Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 30 giugno
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Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 30 giugno
Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 30 giugno 2010, n. 15516 Svolgimento del processo R. M. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale dell'Umbria dep. il 18/12/2006 che aveva rigettato l'appello del medesimo avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia che aveva rigettato il ricorso del contribuente in ordine all'avviso di accertamento per ICI per l'anno 1997; la CTR, in particolare, confermando la sentenza gravata, aveva escluso l'esenzione dall'ICI in quanto il ricorrente godeva di pensione sociale onde non poteva considerarsi coltivatore diretto; rilevava poi il giudicato per effetto di analoghe pronunzie per gli anni precedenti. Il ricorrente affida il ricorso a due motivi fondati su violazione di legge e vizio motivazionale. Il Comune di Citta' di Castello ha resistito con controricorso. La causa e' stata rimessa alla decisione in Pubblica udienza. Motivi della decisione Col primo motivo i ricorrenti deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. h), 2 e 9 e vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla qualita' di coltivatore diretto del ricorrente e della rilevanza della sua qualita' di pensionato. Questa Corte (Cass n. 9510/2008) ha ritenuto che il secondo periodo del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), configura il requisito della ruralita' quale presupposto del trattamento agevolato a fini ici (di cui al D.Lgs. n. 540 del 1992, art. 9), posto come eccezione, e, peraltro, lo basa su elementi che attengono alla sfera di disponibilita' del contribuente: possesso di terreni da parte di coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, diretta conduzione di tali terreni da parte dei suddetti soggetti, persistenza dell'utilizzazione agro-silvo-pastorale, mediante l'esercizio di attivita' dirette alla coltivazione. Le indicate circostanze portano ad identificare nel contribuente, che invoca la natura rurale dell'immobile al fine di usufruire del regime agevolato, il soggetto onerato della prova correlativa. Questa Corte (Cass. n. 214/05) ha poi osservato che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9, che prevede apposita riduzione dell'imposta per i terreni agricoli, presuppone l'esistenza dei tre requisiti indicati dal ricorrente, e cioe' la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, e la conduzione diretta dei terreni. Questa norma e' stata integrata dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 2, secondo il quale si considerano coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dal 19 gennaio 1963, n. 9, art. 11 e soggette al corrispondente obbligo dell'assicurazione per invalidita', vecchiaia e malattia. Puo', quindi, ritenersi per il tenore letterale della norma, ma anche per la ratio ad essa sottesa, che la iscrizione di cui parla la norma integrativa contenuta nel citato articolo 58 offre automaticamente la prova dei primi due requisiti, posto che chi viene iscritto in quell'elenco svolge normalmente quella attivita' legata all'agricoltura a titolo principale. Il terzo requisito, quello relativo alla conduzione diretta dei terreni, deve essere provato a parte ed in via autonoma poiche' puo' accadere che un soggetto iscritto in quell'elenco poi non conduca direttamente il fondo per il quale chiede l'agevolazione, con la conseguenza inevitabile che la riduzione (per quel terreno) non compete(nel caso in esame non v'e' questione sul punto). Orbene la CTR, con accertamento di fatto, ha ritenuto che la documentazione prodotta escluda la qualita' di coltivatore diretto. Anzitutto il ricorso non e' autosufficiente in ordine al contenuto della documentazione prodotta al fine di verificare eventuali vizi motivazionali. La CTR ha correttamente valorizzato la circostanza che il R. risultava godere di pensione sociale. La Corte delle Leggi (ord. n. 336 del 2003), invero, dichiarando manifestamente infondata la relativa eccezione di legittimita' costituzionale della normativa in esame, ha osservato che, in relazione alla ratio del beneficio fiscale in funzione incentivante di un'attivita' agricola volta ad un razionale sfruttamento del suolo ex art. 44 Cost., non appare manifestamente irragionevole che dal beneficio siano esclusi coloro che - per il limitato numero di giornate lavorative che la coltivazione dei fondi di loro proprieta' richiede ovvero per il fatto di godere di trattamenti pensionistici - all'evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito. La circostanza pertanto che il contribuente goda di pensione sociale (ove vi fosse stato errore materiale della CTR circa la qualificazione della pensione, come dedotto dal ricorrente, lo stesso avrebbe dovuto far valere, ove rilevante, il vizio revocatorio) dimostra, in relazione a quanto sopra osservato proprio l'insussistenza della qualita' di coltivatore diretto quale individuato dalla Corte costituzionale, facendo propria questa Corte il superiore indirizzo interpretativo. Il motivo e', pertanto, infondato. Col secondo motivo si deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 324 c.p.c., in ordine al ritenuto giudicato, trattandosi di periodi d'imposta diversi. Il motivo e' assorbito nell'accoglimento del primo motivo. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. La condanna alle spese segue alla soccombenza. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio che liquida in Euro 900,00 di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali e accessori di legge.