LA SCALA DEGLI ANGELI

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LA SCALA DEGLI ANGELI
LA SCALA DEGLI ANGELI
Una scala poggiava sulla terra, la sua c ima r aggiungeva il cielo. Ed ecco, gli angeli
di Dio salivano e scendevano su di essa. ( Genesi 28, 12)
Un uomo è in fuga dalla su a terr a: sente ancora alle sue spalle il clamo re
del fratello m aggiore che egli ha beff at o. Bast ano i due nomi, Giacobbe ed Esaù, per far
emergere nella memoria di tutti una sto ria di divisioni e di prevaricazioni familiari. Epp u re
questo giovan e di nome Giacobbe, n on cer to esemplare, che ora sta sfuggendo all’ira
vendicatrice del fratel lo, sarà scelto co me il capostipite del popolo dell’elezione, del qu a le
assumerà anche il nome, Israele. Si manif esta no anche in questo caso le strane, per no n
dire estr ose, decisi oni di Dio che privileg ia il secondo, il debole, persino il peccatore (si
pensi a Davide!) per attuare il suo disegno d i salvezza.
È ser a e Giacobbe, spossato p er il via ggio che lo sta conducendo dal sud de lla
Terrasanta verso l’attuale Siria, cerca un m asso liscio, se lo adatta a guanciale, si sdraia e
la s tanchezza gli concilia il sonno. Ed ecco apr irsi davanti a lui la magia di un sogno. Se co li
e secoli prima che su questi fenomeni inte rio ri si accanisse l’interpretazione psicanal itica,
già le antiche civi lt à avevano elaborato un a vera e propria “scienza” di decifrazione d e i
valori simbolici di quelle epifanie nottur ne .
Questa, che verrà poi chiama ta con termine colto l’“oniromanzia”, cioè
l’interpretazione dei sogni, affiora inin terr ot tamente nella Bibbia: poche pagine più avan ti,
nel libro della Genesi, sarà in azione G iu sep pe , figlio di Giacobbe, straordinario interprete
di sogni, consi derati come una rivela zione divina, espressa appunto nel miste rioso
linguaggio on irico. Davanti al nostro pro tagonista ecco emergere in quella visione notturn a
un segno, una scala immensa, capa ce di ascendere e perdersi nell’infinito del cie lo:
l’im magine non era strana perché not i a llo ra erano i templi a gradini, le ziqqu rrat
mesopotamiche, che idealmente volevano congiungere la valle della nostra terra con lo
zenit celeste, residenza divina, attraverso appunto una scalinata.
Non per nul la su quella gradin at a Giacobbe vede una processione di ange li,
che sono i me ssaggeri divini e che, qu indi, connettono Dio all’umanità e l’umanità a Dio.
Proprio per quest o, subito dopo, il Signor e stesso entra in scena con la sua parola,
promettendo a questo fuggiasco di diven ire padre di un popolo. Al risveglio Giacobb e
prende quel masso, lo infigge nel terren o a mo’ di stele, lo consacra con olio e denomi na la
località Betel, che in ebraico significa “casa di Dio”. È, questo, un modo per assegnare a u n
noto santuario di Israele, quello di Bet el a pp un to, un’origine antica, connessa ai primo rdi
stessi del popol o ebraico, mediante q ue sto ra cconto che vede per protagonista Giacobb e Israele.
Il simbolo della scala, però, rimar rà nella tr adizione successiva come un segno della
provvidenza di vina esercitata attraverso g li angeli (così il filosofo ebreo del I secolo Filo ne
d’Alessandria d’E git to e vari Padri de lla Chie sa) , oppure come una rappresentazione de lla
preghiera e dell’ascesi che ci fa ascen de re ve rso Dio (così Giovanni Climaco, abate del
monastero di S . Caterina al Sinai, vissut o n el VI -VII secolo, autore di un suggestivo tra ttato
mistico intitol ato La scala del paradiso).
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