E LA FABBRICA DELL`ORO

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E LA FABBRICA DELL`ORO
[LA COPERTINA]
DI PAOLO ROMANI - FOTO DI SERGIO GAUDENTI
SANDRINE
E LA FABBRICA DELL’ORO
Il “maestro di cantina” dello
Château d’Yquem è
una giovane signora
C’
è del marcio in
Danimarca», recita un personaggio dell’Amleto di Shakespeare.
Quello che il geniale drammaturgo inglese forse non sapeva è che
il marcio può tramutarsi in oro, o
più esattamente in oro liquido, ossia nel vino
più prestigioso e rinomato del mondo. Il più
prezioso, anche: sfidiamo chiunque a spendere meno di 250 euro per
acquistarne una bottiglia in
enoteca o a ordinarne al ristorante una che costi meno di
500 euro. E sono soltanto
i prezzi minimi per le annate così così, perché
per le annate eccezionali bisogna sborsare
almeno il doppio.
Stiamo parlando
(e siamo a corto di superlativi) del sublime
Château d’Yquem, il
più nobile dei vini di
Sauternes. Sauternes è
al tempo stesso il nome di un incantevole
villaggio situato a una cinquantina di chilometri a Sud di Bordeaux e la denominazione
d’origine (Doc) dei famosi vini bianchi liquorosi che si abbinano perfettamente ai dessert, ma anche e soprattutto al foie gras, e
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A sinistra: Sandrine Gambray
nella cantina dello Château
d’Yquem. A sinistra: l’etichetta.
Qui sotto: il “marciume nobile”
da cui il vino trae origine
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non disdegnano accostamenti più audaci,
per esempio (perché no?) con le ostriche e i
crostacei, o magari con la cacciagione. Il più
famoso di tutti i Sauternes è lo Château
d’Yquem, mondialmente noto da quasi due
secoli e apprezzatissimo (nell’Ottocento) alla corte dello zar di Russia. «Si versò un bicchiere di Château d’Yquem… Kallomeitsef
fece lo stesso, e dopo averlo assaggiato giurarono su tutti i santi che il vino era squisito»
Il miracolo dei grandi Sauternes è racchiuso dentro
In alto: le bottiglie antiche
custodite nel castello.
Qui sopra: lavoranti della casa
vinicola nell’Ottocento
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(Ivan Turgheniev, Terra vergine).
Cosa c’entra il marcio con tutto questo?
C'entra, e come! Il miracolo dei grandi Sauternes consiste in un laborioso metodo di
vinificazione e nell’elaborazione della cosiddetta pourriture noble (marciume nobile)
ossia un minuscolo fungo, o
muffa, che ricopre gli acini al
momento della vendemmia e il
cui nome scientifico è Botrytis
cinerea. L’azione del fungo accelera l’appassimento dell’uva: la
buccia si assottiglia, la polpa
perde il contenuto di acqua, il
tenore zuccherino aumenta,
l’acidità diminuisce, e il tasso alcolico (dovuto agli zuccheri)
cresce anche oltre i 18 gradi.
È la concentrazione degli zuccheri che conferisce al vino l’aroma e il sapore intenso. Importantissime anche le caratteristiche
ambientali: la zona di Sauternes
si distingue per il terreno ricco
di sali minerali e il microclima
soggetto a estati calde e umide
e inverni rigidi, con la permanenza di nebbie dalla fine di agosto a tutto il perdurare dell’autunno (le nebbie favoriscono l’attacco della muffa agli acini).
Il vitigno principale da cui si
ottiene il vino di Sauternes è composto prevalentemente (70-80%) da uve Semillon e il restante da uve Sauvignon o Moscatello. Particolare attenzione viene prestata alla vendemmia, effettuata da settembre a dicembre,
scegliendo grappolo per grappolo in modo
da selezionare e raccogliere solo l’uva che ha
raggiunto un alto grado di sovramaturazione.
La resa è bassa, anzi bassissima: non più di
6 ettolitri di vino per ogni ettaro di vigneto,
10 volte meno che nelle altre tenute della regione dove si producono i grands crus di
Bordeaux. Siccome la superficie complessiva
dei vigneti di Château d’Yquem è 148 ettari,
la produzione media annuale supera di rado
800-900 ettolitri. Questo perché si punta sulla
qualità e non sul rendimento: un ceppo di vigna rende a malapena un bicchiere di vino, e i
criteri sono così rigorosi che quando si giudica che il prodotto non è all’altezza della sua reputazione si decide, semplicemente, di declassare il vino e di non commercializzarlo. Ragion per cui nell’albero genealogico dello
Château d’Yquem ci sono caselle vuote: per
esempio i millésimes (annate) 1951, 1952,
1964, 1972, 1974 e 1992 sono inesistenti.
L’invecchiamento avviene in barriques per
almeno tre anni, ma si è soliti prolungare oltre
tale limite. Quali sono le grandi, grandissime annate dello Château d’Yquem? A detta
degli intenditori, il top assoluto è stato toccato due volte nel ventesimo secolo, nel 1945 e
nel 1949. Fra le annate eccezionali più recenti
spiccano il 1996, il 1997 e il 2001. Il vino raggiunge la maturità 8-10 anni dopo la vendemmia, ma si conserva senza problemi
per 30-40 anni, o anche più a lungo. Nelle
cantine del castello, protette da sistemi di sicurezza degni di Fort Knox, è custodita una
straordinaria collezione di bottiglie, dal 1861
in poi. Per garantire la conservazione del vino
si cambiano i tappi ogni 20-25 anni.
Originariamente, i vini prodotti nella zona
di Sauternes erano rossi e secchi, mentre la
produzione di vini bianchi è cominciata soltanto nel diciottesimo secolo. La nascita del
vino bianco liquoroso ottenuto grazie al
marciume nobile risalirebbe a poco più di
due secoli: se ne trovano accenni in alcuni documenti della seconda metà del Settecento, e
lo Château d’Yquem era già molto apprezzato verso il 1850, quando il granduca Costantino, fratello dello zar, se n’era fatto spedire a
Pietroburgo una botte da 900 litri.
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un minuscolo fungo che accelera l’appassimento
In questa foto:
Pierre Lurton,
proprietario dello
Château e di altri
“grands crus”. Nel
riquadro: Lurton,
Gambray e i loro
assistenti. In alto:
un’immagine della
vendemmia
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È un vino davvero fuori dal comune, da
ogni punto di vista. Si dice che i grandi vini abbiano un’anima, proprio perché dietro a
ognuno di essi c’è un uomo. Ma nel caso
(più unico che raro) dello Château
d’Yquem, l’uomo… è una donna. Nel 1998
ha fatto sensazione nel mondo vinicolo (un
ambiente che, sia detto senza cattiveria, è notoriamente maschilista) la nomina a maître de
chai (maestro di cantina) di Sandrine Gam-
ta “la dama d’Yquem”, si unì in matrimonio
con il conte Louis-Amédée de Lur Saluces, colonnello dei dragoni, e portò in dote il castello
e la tenuta. Per oltre due secoli, i discendenti di Louis-Amédée occuparono il castello e
curarono la produzione del pregiatissimo
vino (fino a poco tempo fa il nome Lur Saluces compariva sempre sulle etichette delle bottiglie sotto a quello di Château d’Yquem).
Ma nel 1999, dopo una lunga, penosa batta-
«Ancora oggi c’è gente convinta che la presenza di una
Qui sotto e in alto: i vigneti
che circondano lo Château
d’Yquem. A destra: una bottiglia
del prezioso vino. In basso:
un tipico edificio della zona
di Sauternes
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bray. All’epoca aveva poco più di 30 anni:
due lauree, una in Biologia, l’altra in Enologia
(all’Università di Bordeaux) con una tesi sulla
fermentazione.
Sposata e madre di due figli, era alla ricerca di lavoro nella zona di Sauternes, dove si
era già stabilito il marito (il quale non ha nulla
a che fare con il vino: esercita tutt’altra profes-
sione, quella di podologo). Fu assunta a
Château d’Yquem come assistente del maestro di cantina che lavorava nell’azienda da oltre 40 anni ed era vicino alla pensione. Dopo
tre anni di tirocinio, Sandrine gli subentrò.
Non fu facile per questa giovane donna
bruna e sorridente imporsi in un ambiente
così maschile. «Devo dire che non incontrai
ostilità particolari, solo qualche pregiudizio»,
racconta Sandrine che spiega divertita: «Ancora oggi c’è gente convinta che la presenza
di una donna in cantina possa alterare il vino, specialmente nel periodo delle mestruazioni». I pregiudizi, comunque, furono rapidamente superati: la competenza e la professionalità di Sandrine sono ormai riconosciute, la sua autorità non è messa in discussione.
Meno male, perché le responsabilità del (in
questo caso: della) maître de chai sono pesanti: deve essere sempre presente e occuparsi di
tutto, dalla vendemmia alla vinificazione, dall’invecchiamento all’imbottigliamento, dalle
spedizioni alla gestione delle scorte.
Tutto questo non ha intaccato l’entusiasmo e il buonumore di Sandrine. «Non sono
femminista, eppure sono convinta che ci
sia un futuro radioso per le donne in questo mestiere», dice, «anche perché le star maschili dell’enologia cominciano a stufare: sono spesso presuntuosi, sprezzanti, pieni di sé,
e pensano solo a mettersi in mostra».
Una visita allo Château d’Yquem è un’esperienza da non perdere, indimenticabile anzitutto per la bellezza del sito e il fascino del castello, di cui si ammirano la parte più antica
(quattrocentesca) con le sue torri possenti,
e la parte più recente (del Cinquecento e
del Seicento), il tutto perfettamente restaura-
donna in cantina possa addirittura rovinare il vino»
to. Poi perché è come fare un viaggio a ritroso
nel tempo, attraverso cinque secoli di storia.
All’origine il castello era una piazzaforte inglese. Espugnata nel 1453, e diventata proprietà del re di Francia Carlo VII, fu acquistata
nel 1592 dalla famiglia Sauvage d’Yquem.
Nel 1785, sotto il regno di Luigi XVI, divenne proprietà della famiglia Lur Saluces,
quando Françoise Joséphine de Sauvage, det-
glia giuridica tra i vari membri della famiglia
Lur Saluces, l’azienda rimasta fino a allora familiare è passata sotto il controllo di Lvmh
(Louis Vuitton Moët Hennessy), primo
gruppo mondiale nel settore del lusso (valigeria, alta moda, profumi, gioielli, champagne,
cognac, grands crus di Bordeaux, ecc…) guidato da Bernard Arnault. Al conte Alexandre
Lur Saluces, che per tre decenni era stato al ti씮
I CONSIGLI DEL SOMMELIER
Calice medio per il “vino da meditazione”
Vitigno: 80% Sémillon,
20% Sauvignon Blanc
(in piccola percentuale
si può trovare anche
del Muscadelle).
Zona di produzione:
a Sud-Est di Bordeaux
nei comuni di Barsac,
Bomes, Fargues,
Perignac e Sauternes.
Periodo di affinamento:
minimo 24 mesi
in barriques.
Temperatura
di servizio: 10˚
Descrizione
È d’obbligo spendere poche
parole per raccontare le
particolarità che rendono
questo prodotto unico nel
suo genere. Vino muffato
o vino botritizzato, stiamo
parlando sempre di
Sauternes, perché? Il
microclima presente nelle
zone di produzione è
caratterizzato da estati
caldo-umide e inverni rigidi
mentre in autunno la
costante è la presenza
di nebbia. Quest’ultima
favorisce lo sviluppo di
un fungo, la Botrytis cinerea,
che “consuma” gli acini
eliminando il contenuto
Mavy
Bruno
(sommelier
Ais)
di acqua e permettendo una
concentrazione naturale
degli zuccheri che
conferiscono un’impronta
unica al futuro vino. La
vendemmia tardiva è
accurata; i grappoli vengono
scelti e la produzione per
ettaro, per garantire un
prodotto qualitativamente
eccellente, è molto bassa. Il
Sauternes lo ammiriamo nel
bicchiere nel suo colore
dorato; la limpidezza è quasi
cristallina e la consistenza
ci preannuncia un vino di
grande struttura. All’olfatto è
intenso e la sua complessità
ci permette di percepire
aromi nuovi ogni volta che
lo si avvicina al naso: frutta
secca, vaniglia, miele, fino
alle note speziate e al tipico
aroma di zafferano conferito
dalla Botrytis. In bocca
non delude: la persistenza
gusto-olfattiva ci rimanda
alle percezioni aromatiche
descritte in precedenza.
L’equilibrio è dovuto alle due
uve protagoniste: morbidezza
e alcolicità del Sémillon e
freschezza del Sauvignon.
Il bicchiere adatto a
degustare questo vino è
un calice di media ampiezza.
Si può degustare da solo
come “vino da meditazione”,
mentre a tavola possiamo
avvicinarlo a prodotti di
pasticceria secca oppure
sperimentarlo con formaggi
stagionati o piccanti come
il roquefort o il gorgonzola.
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mone di Château d’Yquem, è subentrato (dal
2004) Pierre Lurton, 50 anni, un uomo che
di vino se ne intende, visto che dal 1991 è titolare dello Château Cheval Blanc, grand
cru (rosso) di Bordeaux fra i più prestigiosi.
Con i suoi 65 dipendenti a tempo pieno
(più circa 500 stagionali per la vendemmia),
Château d’Yquem è un’azienda che conserva
una dimensione umana. Pierre Lurton si è
impegnato a preservare, e se possibile mi-
gliorare, la qualità del vino. Però ha anche un
progetto ambizioso: vorrebbe aumentare, fino a raddoppiarla, la produzione annuale,
che storicamente non ha mai superato le
100-120 mila bottiglie. Non per questo lo
Château d’Yquem diventerà un prodotto di
grande consumo venduto nei supermercati.
Anche perché, se pure la produzione aumenta, il prezzo di una bottiglia di questo oro liquido non cala. Anzi…
왎
IL GUSTO DELLE DONNE
meno bollicine, più qualità
Bianco, fruttato, amabile. Ecco il vino che,
un tempo, piaceva alle donne. Oggi, invece...
V
ino bianco, leggero,
fruttato, con le bollicine, meglio dolce, comunque amabile. Stiamo parlando delle caratteristiche di
un vino che da sempre il
mondo femminile predilige. Ma qualcosa sta cambiando. Sicuramente oggi
le consumatrici sono più
attente alla ricerca della
qualità. Un pubblico più
curioso, che
va oltre il semplice bicchiere
di “rosso” o di
“bianco” ma si ferma a osservare, a percepire gli aromi e a degustare, non solamente a bere. Insomma, si sta sviluppando una cultura del vino
che inevitabilmente trascina
anche il mondo femminile a
non fermarsi ai gusti tradizionali ma a scoprire nuove sensazioni. Anche le abitudini sono
cambiate, le donne amano scegliere una buona bottiglia al ri26
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storante, in enoteca o anche al supermercato.
Gruppetti di amiche è facile trovarli nei
nuovi luoghi del vino, i wine bar, a chiacchierare davanti a calici di vino. E se un tempo la figura del sommelier era prettamente maschile oggi è sempre più facile trovare una figura femminile capace di guidarci
nella scelta di un vino. L’Ais (Associazione
italiana sommelier) ha più di 32 mila iscritti:
il 30% è ormai formato da donne e la tendenza alla crescita del tasso femminile non
pare destinata ad arrestarsi.
M.B.