i principi informatori presenti nella roadmap collegata all’accordo del 23
febbraio 2015:
 passare dall’unilateralità dell’Accordo alla bilateralità . Attualmente l’accordo regola
solo il caso del frontaliere italiano che lavora in Svizzera.
 Introdurre una tassazione concorrente, sia nel paese dove viene prestato il lavoro,
sia nel paese di residenza.
Il paese dove è esercitata l’attività lavorativa preleverà una ritenuta alla fonte, fino a un
massimo del 70 per cento di quanto dovuto in base alle imposte sui redditi delle persone
fisiche (incluse le imposte locali: regionali e comunali in Italia, cantonali e municipali in
Svizzera).
Lo stato di residenza applicherà poi le proprie imposte sui redditi, con detrazione di
quanto assolto alla fonte nell’altro stato.
Il percorso sarà graduale, in quanto il livello impositivo italiano è estremamente più alto
rispetto a quello elvetico.
Con l'applicazione del nuovo sistema impositivo, la retrocessione del 40% dell’imposta
prelevata sui frontalieri, che è destinata ai Comuni di residenza degli stessi frontalieri
verrà meno in quanto anche l’Italia acquisirà potestà impositiva.
Secondo il roadmap, in prospettiva, muterà anche la definizione di frontaliere. Le
casistiche saranno le seguenti:
i)
i lavoratori frontalieri saranno lavoratori salariati che lavorano in Regioni e Cantoni
posti alla frontiera tra Italia e Svizzera;
ii)
i lavoratori frontalieri saranno quelli residenti in Comuni posti in una fascia di venti
chilometri dalla frontiera italo-svizzera;
iii) in via di principio, i lavoratori frontalieri saranno coloro che fanno ritorno ogni
giorno nel domicilio di residenza.
La roadmap definisce anche il percorso che le due parti intendono seguire in caso di
cancellazione dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone.
Le ipotesi prospettate sono:
 la tassazione esclusiva in Italia con ristorni alla Svizzera;
5
 la tassazione alla fonte su una quota del salario e poi tassazione concorrente nel
paese di residenza con credito dell’imposta prelevata alla fonte;
 la tassazione alla fonte su una quota del salario e poi tassazione nel paese di
residenza solo sulla quota di salario non tassato alla fonte;
 la tassazione alla fonte con aliquota proporzionale, ma soggetta a un limite massimo
(come nell’Accordo tra Svizzera e Germania) e poi tassazione concorrente nel paese
di residenza con credito dell’imposta prelevata alla fonte.
Analisi del
mercato del
lavoro nel
Canton Ticino,
verso il quale si
dirige la quota
prevalente dei
frontalieri
italiani
Nel Cantone i frontalieri nel 2014 hanno rappresentato il 26,9 per cento degli occupati, a
fronte del 5,8 per cento riferito a tutti i frontalieri presenti nell’intera Confederazione. Si
tratta di una presenza massiva ma che, concretamente, non ha tolto opportunità
occupazionali agli autoctoni. Infatti, a fronte dell’ingresso massiccio dei frontalieri non è
aumentato il tasso di disoccupazione locale.
Il frontaliero rappresenta un soggetto culturalmente vicino allo Svizzero ma con un
livello retributivo minore.
I frontalieri sono prevalentemente impiegati nel settore dei servizi e non tanto nel
manifatturiero.
Negli ultimi 10/15 anni, tuttavia, al fenomeno del frontalierato si è associato in maniera
crescente quello della migrazione significativa di imprese a capitale e conduzione
manageriale italiana.
Il Canton Ticino ha attivato politiche di attrazione degli investimenti.
Analisi dei
fattori che
favoriscono la
mobilità dei
frontalieri verso
il cantone
(differenziali
salariali e ciclo
economico
asincrono)
I trattamenti economici riservati al lavoro salariato sono notevolmente più elevati in
Svizzera rispetto all’Italia: si può stimare che il rapporto tra i salari mensili lordi
corrisposti in Svizzera e in Italia a parità di qualifiche sia superiore a 1,8.
I differenziali sono riconducibili anche al notevole disallineamento del tasso di cambio
del franco svizzero valutato a parità di potere d’acquisto rispetto all’euro.
Il forte differenziale tra i salari lordi nei due paesi è il riflesso dell’analogo differenziale
nel costo della vita. Del forte disallineamento nei prezzi al consumo sono evidenza
empirica i forti flussi (di segno inverso rispetto a quello dei frontalieri) dei consumatori
elvetici residenti nelle zone prossime al confine, che si recano abitualmente negli Stati
confinanti per effettuare i loro acquisti.
Il minor livello fiscale elvetico permette di affermare che il divario tra i salari netti dei
due Paesi è sicuramente maggiore dei salari lordi.
Un altro elemento di interesse della Svizzera è stato l’andamento anticiclico rispetto
all’economia italiana. A differenza del Piemonte e della Lombardia, la Svizzera ha
immediatamente superato la crisi del 2008.
La tassazione
dei frontalieri
nelle altre
disposizioni
convenzionali
Il documento ci offre l’opportunità per ricordare il regime fiscale dei frontalieri anche nei
Paesi diversi dalla Svizzera.
Come già evidenziato in precedenza, il reddito generato dal lavoratore frontaliero sarà
tassato, generalmente, sia nello Stato di residenza del soggetto (worldwide principle)
6
che nello Stato ove il reddito viene prodotto, generando, di conseguenza, una doppia
imposizione.
Al fine di evitare la doppia imposizione, l’Italia ha stipulato numerose Convenzioni
internazionali (che, come noto, essendo accordi tra più stati prevalgono sulla norma
interna).
Generalmente, le Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia seguono il
modello OCSE.
Come abbiamo già avuto modo di esaminare, le convenzioni prevedono un sistema di
imposizione sia nel Paese della fonte che in quello di residenza del soggetto. Più
eterogenee sono invece le regole previste per i frontalieri.
Abbiamo già esaminato il caso del frontaliere con la Svizzera.
Esamineremo ora le Convenzioni stipulate dall’Italia con i paesi confinanti diversi dalla
Svizzera.
La Convenzione
Italo - Francese
La Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e la Francia all’articolo
15, paragrafo 4, sancisce che “i redditi derivanti dal lavoro dipendente di persone
abitanti nella zona di frontiera di uno degli Stati, e che lavorano nella zona di frontiera
dell’altro Stato, sono imponibili soltanto nello Stato del quale dette persone sono
residenti”. La disposizione richiamata prevede, per i redditi dei lavoratori frontalieri, una
potestà impositiva esclusiva nel Paese di residenza del frontaliero, che soggiace pertanto
alle relative norme di diritto interno. In particolare:
 qualora il soggetto frontaliero sia fiscalmente residente in Francia, verrà esercitata la
potestà impositiva esclusiva francese;
 diversamente, qualora il frontaliero sia fiscalmente residente in Italia, troverà
applicazione la normativa interna italiana, precedentemente analizzata.
Tuttavia, non viene precisato il limite entro il quale considerare un lavoratore frontaliero.
Sul tema, il protocollo della Convenzione sancisce al punto 9 che ” per quanto concerne
il paragrafo 4 dell'articolo 15, per zone frontaliere si intendono, per l'Italia, le Regioni, e
per la Francia, i Dipartimenti, confinanti con la frontiera”.
La disposizione presente nel protocollo sembra definire l’ambito soggettivo dei lavoratori
frontalieri a coloro che risiedono esclusivamente nelle Regioni o Dipartimenti situati al
confine.
Di conseguenza, per l’Italia il confine tocca tre regioni:
 Valle d’Aosta;
 Piemonte;
 Liguria.
Per ciò che concerne la Francia, la linea di confine interessa cinque dipartimenti:

Savoia;
7
 Savoia;
 Alte Alpi;
 Alpi dell'Alta Provenza;
 Alpi Marittime.
Si propone il seguente esempio.
Tizio residente a Imperia si reca tutti i giorni in Francia in quanto lì svolge un’attività
di lavoro dipendente.
Tizio percepisce redditi in Francia per euro 30.000.
In tal caso, troverà applicazione la disposizione Convenzionale in tema di frontalieri in
quanto:
Tizio risiede in una Regione confinante con la Francia (Liguria);
Tizio è fiscalmente residente in Italia.
Di conseguenza, i redditi da lavoro dipendente percepiti da Tizio in Francia, saranno
tassati esclusivamente in Italia e, quindi, tenendo conto della franchigia di euro 7.500.
Si evidenzia come la ratio sia quella di semplificare gli adempimenti del contribuente
lasciando peraltro la potestà impositiva al paese dove il soggetto torna a casa alla
sera e dove generalmente utilizza i servizi come quello sanitario.
La Convenzione
Italia - Austria
La Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e l’Austria all’articolo 15,
paragrafo 4, prevede che “allorché una persona fisica residente di uno Stato contraente
nei pressi della frontiera svolge un’attività dipendente nell’altro Stato contraente,
sempre nei pressi della frontiera, ed attraversa abitualmente la frontiera stessa per
recarsi al lavoro, essa è imponibile per il reddito che ritrae da tale attività soltanto nello
Stato di cui è residente”.
La disposizione convenzionale richiamata sancisce una potestà impositiva esclusiva nello
Stato di residenza del frontaliero, limitatamente ai redditi derivanti dall’attività svolta nel
paese estero, che rimane quindi soggetto alle norme interne di tale Stato. Pertanto:
 qualora il soggetto frontaliero sia fiscalmente residente in Austria, troverà
applicazione la normativa interna austriaca;
 nel caso in cui il frontaliero sia fiscalmente residente in Italia, si rende applicabile la
normativa interna italiana.
Nel caso di specie è interessante segnalare che si definisce frontaliero chi attraversa
abitualmente la frontiera per recarsi a lavoro; tale criterio sembrerebbe operare una
deroga al principio secondo cui il frontaliero deve far ritorno quotidianamente in Italia.
8
Inoltre, ci si riferisce ai soggetti che abitano nei “pressi della frontiera”.
Non si capisce se si faccia riferimento, come fatto nella Convenzione con la Francia, alle
sole Regioni confinanti, o si utilizzi un criterio più ampio.
Si propone il seguente esempio.
Caio, residente a Trento, lavora in Austria ove svolge un’attività di lavoro dipendente,
e ritorna in Italia nel week - end.
Caio percepisce redditi in Austria per euro 60.000.
In tal caso, si può ritenere ragionevole supporre che trovi applicazione il disposto
convenzionale in tema di frontalieri, in quanto:
 Caio risiede nei pressi della frontiera;
 Caio è fiscalmente residente in Italia.
Tuttavia, è necessario stabilire se il rientro di Caio in Italia una volta la settimana lo
escluda dall’applicazione delle disposizioni in tema di frontalieri. Come detto, la
Convenzione fa riferimento al ritorno “abituale” nel paese di residenza.
Si segnala che, nell’incertezza applicativa delle norme convenzionali, Caio può
chiedere l’avvio di una procedura amichevole regolata dall’articolo 25 della
Convenzione, e sul quale l’Agenzia delle Entrate è intervenuta recentemente con la
C.M. 21/E/2012.
Qualora si ritenga trovi applicazione l’art. 15 della Convenzione, i redditi da lavoro
dipendente percepiti da Caio in Austria saranno tassati esclusivamente in Italia e,
quindi, tenendo conto della franchigia di euro 7.500.
Nel caso in cui Caio non rientri nella definizione di “lavoratore frontaliero”, troverà
applicazione la disciplina generale dettata dall’art. 15, paragrafo 1.
In sostanza, Caio sarà tassato sia in Austria sia in Italia e l’Italia concederà un credito
per le imposte pagate all’estero.
La Convenzione
Italia -Slovenia
La Convenzione Italia – Slovenia non prevede una norma specifica per i lavoratori
frontalieri.
Si segnala, che norme specifiche per i frontalieri non esistono neanche nella Convenzioni
stipulate con la Croazia e con la ex – Jugoslavia. Di conseguenza, troveranno
applicazione le norme convenzionali relative alla determinazione alla potestà impositiva
del lavoro subordinato, rinvenibili nell’articolo 15, paragrafi 1 e 2. In particolare, le
norme richiamate prevedono che i redditi di un lavoratore residente in uno stato
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contraente sono imponibili esclusivamente nello Stato in cui è svolta l’attività lavorativa
se questo coincide con lo stato di residenza. Se, tuttavia, il lavoro è svolto nell’altro
Stato contraente, le remunerazioni percepite a tale titolo sono imponibili in quest’altro
Stato.
Il mancato utilizzo dell’espressione “soltanto” non esclude la tassazione nel Paese di
residenza del contribuente. Ciò significa che il lavoro è svolto in uno stato diverso dallo
stato di residenza del soggetto, il reddito sarà tassato in entrambi i Paesi.
L’art. 24 della Convenzione prevede il credito d’imposta come metodo per eliminare la
doppia imposizione.
La Convenzione
Italia – San
Marino
La Convenzione tra Italia e San Marino è stata stipulata il 21.03.2002 ma non è entrata
in vigore solo nel 2014.
Nel protocollo aggiuntivo, parafato il 25.06.2009, all’articolo 6 si prevede che per quanto
concerne la tassazione di lavoro dipendente dei lavoratori frontalieri residenti in Italia, i
due Stati contraenti convengono di applicare il sistema di tassazione concorrente, con
tassazione definitiva nello Stato di residenza. La Repubblica Italiana assoggetterà a
tassazione il reddito lordo dei lavoratori frontalieri residenti in Italia conseguito nella
Repubblica di San Marino con le modalità che saranno stabilite con legge ordinaria. La
legge ordinaria potrà determinare una quota del reddito lordo dei lavoratori frontalieri
esente da imposta in Italia.
Tab. n. 1 - Le Convenzioni stipulate dall’ Italia
Paese
Articolo di
Potestà impositiva e definizione di frontaliero
riferimento
Austria
Art. 15,
paragrafo 4
Potestà impositiva esclusiva del paese in cui il soggetto è
residente.
Si definisce frontaliero chi attraversa abitualmente la
frontiera per recarsi a lavoro; tale criterio sembrerebbe
operare una deroga al principio secondo cui il frontaliero
deve far ritorno quotidianamente in Italia.
Francia
Art. 15,
paragrafo 4
Potestà impositiva esclusiva del paese in cui il soggetto è
residente.
Si definisce che il concetto di “zona di frontiera” è il
seguente:
 il confine dell’Italia tocca tre regioni alle quali sarà
limitato l’ambito di applicazione delle disposizioni
convenzionali in tema di frontalieri: Valle d'Aosta;
Piemonte; Liguria.
Per ciò che concerne la Francia, la linea di confine
interessa cinque dipartimenti: Alta Savoia; Savoia; Alte
Alpi; Alpi dell'Alta Provenza; Alpi Marittime.
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Slovenia
Art. 15,
paragrafo 1 e
Potestà impositiva concorrente del paese di residenza e
del paese in cui il reddito viene prodotto.
2
I frontalieri:
imposte
patrimoniali e
modulo RW
Quando si affronta il tema dei frontalieri, giunge alla mente anche il tema della collegata
disciplina del monitoraggio fiscale e delle patrimoniali estere (IVIE e IVAFE). In
particolare è bene precisare che:
 i lavoratori frontalieri fiscalmente residenti in Italia scontano le nuove imposte
patrimoniali sui beni esteri (immobili e attività finanziarie) che, come noto,
riguardano tutte le persone fisiche residenti in Italia a prescindere dal fatto che
lavorino all’estero come frontalieri;
 i lavoratori frontalieri sono esonerati dalla segnalazione nel modulo RW degli
investimenti finanziari e patrimoniali detenuti nel paese nel quale è svolta l’attività
lavorativa (articolo 38, co. 13 D.L. 78/2010 e C.M. n.45/2010).
Va evidenziato come l’art. 38 co. 13 presenti un ambito applicativo più ampio rispetto a
quello dei frontalieri. Infatti, la norma fa riferimento ai soggetti residenti in Italia che
prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all'estero in zone di frontiera ed
in altri Paesi limitrofi con riferimento agli investimenti e alle attività estere di natura
finanziaria detenute nel Paese in cui svolgono la propria attività lavorativa.
Innanzitutto non si pongono limiti territoriali come la fascia dei 20 km o le regioni
confinanti. Inoltre non è detto che si tratti di Stati (Paesi) confinanti in quanto si fa
riferimento anche ai Paesi limitrofi.
Ben potrebbe ad esempio essere il caso di un soggetto fiscalmente residente a Trieste
che lavora in Croazia.
La categoria dei frontalieri rappresenta quindi un sottoinsieme di quella più ampia
individuata dal comma 13. Va tuttavia notato come l’esonero dalla compilazione del
quadro RW ai fini del monitoraggio, non esclude la debenza delle patrimoniali estere che
devono essere liquidate nel medesimo quadro RW.
A conti fatti, la compilazione del quadro RW deve essere operata comunque.
Possiamo comunque rilevare come, in caso di mancata compilazione, saranno dovute
solo le sanzioni relative alle patrimoniale non anche le più onerose sanzioni relative al
monitoraggio fiscale3.
La franchigia di
7.500 euro
In precedenza abbiamo avuto modo di illustrare che nel caso dei frontalieri, esiste una
franchigia dal reddito imponibile che a partire dal 2015 è stata innalzata da 6.700 Euro a
7.500 Euro. Più in particolare, l’esenzione da IRPEF opera per i redditi di lavoro
3 Nel caso della Svizzera la sanzione è attualmente fissata al 6%.
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conseguiti da soggetti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in
zone di frontiera ed in altri paesi limitrofi (cosiddetti lavoratori frontalieri).
A ben vedere la definizione di frontaliero ai fini della franchigia coincide con quella
dell'art. 38, co. 13 D 78/2010 ma differisce dalla definizione convenzionale.
Il caso più eclatante è quello della svizzera, dove il frontaliero ai fini della esenzione in
Italia è il lavoratore residente nella fascia dei 20 km.
Per i frontalieri italiani oltre la fascia di 20 chilometri, tuttavia, è applicabile la disciplina
della franchigia (di 7.500 euro) e del credito d’imposta.
L'articolo 1 Comma 690 L. 190/2014 stabilisce che a decorrere dal 1º gennaio 2015 il
limite di reddito di cui all'articolo 1, comma 175, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è
fissato in 7.500 euro.
L'art. 1 co. 175 L. 174/2013 fa riferimento al reddito da lavoro dipendente prestato
all'estero in zona di frontiera o in altri paesi limitrofi al territorio nazionale, in via
continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, da soggetti residenti nel territorio
dello Stato italiano.
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