Il regalo dello zio Claudio Uno dei ricordi più belli dei vent`anni di

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Il regalo dello zio Claudio Uno dei ricordi più belli dei vent`anni di
Il regalo dello zio Claudio
Uno dei ricordi più belli dei vent’anni di Chiara è la vendemmia che fece con un gruppetto di
anziani, prima di iniziare l’anno di università in Catalogna, sul versante francese dei Pirenei
Orientali; all’alba, tutti insieme salivano in fila indiana su sentieri stretti fino a raggiungere i vigneti
a terrazza divisi da muretti a secco, sulle colline che da un lato diventano montagne e dall’altro si
buttano nel mare. Nessuna macchina è mai arrivata fino a lì .
Ognuno di questi vecchietti aveva il proprio vigneto, ereditato dagli avi, e ad aiutarli c’era solo un
vigoroso portatore che camminava con la bigoncia fino al camioncino parcheggiato più giù per
riempire le botti. Rincuorati da antichi canti, univano le loro forze e raccoglievano quell’uva che
diventa vino dolce vellutato con una punta di terra bruciata dal sole, o potente vino rosso un po’
speziato e tannico, che porta i nomi di paesi di mare amati dagli artisti: Banyuls, Collioure…
Ma quella domenica di otto anni prima, si festeggia il compleanno di Chiara e vengono a pranzo
gli zii e i tre cugini.
Lo zio Claudio, padrino di Chiara, è direttore dell’Union Vinicole, la cooperativa vinicola della
cittadina dove vive tutta la famiglia, nell’entroterra occitano.
Nella campagna, la vendemmia sta per iniziare e lo zio, subito dopo i saluti, annuncia “l’annata
sarà buona!”
Seduta di fronte a lui, Chiara lo ascolta mentre racconta una delle sue innumerevoli storie, come
la volta in cui ha assistito alla festa per la fine della vendemmia, in una città della Linguadoca dove,
in un rituale arcaico, gli uomini del villaggio travestiti da Bacchi urlanti afferrano i malcapitati e li
cospargono di mosto!
Il foie gras apre il pasto nel migliore dei modi e, per esaltarlo, una delizia d’oro sciolto riempie i
bicchieri.
Chiara pensa al bellissimo libro che ha appena letto, il pranzo di Babette, nel quale si racconta di
vini preziosi e piatti prelibati che trasformano gli abitanti di un paese dal clima rigido sulla costa
della Danimarca, una piccola comunità puritana austera e litigiosa, in un girotondo riconciliato
sotto la gelida notte stellata. Non che la sua famiglia somigliasse ai personaggi del racconto, ma
buon cibo e buon vino, si sa, infondono giubilo, il piacere di ciascuno sfocia nella gioia di tutti.
Un profumo inconfondibile precede la mamma di Chiara che porta trionfalmente un copioso
cassoulet, piatto tipico del Sud Ovest con fagioli bianchi freschi di stagione e confit di anatra,
salsicce, stinchi, cotenne, una delizia fatta andare a fuoco lento per tutta la mattina.
Lo zio Claudio, impugnando lo stelo del bicchiere, fa ruotare il vino sulle pareti rotonde e lo
osserva in controluce, “bel colore rubino”, lo annusa, aspira un po’ di vino, lo sorseggia, lo fa
scivolare in gola con un deglutire discreto ma deciso, e continua “aroma pieno, intenso, vino ricco
e corposo, bevi un sorso, Chiara, senti com’è fruttato”.
Gli zii hanno portato un dolce strepitoso che troneggia in mezzo al tavolo, una torta a più strati di
sottile pasta sfoglia con crema pasticciera, lamponi e fiocchi di panna montata e meringa. E’
venuto il momento di stappare la bottiglia di Mousseux, dal bouquet fruttato, quello delle
occasioni importanti.
Lentamente, lo zio fa salire il tappo, punta in alto la bottiglia, un botto, il vino zampillante salta
nelle coppe, i commensali intingono le labbra nella schiuma bianca dopo aver pronunciato il voto
pagano “amore, salute, soldi, felicità”, poi tutti insieme alzano il bicchiere “salute!”.
Ogni anno, da quando è nata Chiara, lo zio mette da parte per lei una bottiglia del vino dei poggi
di cui cura premurosamente la produzione, un bellissimo regalo che le ha insegnato ad apprezzare
e gustare, e come ogni anno pronuncia le parole di rito “una bottiglia in più!” che starebbe per “un
anno in più”, ma le prime suonano decisamente meglio.