IO SONO COLUI CHE SONO

Transcript

IO SONO COLUI CHE SONO
IO SONO COLUI CHE SONO
Dio disse a Mosè: Io sono colui che s ono! Così dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha
mandato a voi! ( E sodo 3,14)
Nella vast it à solitaria del de ser to , ecco accendersi una fiamma: da un rovo che
arde si leva una voce misteriosa che int er pella quel viandante spossato. Tutti hanno inciso
nella fantasia quest a scena che ha a nch e conquistato la storia dell’arte: Mosè fuggia sco
dall’Egitto riceve al S inai la vocazione che lo impegnerà in un’ardua missione, q uella
della liber azione del suo popolo dall’oppr essione faraonica. Là, in quel momento capita le
della storia, Dio si ri vela con una frase e nigmatica: essa sembra una definizione, ma è
anche un’espressione i ndecifrabile, è la rivela zione di un nome, ma ne è anche quas i u na
negazione, nella consapevolezza, tipica d i quella cultura, che possedere il nome di u n a
persona o di una cosa è dominarla. E Dio n on può essere sottomesso, imprigionato e
manipolato.
Ecco, al lora, davanti a noi q ue lla formula che nell’originale ebraico suon a
così: ’ehyeh ’ asher ’ehyeh, «Io sono co lui che sono», formula abbreviata nel semplice “IoSono” . In que sta misteriosa denomina zione si è appuntata da secoli l’analisi di semplici
lettori e di g randi teol ogi. Certo è ch e al centro si ha il verbo “essere” che potre b be
presentare Dio come l ’E sistente per eccellenza (più che l’Essere in senso filosofico, come
si usava pr oporre nel pensiero occide nt ale) . Egli è il Vivente, l’Immortale, l’Io supremo ,
trascendente e misterioso, perfetto, ete rno e in finito.
In quest a luce sembra quasi ch e Dio si rinchiuda nella sua sublimità di “Co lui
che è”. In r eal tà, questa designazione non è una fredda definizione teologica che rele g a
Dio nel suo orizzont e superiore, remo to dal n ost ro. Infatti, subito dopo egli aggiunge: «IoSono mi ha mandat o a voi… Il Signore, Dio d ei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco ,
Dio di Giacobbe, mi ha mandato a vo i» per lib er arvi ( Esodo 3, 14-15). Non è, dunque, un
imperatore divino impassibile o indecifr ab ile come il Fato greco. Egli ha scelto di rive larsi
ai padr i di Israel e, entrando quindi nella sto ria umana, e ora sta per essere alle spalle d i
Mosè in una missione a prima vista impossib ile .
Certo, un Di o mi sterioso e non rid ucibile a una componente della realtà, “Io-So no”
in tutta la gr andezza della divinità; ma an che “Emmanuele”, Dio-con-noi, chino sulla sua
creazione e sul l’ umanità. Egli, come dirà l’Ap ocalisse, è «Colui che è, che era e che vie n e,
l’Onnipotente» (1,8), capace di abbracciar e e superare il tempo e lo spazio perché etern o
e i nfinito, eppure pronto a camminare a ccan to a lla sua creatura, a guidarla, a sollevarla , a
redimerla. In questa f ormula, allora, s’in tr ecciano il mistero e la rivelazione di Dio oppu re,
per usare il l inguaggi o dei teologi, la tr asce ndenza e l’immanenza. Come cantava un
grande poeta, Rainer Maria Rilke, «l’In con oscibile si erge accanto a noi silenzioso ma
salvatore».
Il Gesù del quarto Vangelo assu mer à questa formula mirabile applicandola a se
stesso e susci tando lo scandalo dei suoi int er locutori: «In verità, in verità vi dico: prima che
Abramo fosse, I o S ono» (Giovanni 8, 58 ). E la nostra reazione potrebbe essere quella del
grande filosof o e scienziato Blaise Pascal nel testo che egli portava sempre con sé: « Dio
di Abramo, Di o di Isacco, Dio di Giacobbe, no n dei filosofi, dei dotti. Certezza. Sentime n to.
Gioia. Pace. D io di Gesù Cristo. Dio mio e Dio vostro… Egli non si trova che nelle vie
indicate dal V angelo».
-1-