Il nostro obiettivo deve essere quello di contribuire alla

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Il nostro obiettivo deve essere quello di contribuire alla
Analisi della situazione dei lavoratori frontalieri
A cura di Claudio Pozzetti
I CSI E I FRONTALIERI
Il nostro obiettivo deve essere quello di contribuire alla costruzione di una Europa
sociale, che ponga un freno alla deregolamentazione e alla precarizzazione dei
rapporti di lavoro e promuova invece sviluppo e occupazione, attraverso
un’omogeneizzazione dei sistemi previdenziali, assistenziali e fiscali, ricercando uno
spazio negoziale e strumenti contrattuali comuni. I Consigli Sindacali Interregionali
tra le regioni di frontiera possono giocare un ruolo attivo nella costruzione di questa
Europa sociale. Occorre un salto di qualità nell’azione dei CSI , un’azione non
soltanto in difesa dei diritti dei lavoratori frontalieri, ma attiva nel promuovere il
dialogo sociale, con le controparti padronali e con le istituzioni ai diversi livelli, fino ad
esercitare una contrattazione transfrontaliera che permetta di evitare fenomeni di
dumping salariale e sociale.
Per quanto riguarda il frontalierato, va rimarcato che esso, pur risentendo
dell’andamento della congiuntura economica, ha assunto sempre più le
caratteristiche di un fenomeno non transitorio, bensì strutturale, per qualità e
dimensioni, del mercato del lavoro nelle fasce territoriali di confine.
Il serbatoio principale è sempre rappresentato dalla Svizzera con 40.000 frontalieri
circa , di cui 35.000 in Canton Ticino dalle province di Como, Varese e Verbano –
Cusio – Ossola, 3500 nei Grigioni, soprattutto dalla provincia di Sondrio, in piccola
parte da quella di Bolzano, 1500 nel Vallese, sempre dal VCO. A questi si
aggiungono i 5800 circa che dall’ Emilia Romagna e dalle Marche si recano a
lavorare nella Repubblica di San Marino, i 3500 (più gli interinali, in totale circa
6000) dall’estremo Ponente ligure verso soprattutto il Principato di Monaco e 1500
verso la Francia, nonché alcune centinaia verso l’Austria e nella Città del Vaticano.
Occorre innanzitutto conoscere meglio non soltanto l’entità del fenomeno, ma anche
la variegata composizione della forza – lavoro frontaliera, per consentire di governare
realmente questo particolare settore del mercato del lavoro. L’azione conoscitiva è
sostrato indispensabile per rispondere meglio alle esigenze di questi lavoratori,
ampliando la rete dei servizi che possiamo mettere a loro disposizione, potenziando
l’attività di patronato per l’assistenza su pratiche di pensione, malattia, infortunio, etc,
organizzando nei maggiori centri di confine le assemblee dei lavoratori frontalieri,
nella convinzione che sia necessario fare tutta la chiarezza possibile sui loro diritti
ma anche che essi debbano diventare sempre più protagonisti, non semplici
spettatori interessati dell’iniziativa per rivendicarli .
Per quanto riguarda il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti e più in generale
degli iter formativi , nel campo della formazione e della riqualificazione professionale,
le Regioni interessate dovrebbero provvedere ad avviare iniziative di carattere
transfrontaliero, concordate con gli enti territoriali dei rispettivi Paesi confinanti.
Tra le varie problematiche riguardanti i frontalieri, non vanno poi dimenticate quelle
già da tempo oggetto della nostra attenzione, tra le quali le più interessanti sono
quelle riferite alle normative concernenti la disoccupazione, l’assistenza sanitaria, la
previdenza, il fisco, che possono variare a seconda del Paese in cui il frontaliere si
reca a lavorare, sia esso appartenente o meno all’U.E., o siano in vigore Convenzioni
bilaterali oppure no.
ITALIA - SVIZZERA
Sino al 1° giugno 2002, data della effettiva partenza tra UE e CH degli Accordi
bilaterali sulla libera circolazione, esistevano dei rapporti tra Italia e Svizzera regolati
da Convenzioni bilaterali, che contenevano regole con diritti e doveri per i lavoratori
frontalieri ed emigranti, per quanto concerne le materie di SICUREZZA SOCIALE,
PREVIDENZA, IMPOSIZIONI FISCALI.
La Convenzione del 1962- in vigore dal 1964- riguardante la regolarizzazione del
rapporto assicurativo /previdenziale per una parziale reciprocità sulle diverse norme
esistenti nei due Paesi ha subito una variazione significativa: non è più possibile la
ricongiunzione dei contributi previdenziali.
La convenzione del 1974- in vigore dal 1979 – accordo tra Italia e Svizzera relativo
alle imposizioni fiscali sui lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a
favore dei comuni italiani di confine resta in vigore.
L’Accordo del 12/12/1978, legge 228 del 1984, modificata in legge 147 del 1997,
accordo in materia di trattamento speciale di disoccupazione in favore dei lavoratori
frontalieri italiani in Svizzera, rimasti disoccupati a seguito della cessazione del
rapporto di lavoro, resta in vigore fino al settimo anno di applicazione degli A.B.
(2009).
L’applicazione degli A.B. sta avvenendo in maniera graduale; nel periodo transitorio
da giugno 2002 a giugno 2004 già si sono verificati cambiamenti nel diritto dei
lavoratori frontalieri appartenenti ai due Paesi: abolito l’obbligo di residenza di
almeno sei mesi nel comune di frontiera, abolito l’obbligo di rientro giornaliero presso
il proprio domicilio nel comune di frontiera, possibilità di rientro almeno settimanale e
acquisto o affitto di locali abitativi nel Paese dove si svolge il lavoro; diritto di mobilità
geografica entro le zone di frontiera; diritto a svolgere un’attività autonoma per sé o
alle dipendenze di una ditta di un Paese U.E., diritto alla mobilità professionale:
possibilità di cambiamento d’impiego, professione e datore di lavoro, diritto al rinnovo
del titolo di soggiorno alla presenza di posto di lavoro certo, abolizione dello statuto
di lavoratore stagionale; introduzione di un nuovo permesso di lavoratore frontaliero
con durata di cinque anni se il contratto di lavoro vale più di un anno, in caso
contrario con durata pari al contratto di lavoro.
Dal giugno 2004 si sono aggiunti questi avanzamenti: abrogazione della precedenza
ai cittadini svizzeri; entrata in vigore in Svizzera delle “misure d’accompagnamento”
per contrastare eventuali abusi in materia di dumping salariale e sociale nei confronti
dei lavoratori; inizio del periodo di prova per l’eliminazione del contingentamento dei
lavoratori comunitari in Svizzera; diritto automatico di lavoro e dimora in Svizzera alla
presenza di un contratto di lavoro; abolizione delle zone di frontiera.
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Dopo sette anni, vale a dire nel giugno 2009, si effettuerà una verifica: la Svizzera e
l’Unione Europea dovranno decidere, cessato il periodo di prova, se continuare la
strada intrapresa in base alle esperienze fatte. Sarà possibile promuovere anche un
referendum per il pronunciamento sulla decisione dell’elettorato svizzero.
Dopo 12 anni, vale a dire dal giugno 2014, si andrà a regime: integrale libera
circolazione delle persone tra la Svizzera e gli Stati membri U.E. secondo il diritto
comunitario.
Per esercitare un’efficace tutela dei frontalieri di fronte alle novità introdotte dagli
A.B., particolarmente contro ogni forma di dumping, anche in previsione delle
ricadute indotte nel mercato del lavoro dall’allargamento dell’U.E., va intensificata la
collaborazione con il sindacato svizzero, sia all’interno dei CSI, sia nei rapporti
bilaterali con le organizzazioni aderenti all’USS. L’obiettivo per il 2005 è quello di
estendere a tutto il nuovo sindacato UNIA, recentemente costituitosi con la fusione
tra SEI, FLMO e FCTA, l’accordo di collaborazione già esistente ormai da oltre un
decennio con il SEI.
ITALIA - REPUBBLICA DI SAN MARINO
Già nella convenzione bilaterale di carattere generale tra Italia e San Marino che
risale al 1939, all’art. 4 viene affermata l’uguaglianza tra i lavoratori,
indipendentemente dalla nazionalità e dalla residenza dei soggetti.
Su questa base, a partire dal convegno di S. Leo del febbraio del 1999, è stata
avanzata la richiesta di una convenzione specifica riguardante i lavoratori frontalieri
che comprendesse la tutela dei diritti contrattuali, previdenziali, assistenziali e fiscali;
che prevedesse il principio di trasparenza amministrativa tra i due Paesi, attraverso
l’automaticità dello scambio di informazioni tra i rispettivi istituti ai diversi livelli in
materia di mercato del lavoro, sanità, previdenza, assistenza, fisco; che tenesse in
considerazione le normative europee in tema di eliminazione di qualsiasi tipo di
discriminazione nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori frontalieri, a partire dalle
tipologie dei rapporti di lavoro. I provvedimenti emanati nel corso del 2002, cioè la
Convenzione fiscale tra Italia e Repubblica di San Marino firmata il 21 marzo del
2002 e l’Accordo di cooperazione e di unione doganale tra Unione Europea e
Repubblica di San Marino, entrato in vigore dal 2 aprile, introducono elementi di forte
novità e tracciano le linee direttive del percorso negoziale da riprendere aggiornando
la piattaforma di S. Leo.
Di fatto però ancora oggi i lavoratori frontalieri italiani sono oggetto di una palese
discriminazione, inaccettabile già in linea di principio, in quanto contravviene
all’”acquis communautaire” riconosciuto nel sopra citato accordo di aprile 2002: i
frontalieri possono essere assunti soltanto con contatto a tempo determinato . Ciò li
discrimina anche concretamente rispetto alla possibilità di fruire di strumenti di tutela
sociale riconosciuti invece agli altri lavoratori. Infatti, ad esempio, le normative della
RSM prevedono che l’indennità economica speciale (equivalente alla indennità di
mobilità italiana) sia corrisposta soltanto ai lavoratori con contratto a tempo
indeterminato; discriminazione aggravata dal fatto che i lavoratori frontalieri, nonché
i datori di lavoro, versano i medesimi contributi assistenziali previsti per i residenti.
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Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, la già citata Convenzione tra i due Paesi
prescrive che, per attivare le prestazioni, debba essere il frontaliere a dare
comunicazione del proprio stato all’Asl del luogo di residenza; ciò nella maggior
parte dei casi non avviene, dal momento che il servizio sanitario nazionale riconosce
comunque il diritto all’assistenza, quindi, non essendo in grado di chiedere l’esatto
rimborso al corrispondente Istituto sammarinese, il SSN ne viene danneggiato: si
manifesta perciò la necessità di realizzare una forte trasparenza amministrativa,
attraverso una riveduta collaborazione, affinché vengano contrastati ed evitati abusi
reciproci nella fruizione di
servizi e prestazioni che entrambe le pubbliche
amministrazioni erogano a condizioni agevolate, in rapporto alle diverse situazioni
sociali o al reddito dichiarato.
Occorre in proposito la ripresa dei tavoli di confronto sia con il Governo italiano
(Ministeri
degli Esteri, del Welfare e dell’Economia) che con il Governo
sammarinese.
La Convenzione stipulata il 21/03/02 fra Italia e San Marino in materia fiscale affronta
all’ art. 15 e nel protocollo aggiuntivo la questione dell’imposizione fiscale per i
residenti in Italia che stabilmente lavorano nella RSM. Su questo tema occorre
l’avvio immediato di un confronto sia con il Governo Italiano che con quello della
RSM, in quanto Stati contraenti della Convenzione e quindi con l’obbligo degli
impegni assunti.
In materia fiscale vale la richiesta delle condizioni più favorevoli esistenti per i
frontalieri, ma al tempo stesso è necessario affermare l’esigenza della fruizione e
della partecipazione, da parte dei cittadini italiani che prestano la loro opera nella
Repubblica di S. Marino , ma che vivono in Italia, ai servizi ed ai relativi costi erogati
dallo Stato italiano.
Per realizzare ciò occorre da subito una iniziativa che porti alla presentazione ed alla
emanazione, nel corso del 2005, di una legge ordinaria applicativa della parte fiscale
(art. 15 della Convenzione), una legge che faccia uscire dalla precarietà fiscale
migliaia di lavoratori, stabilendo regole per la trasparenza e l’equità, attraverso la
tassazione nel Paese di residenza, anche tenendo conto delle fiscalità locali.
Va ricordato che il trattamento fiscale agevolato, anche secondo le proposte
elaborate nel documento di S. Leo 1999, si giustifica non solo per evitare disparità
fra i lavoratori della stessa azienda o per non alterare la contrattazione collettiva, ma
anche perché tali lavoratori, tramite la convenzione di sicurezza sociale fra S. Marino
e Italia già contribuiscono o dovrebbero contribuire per l’assistenza sanitaria.
Il Governo italiano finora non è intervenuto con la Repubblica di San Marino per far
rispettare, nei confronti dei frontalieri, l’Accordo di cooperazione ed unione doganale,
nè ha emanato una legge ordinaria che contempli la questione fiscale, ma
reintroduce con la finanziaria l’obbligo di dichiarare i redditi prodotti fuori dai confini
italiani, con un abbattimento di imposizione dei rediti di 8.000 €.
ITALIA – PRINCIPATO DI MONACO
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A Monaco il problema più grave è l’assenza di tutela e la ricattabilità dei lavoratori: si
tratta, in gran parte, di lavoratori scarsamente qualificati o, comunque, provvisti di
professionalità facilmente reperibili sia nell’area sud del bacino del Mediterraneo, sia
nei Paesi del centro ed est dell’Europa. Gli imprenditori del Principato di Monaco
dispongono, così, di manodopera senza curarsi di alcun tipo di tutela, garanzia o
promozione professionale.
Nel 1992, con l’applicazione della normativa che avrebbe dovuto impedire la doppia
imposizione fiscale, sono sorte una serie di controversie: l’obbligo di pagare l’IRPEF
per i frontalieri in Francia trascinava, per analogia, lo stesso obbligo per i frontalieri
del Principato di Monaco. Grazie ad una serie di emendamenti alle successive leggi
finanziarie, a partire dalla 314/97, questi frontalieri hanno potuto evitare, fino alla
finanziaria 2004, l’ imposizione fiscale.
A differenza che con San Marino, l ’Italia non ha una convenzione bilaterale con
Monaco , se non per gli aspetti previdenziali ed assistenziali, per cui il percorso di
soluzione di questa situazione di precarietà appare complesso e lungo. Per quanto
riguarda la questione fiscale, rimando a quanto appena detto per la RSM.
Sarebbe opportuno costruire un’ipotesi di Convenzione ,valutando anche la
possibilità che l’iniziativa sia assunta dalla stessa Unione Europea; il Consiglio, nel
dicembre 2000, aveva adombrato tale ipotesi, senza chiarire però i contenuti chesecondo noi- dovrebbero comunque, con ogni evidenza, coprire anche gli ambiti
attinenti al mercato del lavoro e al frontalierato.
ITALIA – SLOVENIA E ITALIA – CROAZIA
Alle frontiere dell’ est, ci troviamo ad affrontare il problema del frontalierato in termini
opposti: attualmente non si è in grado di stabilire ufficialmente una cifra che inquadri
l’entità del fenomeno dei frontalieri provenienti dalla Slovenia e dalla Croazia, che si
calcola approssimativamente tra i 10 e i 15.000. Evidentemente, il primo obiettivo da
porsi è quello di costruire un osservatorio del mercato del lavoro transfrontaliero che
dia attuazione ad un censimento vero e proprio.
I frontalieri croati sono pienamente soggetti alla legge sull’immigrazione, ma la parte
che prevede una distinzione tra lavoratori immigrati e frontalieri non è applicata:
occorre quindi richiederne la piena applicazione, escludendoli dalle quote. E’
particolarmente necessario in quest’area dare sostanza alla battaglia contro ogni
forma di dumping salariale, richiedendo sempre il rispetto delle norme contrattuali e
intensificando i controlli contro la piaga del lavoro nero.
La Slovenia, entrata nell’U.E. dal 1° maggio 2004, deve coordinarsi con la direttiva
europea 1408 in campo sociale. Particolare attenzione va posta alla questione dei
distacchi, riguardanti lavoratori dipendenti da aziende di Paesi terzi, soprattutto
confinanti, distaccati appunto presso unità produttive in Italia.
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