Inarrestabile l`ira d`Israele.

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Inarrestabile l`ira d`Israele.
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STAMPA
INTERVISTA A BARETTA
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Il Medio
Oriente
in fiamme e il
ruggito di Silvio
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«Sulle liberalizzazioni il governo non
stravolga l’impianto. Serve avviare subito
un confronto sulla politica economica»
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2006
Portiamo
N F O R M A Z I O N
1
E
A
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N.46)
ART.1, COMMA 1, DCB ROMA
N A L I S I
A
N N O
Inarrestabile l’ira d’Israele.
Come fermare l’escalation?
LAPO
PISTELLI
Colpita Beirut, razzi su Haifa. D’Alema: eccessiva la reazione di Tel Aviv
e violenze in Medio Oriente non vanno
scambiate per il ciclico riacutizzarsi di una
ferita che non riesce a rimarginarsi. Il mondo
è davanti al concreto rischio che si crei una saldatura perversa fra conflitti e attori distinti, capace di generare un salto di scala della guerra.
Per oltre trent’anni, il conflitto israelo-palestinese si è riprodotto in un contesto regionale quasi stabile e in un quadro mondiale congelato dal duopolio russo-americano. Perfino
le fasi tragiche del coinvolgimento egiziano e
delle guerre civili libanesi ebbero nel ruolo giocato dalle due superpotenze la certezza di un
limite invalicabile dell’escalation militare e
della propagazione territoriale. Inoltre, il formidabile argomento politico – brandito nella
retorica nazionalista – dell’oppressione israeliana sui fratelli palestinesi trovava il suo biNon si diventa lanciamento nella stoconcreta – e spesso
grandi a caso. ria
ancora più sanguinosa –
Dal G8 di San delle violenze intestine
Pietroburgo il al mondo arabo derivanti dalla difficile conmondo aspetta vivenza fra la diaspora
palestinese e i paesi che
una risposta
la ospitavano. Anche Al
Qaeda ha fin dall’inizio
utilizzato nei propri proclami il conflitto palestinese come argomento di presa popolare ma
lo ha sempre esplicitamente subordinato a
due altri obiettivi della guerra jihadista: la liberazione dei luoghi santi dell’Islam dalla presenza occidentale e la lotta ai regimi arabi moderati.
Solo pochi mesi fa era sembrato che si
aprisse una finestra insperata nel dialogo israelo-palestinese: il paesaggio politico di Tel Aviv
offriva un nuovo interlocutore, Khadima, e
quello palestinese si avviava con grande ordine all'appuntamento democratico con le elezioni del proprio parlamento; il negoziato, pur
difficile, poteva aiutare a separare i destini
della Palestina e di Israele dalla guerra in Mesopotamia.
Il quadro odierno appare invece segnato da
un crescente intreccio fra i conflitti e da un’escalation di violenza che si estende dalla costa
orientale del Mediterraneo fino al lontano
Punjab. Le elezioni svoltesi negli ultimi due anni hanno rafforzato le rappresentanze parlamentari del radicalismo islamico in Egitto, in
Palestina, in Libano.
È quasi interrotto il dialogo fra Abu Mazen,
presidente di un’Autorità nazionale figlia di
quegli accordi di Oslo che appaiono oggi lontanissimi, e Hamas, che a sua volta appare lacerata fra ala politica e gruppi militari fuori controllo. È cresciuto il ruolo di Hezbollah in Libano, dopo la breve e incoraggiante stagione
democratica seguita all'omicidio di Hariri. La
Siria ricomincia a manovrare. La prudenza
del linguaggio e l'assuefazione all'orrore rischia
di non far comprendere l'entità della mattanza fra sciiti e sunniti che accade ogni ora in Iraq,
mentre cresce sinistramente il ruolo destabilizzante giocato dal regime di Teheran. Da ultimo, molte fonti convergono nell'indicare la
lunga mano di Al Qaeda nel terrorismo che
esplode in India e nella riorganizzazione dei
Talebani in Afghanistan.
È questo il quadro da cui muoverà domani la discussione al G8 di San Pietroburgo. I
grandi del mondo devono dimostrare che è possibile arrestare l’escalation, disarticolare i conflitti, sospendere il gioco delle parti con l’Iran.
Se qualcuno ha proposto l'ingresso di Israele nella Nato, io dico che è tempo piuttosto di
portare la Nato in Israele, di separare con fermezza i contendenti con una forza di interposizione internazionale, di non lasciare che il
puzzle si mescoli ancora di più. Non si diventa grandi a caso. Da San Pietroburgo, il mondo aspetta una risposta.
Oggi su www.europaquotidiano.it
I
IV • N°139 •
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Afghanistan, avvertimento di Napolitano. Ma l’Unione trova l’accordo sulla mozione
la Nato
in Israele
L
www.europaquotidiano.it
risi senza fine in Medio Oriente. Israele ha attaccato l’aeroporto di Beirut e bloccato i porti libanesi, intensificando una rappresaglia che ha causato 53 vittime
civili, compresi molti bambini, da
quando mercoledì gli Hezbollah
hanno rapito due soldati israeliani e ucciso altri otto. Gli Hezbollah hanno risposto agli attacchi
sparando 70 missili Katyusha su
Nahariya, nel nord di Israele, e su
Haifa, la terza città israeliana. Bei-
C
Papà,
rut, dopo una riunione d'emergenza dell’esecutivo, ha chiesto al
consiglio di sicurezza dell’Onu un
immediato cessate-il-fuoco e la fine di quella che ha definito «una
sanguinosa aggressione».
Gli Usa hanno condannato
l'attacco degli Hezbollah e accusato Siria e Iran che li appoggiano.
Francia e Italia (per bocca del ministro degli esteri D’Alema), invece, criticano l’intervento israeliano
giudicandolo eccessivo. Rutelli
chiede l’intervento urgente della
Ue mentre Fassino si rivolge a
Prodi perché solleciti l’iniziativa
del G8.
Sulla missione in Afghanistan
il presidente della repubblica Napolitano lancia l’allarme: «Se la
maggioranza non è unita si apre
un problema politico». Ma in serata l’Unione trova l’accordo sulla
mozione per il rifinanziamento
della missione.
ALLE PAGINE 2,3 E 4
TEATRI DI CRISI
Chris Toensing: il rischio è che
si apra il vaso di Pandora
cos’è la guerra?
M. PALUMBO
Shlomo Ben Ami: «Io, colomba,
sono con Peretz e Olmert»
DAN RABÀ
GERUSALEMME
D. CASTELLANI PERELLI
Afghanistan, è accordo.
Ma Prodi vuole “legare” il Pdci
os’è la guerra? In Italia è il racconto
di fatti ormai lontani, è il nonno che
ricorda “quei tempi”, quando ha voglia
di parlare! In Israele è il ritmo della vita,
intervallato da una pausa, da una tregua,
e poi senza un motivo chiaro ci si ritrova improvvisamente in uno stato d’emergenza. Soldati richiamati. Gente che
ripulisce i rifugi polverosi. Aerei ed elicotteri nei cieli.
SEGUE A PAGINA 10
C
Più contenuti
M. LAVIA
Nella Babele di Kabul. Ma non ci
vorrà molto per capirsi
I. VITELLI
ALLE PAGINE 2, 3 E 4
Come spezzare
l’asse del terrore
ANDREA
GRITTI
ento di guerra in Medio Oriente.
Israele reagisce duramente agli
attacchi di Hezbollah imponendo al Libano un blocco totale, navale, aereo, terrestre. Colpisce inoltre con i suoi caccia numerosi obiettivi non legati strettamente agli Hezbollah; come l’aeroporto di Beirut e le strade e i ponti che
conducono in Siria; ma intima anche
agli sciiti di evacuare l’immensa periferia sud di Beirut che, probabilmente, intende attaccare nel tentativo di colpire i santuari di Hezbollah e, forse, lo
stesso leader del movimento, Nasrallah. A loro volta i miliziani sciiti proseguono i loro attacchi, lanciando razzi su Safed e minacciando il porto di
Haifa. Una situazione incandescente.
Il rischio assunto da Hezbollah
con il suo attacco è molto alto. Non
poteva sfuggire alla leadership del
“partito di Dio” che gli israeliani
avrebbero reagito duramente all’incursione dentro i loro confini.
SEGUE A PAGINA 10
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APERTA UN’INCHIESTA SUL CASO ZIDANE
Fifa contro Materazzi
che Bicamerali
a Fifa ha avviato un procedimento disciplinare
contro Marco Materazzi, per accertare sue eventuali responsabilità nell’espulsione del francese Zidane nei tempi supplementari della finale dei mondiali. Ma già prima che fosse aperta l’inchiesta, i due
protagonisti della testata in mondovisione si sono
divisi nella ricostruzione dei fatti. Zidane, in un’intervista alla televisione francese, ha detto di aver ricevuto insulti alla madre e alla sorella, mentre il calciatore italiano ha negato di aver chiamato in causa la genitrice del collega di origini algerine. Intanto
il calcio italiano già archivia la felice pagina dei mondiali. Il commissario Figc, Guido Rossi, ha nominato il nuovo allenatore della nazionale: sarà Roberto Donadoni a sostituire il dimissionario Lippi.
L
ENZO
BALBONI
he fare in tema di revisione e
riforme costituzionali dopo la
grande vittoria conseguita dal No al
recente referendum confermativo?
Non appare sbagliato, in prima battuta, adottare una sorta di “fermo
biologico”, per un certo tempo.
SEGUE A PAGINA 8
C
Se Repubblica
“chiama”
i cattolici
L
a notizia più importante, nell’inchiesta di Repubblica sul “silenzio” dei cattolici democratici, è
forse proprio l’inchiesta in sé. Il fatto che un grande giornale laico, apparentemente senza particolari richiami dell’attualità, dedichi per
due giorni consecutivi il paginone
centrale a questo argomento non
può passare inosservato. Sembra segnalare una mancanza, una nostalgia, forse addirittura una necessità. Non solo all’interno della comunità cristiana, appunto, ma anche nella comunità civile. È una
domanda alla quale la fase costituente democratica non può sfuggire, né possono farlo i cattolici dell’Ulivo: che Partito democratico sarebbe senza un ruolo determinante dei cattolici democratici? E rovesciando il quesito: possono i “cd”,
con la loro
storia, mettersi contro,
Il dibattito
anche solo
sull’identità del ofrenare,
ora
Pd non è un
che l’approbraccio di ferro do dell’unità
delle grandi
tra socialisti
forze democratiche e
e liberali
popolari è
in vista?
Domande persino retoriche, in
apparenza. Ma il fatto che vengano autorevolmente poste, non solo dagli attori politici (come diversi esponenti Popolari della Margherita), ma anche da osservatori
per niente antiulivisti come Scoppola e Pezzotta, segnala che il problema esiste; forse anche l’assemblea federale della Margherita domenica e lunedì ne discuterà. Per
dirla brutalmente, e senza entrare
nella polemica sulle appartenenze
europee, il dibattito sull’identità
del Partito democratico non si può
ridurre a un braccio di ferro tra socialisti e liberali, perché l’Ulivo non
è, non è mai stato, solo questo. Il
problema non può essere posto né
in termini rivendicativi né recriminatori: qui non ci sono vittime
e nessuno deve avere alibi. Ma è anche dalla risposta a queste questioni che dipenderà l’esito della
scommessa politica di una generazione. È bene che tutti ne siano
consapevoli.
(ch.g.)
Chiuso in redazione alle 20,30
R O B I N
Meritocrazia e selezione all’università di Pechino
Memento
Uno studente su mille ce la fa. E paga pure
Ricordate le vistose fasciature e la
borsa del ghiacchio con cui Berlu-
ROBERTO
BATTISTON
sconi è stato visto aggirarsi a Roma nei giorni scorsi? «Colpa di due
denti del giudizio», diceva lui. Ieri è ricomparso alla camera, dopo
due mesi di assenza. «Di profilo
aveva qualcosa di strano...», s’interrogavano i forzisti. Per caso, un
bel mento tutto nuovo di zecca?
l dipartimento di aeronautica e
astronautica della Beihang University di Pechino è uno tra i più prestigiosi istituti cinesi (pubblico naturalmente): forma ingegneri in campo aeronautico e spaziale, destinati all’industria e alla ricerca cinese. Buona parte dei quadri che hanno realizzato il miracolo spaziale cinese ha
studiato su questi banchi. Il campus
della Buaa ospita 25mila studenti e ne
accoglie 500 ogni anno. Il processo di
selezione è interessante: a partire dal
livello provinciale, ogni anno sono effettuate delle selezioni che alla fine
I
portano alla scelta di 500 studenti
che hanno diritto ad iscriversi. Il punto è che la base di partenza è di circa
400mila candidati, vale a dire circa 1
su mille ce la fa. Ma non basta. In Italia o in Francia, una volta passata la
selezione per la Scuola Normale o per
l’École des Mines, lo studente risulta
spesato in tutto e per tutto. Alla Buaa
no: gli studenti devono pagare il 50%
della retta, nell’ordine di 1500-2000
dollari l’anno. Le borse di studio sono rare, più facile ottenere dei prestiti
d’onore da restituire in seguito. L’università gratis? Sono cose di 10-15 anni fa. La moderna Cina, la potenza
globale che sta spostando gli equilibri del mondo, ha saputo coniugare
l’interesse nazionale di avere quadri
di altissimo livello, con la motivazione individuale ad emergere professionalmente. L’accesso al sistema universitario pubblico che fa formazione di eccellenza si ottiene grazie a un
grande impegno personale, intellettuale ed economico, che però viene ripagato in termini assoluti di valore
formativo e, soprattutto, prospettive
di lavoro. Non a caso il 50% dei contratti di ricerca della Buaa sono con
l’industria cinese. Penso all’ Italia e mi
sento vagamente spaesato.
Cambia la scena. Università Sun
Yat Sen a Guang Zhou, la regione da
cui è partita la rivoluzione economica
cinese. Il campus è ben tenuto, in
mezzo a tanto verde, pieno di studenti. Alla fine della giornata di lavoro mi
propongono di visitare alcuni laboratori situati presso il nuovo campus. Dopo oltre 100 km di viaggio(sic) arriviamo a un modernissimo campus dal
design avveniristico, progettato da un
architetto francese per ospitare 15.000
studenti. Passiamo vicino alle aule. Sono le nove di sera, ma sono tutte piene di studenti che leggono, studiano
o discutono in gruppi. Questo campus
è appena stato completato, ma ne costruiranno un altro per le troppe richieste. Mi pare di sentire il rumore del
gigantesco motore che sforna la futura classe dirigente cinese, giorno e
notte, sabato e domenica inclusi. Penso all’Italia, all’emorragia di cervelli in
fuga dal Belpaese e mi sento vagamente preoccupato.
Appello Lav al governo: vieti l'importazione di pellicce cinesi @ Commissione: abbassare le tariffe dei cellulari per chi viaggia nei paesi Ue @ Frodi alimentari: + 7% per Mdc-