giurisprudenza e pareri del consiglio e del cnf

Transcript

giurisprudenza e pareri del consiglio e del cnf
GIURISPRUDENZA E PARERI
DEL CONSIGLIO E DEL C.N.F.
I a cura di Remo Danovi (giurisprudenza del C.N.F.)
II a cura di Sergio Barozzi (rassegna di pareri del C.d.O. di Milano)
I
1. Tenuta albi - Iscrizione
È illegittima e deve essere annullata l'iscrizione all'albo del
professionista che sia stato condannato, con sentenza confermata in
appello, per i reati di oltraggio, calunnia e guida in stato di ebbrezza,
a nulla rilevando il semplice decorso del tempo (circa tre anni) ai fini
del diritto di iscrizione e della sussistenza del requisito della
condotta specchiatissima e illibata. (Nella specie è stata annullata la
decisione con cui è stato iscritto il professionista condannato
penalmente, sul semplice presupposto del tempo trascorso dalla
commissione dell'illecito e senza una idonea valutazione sulla
presenza della condotta specchiatissima e illibata).
(Consiglio naz. forense, 27 giugno 2003, n. 198)
2. Tenuta albi - Iscrizione - Omessa audizione del
professionista
È valida la decisione del C.d.O. di rigetto della domanda di
iscrizione all'albo per motivi di incompatibilità o condotta, nella
ipotesi in cui il professionista, pur non essendo stato ascoltato, come
previsto dall'art. 24 r.d.l. n. 1578/33, sia stato comunque posto in
condizione di fornire le sue spiegazioni attraverso memorie scritte
(l'art. 45 r.d. n. 37/34, prevede l'audizione dell'interessato soltanto
quando lo stesso ne faccia espressa richiesta).
(Consiglio naz. forense, 27 giugno 2003, n. 202)
3. Tenuta albi - Ricorso al C.N.F. - Ipotesi di carenza di
interesse.
Deve essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso, per carenza
di interesse, se da una analisi attenta la decisione del C.d.O. risulti
conforme alle richieste dell'interessato. (Nella specie l'interessato
aveva fatto ricorso al C.N.F. chiedendo che l'iscrizione fosse
retrodatata, ma in realtà, in tutte le molteplici richieste all'ordine,
non era mai stata prospettata la retrodatazione dell'iscrizione).
(Consiglio naz. forense, 27 giugno 2003, n. 203)
4. Tenuta albi - Incompatibilità
È incompatibile con l'esercizio della professione forense e deve
essere cancellato l'avvocato presidente di una s.p.a., se pur
municipalizzata, che vanti poteri effettivi di gestione ordinaria e
straordinaria. La carica di presidente del consiglio di
amministrazione o di amministratore di una società commerciale è,
infatti, compatibile con l'esercizio della professione forense e
l'iscrizione all'albo solo nella ipotesi in cui tale funzione comporti
compiti meramente amministrativi e rappresentativi. (Nella specie è
stato cancellato l'avvocato che era stato nominato presidente di una
s.p.a., in cui, per lo statuto sociale, aveva anche poteri gestori).
(Consiglio naz. forense, 26 giugno 2003, n. 165)
5. Tenuta albi - Richiesta di cancellazione e procedimento
disciplinare.
Secondo il tassativo disposto dell'articolo 37, 7o comma, r.d.l.
n. 1578/33, deve essere rigettata la richiesta di cancellazione
volontaria dall'albo se è stato aperto nei confronti del professionista
richiedente un procedimento disciplinare, a nulla rilevando che lo
stesso procedimento sia stato sospeso in attesa dell'accertamento
penale dei fatti.
(Consiglio naz. forense, 16 giugno 2003, n. 155).
6. Procedimento disciplinare
disciplinare - Mancanza dell'esposto.
-
Esercizio
dell'azione
È irrilevante ai fini dell'esercizio dell'azione disciplinare la
mancanza di un esposto o la presenza di un esposto anonimo; infatti,
secondo il tenore dell'art. 38, 3o comma, l.p., il consiglio dell'ordine
può deliberare l'apertura del procedimento disciplinare anche sul
presupposto della sola conoscenza dei fatti di pubblica notorietà o di
semplici informazioni, ed è pertanto irrilevante nella richiesta di
chiarimenti al professionista il riferimento alla provenienza
dell'esposto.
(Consiglio naz. forense, 27 giugno 2003, n. 209)
7. Procedimento disciplinare - Contestazione dell'addebito
La contestazione dell'addebito disciplinare, a differenza di
quello penale non richiede una minuta esposizione dei fatti che
indicano le ragioni dell'illecito, ma è sufficiente il richiamo
all'inosservanza dei comportamenti deontologici attraverso i quali
l'interessato sia in grado di affrontare in modo efficace le proprie
difese.
(Consiglio naz. forense, 27 giugno 2003, n. 168)
8. Procedimento disciplinare - Difformità tra fatto contestato e
fatto posto a base della decisione
Deve essere annullata, per violazione del diritto di difesa, la
decisione con cui il C.d.O., dopo aver contestato ad un iscritto un
determinato fatto giunga ad applicare la sanzione per una violazione
deontologica diversa. (Nella specie è stata assolto l'avvocato che in
base alla sola testimonianza della parte denunciante era stato
condannato per lesione del principio di lealtà e correttezza mentre,
ove fosse stata provata la sua responsabilità, avrebbe dovuto essere
condannato per violazione del principio di decoro e probità propri
della classe forense).
(Consiglio naz. forense, 12 giugno 2003, n. 151)
9. Procedimento disciplinare - Ricusazione dell'intero C.d.O.
È inammissibile il ricorso per la ricusazione dei componenti del
consiglio dell'ordine presentato al C.N.F. Infatti, secondo il disposto
normativo (art. 2 d.l. n. 597/1947 che ha abrogato l'art. 49, 2o
comma, legge n. 36/1934), è competente a giudicare sulla
ricusazione il C.d.O. costituito nella sede della Corte d'appello nel
cui distretto ha sede il consiglio ricusato, mentre nell'ipotesi in cui il
consiglio ricusato sia il distrettuale la competenza si trasmette al
C.d.O. costituito nella sede della Corte d'appello più vicina.
La ricusazione non è ammessa nei confronti dell'intero C.d.O.
ma soltanto dei singoli componenti e per i motivi indicati nel codice
di procedura civile.
(Consiglio naz. forense, 27 giugno 2003, n. 177)
10. Procedimento disciplinare - Reato penale
L'illecito disciplinare si pone su di un piano completamente
diverso dal reato penale, anche se talvolta il primo è insito nel
secondo; diversi sono, infatti, i presupposti e le finalità che
sottendono all'illecito disciplinare e che con il procedimento
amministrativo si perseguono; diversa è l'esigenza di moralità che è
tutelata nell'ambito professionale. Pertanto la sanzione disciplinare
comporta valutazioni e ha presupposti diversi rispetto a quella
penale.
(Consiglio naz. forense, 16 giugno 2003, n. 153)
11. Procedimento disciplinare - Prescrizione
L'azione disciplinare si prescrive in cinque anni dalla
commissione del fatto se questo integra una violazione deontologica
di carattere istantaneo che si consuma o si esaurisce nel momento in
cui la stessa viene posta in essere. Ove invece la violazione
deontologica risulti integrata da una condotta protrattasi nel tempo,
la decorrenza del termine ha inizio dalla data di cessazione della
condotta medesima. (Nella specie una imputazione è stata ritenuta
prescritta in quanto riferita ad una condotta a carattere istantaneo,
mentre l'altra è stata ritenuta non prescritta in quanto costituita da
una condotta protrattasi nel tempo e per la quale non potevano
ritenersi trascorsi i cinque anni della prescrizione).
(Consiglio naz. forense, 16 giugno 2003, n. 162)
12. Norme deontologiche - Espressioni offensive
Pone in essere un comportamento deontologicamente corretto
l'avvocato che in uno scritto difensivo usi espressioni forti per
definire il comportamento del terzo accusatore, ove le stesse siano
state poste in essere per la piena realizzazione del dovere di difesa.
(Nella specie è stato assolto il professionista che in una memoria
difensiva, relativa a un procedimento disciplinare, aveva tacciato la
parte accusatrice di « pochezza intellettuale ed umana », ed aveva
denunciato da parte della stessa « atteggiamenti arroganti, prepotenti
e umilianti nei confronti dei colleghi »).
(Consiglio naz. forense, 27 giugno 2003, n. 186)
13. Norme deontologiche - Espressioni offensive verso
magistrato
Nel conflitto tra il diritto a svolgere la difesa giurisdizionale nel
modo più largo e insindacabile e il diritto della controparte al decoro
e all'onore dei terzi prevale il primo, salvo l'ipotesi in cui le
espressioni offensive siano gratuite, ossia non abbiano relazione con
l'esercizio del diritto di difesa e siano oggettivamente ingiuriose.
Pertanto, non commette illecito disciplinare l'avvocato che in una
richiesta al giudice richiami la normativa sulla responsabilità dei
magistrati al fine di una migliore difesa del cliente e per la
realizzazione del risultato perseguito con l'azione giudiziale. (Nella
specie è stato assolto il professionista incolpato a cui era stata inflitta
la sanzione dell'avvertimento).
(Consiglio naz. forense, 27 giugno 2003, n. 195)
14. Norme deontologiche - Omesso pagamento prestazioni
procuratorie affidate al collega
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante
perché lesivo del dovere di colleganza l'avvocato che ometta di
adempiere al pagamento delle prestazioni procuratorie affidate al
collega, considerando che in questo caso il rapporto si svolge
direttamente tra colleghi, ed è verso il mandante che si dirige
l'affidamento dell'avvocato incaricato per la corretta e utile gestione
della controversia (e non certo verso l'ignoto cliente). (Nella specie è
stata confermata la sanzione dell'avvertimento).
(Consiglio naz. forense, 27 giugno 2003, n. 192)
15. Norme deontologiche - Omesse informazioni al dominus
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante
l'avvocato che, quale domiciliatario, ometta di dare informazioni e di
inviare i documenti al dominus di causa, che ometta e dia false
informazioni al cliente e ritardi nello svolgimento del mandato.
(Nella specie è stata confermata la sanzione della censura).
(Consiglio naz. forense, 27 giugno 2003, n. 182)
16. Norme deontologiche
compensazione di onorari
-
Trattenimento
somme
a
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante
l'avvocato che, non autorizzato, trattenga somme a compensazione
di onorari e non dia informazioni alla parte sullo stato della causa e
sull'attività svolta. (Nella specie è stata considerata cliente, e quindi
avente il diritto all'informazione ex art. 40 c.d.f., non solo l'anziana
rappresentata ma anche la figlia della stessa che aveva affidato
l'incarico all'avvocato di tutelare la madre novantenne in una
controversia con la collaboratrice domestica, assumendosi l'onere di
farsi rilasciare formale mandato a vantaggio del professionista. È
stata confermata la sanzione della censura).
(Consiglio naz. forense, 27 giugno 2003, n. 197)
17. Norme deontologiche - Richiesta di compenso al cliente
ammesso al gratuito patrocinio
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante
l'avvocato che richieda compensi non dovuti a mezzo di azioni
giudiziali nei confronti del cliente peraltro ammesso al gratuito
patrocinio. (Nella specie, in considerazione della dichiarazione di
prescrizione relativa a un capo di incolpazione la sanzione della
sospensione per mesi tre è stata sostituita con la più lieve sanzione
della censura).
(Consiglio naz. forense, 16 giugno 2003, n. 162)
18. Norme deontologiche - Rapporti con la controparte
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante
l'avvocato, che ricevuto un assegno dalla controparte a definizione
della pratica, non considerandolo sattisfattivo, piuttosto che prendere
contatto con il collega avversario per una definizione
extragiudiziale, provveda ad una azione esecutiva, con procedura
mobiliare peraltro sproporzionata rispetto all'ammontare della
somma dovuta.
(Consiglio naz. forense, 16 giugno 2003, n. 157)
II
Dall'esame dell'attività svolta dal Consiglio nel corso dell'anno
2004 possono essere rinvenute le regole che disciplinano la
producibilità della corrispondenza fra colleghi e quelle relative alla
possibilità per l'avocato di prestare testimonianza.
Quanto alla producibilità della corrispondenza, dai molti
provvedimenti del Consiglio si evincono le seguenti regole: la
corrispondenza fra colleghi non è producibile non solo quando è
definita riservata al collega, purché sia inviata da e destinata ad
avvocati nello svolgimento della loro attività professionale, ma
anche quando non sia qualificata come “riservata” e ciò
indipendentemente dal fatto che contenga proposta transattiva.
Circostanza quest'ultima che rende indiscutibilmente improducibile
tale tipo di documentazione (parere 26/05/2004). Pertanto è
producibile la corrispondenza inviata da un avvocato in proprio e
non come difensore di un cliente, ancorché dichiarata “riservatapersonale”, perché proveniente dalla parte e non dal suo legale
(parere 25/03/2004).
A tal divieto di improducibilità l'avvocato può venir meno solo
ove “vi sia l'assenso del cliente e della controparte” (parere
16/01/2004), non essendo sufficiente neppure “un provvedimento
ordinatorio del magistrato, cui non può essere riconosciuto un potere
dispositivo o derogatorio in materia di deontologia professionale”
per derogare a tale divieto (parere 16/01/2004
Sono viceversa producibili le lettere inviate alla controparte e
non al collega della stessa (parere 26/05/2004), così come le lettere
inviate dall'avvocato ad un terzo (parere 20/04/2004), unitamente a
quelle sottoscritte dalle parti contenenti proposte contrattuali e non
transattive (parere 20/04/2004).
I principi suindicati non trovano applicazione per quanto
concerne la corrispondenza con “l'ex cliente non essendo questa
coperta da riservatezza (parere 13/12/04) così come per le lettere
inviate in nome e per conto del cliente” (parere 6/07/2004) avendo
natura del tutto diversa dalla corrispondenza tra colleghi.
Da quanto fin qui esposto mi pare di poter affermare che la
posizione del Consiglio sul punto, che peraltro rispecchia quella del
CNF, sia assolutamente univoca, oltreché consolidata, e mi auguro
perciò di aver fornito un definitivo chiarimento sul punto.
Altra interessante questione più volte affrontata dal Consiglio lo
scorso anno, e per certi versi connessa a quella più sopra ricordata, è
quella relativa la diritto-dovere dell'avvocato di rendere
testimonianza.
Il principio generale è quello del divieto di « rendere »
testimonianza su quanto conosciuto in relazione all'ufficio o
mandato, e ciò a tutela del vincolo professionale (parere 30/11/04),
ma anche in questo caso il vincolo può venir meno laddove vi sia “il
consenso da parte del cliente” (parere 15/7/04).
La deposizione non potrà essere resa neppure se i fatti “risultino
da atti già pubblici” in mancanza di autorizzazione da parte del
cliente (parere 30/11/04). Ovviamente tale divieto viene meno
qualora “i fatti su cui debba essere resa testimonianza si riferiscano a
vicende cui l'avvocato ha partecipato non come difensore di una
parte, ma in proprio” (parere 15/3/04). Da ciò discende il logico
corollario che “qualora il collega venga a trovarsi nella duplice veste
di difensore di parte civile e testimone del Pubblico Ministero sarà
tenuto a testimoniare, ma dovrà rinunciare alla difesa della Cliente”
(p. 17.02.2004).
Ovviamente la valutazione se i fatti siano stati appresi o meno
nell'esercizio del mandato professionale non può essere rimesso al
Consiglio, ma dovrà necessariamente essere fatta dal Collega.
Da ultimo voglio solo ricordare ai Colleghi che sul sito
dell'Ordine sono reperibili, debitamente classificati, tutti i pareri resi
dal Consiglio nel corso degli ultimi anni, e che una rapida
consultazione degli stessi, specie laddove vi sia un orientamento
ormai consolidato, può fornire le necessarie risposte in tempi
certamente più rapidi di quelli consentiti ove venga richiesto un
nuovo parere al Consiglio.